Un'altra Roma - Stazione Tiburtina
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Inserisco, in questa sezione di foto, da me scattate in "un'alba invernale" alla Stazione Tiburtina, due poesie di una scrittrice nata in questa zona di Roma
Buona lettura, Solegemello

La lucciola
di
Daniela Moreschini

Allo specchio s’è arjguardata

quer viso stanco e senza più bellezza,

quer corpo adesso senza più ‘na forma

che tante mano pe’ sognà hanno rovistato. 

S’è arivestita poi

co’ l’occhi traditori de la fantasia:

così bella com’era allora.

Co’ l’illusione d’esse  avvenente ancora

è aritornata sotto a quer lampione,

su quella strada de facce sconosciute. 

S’è poggiata a quer l’unico fanale,

rimasto ancora libbero de notte,

vicino a tante bbelle regazzotte

cor focherello ardente pe’ segnale.

Ereno giovani com’era stata lei

quanno cominciò a ffà er mestiere,

propprio su quella strada de periferia,

a vennese la vita e er corpo pe’ du’ lire,

co’ tante illusioni pe’ la testa

e credendo de potè campà co’ dignità. 

Avrebbe voluto strillàje a tutte quante,

pe’ dije che nun era vero gnente,

ch’era  solo fumo …

che doveveno lassà perde quella vita vota

o se s’arebbero ridotte come lei. 

Ma quer grido non uscì:

jè restò strozzato ‘n gola;

sapeva che nun l’avrebbero capita!

E fu così, che mentre le machine pian piano

se fermaveno a parlà davanti all’antre

pe stabilì er prezzo e

poi appartasse …

la lucciola, senza dì più gnente,

arzò li tacchi, co’ riso amaro sulla bocca,

girò le spalle e senza aripenzacce…

da llà annò via.

Arivò a casa  appena attempo,

prima c’anche l’urtima scintilla

de la vita sua

se potesse smorzà pe’ sempre e totarmente!

 

Poesie tratte da “SCHEGGE DE VITA”
Ed. Viavai presentato per la prima volta in Campidoglio Il 14 Ottobre 2005

 

Daniela Moreschini

Nata a Roma, nell’estrema periferia della città, Pietralata, una borgata che a quei tempi faceva storcere il naso ai benpensanti, ma sempre orgogliosa di essere nata dove la strada rifletteva la vera Roma, quella fatta di rughe nella faccia della realtà.

Pensieri, così amo definirli, perché sono semplici passaggi di una vita vissuta, combattuta ogni momento, che ha permesso di scrivere ciò che c’era intorno.

Alcuni scritti sono stati pubblicati sulle seguenti Antologie:

“VOCI DEL 2000: I POETI DEL TERZO MILLENNIO”

Ed. 2002-2003-2004-2005

“POETIXCASO LA POESIA ON LINE” ed. 2002

“POETI E NOVELLIERI CONTEMPORANEI” ed. 2004

Tutti della casa Editrice Golden Press di Genova

“PARTICELLE DI LUCE” ed. 2003

Editrice Lietocolle

LE PAROLE PER TE ed. 2005

Editrice Perrone

Seconda Classificata alla prima edizione del premio letterario DUERRE anno 2004 per la sezione “Poesia dialettale”

        Finalista al premio letterario DUERRE  anno 2005 per la sezione “Poesia Dialettale” e per la sezione “Narrativa”




Sogno
di Daniela Moreschini

Luna mia,
te lo chiedo proprio cor core,
regaleme ‘n sogno pe’stanotte!
Famme rivedè ‘na vorta ancora
mamma mia!
Fammè sentì l’abbraccio suo
ch’era così cardo e dorce!
Un bacio ancora vorei avè da lei…
ma ‘n te scordà de papà mio!
De baci e de carezze era ‘n po’ scarzo,
ma l’occhi sua m’entraveno ner core!
Solo pe’ stanotte famme tornà bambina,
quanno nel lettone, in mezzo a loro,
da sogni fatati me lasciavo prenne!
Solo pe’ stanotte…
poi, cor nascere der zole
sarò de novo sveija,
ancora donna e madre!


