La missione - Capitolo 03

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-=Capitolo 03: L'incontro (2) =-

 

La pesante porta di ferro si aprì lentamente. La luce del corridoio irruppe violenta, con tanta forza da sferzare gli occhi e risultare quasi accecante per i tre prigionieri ancora chiusi in quella cella buia. Ma ben presto si accorsero che quella luce non proveniva dal corridoio bensì da uno degli esseri che stava entrando.

A causa della luce l'orco si coprì gli occhi con le mani e distolse lo sguardo. Odiava la luce. Ancora peggiore fu invece la reazione del terzo prigioniero, quello che Urzal non aveva ancora conosciuto né scorto: l'essere prese ad urlare con un ringhio sordo, una voce strozzata e roca.

La creatura di luce stava per entrare nella stanza, tuttavia fu anticipata da un segugio di tenebra e dagli occhi di fiamma. Il cane demoniaco entrò con foga e si fermò nel centro della stanza abbaiando furioso prima in direzione di Urzal, poi di Jartra e quindi del vampiro. Contro quest'ultimo si accanì per svariati secondi fino a che, esasperato, con i canini bene in mostra e il volto crudele di un demone della notte, nonostante la sofferenze che la luce gli provocava, Klubken gli gridò contro.

- Taci bestia!

Ma invece il cane demoniaco continuò ancora con più forza consapevole delle catene che bloccavano il prigioniero.

-  Smettila Jodke!

Il cane smise all'istante e si voltò, con il capo abbassato, verso l'esser di luce che ora era entrato nella cella.

La luce che emetteva era abbacinante, calda, pregna di un sentimento di pace che i tre avevano disconosciuto e smarrito da tempo. Anche Jartra si portò le mani al volto mentre l'orco si rannicchiò a terra cercando di coprirsi e di proteggersi da quella luminosità. Ma era il vampiro, Klubken, quello che ne risentiva di più: la sua pelle iniziava a bruciare, un sommesso gorgogliò di rabbia e dolore palesava la sua sofferenza e il suo dolore mentre si contorceva. Il cane demoniaco invece ora scodinzolava nonostante non fosse che una mera ombra in quella luce abbacinante: osservava fiducioso il suo padrone mentre entrava nella cella.

Poi il bagliore svanì e al suo posto rimase solamente l'essere che l'aveva causato. Il vampiro si lasciò cadere a terra e tornò a respirare con più regolarità, ancora scosso e devastato dall'esperienza. La tenebra gli dava refrigerio e lentamente iniziò a rigenerarsi.

Urzal invece sembrava sopraffatto dagli eventi. Come aveva fatto a non accorgersi del vampiro che, assieme all'umano, era nella stanza con lui? Era la prima volta che ne vedeva uno: ne aveva solamente sentito parlare nelle leggende ed era ben consapevole che, di notte e al buio, i loro poteri erano sconcertanti e spaventevoli. Ma tuttavia al cospetto della luce di poco prima sembrava persino incapace di respirare.

E poi, chi erano i nuovi arrivati?

Anche Jartra era sgomento per quanto accaduto: contava sulla presenza del vampiro, sui suoi poteri sovrannaturali, per contrastare i poteri dei propri carcerieri. Ma non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea che fosse stato un angelo a farli prigionieri!

Probabilmente anche la magia nera si sarebbe dimostrata inutile contro quell'essere divino. Tuttavia trovava strano che fosse accompagnato da una creatura di tenebra, quel cane demoniaco che ora scodinzolava nell'osservarlo.

