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DATI GEOGRAFICI

 

Nome ufficiale del paese: Regno del Marocco
Nome del paese in arabo: Al Mamlakah al Maghrebiyah

Forma di governo: Monarchia costituzionale
Indipendenza: 28/3/1956 (già colonia francese)
Superficie: 458.730 Kmq
Densità: 66, 4 ab./Kmq 
Popolazione: 26 073 717 (cens. 1994)
Capitale: Rabat
Altre città: Tangeri, Marrakech, Safi, Fès, Casablanca, Melilla, Agadir, Meknes, Oued Zem, Essaouira, Kénitra, Larache, Oujda, Tétouan, Erfoud, Berkane, Ksar-el-Kébir, Mohammedia, Salé.
Moneta: dirham (100 franchi)
Lingua: arabo (ufficiale), dialetti berberi, francese
Gruppi etnici: Arabi 65%, Berberi 33%
Religione: mussulmani 98,7%, cristiani 1,1%
Fuso orario: -1
Temperatura media annua: 16,5 °C
Giorni di pioggia: 79



Il Marocco fa parte del Magreb, nell’Africa settentrionale , con coste sull’Oceano Atlantico e il Mediterraneo. In effetti l’espressione Magreb significa Marocco in arabo. Il rilievo marocchino è composto da quattro regioni: il Rif, l’Atlante, la pianura atlantica e il Sahara. 
La catena del Rif si sviluppa in parallelo e molto vicino alla costa mediterranea e raggiunge i 2456 metri. Nell’entroterra, poggiato su un altipiano, si erge l’Atlante, che è diviso in tre catene parallele, l’Alto Atlante ha vette che superano i 4000 metri. La pianura atlantica a ovest separa l’Atlante dell’oceano. Nel sud una serie di pianure e di vallate si estendono fino al deserto.

Il clima e la vegetazione sono mediterranei, ma nel sud assumono caratteristiche desertiche.
La presenza dei due mari addolcisce le temperature e l’Atlante fa da barriera all’umidità oceanica. Sulle montagne nevica abbondantemente, tanto che alcune località sono diventate famose come centri di sport invernali, frequentati da molti turisti.

Sebbene i berberi fossero i primi abitatori del territorio marocchino, oggi costituiscono solo un terzo della popolazione. Gli arabi sono diventati il gruppo dominante e hanno imposto la loro lingua e la religione musulmana (99%). Mentre i berberi vivono dispersi sulle montagne, gli arabi si concentrano nelle città. Prima dell’indipendenza in Marocco viveva quasi mezzo milione di europei, soprattutto spagnoli e francesi, ma da allora il numero si è notevolmente ridotto.
La popolazione marocchina è molto giovane. Il 78% ha meno di 38 anni. La crescita demografica è elevata (1,8% annuale). A questo ritmo, nel 2040, la popolazione sarà raddoppiata. L’esodo rurale, che porta buona parte dei contadini e dei pastori verso le città, ha provocato la crescita della popolazione urbana fino al 55, 3% del totale. La maggior parte dei grandi centri marocchini si trova sulla pianura costiera atlantica, la regione più popolata del paese.

 

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CENNI STORICI


Il Marocco fu abitato fin dalla preistoria.

Nell’antichità venne colonizzato dai Fenici, che sulle coste dalla Tunisia avevano fondato Cartagine, città sotto il cui dominio passarono anche le coste marocchine .

Nel V secolo a. C, in questa regione, si formò il regno di Mauritania, poi conquistato dall’imperatore Caligola che ne fece una provincia romana.

Fu occupato dai Vandali nel secolo V d.C., quindi dai Bizantini. 

Nel VII secolo vi giunsero gli arabi, che lo dominarono a lungo.

Al principio del XI secolo gli Almoravidi, provenienti dal Sahara, ne conquistarono il territorio e vi fondarono uno splendido impero, che raggiunse il massimo splendore nel secolo successivo.

