Le mummie
Grazie
alla copiosa documentazione giunta fino a noi e allo
storico greco Erodoto si sa
abbastanza del processo di mummificazione usato dagli Egizi.
La
mummificazione dei corpi e la loro conservazione
unitamente a beni terreni cari al defunto risaliva alle credenze egiziane
di una vita oltre la vita nella quale il defunto lavorava (ecco a che
servivano gli ushabti - le statuette che rappresentavano
uomini occupati nelle mansioni quotidiane, di aiuto al defunto) si riuniva con gli dei, di cui era stato intermediario in
vita, mangiava (vari sono stati i ritrovamenti di cibo nelle tombe);
insomma gli egizi credevano in una "vera" e propria vita molto
simile a quella terrena.
Nei
primi anni della loro storia i
corpi venivano seppelliti nel deserto che grazie alla disidratazione si
conservavano in buono stato. Quando le sepolture si
fecero più elaborate e si
volle preservare dalla decomposizione i
corpi nel chiuso delle camere
mortuarie, bisognò cercare un nuovo metodo.
Ve
ne erano diversi usati per la preparazione della salma
ma a quanto pare il
più sofisticato fu quello praticato
negli anni dal 1550 al 1070 a. C. . Veniva
praticata un'incisione con un coltello di
silice e gli organi interni che
erano i più difficili da
conservare, venivano rimossi,
essiccati col sale, trattati con olii
e resine e poi posti in contenitori chiamati
vasi canopici(I vasi canopici erano quattro e rappresentavano i figli di una delle divinità
egizie, chiamata Horus. Ognuno di loro era destinato a conservare e
proteggere un particolare organo)
che
venivano sistemati vicino al
sarcofago. Solo il cuore,
considerato l'organo della saggezza
e dei sentimenti, veniva lasciato nel petto.
La cavità veniva allora pulita con vino
di palma, olii, essenze e spalmato di
resine profumate e il taglio ricucito.
Il cervello veniva parzialmente estratto con uncini dalle cavità
nasali e in parte veniva liquefatto immettendo delle sostanze nel cranio.
Il
corpo veniva, allora, immerso per 40 giorni in un
composto salino detto natron per fare in modo che il
corpo cedesse tutti i liquidi. Alla fine lo si lavava con una
cerimonia nelle acque del Nilo per togliere il sale residuo e
lo si fasciava con bende di lino. Alcune volte le bende erano
spalmate di resine e unguenti che avevano lo scopo di sigillare e profumare.
Per gli occhi solo in tardo periodo si usò inserire dei bulbi oculari in
pietra o addirittura delle piccole
cipolle per ripristinare la curvatura delle palpebre. Molta cura
si ebbe per le unghia delle mani e dei piedi. Le dita erano
fasciate una ad una e se si
trattava di faraoni spesso
inguainate
da lamine d'oro.
Il
procedimento di mummificazione durava, in totale, 70 giorni.
Per
salvaguardare il defunto durante il suo viaggio nell'aldilà gli
imbalsamatori infilavano diversi minuscoli amuleti portafortuna tra
le bende. Erano svariate centinaia ed ognuno di essi aveva un particolare
significato o uno scopo.
Lo
SCARABEO
simboleggiava la risurrezione ed era posto sopra o dentro il petto.
Aveva la forma di uno scarabeo stercorario ed era stato scelto perchè a
quanto pare è in grado di rigenerarsi spontaneamente dai propri
escrementi.
La
colonna DJED conferiva
stabilità e fermezza e simboleggiava la spina dorsale di Osiride.
L'appoggiatesta
WERES indicava
che il capo del morto sarebbe rimasto sollevato per sempre.
L'amuleto
più potente era l'Occhio
di Horus o WEDJET dispensatore di salute.