“Sono loro?”
“Si”, la risposta di Aglàr, “non ci sono dubbi”
“Seguiamoli allora, come ci ha ordinato!”
“Andiamo”
Senza dare troppo nell'occhio, i tre si misero a pedinarli. Si muovevano con disinvoltura tra la folla, giovanotti sui trent'anni che bighellonavano per il centro commerciale. Vestivano jeans e magliette in tinta unita o con decorazioni floreali. Uno di loro, Baled, indossava anche degli occhiali da vista firmati: nonostante ci vedesse alla perfezione come tutti i demoni, a suo dire gli conferivano un'aria più seria ed elegante.
Li seguivano da lontano, mescolandosi alla folla. Progressivamente riducevano il distacco attendendo il momento propizio per agire.
Erano demoni.
E i due che stavano seguendo, la loro preda.
Balrog sembrava divertirsi a fare acquisiti in quel grande centro commerciale. Si aggirava con destrezza tra i vari corridoi recuperando quello che più gli aggradava dagli scaffali e infilandolo nel carrello con ordine e precisione. Helge lo seguiva con insofferenza, sempre meno desideroso di stare in quel luogo affollato: si stava pentendo di aver accompagnato il demone.
Anche perché lui, anziché dialogare del più e del meno magari fornendogli quelle informazioni che sperava di ottenere, non faceva altro che lanciare frecciatine e stuzzicarlo.
La questione era sempre la medesima: l'onnipresenza del vuoto, la causa da seguire, l'unica.
“Lo sai metà del capitale che fattura quest'azienda qui è destinato alla produzione di armi? Oppure lo sapevi che questo marchio qui sfrutta illegalmente le genti del Terzo Mondo? Pensa: anche senza volerlo gli umani si rendono complici di queste ingiustizie…ma anche quelli che ne sono a conoscenza non fanno nient'altro che seguire il flusso che il sistema gli propone...”
Verità note, si diceva Helge. Tutto faceva parte del grande sistema mondiale, l'economia con le sue ipocrisie e la disinformazione diffusa tra le masse. Ma non tutti gli uomini erano uguali, alcuni sapevano e nel loro piccolo boicottavano. Non tutti erano schiavi inconsapevoli. Helge lo sapeva. O almeno, ci credeva abbastanza per nutrire qualche vaga speranza che un giorno il mondo potesse cambiare. Un giorno lontano, certo.
Eppure quel costante insinuare da parte del demone andava a corrodere la sua volontà. Nemmeno se ne rendeva conto ma iniziava a nutrire sempre meno rispetto per la società umana. Non erano processi mentali evidenti ma lenti e inesorabili cambiamenti di idee, di punti di vista, nozioni che seminavano dubbi tra i suoi pensieri, piccoli sassolini smossi che potevano causare frane di convinzioni.
Le persone,anche quelle che aveva salvato, erano parte di un sistema votato al vuoto, alla distruzione di se stesso. Volente o nolente, questa era una verità da accettare.
“Guarda qui: lo sapevi che alcuni test hanno evidenziato che sostanze contenute in questa bevanda nera aumentano le possibilità di tumore nei consumatori? A ben pensarci, il nero non è un colore salutare per un cibo, anche l'istinto lo suggerisce, no? Comunque, lo sapevi? Magari tra le persone che hai aiutato ad uscire dalle tenebre c'è anche qualcuno che la vende questa roba qui, o che riceve soldi per falsare le informazioni da divulgare alle masse…ah…gli umani…c'è così tanta astuzia ed egoismo in loro che riescono sempre a sorprendermi. Sembra quasi che si comportino come noi demoni: sanno di agire per il male, di causare sofferenze e dolore ma ciononostante non si curano delle conseguenze delle proprie azioni. Rimangono invece a guardare le reazioni che sono in grado di innescare, tacendo verità, attendendo con pazienza l'esito dei loro sforzi. In termini di guadagno, ovvio.”
Helge scrollava la testa ed evitava il discorso.
“Semplicemente seguono la loro indole”, concluse sorridendo il demone, alzando le mani come se stesse rivelando una verità più che evidente.
