Si risvegliò qualche tempo dopo.
Non sapeva dire se erano trascorsi minuti oppure ore. Era quasi notte oramai.
Attorno a lui l'intera zona era ormai morta: sembrava che un fuoco demoniaco avesse bruciato quel luogo per secoli divorando e riducendo a cenere ogni forma di vita.
Più giù, nella radura, l'aereo era ormai ridotto ad un ammasso di rottami e le fiamme si propagavano ovunque. Ma fortunatamente – lo venne a sapere solamente in seguito - nessuno dei passeggeri era rimasto ferito o ucciso nell'incidente.
I soccorritori erano ancora al lavoro, intenti a estrarre dalla macerie i passeggeri miracolosamente incolumi e a prestare loro assistenza e aiuto.
Helge si sentiva esausto, sfinito. Si rialzò per tornarsene a casa, anche se non sapeva esattamente in quale direzione fosse. Ma perse quasi subito i sensi e cadde al suolo dopo aver mosso solamente pochi passi.
Sentiva il proprio corpo a pezzi, vuoto, privo di forza vitale.
Quando finalmente si svegliò già nel cielo di diffondevano le prime luci dell'alba. Era infreddolito e dolorante, le percezioni alterate. Non riusciva a muoversi come voleva. Il contatto con le forze magiche gli risultava per ora impossibile: aveva tentato di ricorrere alla magia per chiedere aiuto, per cercare la presenza di altri esseri umani nella zona…ma suo malgrado si vide costretto ad agire in un altro modo.
A fatica si mise in piedi e, utilizzando come sostegno un ramo caduto da uno degli alberi ormai morti, si mosse in una direzione a caso. Ebbe fortuna e dopo un po' giunse nelle vicinanze di un ruscello dove poté bere e rinfrescarsi un poco.
Rimase lì qualche momento a riposare, cercando al contempo di stabilire dove potesse trovarsi. In base alla posizione del sole e dal brontolio dello stomaco comprese che era tarda mattinata; nuovamente si chiese per quanto tempo era rimasto disteso in quello spiazzo su cui aveva combattuto Mirinon.
Non troppo, pensò, visto che nessuno era ancora giunto fin lì per studiare e capire cosa era accaduto al terreno e agli alberi. Di certo i soccorritori avevano prestato maggior attenzione ai passeggeri dell'aereo e al luogo dell'impatto ma era impossibile che nessuno avesse notato quel posto incredibilmente morto e grigio in mezzo ad un bosco verde e rigoglioso come quello.
Tuttavia era un bene che non lo avessero trovato lì: l'avrebbero di certo sottoposto ad un interrogatorio, avrebbero preteso risposte alle loro domande…chiarimenti che lui non poteva dare…
Qualche minuto dopo era nuovamente in piedi e si dirigeva verso la radura. Durante il suo cammino si fermò molte volte: si sentiva debole, esausto e affamato. Tanto più che il corpo era ancora dolorante per i colpi subiti nel combattimento contro il demone. Non era ferito gravemente e non sanguinava più, fortunatamente, ma non era sicuramente al meglio della propria forma. Le poche fragole di bosco e i lamponi che aveva trovato tra la bassa vegetazione ai margini del sentiero non avevano di certo placato la sua fame.
Nel pomeriggio giunse infine al luogo dello schianto.
I soccorritori, che ancora erano al lavoro nonostante la maggior parte dei passeggeri fossero già stati tratti in salvo, lo videro arrivare e un paio di loro gli andarono incontro. Avanzava a fatica.
Lo portarono verso le squadre mediche e gli posero qualche domanda. All'inizio pensavano che potesse trattarsi di uno dei passeggeri, magari lanciatosi col paracadute; ma in base alle sue risposte lo scambiarono per una sorta di sprovveduto escursionista. Non che la storia che Helge aveva suggerito li avesse convinti, anzi. Tuttavia gli prestarono soccorso mentre lui ripeteva di essere semplicemente caduto su alcune rocce durante una camminata nei pressi di un torrente. La sua auto, sempre secondo la versione fornita dal giovane mentre lo medicavano e disinfettavano le sue ferite, l'aveva lasciata al mattino poco distante da lì.
Era anche possibile che, con tutta la confusione che c'era, nessuno l'avesse visto arrivare e incamminarsi verso i boschi, tuttavia erano scettici di fronte alle ferite che esibiva. Aveva lividi su tutto il corpo e ferite da taglio per le quali erano stati necessari dei punti di sutura.
Per precauzione venne portato all'ospedale dove rimase per qualche ora, giusto il tempo di qualche controllo.
Dalle lastre non risultavano fratture e di conseguenza, nel tardo pomeriggio, poté chiamare un taxi e tornarsene a casa.
Sembrava tutto a posto.
Nei giorni seguenti, rimase a riposo per quasi tutto il tempo: aveva bisogno di riprendersi.
Tanto più che non riusciva ad utilizzare i propri poteri magici e nemmeno a ricevere comunicazioni o sogni dalle forze della Luce.
Era come se un interruttore dentro di lui fosse stato spento ed il legame magico che fino alla battaglia di Mirinon percepiva chiaramente reciso di netto.
Ma al momento imputava tutto alla sua profonda stanchezza e all'enorme dispendio di energie: sarebbe bastato qualche altro giorno di riposo per tornare alla normalità.
