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concilio
di Fontaneto:
Le
discussioni durarono tre giorni, non si sa nulla di preciso su quali
vescovi presero la parola. Si presume intervenne Oddone
II, vescovo di Novara, d’idee indulgenti sui vizi del clero;
contro Arialdo si espressero presumibilmente anche il vescovo di Vercelli,
quelli di Asti e di Cremona e
forse Cuniberto, vescovo di Torino. Il Concilio si concluse con la
decisione di scomunicare Arialdo e Landolfo. Il
diacono nel frattempo, si era recato a Roma per esporre le sue ragioni al
pontefice. Stefano IX, inviò in Lombardia una delegazione composta da
Anselmo da Baggio e dal cardinale Ildebrando, il futuro Gregorio VII, si
aprì così un periodo di accese lotte e il loro intervento non servì a
risparmiare la vita ad Arialdo, che fu assassinato per mandato della
contessa Oliva d’Angera, nipote dell’arcivescovo di Milano. Pochi anni
dopo la lotta contro la simonia trovò un valido riformatore proprio in
Gregorio VII. Solo allora il giovane Arialdo fu riabilitato e poté essere
venerato come un martire. |
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La
parte fondamentale del monastero era costituita dalla Chiesa Abbaziale,
che rappresentava il cuore del monastero stesso, intorno ad essa, infatti,
scorreva la vita dei monaci, cadenzata secondo le ore della preghiera
comune, celebrata nel coro della Chiesa. Il chiostro, di solito, sorgeva a
sud dell’abbaziale; esso si presentava come una galleria di portici che
girano attorno ad un giardino. Nel diversi monasteri, gli edifici
occupavano sempre la stessa posizione. I
locali che si affacciavano sul chiostro erano la sala capitolare, il
refettorio, la cucina, lo scriptorio, l’archivio e l’infermeria; sopra
la sala capitolare, in genere, si trovavano le celle dei monaci e la
camera dell’abate; mentre al di là della chiesa c’era un secondo
cortile con i magazzini, le cantine, le stalle, i pollai, i forni e le
dimore dei servi. Sopra alla cantina, di solito, si trovava il granaio per
l’essiccamento dei cereali. A lato della chiesa, c’era il cimitero dei
monaci; in un altro settore era collocato l’orto e molti monasteri
avevano anche un secondo piccolo orto, a parte, detto “aromatorio”,
dove si coltivavano le erbe medicinali. Un’ala del monastero, chiamata
foresteria, era riservata agli ospiti di passaggio, soprattutto
all’accoglienza dei pellegrini. Nei monasteri più importanti vi erano
alloggi destinati all’ospitalità di uomini di alto rango, persino
riservati a principi e a re. Il
monastero, a volte, era attorniato da un fossato pieno d’acqua, usato
come arma di difesa. In questi casi per entrare nel complesso religioso,
vi era un ponte levatoio, che veniva calato solo per fare entrare le
persone fidate; in caso contrario, non si abbassava. Con il passare del tempo, i monasteri divennero complessi sempre più grandi e la loro struttura si arricchì ulteriormente: all’ingresso si poteva trovare, di fronte alla casa del medico, una chiesa e il convento dei novizi. Poco più avanti sorgeva la casa dell’abate con a fianco una biblioteca per persone colte. Continuando si poteva trovare un ospizio per i poveri e una scuola piuttosto grande. Dopo la scuola, era collocato un altro dei tanti ingressi. Più in là, si poteva osservare un alloggio per gli ospiti e la casa dei guardiani, circondata dalle scuderie. Davanti ad essa vi era un grandissimo edificio: il dormitorio, ossia dove i monaci dormivano. Anche qui non potevano mancare il granaio, le stalle, gli orti per coltivare le verdure (verze, cavoli, carote… L’alimentazione dei monaci era fondamentalmente vegetariana, la carne veniva consumata a piccole dosi e non in tutti i periodi dell’anno) e, alla fine, il cimitero con a fianco l’ospedale. |
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La Chiesa:
ciò che domina e colpisce della Chiesa monastica è la magnificenza e lo
splendore; essa, con l'altezza delle sue cupole e delle sue torri, per lo
più domina materialmente il resto dell'abbazia: questo sta ad indicare
che l'Opus Dei, l'ufficio divino che si svolge nella Chiesa, prevale per
importanza su ogni altra forma dell'attività monastica. Il Capitolo:
era la sede delle assemblee ufficiali della vita monastica. Qui il
postulante si presentava a chiedere l'ammissione al monastero; qui,
iniziando il noviziato, l'abate gli imponeva il nome nuovo e, in segno
d’umiltà ed affetto, ad imitazione di Cristo, si piegava a lavargli i
piedi; qui ancora prima di emettere i voti il novizio era accettato
definitivamente alla vita monastica; divenuto membro della comunità,
acquisiva il diritto a sedere in capitolo, ogni volta che l'abate decideva
di consultare i fratelli su qualche affare importante, perché qui si
trattavano gli interessi maggiori del monastero. Alle riunioni si
accompagnava la lettura di brani della Regola. Il passo letto
quotidianamente non corrispondeva sempre ad un capitolo, tuttavia questo
nome restò attribuito alla sala ove i monaci prendevano conoscenza del
loro codice. I chiostri,
circondati da portici sostenuti da colonne e pilastri, univano fra loro le
varie costruzioni del monastero di cui formavano così l'ossatura. La loro
funzione era di servire ai religiosi come deambulatori e riparo.
