Al di là della porta, la ragazza aveva continuato a piangere, a urlare e a supplicarlo di aiutarla. Se n'era andata ma lui la sentiva ancora. E alla sua voce, alle sue richieste si aggiungevano i ricordi delle persone che aveva ignorato. Tutte quelle persone che non aveva potuto aiutare…
E lui percepiva il loro dolore, gli si imprimeva dentro e diveniva suo. E al contempo soffriva nel sentire con quanta insistenza lo cercavano e chiedevano il suo aiuto.
Ma lui, ormai non poteva più aiutare nessuno.
Da “quel” giorno la magia non era più un'entità su cui aveva controllo, una forza alla quale attingere per aiutare gli umani o per sconfiggere il male.
All'inizio non ne era ancora consapevole ma dopo aver fallito nell'aiutare chi gli si appellava, dopo aver deluso le loro aspettative, dopo aver polverizzato le loro speranza mentre dinnanzi a loro si spegneva un figlio, un amico o un genitore aveva compreso che la magia più non gli apparteneva.
Di conseguenza, che lo cercassero o meno, che accettasse di aiutarli o meno, il risultato non cambiava: la sua presenza e tutti i suoi sforzi sarebbero stati inutili.
Non era più un guerriero della luce…e non voleva più esserlo…non ora che era la sua stessa vita ad essere alla deriva.
Tutti accorrevano per un aiuto, perché compisse questo o quel miracolo…ma per lui?
Per lui cosa avevano fatto?
Per loro aveva sacrificato tutto e cosa aveva ottenuto in cambio?
Stava morendo e nessuno giungeva in suo aiuto, nessuno giungeva a recargli parole di conforto.
No! Tutti volevano solo essere aiutati, tutti volevano qualcosa che lui non poteva più offrire.
Tutti volevano che lui si sacrificasse ancora, e ancora e ancora senza sosta, fino all'annullamento totale.
A loro non importava nulla di lui, nulla! Era irrilevante come si sentisse… nessun o si preoccupava per il dolore che soffriva…dello sconforto in cui ogni giorno viveva…
Ma in cuor suo si agitava anche un sentimento di compassione e di comprensione: avrebbe voluto aiutare quella povera donna ed il suo bambino e tutti gli altri che, a malincuore e con grande sofferenza, aveva dovuto ignorare e cacciare via.
Ma non poteva…non poteva più far nulla per nessuno…
Dopo un po' tornò il silenzio dentro al suo cuore, un po' di calma dopo le emozioni che l'avevano sconvolto.
Si asciugò le lacrime e notò che il demone era a pochi passi da lui.
Aveva assistito a tutta la scena e ora, in piedi, lo fissava serio in volto.
“Ben fatto: stai procedendo nella giusta direzione. Stai muovendo i primi passi sulla strada per divenire un vero demone! Il dolore degli altri non ti riguarda. Dov'erano loro quando soffrivi?
Dov'erano tutti quei patetici umani che hai aiutato quando invece eri tu ad urlare per il dolore?
Che tu li aiuti o li ignori il risultato non cambia. Per cui, a che pro affannarsi ancora per loro?
Dimentica la causa della luce e abbraccia le tenebre!”
Helge lo guardò dal basso.
Aveva gli occhi lucidi mentre in quelli del demone vi era una sicurezza inafferrabile, come se la verità albergasse in lui.
Quanto aveva appena affermato appariva crudelmente vero.
Decidendo di ignorare la richiesta di aiuto di quella giovane donna aveva mosso il primo passo in direzione delle tenebre.
Le sue parole ed il suo invito celavano lusinghe di libertà, di assenza di responsabilità...mai più affanni per gli altri, mai più la schiavitù in nome degli ingrati umani…
Ma in realtà quelle sue parole erano veleno, vane promesse atte a confonderlo e a far leva sulla sua disperazione e confusione interiore.
Di questo, Helge era ancora certo e consapevole.
Eppure per un attimo l'idea di abbracciare la causa delle tenebre, il pensiero di fidarsi di Balrog e divenire un demone l'aveva sfiorato.
Avrebbe potuto abbracciare le tenebre, ottenere nuovi poteri e, forse, avrebbe addirittura scampato il tragico destino a cui andava incontro.