Helge invece non voleva parlare di questo.
Tutt'altro, voleva indagare su Balrog, capire cosa sapeva, se era al corrente che altri demoni erano attivi in città.
O se sapesse dell'altro guerriero.
Fermo di fronte a lui Helge lo osservava alle prese con la scelta di questa o quell'altra confezione di succhi di frutta: sembrava quasi divertirsi.
E a ben pensarci, il giovane si ritrovò a notare come Balrog risultasse un demone del tutto fuori dagli schemi. Non aveva mai dato prova di particolare potenza fisica né magica, né si era mai scontrato contro di lui in qualcuna delle missioni che la Luce l'aveva chiamato a svolgere. Sembrava quasi che fosse una sorta di indipendente, fuori dai giochi che la Luce ed il Vuoto andavano intessendo. Non agiva certo apertamente, dando battaglia alle forze del bene, come era ovvio attendersi da un demone. Ma nemmeno sembrava agire o prender parte a qualcosa di particolarmente eclatante e utile alla causa del vuoto.
A parte tutti i suoi sforzi per convertirlo, cosa per altro per nulla scontata.
Nemmeno il guerriero che aveva incontrato pareva essere interessato a lui.
Puzzi di demone…
Sorrise nel ripensare a quella constatazione.
Forse per via della vicinanza col demone prima o poi sarebbe passato al vuoto anche se, per quanto Balrog potesse sforzarsi, nonostante alcune delle sue difese e convinzioni avessero ormai ceduto, Helge non voleva passare al Vuoto.
Conosceva il male, conosceva la causa di coloro che si opponevano alla Luce.
E non era la sua.
Come nemmeno quella della Luce lo era più.
Avrebbe approfittato del demone per avvicinare guerrieri del bene o per ottenere un qualche controllo sulla magia che, per ora, gli era ancora precluso. Considerando che anche i demoni un tempo erano stati umani, poteva cercare di sfruttare quel servitore del vuoto per ottenere quel potere che gli mancava. Che desiderava, anche se non voleva porla in questi termini.
Solo per stare bene, solo per riaffermare un po' di controllo e riportare un po' di equilibrio nella sua vita.
Non voleva più soffrire per colpa di quelle crisi che troppo spesso gli rammentavano l'atroce condanna a cui la Luce l'aveva abbandonato.
Aveva trasgredito ai precetti che gli erano stati insegnati, aveva negato il proprio aiuto a chi lo richiedeva, era fuggito: solo questo sembrava contare per la Luce.
Non certo tutti i sacrifici vissuti, tutte le sofferenze patite. La delusione ed il rammarico nel poter aiutare con la magia solo coloro che le sue visioni gli indicavano. Gli era stata negata la magia ma avrebbe trovato il modo di riappropriarsene. E Balrog di certo l'avrebbe aiutato in questo, l'avrebbe accompagnato sul sentiero che - suo malgrado doveva riconoscerlo - l'avrebbe portato al limitare di quel baratro che il Vuoto rappresenta.
I tre demoni erano ora a circa una decina di metri da loro: due, camminando nel corridoio, parlavano di auto, della folle velocità che gli ultimi modelli potevano raggiungere, mentre Chelor, più distante, sembrava indeciso su quali carni scegliere al bancone della macelleria.
Li osservavano con discrezione, spiandoli di nascosto, anche se difficilmente avrebbero agito lì.
Troppo affollato.
Ma era stato ordinato loro di pedinarli, di seguirli e di agire quando avessero ritenuto più opportuno.
“Basta, qui direi che ho finito. Recuperiamo le ultime cose di là e poi andiamo. Inizio a esser stanco di girare qui dentro”
Come dargli torto, pensò Helge: non ne poteva più dell'ipermercato e del costante via vai di acquirenti che lo animava.
Si diressero quindi verso le casse per andare a saldare il conto. Ovviamente toccava ad Helge spingere il carrello mentre il demone ora avanzava ricontrollando il carrello e lanciando furtive occhiate agli scaffali.
