Il Consacrato - Capitolo 19

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-=Capitolo 19: Crisi =-

 

Helge persisteva nel suo silenzio.

Esteriormente solo una maschera di cocciuta ostinazione: non avrebbe collaborato. Dentro di sé invece lottava per raggiungere ciò che aveva scovato. Troppi particolari non gli tornavano in merito alla scomparsa dei suoi poteri, al silenzio della luce. Sin dal giorno dello scontro con Mirinon aveva avvertito una sorta di sordità, come se la Luce avesse smesso di parlargli, di comunicare con lui.

Aveva sempre pensato che, a causa del suo comportamento irresponsabile, al suo abuso di energia magica, al suo intervento non richiesto e anticipato da alcuna visione, i Due Spiriti di Luce avessero deciso di punirlo, allontanandolo, troncando il filo che lo univa all'essenza stessa della magia e del potere che si opponeva al Vuoto. Nessuno e nessun altro segno erano giunti a fargli credere del contrario.

Ma ora, qualcosa si era sbloccato in lui e una nuova consapevolezza era giunta a scuoterlo.

Forse dipendeva dalla tensione, dalla paura, o forse dal fatto che – lo aveva realizzato solo in quell'istante - erano trascorsi quasi due giorni senza che avesse una delle sue solite crisi, ma ora riusciva a percepire qualcosa di nuovo dentro di sé. La magia era ancora dentro di lui, ma era come bloccata, prigioniera dietro ad un muro di tenebra e vuoto contro il quale, ora, si stava scagliando con ostinata disperazione.

“Stammi bene a sentire, ho già perso uno dei miei…”

Lo spirito di Helge continuava a pungolare quel muro di tenebra, da qualche parte doveva esserci una falla, un appiglio, una breccia.

“…e non intendo rischiare più del dovuto. Perciò ora, mi dirai ciò che sai sul suo conto”.

La mano di Chelor iniziava a stringergli il collo mentre le dita dell'altra, che il demone teneva ben in vista davanti agli occhi del prigioniero, lentamente mutavano in lame aguzze e affilate.

 

Aglàr, che nel frattempo si era tranquillizzato un poco - ma ciononostante non poteva fare a meno di controllare anche la situazione all'esterno del capannone - dalla sua posizione vicino ad una delle finestre, di tanto in tanto gettava un'occhiata per osservare come procedeva l'interrogatorio.

In parte, lo sapeva bene, era solo una messa in scena. Erano a conoscenza della presenza del guerriero di Luce sin da quando era stato ordinato loro di braccare Balrog e l'umano. Per questo erano andati laggiù in tre. Avrebbero dovuto catturarlo, ma qualcosa era andato storto: il guerriero si era dimostrato più abile del previsto, più letale e pericoloso.

Ora, era più importante cercare di venire a conoscenza di qualche suo punto debole, di qualsiasi informazione che potesse aiutarli a contrastare i suoi poteri. Ammesso, certo, che il ragazzo ne sapesse qualcosa. In fondo, era stato un guerriero della luce e quindi non era improbabile che fosse a conoscenza di qualche particolare utile ad organizzare una qualche difesa. O imboscata.

Ma sembrava non aver intenzione di arrendersi. Anzi, osservando meglio, Aglàr ebbe una fugace visione, come se un piccolo specchio d'acqua si fosse per un attimo materializzato a pochi centimetri dalla schiena del prigioniero. Il demone sorrise anche se con poca convinzione: la farsa stava dando i risultati sperati ma, forse, la cosa rischiava di sfuggire di mano a Chelor.

 

Helge c'era quasi, lo sentiva, sotto i colpi precisi e ostinati della propria coscienza, il muro di tenebra iniziava a cedere, lo sentiva assottigliarsi. Non aveva altro a cui affidarsi: Balrog o Alchor non sarebbero mai arrivati in tempo. Non voleva morire e non voleva collaborare. La sua unica speranza risiedeva al di là di quella barriera. E per un attimo, addirittura, aveva avuto come l'impressione di riuscire ad afferrare un filamento di quella magia che, come un gomitolo di liquido denso, sentiva smaniare per uscire allo scoperto. Mancava poco, doveva resistere e lottare un altro po'.

Soltanto un altro po'.

Aveva paura, certo, ma le minacce di Chelor non facevano altro che rafforzare la propria convinzione, la propria determinazione. Sentiva le forze venirgli meno mentre, con le mani, tentava invano di allentare la presa del demone sulla gola. Aveva paura di non farcela.

“Su, avanti! Parla!”

A tratti, scaglie di ossa nere ribollivano sotto la pelle del volto del demone e penetravano la carne sino ad esporsi sugli zigomi o sulla fronte.

Ci stava andando giù pesante, ma era necessario. Erano gli ordini.

