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storia del castello
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I racconti del castello:

Delitto al castello
La Fonte della giovinezza
Quattro ragazzi e un fantasma


Nell'abbazia di Fontaneto, nel 1057, alcuni confratelli buttarono nel pozzo dei coltelli un monaco, ritenendolo un eretico perchè sostenitore della tesi dell'Arialdo.
I nostri amici, invitati dal fantasma del monaco benedettino, dovranno trovare una pergamena, scritta da un tale Anselmo Reginaldo, che scagioni il chierico dall'infamia di eresia.
Riusciranno a portare a termine l'impresa?

Personaggi:

  • Lorenzo

  • Cristina

  • Chiara

  • Tommaso

I ragazzi protagonisti
  • Maestra Elena               Zia di Chiara
  • Monaco Benedettino     fantasma del castello
  • Nap                                Il criceto di Cristina

Prima giornata

- Fontaneto d’Agogna, nel 1057, si svolse un famoso Concilio… - leggeva Lorenzo agli amici, con un tono intellettuale.
- Basta con queste nozioni storiche di prima mattina, mi farai andare di traverso la colazione!- disse Cristina in tono deciso.
-  Io non l’ho neppure fatta la colazione stamattina! - aggiunse Chiara  e, rivolgendosi a Tommaso, proseguì: -  Mi daresti un bombolone? .
- Scordatelo! – rispose Tommaso, dando una morsicata alla pasta farcita di crema e strizzando l'occhio a Lorenzo.
- Grazie, spilorcio! – ribatté Chiara.
- Spilorcio io? Scroccona ! – continuò lui, un po’ seccato che l'amica non stesse al gioco.
Chiara, visibilmente offesa, si diresse in un altro scompartimento del treno, lontano dal gruppo degli amici. 
Lei era una ragazza suscettibile, e in quei giorni era particolarmente nervosa perché il Martedì successivo ci sarebbero stati gli esami di terza media da affrontare.
I quattro ragazzi erano in procinto di passare un weekend dalla zia di Chiara, che abitava per l’appunto a Fontaneto, ma non in una casa qualunque, bensì in un antico castello.
Il treno si arrestò, Cristina si precipitò da Chiara avvisandola che finalmente erano giunti alla stazione di  Cressa.
Scesero dal treno ma non videro la zia, allora Tommaso propose di avviarsi a piedi.
– Non sarà poi tanto lontano – disse.
- Ma non sappiamo la direzione – aggiunse Chiara e Tommaso la interruppe - Per me è di là - e indicò la strada che correva parallela alle rotaie.
- Ma va! Proprio di là, sicuro? Secondo me è di qua invece,- replicò Chiara – Non vedi, c’è cartello  grosso come una casa con scritto “F.O.N.T.A.N.E.T.O.”
-Ok, basta, seguiamo le indicazioni! – disse Cristina che stava per perdere la pazienza.
S’incamminarono a passo svelto e in quindici minuti  arrivarono al paese.
La zia era davanti al portone che li aspettava preoccupata.
- Zia, Zia – esclamò Chiara correndo verso di lei.
- Scusatemi ragazzi, ma non mi partiva  la macchina. Ma prego, entrate, non state lì sulla porta - disse la donna. 

Elena era una signora di bell’aspetto sulla sessantina, che da poco aveva lasciato la sua amata professione di maestra elementare, essendo per lei giunta l’età della pensione.
Da subito, deposti i bagagli in salone, condusse i ragazzi in cortile poiché Lorenzo non stava più nella pelle di vedere i luoghi citati nell’opuscolo che stava esaminando in treno. 
– Secondo la mia guida qui dovrebbe esserci
l’oratorio di S. Fabiano e S. Sebastiano con una meridiana del settecento – disse Lorenzo alla zia.
– Sì, certo, è quella chiesetta laggiù. Ora è molto piccola, come vedi, ma un tempo era imponente ed era l’unica chiesa di Fontaneto. In quanto alla
meridiana, non è molto ben conservata, guardate è quella in alto sulla facciata sud della chiesetta. E continuò: – L' edificio che vedete è il retro del Palazzo Vecchio, l’ala del castello dove  vivo io.
- Ma che ne dite ora di pranzare?- chiese la zia, cogliendo nei giovani una certa distrazione.
Entrarono e si misero a tavola con un certo appetito, specie Tommaso il ghiottone del gruppo.
Chiara sospirò: – Finalmente un po’ di cibo, dopo tanta strada!
- Spero sia tutto di vostro gradimento, mi sono ispirata ad  una ricetta medievale  nel prepararvi la selvaggina – disse Elena, compiaciuta nel vedere i ragazzi ben disposti al cibo.
Durante il pranzo Lorenzo approfittò per fare altre domande: – Quando è stato edificato questo palazzo? E dove sorgeva un tempo il monastero?
Elena, che non vedeva l’ora di raccontare, disse: – Il castello ove ora ci troviamo è stato edificato nel 1456, però dovete sapere che l’altra ala è stata edificata successivamente, nel 1474, e per questo  si dà  rispettivamente all’uno e all’altro l’appellativo di
Palazzo Vecchio e di Palazzo Nuovo. Essi hanno sostituito il vecchio Cenobio.
– Quello del Concilio?- chiese Chiara.
- Certo, proprio così- rispose la zia alla nipote, contenta di avere altresì un pubblico così interessato e attento.
Dopo questa chiacchierata, tra un boccone e l’altro, la cena volse al termine e tutti andarono nelle camere per la notte.
Lorenzo e Giacomo si sistemarono nella stanza del camino con stemma gentilizio, mentre Cristina e Chiara in un’altra vicino al salone.
Il sonno  fu agitato per tutti, non fosse altro per la salsa che avevano  ingurgitato in maniera spropositata. All'improvviso nell’aria si diffusero strane melodie che richiamavano certa musica medievale, e Lorenzo  ebbe la netta  impressione di vedere una misteriosa ombra vagare nella stanza.

Il ragazzo rimase fermo, il sangue gli parve gelarsi quando realizzò che nel locale era apparso un  fantasma.


Il ragazzo rimase fermo, il sangue gli parve gelarsi quando realizzò che nel locale era apparso un  fantasma.
L’ombra indossava uno strano saio, si avvicinò e gli raccontò di essere un monaco benedettino che era stato ucciso ingiustamente durante i giorni del Concilio del 1057. Gli spiegò di essere stato gettato nel Pozzo dei coltelli da dei confratelli in quanto ritenuto  un eretico per aver sostenuto la tesi  dell' Arialdo. - Saresti disposto ad aiutarmi in modo che la mia anima possa riposare in pace? - chiese l'ombra al ragazzo, quasi supplicandolo.
- Certo, ma come devo fare? -  ripeteva nel sonno ad alta voce Lorenzo, mentre l'altro  continuava:  
- Devi cercare nel castello un documento, scritto da un monaco, tale Rinaldo, che afferma la mia innocenza. Ma fai presto, altrimenti per me potrebbe essere finita…
Udito ciò Lorenzo tranquillamente riprese il sonno, ma quelle parole gli ritornarono alla mente come un fastidioso tarlo appena fu sveglio.  Non sapeva dirsi se l'ombra gli era apparsa veramente  nella notte o il tutto  era stato  solo un sogno. Preferì naturalmente propendere per la seconda ipotesi!

 


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