Durante la meta del XVI secolo la dinastia Sa’ ottenne una effimera unificazione del territorio.

In seguito, fino al XX secolo, la dinastia Mulay dovette lottare contro gli interessi commerciali e territoriali di potenze come la Francia, la Spagna, la Gran Bretagna, la Germania e l’Olanda.

Nel 1912 il Marocco venne diviso in tre zone: quella francese, quella spagnola e quella internazionale.

Nel 1956 Francia e Spagna concessero l’indipendenza.

Nel 1957 il sultano alauita adottò il titolo di re con il nome di Mohammed V e adottò un regime di potere assoluto.

Nel 1961 si insediò sul trono Hassan II che mantenne l’assolutismo.

Nel 1999 è salito al trono suo figlio Mohammed VI, il quale ha manifestato l’intenzione di modernizzare il paese, adottando misure di governo democratiche. 

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INTERVISTE

  PRIMA INTERVISTA:  MARIWON EL MOUDDEN 

Mariwon proviene dal Marocco ed è nato in Italia, dove i suoi genitori risiedevano già da alcuni anni. Erano venuti in Italia perché qui avevano dei conoscenti.
Mariwon è nato a Borgomanero, ha sempre abitato a Cureggio e non ha visitato altre regioni dell’Italia, salvo qualche visita in Lombardia e in Emilia Romagna.
Torna qualche volta al suo Paese d’origine in estate , per trovare i suoi parenti, ma non conosce bene il Marocco. Non ha notato grandi differenze tra Marocco ed Italia, se non riguardo al clima ed il cibo: in Marocco il clima era più caldo, non c’erano zanzare (tranne vicino ad un lago dove ha fatto una gita). Mariwon ci ha parlato di alcuni cibi tradizionali marocchini tra cui: cous-cous, rfisa, rgaif, merka e crira.
Il cous-cous è un piatto completo con semola, carne di agnello e verdure varie fatte cuocere a vapore. “Rfisa” è un piatto simile al precedente, con carne e verdura unite ad un pane speciale, simile alla piadina. Ci sono poi delle minestre: “merka” con carne,verdura e salsa di pomodoro, “crira” con ceci, carne e salsa.
Un dolce tipico, che si offre agli ospiti con il tè alla menta, è il “bgrir”, delle specie di crepes fatte con acqua e semola.
Una festa tipica, simile alla Pasqua, è quella dell’agnello. Ogni famiglia deve uccidere un agnello, cucinarlo, mangiarlo e quello avanzato viene donato ai bisognosi.
Mariwon non mangia salumi, ma un prosciutto di carni varie pressate detto “kasher” che si trova nelle macellerie anche italiane.
Mariwon ci ha parlato degli abiti tipici del Marocco: la “jillaba”, una tunica lunga fino ai piedi, in tinta unita con dei ricami dello stesso colore; il copricapo per gli uomini è il “fokia” e il “drra” per le donne. La sua mamma li indossa abitualmente, il papà solo in occasione delle feste. Gli uomini portano anche delle particolari “ciabatte” dette “belga”.
Recandosi in visita dai parenti, Mariwon ha avuto modo di vedere le città di Rabat, Casablanca ed El Jadida.
Mariwon ha frequentato tutte le scuole in Italia, la materna e le elementari a Cureggio, le medie a Fontaneto. Non ha avuto difficoltà ad ambientarsi e frequenta nel tempo libero i compagni di scuola; vuole continuare gli studi e diventare cuoco.
E’ musulmano praticante e non festeggia le ricorrenze cattoliche.
In casa parla l’arabo, ma tutti i suoi conoscono bene l’italiano ed i suoi genitori anche un po’ di francese.
Riguardo alle differenze tra il suo popolo ed il nostro, non ha notato nulla, tranne che gli italiani tendono ad essere più solitari mentre i marocchini stanno più in compagnia.