In base alle code formate dai clienti e alle luci accese, scelsero una delle casse meno affollate. Stava chiudendo. Dopo circa dieci minuti, finalmente, giunse il loro turno. Erano gli ultimi della fila, dietro di loro nessuno a metter loro fretta. O a controllarli.
Con calma scaricarono i prodotti sul rullo della cassa e li imbustarono mano a mano che la commessa provvedeva a inserire i dati per il conto. A metà spesa circa Balrog attaccò bottone, iniziando a parlare con lei del più e del meno. Aveva un modo amabile e colloquiale e la signora, una trentenne un po' in carne ma con uno splendido viso, lo ascoltava rapita. Sembrava pendere dalle sue labbra anche quando il demone iniziò a parlare di cibo, di linea, di diete: facendo leva sulle sue ansie e preoccupazioni, riuscì ad amplificare l'insoddisfazione e il poco apprezzamento che essa nutriva per la propria condizione fisica.
“Non lo ascolti. Lui..”, cercò di dirle Helge mentre imbustava.
Ma la donna non aveva orecchie che per quell'uomo affascinante che le stava parlando, persa in quei suoi occhi azzurri lasciò che le sue parole confermassero a se stessa di essere una fallita, di non piacersi, di non meritare nulla.
Helge odiava quei momenti, quando Balrog si comportava da vero demone cioè, da insinuatore malvagio di dubbi e insicurezze. E ogni volta che cercava di intromettersi o di fare qualcosa per contrastarlo, le sue azioni erano vane, deboli. Incerte. Bastavano pochi gesti del demone per catalizzare l'attenzione delle persone che sceglieva di rovinare. Più di una volta si era scontrato con lui per via di questo suo comportamento, oppure aveva cercato di aiutare le persone prese di mira.
Ma ogni volta era sempre la solita storia: “Io rivelo verità che loro stessi conoscono. Puoi farlo anche tu, sempre se riesci a scorgere tracce di luce negli altri, sempre se ancora vuoi comportarti come un seguace della causa del Bene”.
Un'amara verità. E per quanto si sforzasse, Helge non ci riusciva più a trovare le parole, a far leva su quegli aspetti che avrebbero potute aiutare quelle persone a divenire migliori. Non riusciva più a scrutare l'anima delle persone in cerca di brandelli di luce, di speranze e sogni da alimentare. Non più. Era come cieco, un'altra delle menomazioni con cui conviveva da quel giorno.
Quella donna in fondo in fondo poteva essere gentile e altruista, un esempio perfetto di rettitudine, una giovane timida ma simpatica, sempre pronta all'ascolto. Così come poteva covare molta invidia nel cuore proprio a causa dell'insicurezza su cui il demone faceva leva con le sue infide insinuazioni. Magari serbava nel cuore nera delusione e cinica rivalsa da manifestare con piccole menzogne o acidi comportamenti ogni qualvolta poteva rifarsi su qualcuno che l'aveva messa in difficoltà. Oppure nulla di tutto questo, solo una serena insoddisfazione su cui la sua vita poggiava, alla perenne ricerca di affetto ed equilibrio come è per chiunque.
E proprio su questi sentimenti il demone continuò a punzecchiarla, cercando di dimostrare ancora una volta che i servitori del vuoto semplicemente aiutavano gli umani ad una maggior comprensione di sé.
Helge lo odiava per questo.
E odiava se stesso per la propria debolezza e vigliaccheria. Era come se la sua volontà fosse spenta, come se gli mancassero le parole e il desiderio di interrompere quel processo distruttivo che Balrog aveva avviato.
Infine se ne andarono.
Senza pagare per giunta. Totalmente sopraffatta dalle parole del demone, la commessa non protestò per nulla ma rimase ad osservarli allontanarsi, un'espressione delusa e rabbuiata in volto.
Helge si fermò solo qualche istante ad osservarla. Mortificato, strinse i pugni e chiuse gli occhi nell'osservare la sua espressione delusa, triste.
Ormai la sua vita gli apparteneva, doveva badare solo a se stesso e non ai problemi degli altri.
Leonardo Colombi
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