Alterazione- cap 03

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-=Capitolo 03 -Alterazione =-

 

Quando il processo di alterazione terminò l'uomo lupo era a terra, ansante, ancora scosso per il dolore provato.

Si rialzò mentre tutt'attorno il bagno appariva devastato e spruzzi d'acqua si levavano dalle tubature distrutte.

Per un attimo i suoi occhi gialli osservarono la propria immagine riflessa allo specchio e subito, con una feroce zampata, l'essere lo distrusse.

Con furia, il mannaro uscì dal bagno e si ritrovò nel salone del locale.

Ma tutto era vuoto e sembrava non esserci più nessuno.

Le sue percezioni erano amplificate e gli odori dei cibi e dell'alcol gli giunsero alle nari: fiutava chiaramente anche tracce di fumo e di profumi nell'aria, gli odori degli umani e dei loro abiti, l'odore della pelle in cuoio delle loro scarpe e del sudore sulla cute.

Eppure di loro non vi era traccia da nessuna parte.

Gli istinti lo animavano: una furia disumana e bestiale lo guidavano alla ricerca di qualcuno, non importava chi fosse, contro cui sfogare la propria ferocia.

Si sentiva libero, libero oltre ogni limite!

Privo di pensieri e di scrupoli, ferocemente si mosse alla ricerca del modo di assecondare i propri brutali istinti.

Si diresse verso la strada, sfondando senza fatica la porta del pub. L'odore dell'asfalto e del cemento, dei rifiuti provenienti dai cassonetti dell'immondizia situati qualche via più in là, il profumo dei fiori sui balconi degli appartamenti, di carne arrosto e patate provenienti da un edificio lì vicino…ma non c'era nessuno per la strada e nemmeno nelle case e nei locali dei dintorni.

Tutto appariva così vuoto e privo di vita in quella notte di luna piena.

Fu allora che lo avvertì.

Il richiamo, come una voce dolce e ammaliante che lo irretiva e lo invitava a muoversi assecondando solo i propri istinti, suggerendogli di dare libero sfogo alla propria furia e alla propria forza.

Anche se non era un suono vero e proprio, qualcosa di percepibile con i sensi, l'uomo lupo comprendeva che qualcuno lo stava chiamando.

Quindi, eccitato, prese a correre nella direzione che i suoi sensi gli indicavano.

Con agilità schivò, saltandoli, dei veicoli parcheggiati lungo la strada e prese a correre ancor più veloce in quel mondo desertico e privo di vita. Con furia graffiava muri e danneggiava qualunque cosa gli capitasse a tiro: non ne capiva il motivo, ma covava una rabbia senza tempo, un'ira e una furia a cui doveva dar sfogo.

Ansimava, ma non per lo sforzo della corsa: semplicemente smaniava pregustando le promesse di libertà e di violenza e di sangue che il richiamo gli sussurrava ammaliandolo.

Aumentò ancora la sua andatura fino a che scoprì di potersi muovere ancora più velocemente che non correndo, una consapevolezza di cui fu il suo stesso corpo a renderlo consapevole.

Saltando, mentre ancora era sospeso in aria, si proiettò in avanti: una sorta di barriera di luce dorata allora lo avvolse, rinchiudendolo in uno scudo energetico di forma vagamente piramidale che gli permetteva di percorrere brevi tragitti ad una velocità soprannaturale.

Decise quindi sfruttare questo nuovo metodo di spostamento per raggiungere la sommità di un condominio squadrato: si proiettò quindi verso l'alto e a più riprese, attingendo al suo potere, si sollevò ora in una direzione ora verso un'altra procedendo a zig zag nel rimbalzare da un edificio all'altro. In pochi istanti giunse sul tetto del condominio che aveva scelto.

Poi attese.

Proprio come il richiamo gli ordinava di fare.

 

Riusciva a percepire l'avvicinarsi di qualcuno.

Ne percepiva lo stesso odore e la stessa sete di sangue che anche lui stesso emanava. Vide quindi dei lampi di luce dorata dapprima lontani poi sempre più vicini accompagnati da suoni elettrici simili a quelli che egli stesso emetteva quando si spostava adoperando la propria barriera di energia.

Spiccando un salto fenomenale, l'essere giunse al suo cospetto atterrando sul tetto dell'edificio su cui l'uomo che un tempo rispondeva al nome di Ruke lo attendeva.