 

 

  SECONDA INTERVISTA:  HASNAA TAOUFIK 


COME TI CHIAMI?
Mi chiamo Hasnaa.
QUANTI ANNI HAI?
Ho14 anni.
QUALE CLASSE FREQUENTI? 
La seconda media.
DOVE SEI NATA?
A Casablanca in Marocco.
DA QUANTO TEMPO VIVI IN ITALIA? 
Da quasi 8 anni. 
QUALE LINGUA SI PARLA NEL TUO PAESE? 
L’arabo, il berbero e il francese.
PARLI ANCORA LA LINGUA DEL TUO PAESE? 
Sì con la mia famiglia.
NEL TUO PAESE ANDAVI A SCUOLA? CHE CLASSE FREQUENTAVI? 
Sì, la prima elementare.
COME TI TROVI NELLA SCUOLA ITALIANA? 
Mi trovo molto bene.
HAI AVUTO PROBLEMI DI INSERIMENTO? 
Fortunatamente no.
QUALE RELIGIONE PROFESSI? 
Sono musulmana.
QUALI SONO I PIATTI TRADIZIONALI DEL TUO PAESE? 
Sono il Tagin e il Cus-cus.
TI SEI ABITUATA AL CIBO ITALIANO? 
Sì è molto buono.
CHE COSA SI FESTEGGIA NEL TUO PAESE? 
Id-akbire - Capodanno e molte altre.
COME SI TROVA LA TUA FAMIGLIA IN ITALIA? 
Si trova molto bene.
DA GRANDE VORRESTI TORNARE NEL TUO PAESE? 
Sì, vorrei.

 

Diario immaginario di Rabìa

Mi chiamo Rabìa e fino all’anno scorso vivevo in Marocco, ma per problemi di lavoro io e la mia famiglia ci siamo dovuti trasferire qui in Italia. Noi non abbiamo grandi risorse economiche e quindi abbiamo preso in affitto un piccolo appartamento; la mia famiglia è composta da mia madre Jasmine, mio padre Cadà e dai miei fratelli, Abdullhà, Sanìa, Amin e la piccola Srilaka. Qui è tutto molto diverso dal Marocco. Prima abitavo in una grande città: Rabat, la capitale. Naturalmente, parlo arabo, ma so anche un po’ di francese. L’italiano l’ho imparato qui in Italia. Questo, per me, è stato un grande problema. Frequentare la scuola senza conoscere una parola d’italiano è stato molto difficile; soprattutto, è successo che a volte io mi sia scoraggiato e abbia pensato che non sarei mai riuscito a studiare le cose che studiano gli Italiani.
Ricordo bene il mio primo giorno. Un’insegnante mi ha chiesto in francese se mi avesse accompagnato mia madre. “Mia madre sta a casa” - ho risposto nel mio francese stentato. Non ho capito il commento, ma ho percepito che disapprovavano questo comportamento. Appena entrato in classe, dopo le prime presentazioni,mi hanno fatto un mucchio di domande. Traduceva un altro ragazzo marocchino che ormai sapeva bene l’italiano. Mi sono sentito molto a disagio perché non sono mai stato abituato a raccontare della mia vita, tanto meno a degli estranei. Mi ha dato fastidio tutta quella curiosità, ma ho capito che loro lo facevano per essere gentili. L’ ho capito dagli sguardi e dai sorrisi. Mi ha stupito che all’inizio delle lezioni gli Italiani non cantassero canzoni patriottiche e che in classe non ci fosse sia la fotografia del presidente. Ho scoperto anche che a scuola si fa solo un’ora alla settimana di Religione. Io ero abituato a farne tre o quattro. 
Come fanno i ragazzi italiani ad istruirsi seriamente nella loro religione? 
E poi, devo dire che gli insegnanti in Marocco sono molto più severi. Qui non capisco bene come devo comportarmi perché, secondo me, non è chiaro quello che si può fare e quello che è vietato. Gli insegnanti non bacchettano mai i ragazzi; li sgridano,è vero, non tanto però. Guardo sempre quello che fanno gli altri per sapermi comportare nel modo migliore, ma tanti compagni non ascoltano i professori. Questo è molto strano. In Marocco non era così. 
Cerco continuamente di assomigliare ai miei compagni. Non voglio essere il “povero marocchino”. Qualcuno mi ha chiesto se mio padre va in giro a vendere tappeti. E un altro mi chiama “Millo lire”. In questi momenti mi viene da piangere. Mi viene una nostalgia fortissima del mio Paese. Mio padre faceva l’ingegnere in Marocco. Adesso fa il muratore. Qualche giorno fa al supermercato si è avvicinato un signore che gli ha lasciato il carrello da riporre dicendogli che poteva pure tenere i 50 centesimi. Io ho cercato di dire qualcosa, ma mio padre non ha voluto. Mi ha detto che, in fondo, quella persona voleva essere gentile, ma io ho sofferto ugualmente per lui. 
A scuola, però, le cose vanno abbastanza bene. Ho imparato a non prestare attenzione a certe cose brutte che mi dicono. Solo una cosa non sopporto ancora: che mi chiamino “Millo lire” e poi… di notte sogno la casa della nonna, tutta invasa dal profumo del suo tè alla menta. Qui in Italia la mamma lo fa ancora, ma non mi pare mai buono come quando lo bevevo in Marocco.

