“Non resisteremo ancora per molto, è solo questione di tempo…”
“Smettila Ganar! Non sono questi i discorsi che voglio sentire al mattino!”, la secca replica di Naluk mentre mescolava la propria scodella di latte e pane vecchio. Nella sala comune, a quell'ora, c'erano solo una mezza dozzina di uomini. Gli esploratori erano già partiti mentre una prima squadra di costruttori era già all'opera per valutare e riparare i danni riportati durante le notti precedenti a causa degli attacchi dei vampiri. Tre di loro li avrebbero raggiunti a breve mentre gli altri avrebbe dovuto dedicarsi alle cucine e all'inventario delle provviste.
Il cibo era divenuto un problema: le scorte scarseggiavano e iniziavano a destare seria preoccupazione. Per di più, con le poche ore di luce a disposizione era sempre più difficile muoversi alla ricerca di provviste.
“Dico solo come stanno le cose…è tutto inutile contro quei mostri…”
Thalan batté con forza una mano sul tavolo: “E cosa vorresti che facessimo allora? Preferiresti arrenderti a loro, cedere al morbo che li ha resi non più umani?”
Ganar non seppe come rispondere.
“Oppure vuoi venire meno ai tuoi doveri? Se non l'hai ancora capito, qui siamo tutti sulla stessa barca. La speranza e l'impegno sono le nostre uniche armi in questo mondo condannato!”
Erano tutti stanchi, frustrati per i sacrifici con cui quotidianamente dovevano fare i conti. E ad aggiungersi a tutto la tremenda consapevolezza che ad attaccarli erano vampiri, persone che un tempo erano come loro ma che poi uno strano virus aveva reso non morti.
“Sapete cosa penso?”, all'improvviso la voce del giovane Mund. Tutti si voltarono verso di lui.
“Penso che dovremmo catturarne uno. Per studiarlo cioè, per capire cosa li spinge ad attaccarci, cosa li rende così aggressivi nei nostri confronti. Forse potremmo..”
“Sono bestie, esseri senz'anima! No! Vanno sterminati tutti! Dal primo all'ultimo!”
“Aspetta, forse Mund ha ragione. Magari potremmo pensare a costruire una qualche gabbia e a catturarne uno. Di giorno sono inermi dopotutto.”
“Ma certo! Una magnifica occasione per portare il morbo anche dentro alla cittadella! Ci infetteremo tutti, non volete capirlo?”
“Non puoi saperlo! E poi, quando si è diffuso e ha iniziato a…a colpire a trasformare, anche noi siamo stati esposti a quello strano virus…sempre..”, Mund si fermò un attimo a riflettere massaggiandosi la corta barba sul mento, “…sempre che siano state quelle polveri a diffonderlo”
“Già, le polveri, quelle stramaledettissime polveri. Ogni giorno si addensano sempre prima. Oscurano il sole e ci tolgono ogni speranza, lentamente l'oscurità ci avvolgerà tutti…”
La drammatica constatazione dell'anziano Zarâl mise fine ad ogni ulteriore discorso in merito ai vampiri. Ciascuno rimase con i propri pensieri e con le proprie convinzioni. In fondo il vecchio aveva ragione.
La speranza, per tutti, stava venendo meno.
Erano isolati, tagliati fuori dal resto dell'umanità - a patto, certo, che ancora esistessero uomini e donne non contaminati come loro – con sempre meno cibo e per di più nel periodo più freddo dell'anno.
Avrebbero ceduto prima ai vampiri o a loro stessi?
Leonardo Colombi
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