 


 

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Il quartiere nelle opere di P.Pasolini

1975-2005 trentennale della morte dello scrittore


Mamma Roma
1962


.
Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini 
Collaborazione ai dialoghi di Sergio Citti 
Fotografia Tonino Delli Colli; architetto Flavio Mogherini; coordinamento musicale Carlo Rustichelli; montaggio Nino Baragli; aiuto alla regia Carlo di Carlo; assistente alla regia Gianfrancesco Salma 
Interpreti e personaggi: Anna Magnani (Mamma Roma); Ettore Garofolo (Ettore); Franco Citti (Carmine); Silvana Corsini (Bruna); Luisa Orioli (Biancofiore); Paolo Volponi (il prete); Luciano Gonini (Zaccarino); Vittorio La Paglia (il signor Pellissier); Piero Morgia (Piero); Leandro Santarelli (Begalo, il Roscio); Emanuele di Bari (Gennarino il Trovatore); Antonio Spoletini (un pompieretto); Nino Bionci (un pittoretto); Roberto Venzi (un avieretto); Nino Venzi (un cliente); Maria Bernardini (la sposa); Santino Citti (padre della sposa). Inoltre, hanno partecipato: Lamberto Maggiorani; Franco Ceccarelli; Marcello Sorrentino; Sandro Meschino; Franco Tovo; Pasquale Ferrarese; Renato Montalbano; Enzo Fioravanti; Elena Cameron; Maria Benati; Loreto Ranalli; Mario Ferraguti; Renato Capogna; Fulvio Orgitano; Renato Troiani; Mario Cipriani; Paolo Provenzale; Umberto Conti; Sergio Profili; Gigione Urbinati. 
Produzione: Arco Film (Roma); produttore Alfredo Bini; distribuzione Cineriz 
Riprese aprile-giugno 1962, Teatri di posa Incir De Paolis, Roma; esterni Roma, Frascati, Guidonia, Subiaco; durata 115 minuti. 
Prima proiezione XXIII mostra di Venezia, 31 agosto 1962; premi Mostra di Venezia: Premio della FICC (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema). 


Il film si apre con un banchetto di nozze; lo sposo, Carmine, è il protettore di Mamma Roma, una prostituta. Questo matrimonio lascia libera Mamma Roma di decidere della propria vita.
Torna a prendere il figlio sedicenne, Ettore, cresciuto in un paese in provincia di Roma, Guidonia. In un primo tempo i due vivono a Casalbertone, un popoloso quartiere della periferia est di Roma; successivamente si trasferiscono in un quartiere di levatura piccolo-borghese, Cinecittà. Carmine impone a sua madre di tornare a prostituirsi per due settimane, dopodiché promette di non tornare più. Mamma Roma, terminata la vita di strada, compra un banco di frutta in un mercato rionale e, grazie a una trappola, riesce a far assumere il figlio presso una trattoria. Ettore si innamora di Bruna, per poi rendersi conto dell'impossibilità del suo amore. Con lei avrà, tra i ruderi dell'acquedotto Claudio, il primo rapporto sessuale. Ettore torna e impone a Mamma Roma di prostituirsi ancora. Nel frattempo Bruna ha confessato a Ettore qual è la vera vita della madre. Ettore lascia il lavoro e si dà a piccoli furti. Decide con un amico di rapinare i malati di un ospedale nell'ora delle visite. È malato, ha 39 di febbre, e viene colto dagli infermieri a rubare una radiolina; incarcerato e portato nell'ambulatorio del carcere, ha una crisi di nervi. Viene messo in isolamento e legato al letto di contenzione, dove morirà dopo una lunga e inascoltata agonia.

testo tratto dall'ottimo sito  http://www.pasolini.net/
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(...) "Sul cavalcavia della Stazione Tiburtina, due ragazzi spingevano un carretto con sopra delle poltrone. Era mattina, e sul ponte i vecchi autobus, quello per Montesacro, quello per Tiburtino III, quello per Settecamini, e il 409 che voltava subito sotto il ponte, giù per Casalbertone e l'Acqua Bullicante, verso Porta Furba, cambiavano marcia raschiando in mezzo alla folla, fra i tricicli e i carretti degli stracciaroli, le biciclette dei pischelli e i birroccioni rossi dei burini che se ne tornavano calmi calmi dai mercati verso gli orti della periferia. Anche i marciapiedi scrostati ai lati del ponte, erano tutti pieni di gente: colonne di operai, di sfaccendati, di madri di famiglia scesi dal tram al Portonaccio, proprio sotto i muraglioni del Verano e che trascinavano le borse piene di carciofoli e cotiche, verso le casupole della Via Tiburtina, o verso qualche grattacielo, costruito da poco, tra i rottami, in mezzo ai cantieri, ai depositi di ferrivecchi e di legname, alle grosse fabbriche di Fiorentini o della Romana Compensati. (....)


("RAGAZZI DI VITA", P.Pasolini, capitolo III)








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