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RICETTE

CUSCUS

Ingredienti:
· Carne 
· Cipolla
· Carote
· Zucchine e zucca 
· Radicchio
· Pomodori
· Porro
· Olio q.b.
· Sale q.b.
· Zafferano q.b.
· Semola 1 kg
· Dado
· Prezzemolo

Preparazione:
In una pentola alta mettere 1 l di acqua, aggiungere olio, cipolla tagliata fine e carne. Cuocere ad alta temperatura e aggiungere le verdure tranne il pomodoro e la zucca. Mettere una manciata di sale e aromatizzare con lo zafferano e il prezzemolo. Bagnare la semola su un piatto molto grande con poca acqua fredda poi mettere uno scolapasta d’alluminio sulla pentola. La semola deve cuocere a vapore per 15 minuti. Toglierla dal fuoco e lavorarla con le mani o con un cucchiaio di legno, aggiungere 2 cucchiai d’olio e un bicchiere d’acqua. Rimettere a bollire per altri 15 minuti e poi aggiungere le zucchine e i pomodori. Lavorare nuovamente la semola con acqua, olio e sale. Rimettere a bollire il tutto per altri 15 minuti. Dopo che tutto è cotto mettere nel Kasria (recipiente molto largo) la semola e la carne e decorare con la zucca. 


HTHAI

E’ la bevanda tradizionale e popolare del Marocco. 
Il tè è una bevanda molto facile da preparare.

Ingredienti: menta – zucchero - acqua

Preparazione:
Dopo aver portato ad ebollizione dell’acqua in una teiera aggiungere la menta, lasciarla in infusione per alcuni minuti, unire 7 cucchiaini di zucchero e servire caldo.

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FIABE ARABE

 

C’ERA, E CHISSA’ POI SE C’ERA… 

Spesso i racconti arabi iniziano così: Kan iam kan… c’era e chissà poi se c’era. E’ il suggestivo inizio delle fiabe arabe, che spesso vengono raccontate al buio; in alcuni paesi, infatti, si crede che raccontarle di giorno porti male.
Durante le lunghe veglie le donne ricamano e raccontano di principi, anelli magici, ghul e ginn. Ma esistono anche narratori di professione che sanno a memoria centinaia di lunghe fiabe, di favole brevi, di aneddoti divertenti e li raccontano nelle piazze, un po’ come facevano i nostri cantastorie. Accanto a loro c’è un allievo che cerca di ricordare ogni parola. Un giorno sarà lui il narratore, anche se questa tradizione sta letteralmente scomparendo. 
I ginn sono personaggi magici, paragonabili ai nostri folletti. Sono nati da un fuoco senza fumo, vestono di verde e possono rendersi invisibili e cambiare dimensioni, come i folletti anche loro fanno dispetti agli uomini.
I ghul e i ghula sono favolosi mostri del deserto, simili ai nostri orchi, sono crudeli e mangiano volentieri carne umana.