Si trattava di un leopardo mannaro, un felino antropomorfo dal manto maculato. Era meno muscoloso di lui ma di certo non meno pericoloso, sicuramente dotato di un'agilità superiore alla sua.

I due si osservarono per un poco, feroci occhi gialli a fissare occhi gialli feroci.

Il richiamo li aveva guidati entrambi in quel luogo e ad entrambi comandava di uccidere.

Subito il leopardo prese a ringhiare mentre il lupo mannaro già scattava in avanti pronto alla lotta.

Nessuno dei due conosceva il motivo né l'origine di un odio così furibondo, di una furia ancestrale nuovamente desta dopo un letargo di millenni.

Quella notte di luna piena avrebbe visto solo uno dei due sopravvivere e la città intera sarebbe stata il teatro del loro scontro.

I due si azzuffarono e presero a graffiarsi e a colpirsi senza sosta. Il lupo mannaro si gettò addosso all'avversario ma quest'ultimo saltò in alto e gli piombò addosso con tutto il proprio peso colpendolo sulla schiena e poi graffiandolo sul fianco.

Ma subito scattò via attendendo la mossa del proprio nemico.

Il lupo quindi si rialzò mentre le ferite già si rimarginavano. Feroce gli corse incontro pronto a restituire il colpo. Tentò di balzargli addosso nel tentativo di un attacco frontale ma l'agile leopardo ricorse al proprio potere e si proiettò ancora più in alto per poi cadergli addosso interamente avvolto nel proprio scudo di forza.

L'impatto fu significativo ed il lupo, guaendo, si ritrovò a sfondare il tetto sul quale stavano. Si rialzò, scuotendo la testa per riprendersi dalla caduta, e scoprì di trovarsi in uno dei corridoi bui dell'ultimo piano dell'edificio.

Subito l'altro lo inseguì calandosi nel buco appena generato: sperava di colpire senza sosta e uccidere il nemico che credeva tramortito.

Ma non appena lo scorse nella semioscurità, Ruke si proiettò verso di lui utilizzando la spinta di energia che aveva imparato a padroneggiare. Lo afferrò al volo e con lui andò a sfondare il muro che dava sull'esterno.

Precipitarono nel vuoto e, senza curarsi della caduta e dell'imminente impatto, i due continuarono ad azzuffarsi, a ferirsi e a graffiarsi con ferocia fino a che caddero al suolo ancora urlando e ringhiando il proprio odio reciproco.

La voce li spronava a continuare, a rialzarsi e a lottare ancora.

Con il corpo a pezzi e le ossa maciullate, a fatica i due riuscirono a rialzarsi mentre già il loro fattore rigenerante entrava in funzione ricomponendo muscoli e organi danneggiati nell'impatto.

Fu il leopardo a riprendersi per primo, probabilmente in virtù della minor massa muscolare da ricostruire, e subito attaccò il lupo mannaro il quale cercava di difendersi dalla rapidità degli attacchi del nemico come meglio poteva, ancora devastato dalle ferite. Alcuni colpi andarono a segno, lacerandogli le carni e facendolo ululare di dolore.

Al contempo i suoi tentativi di attacco molto spesso andavano a vuoto, prontamente schivati dai movimenti rapidi dell'altro.

Il lupo comunque reagì: ringhiando si scagliò addosso all'altro.

Prevedendo quella mossa quest'ultimo utilizzò la propria spinta di energia per proiettarsi in alto, pronto a ricadere con furia addosso al nemico, intenzionato come minimo a fratturargli la spina dorsale.

Ruke non attendeva altro.

Quando il leopardo ormai gli era addosso, questi si girò di scatto scagliandosi su di lui protetto dallo scudo di energia dorata. Lo intercettò mentre ancora era in volo e con lui cadde sulla strada inchiodandolo a terra.

Con furia animalesca iniziò quindi a colpirlo e a lacerarne le carni con i propri artigli mentre il fattore rigenerante completava di ricostruire i suoi muscoli e le ossa. Anche il leopardo, tragicamente constatando che era impossibile sfuggire alla presa ferrea del lupo mannaro, cercò di contrattaccare ma tuttavia dopo poco l'altro ebbe la meglio.

La potenza del lupo, significativamente superiore a quella dell'altro, iniziò ad averla vinta sul fattore rigenerante del leopardo e in breve gli sfondò cranio e petto e da questo estrasse il cuore ancora pulsante per poi gettarlo lontano.