Seguendo le notizie date al telegiornale capì, con profondo sollievo, che nessuno dei passeggeri dell'aereo che aveva visto schiantarsi era rimasto ucciso dall'impatto né aveva riportato ferite o lesioni. Le barriere che lui aveva eretto attorno a loro avevano resistito fino all'arrivo dei soccorritori: ma questo i media lo ignoravano.
Ovviamente.
Era comunque molto soddisfatto e al contempo orgoglioso di ciò che aveva compiuto.
Ai suoi occhi, l'aver salvato tutte quelle vite equivaleva a riscattare le sue colpe e mancanze durante l'inseguimento di Mirinon.
In aggiunta a tutto ciò era orgoglioso di sé per il potere che era stato in grado di evocare e gestire.
Sapeva di aver varcato un limite per il quale ancora non avrebbe dovuto esser pronto, di aver utilizzato un potere al di là delle proprie capacità segno inequivocabile che la Luce lo appoggiava e che la sua potenza stava aumentando. Era ancora giovane, certo, ma aveva potuto utilizzare un potere talmente grande da salvare la vita a ben 362 persone!!
Il fatto che ancora non potesse utilizzare la magia, sebbene fossero passati quasi tre giorni, tuttavia lo infastidiva e lo turbava non poco.
Ma in ogni caso, stanchezza a parte, si sentiva bene!
Fu durante la notte del terzo giorno dall'incidente che giunse la prima crisi.
L'eccessivo utilizzo di potere magico, ben al di là del suo livello e della sua resistenza, l'avevano in realtà condannato.
Nonostante fosse in buona fede, agendo di istinto per salvare quegli esseri umani Helge aveva attinto ad un potere al cui utilizzo non era stato autorizzato.
Ora avrebbe pagato per le conseguenze del suo operato.
Si svegliò nel cuore della notte, ansante con un fastidioso ronzio per la testa. Poi, all'improvviso le convulsioni e gli spasmi, il corpo attraversato da aculei magici che gli trafiggevano le carni e si nutrivano della sua vita, come se la bocca della magia fosse giunta a nutrirsi di lui così come lui aveva attinto al suo potere primigenio per salvare quegli uomini.
Il processo fu doloroso ed il guerriero della Luce urlò contorcendosi mentre sentiva le proprie forze fluire verso l'esterno e gli aculei penetrare sempre più in profondità.
Qualche istante dopo tutto era finito.
Helge ansimava e piangeva per il dolore e la paura.
“Maledizione!”
Helge batté con rabbia i pugni sul tavolino del cafè. La rievocazione dei ricordi di quei giorni che avevano segnato la sua condanna l'aveva turbato. E soprattutto l'aveva distolto dalla sua iniziale riflessione.
Certo, tutto quello che stava vivendo in quei giorni poteva esser ricondotto a quanto accaduto con Mirinon e con i passeggeri di quell'aereo. Aveva agito avventatamente e ne avrebbe pagato le conseguenze, ma quanto aveva fatto al pub e al chiosco non aveva nulla a che vedere con la magia.
Riguardavano lui, lui solamente.
Qualcosa stava cambiando dentro di sé, lo sentiva.
E non gli piaceva affatto.
Qualcosa si era incrinato portandolo alla deriva. Non era più lui, non era più quel paladino della luce che credeva di essere. Aveva ucciso, aveva lasciato morire degli innocenti…e ora…ora evitava pure di mettersi in gioco, di aiutare il prossimo…
Si stava smarrendo e non riusciva ad accettarlo. Stava divenendo qualcun altro, qualcuno che non era lui. Che la magia rispondesse al suo richiamo o che lo corrodesse non cambiava la realtà dei fatti: aveva agito sconsideratamente sia con la ragazza del pub che con gli uomini del chiosco.
E non andava bene, non andava bene affatto!
Nuovamente la rabbia in un pugno sul tavolo.
Non accettava un comportamento simile da se stesso, non lo tollerava!
Decise di uscire da quel locale, pagò e si incamminò per la strada. Qualche minuto dopo prese un autobus per la periferia della città
Aveva bisogno di fare ordine, di riflettere e calmarsi.
Mentre viaggiava sul mezzo pubblico rimase qualche istante ad osservare il proprio volto riflesso dal finestrino. Uno specchio scialbo che rifletteva la sua anima sgretolata.
Cosa mi sta accadendo?
Perché la luce non mi parla più? Perchè non mi cerca?
Sono ancora un consacrato alla causa del bene?
Oppure…
L'autobus si fermò e poi ripartì lasciando Helge in una delle strade vuote della zona industriale. Una delle aree più tristi della città, sede di numerose aziende e meta indotta del pellegrinaggio di numerosi lavoratori. Di giorno un costante via vai di auto e camion, di notte lo squallore della prostituzione.
Ma stranamente era l'unica zona in cui ancora sopravviveva un po' di verde. Camminò un poco e alla fine giunse in prossimità di un fiumiciattolo: lo seguì e poco dopo si fermò su di uno stretto ponte ad osservare il flusso della corrente.
Forse aveva ragione Balrog: oramai stava percorrendo il sentiero delle tenebre.
Prima o poi sarebbe divenuto un demone.
Certo, sempre se prima non veniva annientato dalla magia e da una delle sue solite crisi…
Leonardo Colombi
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