Una notte dopo l’altra.
La più famosa raccolta di fiabe dell’Oriente arabo è costituita da “Le mille e una notte”. A narrare una storia per ogni notte è la bella Sharazad, sposa di un re che vuole ucciderla e che, pur di ascoltare i suoi racconti, alla fine la salverà. La raccolta arrivò in Europa nel 1700, con il tempo, le storie di Aladino, di Sindibad e Alì Baba si diffusero come narrazioni autonome rispetto alla raccolta originaria e divennero famosissime anche da noi.

Una piccola storia…
C’era, e chissà poi se c’era, un re molto noto per la sua saggezza e devozione.
Un giorno un suddito corse da lui a lamentarsi perché gli avevano rubato il cammello che aveva lasciato davanti alla Moschea.
Il re saggio gli chiese: “Ma lo avevi legato?”
E lui rispose: “ Non lo avevo legato ma lo avevo affidato a Dio!”
E l’altro: “Un’altra volta, prima legalo, poi affidalo a Dio!” 

GIUHA, LO SCIOCCO - FURBO 

Le fiabe viaggiano nel tempo e nello spazio, seguono le rotte delle carovane, si spostano con le persone, di diffondono con le dominazioni. Uno stesso personaggio o una stessa storia li possiamo trovare in Paesi diversi, specie se appartenenti ad aree geografiche vicine; naturalmente potranno cambiare i nomi mentre le trame presenteranno numerose varianti, ma gli elementi comuni saranno sempre riconoscibili. E’ il caso del furbo- sciocco, un personaggio che si può trovare in tutti i Paesi dell’area mediterranea, dall’Albania all’Italia agli stati del Nord Africa, questo personaggio della tradizione orale affonda le sue origini proprio nel mondo arabo.

In Sicilia ancora oggi si dice: “ Nni fici quanto Giufà” ( Ne ha fatte quante Giufà). Vuol dire che una persona l’ha combinata grossa, o si è messa nei pasticci! Giufà, protagonista di tante e tante fiabe siciliane è un personaggio che si può ricondurre facilmente alla tradizione araba, infatti la Sicilia è stata dominata dagli arabi per secoli. Un personaggio simile si trova nei racconti della tradizione toscana con il nome di Giucca. Al Giufà siciliano è paragonabile anche il Giovannino Senza paura, di cui si racconta in tante novelle della tradizione italiana. 

GIUFA’ E GIUHA 
Nelle storie popolari siciliane Giufà è un furbo sciocco, povero e rozzo, che prende alla lettera qualsiasi cosa gli si dica e spesso dice verità sgradevoli. Per gli Arabi, invece, di Giuha ce ne sono due: uno di campagna, ingenuo e facile da imbrogliare, e uno di città astutissimo, che non si lascia mai cogliere di sorpresa e gioca scherzi a tutti.
Ma esiste anche un terzo Giuha, quello turco, che viene chiamato Nasreddin Hoca ed è a metà strada tra follia e saggezza.

IL VESTITO DI GIUHA 
Nelle storie arabe, Giuha è un uomo non molto giovane, con grandi baffi a manubrio, il nasone e un vestito pieno di rattoppi: una tunica lunga sino ai piedi dalla quale spuntano le vecchie babbucce.

LA SAPETE L’ULTIMA 
Un giorno Giuha si vestì a lutto, e siccome gli domandarono: “Perché ti sei vestito così?” rispose: “Perché è morto il padre di mio figlio!” 