Inarrestabile continuò la propria opera di demolizione dilaniando le carni del leopardo mannaro, mordendo e azzannando in un macabro banchetto di sangue e morte. Del cadavere fece scempio in pochi istanti, animato da una furia incontrastabile, demoniaca.

Completamente ricoperto di sangue prese quindi ad ululare alla luna che, nel cielo scuro della notte, brillava spettrale su di una città priva di abitanti.

Aveva vinto!

Ruke era il vincitore di quel macabro e crudele scontro!

Ululava soddisfatto, libero!

Il richiamo aveva cessato di chiamarlo.

 

Poi, all'improvviso, il lupo si zittì: i sensi all'erta, fiutava l'aria percependo la presenza di qualcun altro nei paraggi.

Era un uomo.

Questi se ne stava seduto poco distante, sulle gradinate che portavano all'uscio di una delle case che davano sulla strada.

Stava applaudendo allo spettacolo di cui era stato unico testimone.

Il lupo non ne aveva percepito l'odore né si era accorto della sua presenza fino a quel momento.

Lo osservò con occhi gialli pieni di odio mentre questi si alzava dalla propria postazione avvicinandosi alla belva come se non rappresentasse alcun pericolo significativo.

Aveva lunghi capelli scuri ed indossava un impermeabile grigio sopra una sorta di tuta protettiva dal colore nero. I suoi occhi di ghiaccio lasciavano trasparire soddisfazione ed una macabra eccitazione.

“Eccellente! A quanto pare sei tu il vincitore, Ruke!”, si complimentò sorridendo per l'esito del combattimento.

Il lupo prese a ringhiare percependo chiaramente la malvagità che quell'uomo celava nell'animo.

Era un mostro proprio come lui, il suo istinto ne era certo.

“Avevo ragione”, cominciò a spiegare al lupo mannaro “sapevo che non mi avresti deluso. Ho scelto…”

Non fece in tempo a finire la frase che già il lupo mannaro gli era addosso, completamente avvolto in una barriera dorata mentre gli si scagliava contro, le fauci spalancate e gli arti muscolosi in avanti, intenzionato ad azzannarlo e ad ucciderlo.

E ad un metro dall'uomo l'impatto contro una barriera invisibile, sensibilmente più forte e resistente di quella che lo avvolgeva.

L'uomo lupo cadde a terra pesantemente e subito un calcio lo colpì con violenza al muso.

“Stupido cane rabbioso! Come osi? Non sai riconoscere il tuo padrone!” gli urlò contro mentre con le mani disegnava nell'aria un misterioso simbolo di fuoco, lo stesso che recava dipinto sui risvolti delle maniche e, più in grande, sul retro dell'impermeabile che indossava.

“Io ti ho creato…”, continuò mentre il lupo nuovamente ringhiava contro quell'uomo misterioso, silenzioso esecutore di piani malefici.

Poi gli scagliò addosso il sigillo magico appena creato.

Il simbolo andò a posizionarsi sulla parte sinistra del petto del mannaro marchiandolo per sempre e facendolo ululare per il dolore. E mentre si contorceva per la sofferenza, il suo corpo, in preda alle convulsioni, lentamente tornò ad assumere le sembianze di un uomo.

“..e a me solo devi obbedienza! Ricordalo!” concluse l'individuo misterioso ai danni di Ruke mentre questi, tra urla di dolore e sofferenza, abbandonava le sue spoglie di essere bestiale.

“Tu mi appartieni!”, questa la sentenza. Questa la condanna.

E mano a mano che tornava ad assumere le sembianze di uomo, come se la sua coscienza e la sua anima tornassero a riemergere dalle profondità di un oblio senza tempo e dimensione, in cui ogni pensiero si annienta e ogni emozione cede il posto all'odio senza fine, il sortilegio di separazione pian piano iniziò a sgretolarsi.

La dimensione in cui i due mannari si erano scontrati venne via via cancellata e la realtà tornò ad esistere solo in una dimensione, quella degli umani, quella a cui Ruke apparteneva e al contempo non apparteneva più.

Il marchio sul petto, per sempre, gli avrebbe ricordato la sua condanna e l'inferno con cui avrebbe dovuto convivere.

 

 

Leonardo Colombi

 

 

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