L'angelo che ora si trovava nella stanza, aveva intenzionalmente annullato la luce che sprigionava: una volta accese le due fiaccole presenti subito ai lati dell'ingresso della cella e verificato, perquisendoli sotto forma di particelle di energia, che le precauzioni prese contro i prigionieri fossero in buono stato e ancora efficaci, aveva ridotto la propria divina luminosità. Solo filamenti di brillante energia fluttuavano alle sue spalle. Ali che spuntavano dai vestiti ampi e abbondanti. I pantaloni apparivano larghi su scarpe bianche e assai diverse dai mocassini e dagli stivali abitualmente in uso in quelle terre: di colore bianco e molto elaborate, presentavano spessi lacci annodati nella parte superiore. Sopra di essi pantaloni in tinta unita di colore nero e quindi una maglia bianca su cui faceva bella mostra di se un cerchio con all'interno una croce disegnata sopra una stella sagomata. Al collo portava vistosi e pesanti monili, catene e croci dorate. Come gli anelli che aveva alle dita e che riproponevano il medesimo stemma della maglia. Un accenno di barba sotto il mento, una fascia con una visiera ruotata di lato completavano il quadro di quell'angelo dalla pelle scura. Con il sorriso stampato sul volto e le braccia incrociate sull'ampio torace, l'essere si posizionò alla destra dell'ingresso. Jodke invece si mise a sinistra, seduto in attesa e con la lingua a penzoloni, vicino al possente orco che di tanto in tanto fissava con i suoi demoniaci occhi di fuoco. Sembrava tranquillo ora.

I prigionieri erano a dir poco confusi e ancor di più crebbe la loro perplessità quando concentrarono i loro sguardi sul loro carceriere. L'angelo ed il cane, lo compresero in seguito, erano solamente suoi sottoposti.

Il vecchietto mosse un passo in avanti, con calma, una mano appoggiata su di un bastone scuro su cui erano scolpite rune magiche e l'altra dietro la schiena. Sorrideva benevolo, gli occhi ridotti a fessure.

-  Bene bene

Disse in tono pacato:

-  Sono soddisfatto: un orco possente, un mago temibile e poi un vampiro.

-  Proprio come aveva ordinato, mio signore

Ingäbar parlò con soddisfazione e con un vago sorriso dipinto sul volto.

-  Cosa volete da noi, bastardi?

Jartra avrebbe voluto formulare quella stessa domanda, magari non proprio in quei termini e con quel tono, ma non prima di aver esaminato un altro po' la situazione.

Quello che aveva di fronte era un terzetto assai strano, proprio come il loro, tre prigionieri appartenenti a razze diverse, tre prede catturate per qualche strano motivo che ancora gli sfuggiva. Ma soprattutto, prima di conoscere il motivo della loro prigionia, avrebbe voluto conoscere l'identità dei suoi carcerieri.

Klubken invece, mentre traeva forza dall'oscurità per rigenerarsi, stava cercando di stabilire un contatto con il cane demoniaco: percepiva la tenebra in quella creatura scaturita dal male. Ma non riusciva a stabilire un contatto. A torto credeva di esser in grado di manipolarlo e di utilizzarlo per ottenere la libertà. Ma non ci riusciva, maledizione! Così come non era stato in grado di tramutarsi in tenebra o in nebbia: nessuno dei propri poteri, nonostante il buio della cella e il fatto che fosse notte, sembrava appartenergli. Solo il dolore al cospetto della luce era rimasto a rammentargli di essere ancora un vampiro. Un fatto di cui quell'angelo di colore pareva perfettamente consapevole. Chi era in realtà? Era stato lui ad imprigionarlo in quella cella?

E tuttavia ora qualcosa era cambiato, qualche frammento dei propri poteri era ancora attivo e in virtù di questo almeno poteva rigenerarsi dopo le lesioni che, poco prima, la luce gli aveva causato.

Urzal invece, probabilmente vittima della sua indole focosa e istintiva, più avvezza all'azione che alle elucubrazioni mentali, parlò senza peli sulla lingua. Quello che ottenne fu dapprima un sommesso ringhio da parte di Jodke, poi una breve risata da parte dell'anziano.

-  Possiedi uno spirito indomito, orco. Proprio ciò di cui ho bisogno. Mi piaci, per questo ti ho scelto: ti ho osservato per molto tempo compiacendomi della forza e del coraggio che hai dimostrato nelle innumerevoli battaglie da cui sei uscito vincitore.

“Ti ho osservato per molto tempo”: chi è in realtà questo vecchio?

Jartra iniziava ora a ipotizzare che si trattasse di un potente stregone, o di un semidio. O peggio ancora. Non erano certamente in molti a poter vantare una scorta composta da un angelo e da un essere di tenebra.