 

Un racconto arabo


QUANDO SI VUOLE ACCONTENTARE TUTTI


 

Il figlio di Giuha era sempre preoccupato del giudizio della gente e non voleva far nulla che non incontrasse l’approvazione degli altri, così suo padre decise di insegnargli che accontentare tutti è impossibile. Prese il suo asino, vi salì sopra e disse a suo figlio di seguirlo a piedi. Passarono vicino ad un gruppo di donne, che cominciarono a borbottare contro di loro e una disse: “ Che razza di uomo sei, hai il cuore di pietra? Tu cavalchi l’asino e quel povero ragazzo ti segue a piedi...!” Allora Giuha fece salire suo figlio sull’asino e si mise ad andare a piedi dietro di lui. 
Dopo un po’ incontrarono un gruppo di anziani che li guardarono con disapprovazione, pensando che non era questo il modo di educare i figli e dissero a Giuha: “Ma come, alla tua età tu vai a piedi e lasci che il tuo giovane figlio cavalchi l’asino? E’ così che si insegna il rispetto per le persone anziane?”
Giuha guardò suo figlio e disse: “Hai sentito? Forse è meglio che cavalchiamo l’asino insieme.” E si avviarono nuovamente.
Passarono vicino ad un gruppo di amici di Giuha, che non riuscirono esimersi dall’esclamare: “Non vi vergognate? Come fate a cavalcare in due quella povera bestia, se insieme pesate più di lei?”
Così Giuha disse a suo figlio: “Scendiamo dall’asino e andiamo a piedi tutti e due, così non si arrabbieranno più con noi né le donne, nè gli anziani, né i miei amici.”
La scenetta, a quel punto, era esilarante: due uomini che seguono a piedi con reverenza, un asino che trotterella davanti, veloce e libero di ogni carico. 
Un gruppo di ragazzi scoppiò a ridere: “Perché fargli fare la fatica di camminare, povero asino? Non è meglio, a questo punto, che lo trasportiate voi?”
Allora Giuha prese un grosso ramo di un albero e vi legò l’asino, poi mise un’estremità del ramo sulle sue spalle e l’altra sulle spalle del figlio e così lo trasportarono.
La gente li vide e si radunò attorno a loro ridendo, finché non arrivò la polizia, che prese Giuha e suo figlio e li portò al manicomio. 
Quando furono lì Giuha guardò suo figlio e disse: “Hai visto dove si finisce, quando si vuole accontentare tutti?”

 

Illustrazioni di Francesco Tacchino (1B - Fontaneto)


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CURIOSITA'


Tradizioni della cucina araba 
Ogni pasto inizia con la frase “ bissmi Allah” (nel nome di Dio).
Ma c’è anche una formula che dice: “O tu che vieni da non si sa dove, non dire nulla, ma siediti e dividi il nostro cibo”. La cucina è esclusivamente compio delle donne.

Le dita nel piatto 
Per mangiare ci si accomoda su divanetti, davanti ai tavolini su cui il padrone di casa appoggia grandi piatti che contengono le varie pietanze. Non ci sono posate e ognuno prende il cibo direttamente dal piattone, aiutandosi con dei pezzi di pane speciale, basso e spugnoso.

Si può, non si può 
Alcuni cibi e alcune bevande sono proibiti dalla legge coranica: i musulmani non possono mangiare carne di maiale e bere alcolici. La cucina del Maghreb è comunque molto varia, saporita e ricca di spezie e legumi. Ciascuna ragione a le sue specialità, ma quasi ovunque i piatti principali sono il cuscus e il tajin, ognuno dei quali rappresenta un pasto completo. 
La carne non viene mai cucinata da sola ,si usa molto la trippa ripiena di riso speziato e le salsiccie di riso. La carne più usata è quella di montone, mentre si fa minor uso del manzo. Si usa molto anche la verdura ripiena: gli involtini si fanno con fogli di verza o bietola farcite di riso, carne macinata e spezie. Si fanno ripiene anche le melanzane. 