Sapeva che stava rischiando molto ma doveva fare in modo che il ragazzo attivasse nuovamente la propria magia. Il potere della luce, per un demone, era qualcosa di devastante e terrificante. Per questo le creature del vuoto evitavano gli scontri diretti, temevano la potenza che la luce aveva donato ai suoi servitori. Abitualmente agivano quindi nell'ombra, manovrando gli umani: l'importante era raggiungere lo scopo, servire il Vuoto creando tensioni, odio e conflitti. Non aveva senso rischiare la propria esistenza in uno scontro aperto se non quando si era in grado di condurlo a termine vittoriosamente. Per quanto il potere della Luce potesse essere devastante, i servitori del vuoto erano ben consapevoli che era limitato: i guerrieri della luce rimanevano comunque umani, patetici esseri che non nascevano dotati di magia. Il potere veniva instillato in loro ma l'uso che potevano farne era comunque limitato: per questo la luce li guidava con sogni e visioni, manovrandoli affinché portassero il loro aiuto alle persone che abbisognavano conforto, cure, amore. E al contempo, attingendo parcamente alle forze magiche era più facile per loro mantenere l'anonimato e l'equilibrio naturale. Il potere della Luce derivava infatti dalla vita, dall'esistenza degli esseri viventi.

Il Vuoto attingeva invece dalle emozioni, dalla paura, dall'odio, dalla morte. Era una forma diversa di potere, acquisito mediante una rinascita in forma demoniaca, una magia più sottile e arrogante, ai quali i demoni davano libero sfogo facendo sempre in modo di trarne il massima vantaggio possibile. Eppure ci volevano molti anni e tanta pratica perché il potere di un demone giungesse a livelli tali da contrastare quelli di un guerriero della Luce. Tuttavia, nel mondo erano molti, molti di più rispetto ai guerrieri della luce.

E se tutto andava secondo i piani, di questi ultimi ce ne sarebbero stati almeno altri due di meno.

 

Fuori dal capannone tutto taceva, non si registrava alcun movimento. Alchor non era ancora giunto in soccorso di Helge e, anche in quel caso le trappole e i filamenti magici che Aglàr aveva piazzato, avrebbero segnalato ai demoni il suo avvicinamento.

Il giovane demone quindi smise di pattugliare l'area con la dovuta concentrazione e prese invece ad osservare con crescente attenzione la magia che il prigioniero stava iniziando ad evocare.

Sulla schiena del guerriero timidi segni di una corazza liquida iniziavano a palesarsi mentre quest'ultimo iniziava a soffocare.

Chelor smise quindi di stringergli la gola e allentò un poco la presa: non voleva certo ucciderlo. Tuttavia spostò la mano che aveva mutato in arma da taglio in modo da graffiargli gli abiti all'altezza del petto. Doveva forzarlo, ma al contempo doveva esser pronto a reagire per difendersi.

“Perché ti ostini: non ha senso!”

Helge, a fatica, tossendo, provò a controbattere:

“Non so…nulla…”

Sul suo volto si dipinse un mezzo sorriso. C'era quasi, era come se avesse raggiunto ciò che per settimane non era riuscito a toccare, le risposte che per tempo aveva cercato ma che non aveva ottenuto.

E ad un tratto, cogliendo tutti alla sprovvista, accadde.

Le dita affilate di Chelor incontrarono resistenza, non riuscivano più a raggiungere il ragazzo: una barriera di magia liquida e semitrasparente lo proteggeva.

La sorpresa sul volto del demone fu una reazione spontanea e naturale quando vide la mano destra di Helge brillare di una luce bianca.

Poi una folgore lo scaraventò indietro di qualche metro facendolo volare come se fosse un fuscello. Il demone cadde pesantemente contro uno dei tavoli della stireria, ancora scosso dalle scariche elettriche che come serpi lo avvolgevano, frizzando. Parte dell'addome non esisteva più, spazzato via dalla potenza della magia che Helge era riuscito ad evocare.

Il giovane quindi si alzò in piedi: si sentiva rinato.

Tutto ciò che aveva passato, le crisi, la convivenza con Balrog finalmente l'avevano condotto a se stesso.

La magia era ancora dentro di lui e, di conseguenza, Alchor aveva ragione: la Luce non l'aveva abbandonato.

Ma gli aveva mentito, aveva smesso di parlare con lui, di cercarlo.

I suoi pensieri vennero tuttavia interrotti da una palla di fuoco che si abbatté su di lui: immediata la deflagrazione.

Aglàr sorrise soddisfatto per il colpo andato a segno e si mise ad esultare alzando le braccia. Ma fu un trionfo di pochi istanti: come era accaduto per Chelor, una folgore orizzontale si abbatté su di lui, strappandogli via un braccio e parte della spalla.