-  Tu mi hai osservato? E perché?

Ingäbar sorrise e rispose al posto del proprio padrone.

-  Lui osserva tutto e tutti.

-  Così come ho osservato te, ho osservato Jartra e i suoi notevoli progressi nella pratica delle arti magiche. Si, hai capito bene quel che ho detto Jartra.

“Ma cos…? Legge nel pensiero?”, pensò il mago, sorpreso.

-  Più o meno. Ma mi spiace contraddire le tue deduzioni: non sono uno stregone, nemmeno un semidio. Sono ben al di sopra di ciò che puoi concepire. Ma non ti chiedo di comprendere, oh no, così come non lo sto chiedendo a nessuno di voi due.

Disse osservando prima l'orco e poi il vampiro. Quest'ultimo, fiero e crudele, sotto la pressione di quello sguardo indagatore chiese in un ringhio quale fosse allora il motivo della loro cattura.

-  Ho una missione, un compito da affidarvi.

-  Una missione? Umpf, non è nell'indole di noi vampiri servire alcun padr..

Un'improvvisa gomitata alla bocca dello stomaco e quindi un colpo al volto con il dorso della mano fecero barcollare Klubken e la sua arroganza. Il vampiro scosse la testa intontito mentre, reagendo d'istinto, anche Urzal cercava di scagliarsi contro i nuovi venuti. Non c'erano legami tra lui ed il vampiro, era la prima volta che lo incontrava, ma anni di esperienza guerriera avevano radicato in lui un profondo senso di cameratismo: erano nella medesima situazione, dovevano essere uniti e agire l'uno per l'altro. In caso contrario, solo il fallimento.

Jodke iniziò a latrare. Percepiva l'odio, la paura e la tensione nell'aria e questo lo stimolava, lo esaltava. Avrebbe voluto giocare con i prigionieri, dare sfogo alla tenebra che lo animava. Ma il padrone era stato chiaro, e lui doveva solamente obbedire.

“Qua si mette male” pensò Jartra.

-  Calma, calma…

Il mago alzò le mani in segno di resa e di tregua: non serviva a nulla creare tensioni. L'idea di esser costretto a servire qualcuno che prima l'aveva reso prigioniero non gli piaceva affatto, tuttavia non era saggio né agire mossi dall'orgoglio o dall'arroganza, né tanto meno farsi guidare dagli istinti. Ci sarebbero state altre occasioni per fargliela pagare. Per ora, era più saggio stare a sentire quel che aveva da riferire il vecchietto.

-  Ben detto, su, calmatevi.

Il vecchio mosse la destra prima verso il vampiro e poi verso l'orco. Quindi lanciò un'occhiata al suo fedele Ingäbar per redarguirlo. L'angelo fece spallucce e distolse lo sguardo: la questione morì all'istante.

-  Non ha senso reagire in questo modo: non sono vostro nemico.

-  Nessuno fa prigioniero i propri amici e alleati – constatò Klubken.

- Forse hai ragione…

Il vecchio parve rifletterci un istante. Forse, sperava Jartra, li avrebbero condotti in un altro luogo più congeniale a discutere. Forse il vecchio stava pensando in silenzio ad un luogo più consono ad esporre le sue richieste, soppesando qualche differente modalità con cui procedere ad esporre i propri intenti.

-  Signore? – Ing ä bar toccò con dolcezza la spalla dell'anziano.

-  Uhm?

-  Signore, doveva parlare loro della missione…

-  Ah già…

Il vecchio parve tornare alla realtà. Era molto anziano e talvolta capitava che si perdesse nei propri pensieri o che la sua mente interrompesse, per qualche istante, le proprie attività trasportandolo altrove, lontano. In un'altra dimensione.

-  Vi ho fatto portare qui per uno scopo ben preciso, per una missione. Siete i soggetti più indicati, gli unici che possano sconfiggere il Nuovo Signore Oscuro e riportare l'ordine nel regno.

I tre prigionieri rimasero senza parole.

- Sei pazzo! – ringhiò il vampiro

- Nient'affatto!

 

 

Leonardo Colombi

 

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