Una ricetta da provare
Per preparare un buon cuscus marocchino con verdure miste, ci vuole una speciale semola da cuocere a vapore, che accompagna uno stufato fatto con 500 grammi di carne di montone, 50 grammi di ceci, 2 carote, 2 patate, 2 pomodori maturi, 200 grammi di zucca, 1 cipolla, 1 peperoncino rosso, 1 peperoncino verde, un cucchiaio di curcuma (che è la scorza della noce moscata), 1 cucchiaio di semi di cumino, 3 chiodi di garofano, olio, sale e pepe. I cuscus delle zone del Maghreb sono abbastanza diversi: in Tunisia, per esempio si aggiunge una salsa piccantissima chiamata Harissa. 


I dolci arabi
I dolci arabi sono squisiti e addolciti quasi sempre con miele: sono buonissime le mezzelune di pasta di mandorle, dette corna di gazzella, ma anche i datteri polposi, da gustare al naturale o coperti di zucchero. Come in Sicilia si mangiano fichi secchi e semi di melone tostati.

Il profumo della menta
Il tè è la bevanda nazionale del Maghreb, soprattutto in Marocco. Alla fine di un pasto, a colazione, in una pausa del lavoro, quando si sta assieme agli amici, è sempre l’ora del tè. Di solito lo si beve molto dolce e aromatizzato con foglie di menta fresca, che però deve essere del tipo naa- naa, la più profumata.


Mangiare e bere per strada
Gli spiedini di carne macinata con spezie, Kabah, sono molto utilizzati e vengono consumati anche per strada. In strada si può acquistare anche una specie di girello di carni diverse tagliate a fette.
E’ facile anche incontrare venditori di bevande che camminano portando sulla schiena un grosso contenitore. Bevande molto diffuse sono la liquirizia e il tamarindo ghiacciati; quest’ultimo è fatto con datteri piccoli che sciolti nell’acqua e poi filtrati e zuccherati. 


IL MATRIMONIO

Il matrimonio è una festa alla quale partecipano in primo piano tutte e due le famiglie, che spesso addirittura hanno scelto gli sposi. Non esiste un periodo di fidanzamento, perché subito dopo la scelta avviene il matrimonio. L’uomo offre i doni alla sposa prima della cerimonia; un tempo l’uomo aveva il compito di offrire la casa, e la donna i mobili e gli oggetti.
Si racconta che un uomo venne da Maometto e gli disse che si voleva sposare. Allora Maometto regalò all’uomo il suo anello d’argento dicendogli di donarlo alla sua futura sposa. E’ da allora che si usa fare regali alla moglie.
Non esiste matrimonio laico, il matrimonio arabo è sempre religioso. Anche il divorzio è amministrato e gestito dalle autorità religiose. Il Muftì ( colui che interpreta) rappresenta la religione e celebra il matrimonio in casa o nella Moschea, poiché gli atti religiosi si possono svolgere ovunque.
I festeggiamenti sono diversi da un posto all’altro. In Medio Oriente si usa fare prima due feste, una a casa dello sposo e una a casa della sposa.
Poi gli invitati dello sposo vanno a prendere la sposa e la portano in una terza casa, spesso del parente o dell’amico più ricco ed è lì che si svolge il matrimonio.


FESTE PICCOLE E GRANDI

Come le altre popolazioni musulmane, una festa importante è la Eeid- Sgher (la festa piccola): dura tre giorni alla fine del Ramadan e si cucinano molti dolci,
Il Ramadan è il mese in cui i musulmani osservano il digiuno dall’alba al tramonto; LA NOTTE più sacra è quella del 27° giorno in cui Dio mandò a Maometto l’Arcangelo Gabriele.
Una festa importante è la Eeid Al-Adha (la festa grande): per quattro giorni si festeggia il ritorno di Maometto dalla Mecca, iniziando con il sacrificio del montone che prima dell’alba deve essere distribuito i poveri. Durante la festa grande si cucinano carne e cibi salati piuttosto che dolci.
Tutti i musulmani che vanno in pellegrinaggio alla Mecca, quando tornano si festeggiano per le strade del quartiere con bandiere e festoni. 

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