Ramses III
Nomi: | Usimara-meramun Ramesse-hekaon |
Dinastia: | XX (1184-1078 a.C.) |
Anni di regno: | [1182-1151 a.C.] |
Collocazione storica: | Nuovo Regno 1567-1080 a.C. |
Ramses III era ben conscio della grandezza dei più famosi sovrani della XIX dinastia , tanto che modellò il proprio nome e prenome su quelli di Ramses II. I suoi primi anni di regno furono minacciati da gravissimi pericoli. Nel Sud aveva poco da temere; la Nubia era diventata una provincia egizia, ed è probabile che le scene di una battaglia in quella regione siano puramente convenzionali e prese a prestito da illustrazioni precedenti. La nostra conoscenza degli autentici e pericolosi conflitti che Ramses III si trovò ad affrontare deriva in gran parte da iscrizioni e rilievi sulle pareti del suo grande tempio a Medinet Habu, il meglio conservato e il più interessante di tutti i templi a occidente di Tebe. Naturalmente predominano i soggetti religiosi, ma numerose sono anche le scene guerresche che integrano in modo prezioso le iscrizioni. La lunga iscrizione dell'anno 5 ricorda una campagna militare contro i vicini occidentali dell'Egitto, noti sotto il nome generico di Tjehnyu. Queste popolazioni erano esasperate perché il faraone aveva loro imposto un governante di sua scelta; la saggezza reale, tanto esaltata nei geroglifici, non era stata evidentemente apprezzata. Certi rilievi policromi raffigurano prigionieri dalla barba rossa, con riccioli ricadenti ai lati del capo e lunghi mantelli riccamente ornati. Si fa il nome di tre tribù: i Libu, o Libi, il cui nome è rimasto all'intera regione nord-orientale dell'Africa confinante con l'Egitto; gli Sped, dei quali non si hanno altre notizie; e i Meshwesh, nominati per la prima volta sotto Amenophis III, e che da allora ebbero una parte sempre più importante nei documenti storici. Si ritiene generalmente che siano i Maxyés situati da Erodoto nelle vicinanze di Tunisi. Subito dopo l'Egitto si trovò di fronte a una minaccia ben più grave costituita dal tentativo, da parte di una confederazione di popoli marinari del settentrione, di stabilirsi nei ricchi pascoli del delta, della Siria e della Palestina. Loro scopo era quello di trovare nuove sedi in cui stabilirsi e avevano portato con sé le donne e i bambini su carri trainati da buoi gibbosi. Una scorreria del genere, in cui i popoli del mare erano alleati dei Libi, era già stata respinta da Merenptah. La nuova guerra mediterranea, benché quasi contemporanea a quelle libiche degli anni 5 e 11, è narrata come un fatto a sé, ma non per questo meno pericoloso. L'attacco principale, datato all'anno 8, fu sferrato contemporaneamente per terra e per mare. Tra le forze nemiche si trovavano di nuovo gli Sherden, e anche questa volta vi sono immagini di guerrieri della stessa razza che combattono sia al fianco degli Egizi che contro di loro. L'Impero ittita, già da tempo moribondo, fu cancellato, e con esso gli alleati dell'Anatolia che avevano partecipato alla battaglia di Qadesh. Dei nemici di Merenptah, forse solo gli Sheklesh presero parte alla nuova guerra. A Medinet Habu si trovano varie scene di campagne militari in Asia che richiedono ulteriori osservazioni. Sopra una parete si vede Ramses III che assedia due città ittite, una delle quali è indicata come "la città di Arzawa"; un'altra scena rappresenta la città di Tunip presa d'assalto; in una terza, una città di Amor è sul punto di arrendersi. Evidentemente sono tutte illustrazioni anacronistiche e devono esser state copiate da originali del regno di Ramses II; ci sono ampie prove che gli artisti di Medinet Habu attinsero largamente al vicino Ramesseum. L'unica campagna militare documentabile di Ramses III in Asia è quella in cui "sterminò i Seiriti delle tribù dei Shosu"; Beduini del deserto che delimita a sud la Palestina. Quando al "monte Seir", citato su un obelisco di Ramses III, si tratta della montagna edomita nominata in vari passi dell'Antico Testamento. Pare che la sconfitta di questi nomadi, relativamente poco importanti, sia stata la massima impresa di Ramses III dopo la lotta contro le orde mediterranee, e chiude per oltre due secoli la storia dei tentativi egizi per crearsi un impero asiatico.