Il demone prese ad urlare e cadde in ginocchio, sbilanciato. Gli occhi sbarrati per la paura continuava ad osservare dinnanzi a sé, il suo sangue nero colava a terra in una pozza: non voleva morire, non voleva estinguersi come aveva visto fare a Baled!

Dal canto suo, Helge aveva agito d'istinto, senza controllare il proprio potere e ora, accerchiato dalle fiamme, osservava stupito il palmo della sua mano destra. Era troppo, ciò che aveva scatenato era al di là delle capacità che ricordava di avere mai posseduto. La determinazione e la volontà di uscirne vivo, di ribellarsi a ciò che stava vivendo, gli avevano permesso di liberare una forza che per troppo tempo era rimasta sopita, imprigionata.

“Helge…”

Fu una sensazione repentina, un sussurro tra i suoi pensieri.

Conosceva quella voce, doppia, in cui confluivano le parole dei Due Spiriti.

Ma fu solo un istante: per un attimo la Luce era riuscito a raggiungerlo.

Il suo cuore era in fermento e percepiva tutto il suo dolore, la sua frustrazione, tutti i suoi dubbi accalcarsi per esplodere. Avrebbe voluto chiedere, avrebbe voluto sapere perché in tutte quelle settimane aveva dovuto soffrire da solo: perché era stato abbandonato, perché non gli era stato concesso di utilizzare la magia, perché la Luce non gli aveva più parlato?

Ma non ce ne fu il tempo.

La testa iniziò a girargli, sentì una morsa stringergli lo stomaco e subito dopo era a terra appoggiato sulle ginocchia, puntellandosi con le mani per non cadere in avanti.

Gli mancava il respiro.

Violenta ed acuta esplose allora una delle sue solite crisi. Percepì come aghi di ghiaccio a perforargli la carne, mentre attorno a lui ogni cosa si faceva buio e sangue. Urla di sofferenza generate dentro di lui gli straziavano l'anima mentre un dolore lancinante gli prese il petto. Subito fu a terra, in preda agli spasmi, sentiva la magia divorargli il corpo, l'anima. La sentiva mentre gli strappava la sua stessa vita.

Poi svenne.

Seppur doloranti e malconci, Aglàr e Chelor erano ora su di lui. Lentamente stavano riacquistando forza mentre il loro corpo veniva sanato sull'onda delle emanazioni magiche che fuoriuscivano, incontrollate, dal corpo del prigioniero.

Il flusso di energia non era diretto a loro, tuttavia rimasero estasiati dall'esperienza di poterne condividere anche solo alcune gocce. Era come abbeverarsi ad una fonte d'acqua cristallina dopo aver patito la sete nel deserto, come miele dolce e dorato a contrastare una fame eterna, come l'estasi di una nascita. Per qualche attimo i due demoni si riappropriarono di quelle emozioni che avevano rinnegato scegliendo la via del vuoto.

E quando la manifestazione magica alla base delle crisi di Helge finì il proprio effetto, ristorati e guariti dalla terribili ferite che il ragazzo aveva causato loro, i due si scambiarono una perfida occhiata di intesa.

Tutto procedeva secondo quanto stabilito.

 

 

Leonardo Colombi

 

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Opera proposta sotto una Licenza Creative Commons.

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commenti ricevuti via mail :

da Grivitt (05 agosto 2007):

Caspita! Helge è forte... forse anche troppo... ora mi viene da chiedermi se i demoni lo abbiano istigato a fare una cosa del genere per portarlo dalla loro parte...

 

 

Commenti ricevuti su Fantasy Story:

da Selerian Alaster (02 settembre 2007):

Avevo gia letto questo capitolo sul tuo sito, per la verità. Comunque devo dire che mi ha sorpreso: ero convinto che la magia di Helge fosse semplicemente KO, mentre pare che sia più forte che mai. Come ti ha gia fatto notare qualcuno, ti consiglierei di ricordare ogni qualche battuta chi sta parlando, perché non è sempre chiaro. L'ultima parte del capitolo è raccontata molto bene. Darò la caccia al seguito sul tuo sito intanto...

da Caladan Brood (06 settembre 2007):

al diavolo la tradizione del commento ogni tre capitoli ^_^, volevo vedere come procedeva la vicenda. e, devo dire, per una domanda che trova risposta (a questo punto posso dire con abbastanza certezza che la magia non ha abbandonato helge ^_^) ce ne sono altre che si fanno più pressanti. il piano dei demoni, oltre ad essermi completamente oscuro ovviamente ^_^, sembra strutturato e ben architettato. Lo stile è buono e stavolta non ho avuto nessun problema a capire chi stesse parlando durante i dialoghi (in verità non è che i dialoghi siano molti ma il merito resta ^_^). sempre ottima questa storia, complimenti. non mi rimane che andare avanti per saperne di più ^_^.

 

 

 

 

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