Ma avrebbe sicuramente perso se stesso in un baratro da cui non era possibile alcun ritorno. Si sarebbe trasformato in quello che aveva combattuto per tutti i lunghissimi anni trascorsi a servire il Bene nella sua eterna lotta contro il Male.
D'altra parte non era più un guerriero della luce, era niente di meno che un umano. Anzi, peggio ancora…era una persona alla deriva privata di tutto…
Accettare quella proposta, accettare di percorrere fino in fondo il sentiero delle tenebre avrebbe potuto dare una svolta alla sua vita.
Di nuovo.
Avrebbe potuto risollevare le sue condizioni di vita, avrebbe potuto usare il potere in un modo che la Luce non permetteva…avrebbe potuto usarlo a proprio vantaggio…ottenere ciò che più desiderava… ciò che più avrebbe potuto renderlo felice…
“No!” rispose infine con voce ferma e tranquilla.
Bastavano i propri ricordi a fargli comprendere quale follia sarebbe stata accettare quell'invito: no, non avrebbe percorso la strada della tenebra.
Era un guerriero decaduto ma anche se la Luce l'aveva abbandonato, anche se la magia non era più al suo fianco, non avrebbe mai e poi mai aiutato le forze delle Tenebre.
Quindi si alzò, prese la giacca dall'attaccapanni alla sua destra e uscì di casa mentre il demone continuava “Ancora non sei pronto…”
Helge aprì e poi sbatté la porta alle sue spalle.
“…ma lo sarai…” promise il demone.
Non ne poteva più di Balrog e delle sue insinuazioni.
Volse la propria attenzione alle scale e le scese. Quando giunse in strada prese a camminare senza una meta precisa: non aveva importanza il posto, voleva solo star da solo e riflettere e mettere un po' d'ordine dentro di sé.
Il demone nel frattempo lo stava osservando dalla finestra.
Era parzialmente soddisfatto: tutto stava procedendo come aveva previsto.
Helge non era ancora pronto ma prima o poi si sarebbe piegato e l'avrebbe aiutato nei suoi propositi.
Si trattava solo di pazientare ancora un poco e di lavorare perché tutto rientrasse nei suoi piani e anch'esso divenisse una pedina delle tenebre.
Poi sorrise ripensando alla vergogna e alla rabbia che gli aveva letto in volto a seguito del resoconto che gli aveva fatto.
Certo, era stato un po' “impreciso”, aveva omesso qualche particolare e tralasciato alcune verità mentre altre erano state distorte… ma a chi importava?
Era un demone e la sincerità non era mai stata una delle qualità del suo carattere ormai corrotto dall'oscurità.
In compenso sembrava che Helge non nutrisse dubbi in merito a quanto gli aveva raccontato. Che sciocco…
Anzi, appariva scosso al punto giusto.
Proprio come doveva essere: un'anima in pena facilmente individuabile.
Helge intanto camminava a passo spedito verso il centro della città, diretto al cafè “Rhapsody”. Entrò, salutò la giovane cameriera mora da poco assunta e poi prese posto a sedere vicino ad una delle vetrate.
Aveva bisogno di riflettere.
Non credeva del tutto a quanto gli aveva raccontato Balrog ma di certo qualcosa doveva aver pur fatto la notte precedente.
Altrimenti non si spiegavano i lividi e l'occhio nero.
Probabilmente, anzi, certamente non tutto era andato come gli era stato detto: forse non aveva semi violentato nessuno e nemmeno fatto a botte con degli sconosciuti.
Era più probabile che avesse litigato con il buttafuori del pub in cui erano stati…
In ogni caso, tra tutti i particolari della storia che il demone gli aveva riferito, quello più interessante era senza dubbio l'accenno alla magia: a quanto pareva aveva legato la ragazza con catene magiche…
“Strano…” pensò osservandosi le mani, quelle stesse mani che avevano aiutato tanta gente. Era strano che fosse riuscito ad utilizzare di nuovo la magia visto che da “quel” giorno non era più stato in grado di ricorrere ad essa a proprio piacimento.
Quel giorno…
Leonardo Colombi
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