Sebbene Ramses III abbia regnato trentun anni completi,
celebrando un giubileo, o festa Sed, forse all'inizio del trentesimo, vi sono
indizi di varie agitazioni interne, specie verso la fine della sua vita. A un
certo momento i versamenti delle razioni mensili agli operai addetti ai lavori
della tomba reale erano tanto in arretrato che ne derivarono scioperi, terminati
solo per l'intervento del visir To; questi però non poté fornire che la metà di
quanto gli si chiedeva. Ben più grave fu una cospirazione che mise in pericolo
la vita stessa del sovrano. Già fin dagli inizi del regno vari sintomi
lasciavano prevedere che sarebbero nati dissensi per la successione. A giudicare
dall'ultima data registrata a Medinet Habu, il grande tempio era stato finito
verso l'anno 12, ed è curioso il fatto che, mentre vi sono rappresentati, come
nel Ramesseum, molti figli del re, e in qualche caso anche la regina, nessun
nome sia stato inciso negli spazi lasciati appositamente. Eppure è accertato che
il figlio, poi succeduto al padre col nome di
Ramses IV , era già nato, dato che la sua mummia, scoperta nella tomba di
Amenophis II , è quella di un uomo "di circa cinquant'anni e forse più".
Così viene descritto il tentativo di colpo di stato:
Il grande nemico Paibekkarnen, che era stato maggiordomo. Egli fu portato sotto l'accusa di essersi unito a Tiye e alle donne dell'harem. Egli aveva fatto causa comune con loro e osato riportare i loro discorsi all'esterno del palazzo alle loro madri, fratelli e sorelle, dicendo: - Raccogliete gente e fomentate la ribellione - per far nascere una rivolta contro il loro signore. E lo portarono alla presenza dei grandi funzionari della Corte di Giustizia, che esaminarono i reati imputatigli e lo trovarono colpevole. E i suoi delitti lo strinsero in una morsa e i funzionari che lo esaminarono decretarono la sua punizione con lo squartamento.
Un analogo processo subirono ventinove degli imputati,
classificati in cinque categorie, oltre a sei mogli non meglio identificate.
Molti funzionari dell'harem erano implicati nella congiura: il sovrintendente e
il vice sovrintendente, due scribi, sei ispettori, oltre alle mogli dei
guardiani. Fra gli arrestati, il più pericoloso era un comandante militare di
Cush, che era stato subornato dalla sorella, una delle donne dell'harem, e se i
piani si fossero svolti come previsto, questi due avrebbero acceso la rivolta in
tutta la Nubia. E' caratteristico di quel periodo che molti, sia fra i giudici
che fra gli accusati, fossero stranieri: Baalmahar era evidentemente semita,
Inini è descritto come libico, e il nome di Peluka denota un'origine licia. Ai
colpevoli di grado più elevato fu consentito di suicidarsi; altri, usciti
indenni dal processo, si "diedero spontaneamente la morte", forse per inedia.
Quattro funzionari che, malgrado le precise istruzioni ricevute, avevano
gozzovigliato con le donne dell'harem, furono condannati al taglio del naso e
delle orecchie. Solo uno degli indiziati, un alfiere, se la cavò con un severo
rimprovero; costui, insieme a due dei quattro funzionari sopra citati, aveva
fatto parte dei giudici, quando erano stati nominati. E' strano che poco si
sappia di Tiye, la donna al centro della congiura; anche suo figlio Pentawere,
il ragazzo che forse i cospiratori progettavano di mettere sul trono, è nominato
solo per inciso fra coloro che "si diedero spontaneamente la morte". Non ci sono
solide basi per supporre che la congiura fosse riuscita, anche solo a metà. La
mummia di Ramses III, trovata nel "nascondiglio" di
Deir
el-Bahri, era quella di un uomo di circa sessantacinque anni e non
presentava tracce di ferite. Del resto, non c'è ragione di far risalire alla
fine del regno il complotto, che potrebbe aver avuto luogo molti anni prima.
Tra gli edifici eretti da Ramses III, particolarmente ben conservato è un
piccolo tempio a Karnak.
L'enorme tomba di Biban
el-Muluk differisce dalle altre dello stesso periodo per l'introduzione di
scene della vita quotidiana, come quella della cucina reale; è particolarmente
famosa l'immagine dipinta di due arpisti. L'ultimo dei grandi faraoni fu seguito
da otto re che portavano tutti il nome illustre di Ramses, ormai cosi saldamente
associato all'idea della grandezza faraonica che molti alti funzionari andavano
ancora orgogliosi del titolo di "regale figlio di Ramses" quando i suoi
discendenti avevano già da lungo tempo rinunciato a ogni pretesa al trono.
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