Nei chiostri vigeva la Regola del silenzio. La biblioteca.
Le biblioteche benedettine hanno avuto una funzione importantissima nel
corso della storia: dopo la caduta dell'impero romano, furono i monaci a
raccogliere dalle rovine quello che fu possibile salvare del sapere
dell'antichità; così, per molti secoli, le biblioteche claustrali
custodirono con cura innumerevoli manoscritti. Il
dormitorio.
Il dormitorio comune, prescritto da S. Benedetto, si trovava, in genere,
vicino alla Chiesa per permettere ai monaci di raggiungere in fretta il
coro, dove, anche durante la notte, veniva celebrato l’Ufficio divino.
Fu sostituito nel corso dei secoli dalle singole celle. Il refettorio,
è il luogo del pasto comune. Non era una banale sala da pranzo, ma anche
qui, come in tutta l'abbazia, si rivela una caratteristica della vita
benedettina: la cura di elevare le minime azioni della giornata ad atti
profondamente religiosi. Prima del pranzo c’era la benedizione del cibo;
durante il pasto veniva svolta la lettura pubblica d’alcuni brani della
S. Scrittura, come prescrive la Regola: "Mai la lettura deve mancare
alla mensa dei fratelli". Il cimitero.
Nessuno ha coltivato la pietà per i morti con tanto zelo quanto i monaci.
La ragione di ciò è semplice e profonda. L'abbazia è formata da uomini
che vivono insieme e non si dimenticano. La vita comune è troppo intima,
il cimitero, il luogo dove riposano i corpi che attendono l'eternità, non
è così lontano da permettere che i vivi non pensino ai defunti. Nei
secoli passati, quando le difficoltà delle comunicazioni rendevano enormi
le distanze, i monaci avevano trovato il mezzo di annunziarsi
scambievolmente la morte di un confratello e assicurare così i reciproci
suffragi: d'abbazia in abbazia, di provincia in provincia, peregrinava un
religioso che portava con sé la lista dei morti dove erano notati i
defunti dell'anno con un breve profilo della loro vita. |
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monaco benedettino: L'ordine di san
Benedetto (OSB) è il più antico ordine monastico dell'Occidente.
Presenti sia nella chiesa cattolica che in quella anglicana, i benedettini
raccolgono comunità maschili e femminili, che basano la loro scelta di
vita sulla regola fissata da Benedetto da Norcia.
A differenza di altri ordini religiosi, i benedettini non hanno
un’organizzazione centralizzata. I monaci formano una famiglia di
cenobiti sottoposti al padre comune, chiamato Abate o il Priore, a seconda
della grandezza del monastero, che è come un piccolo Stato,
autosufficiente e indipendente. Il monaco è legato al monastero, ma tra
un monastero e l’altro la regola non stabilisce nessun vincolo.
All’interno
del cenobio il monaco benedettino trae alimento per la propria vita
spirituale e materiale; egli coopera con gli altri monaci, mediante la
preghiera liturgica e il canto comune e tramite il lavoro che può essere
materiale o intellettuale. La
storia della diffusione dei Benedettini, unico ordine monastico
dell’Occidente fino al sec. XI, è inseparabile da quella della sua
azione civilizzatrice. Le abbazie, che possedevano grandi estensioni di
terreno, coltivato spesso, per la prima volta, proprio dai monaci,
promossero la rinascita dell’agricoltura e furono grandi centri
culturali, luoghi di conservazione e di trasmissione dei testi antichi.
Oltre ad approntare le copie delle Sacre Scritture e dei libri liturgici,
i monaci preparavano, negli scriptoria, copie delle opere teologiche e dei
testi appartenenti alla cultura latina. Numerosi i benedettini celebri nella storia della cultura: dal Venerabile Beda ad Anselmo d’Aosta, da Gregorio Magno a Pietro Abelardo a papa Gregorio VII. L’impronta benedettina è notevole anche in campo artistico, non soltanto nella miniatura dei codici, curata fin dai tempi più antichi, ma anche per l’influsso esercitato sull’arte cluniacense e cistercense. |
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San
Benedetto da Norcia (480- 547) è il monaco italiano fondatore
dell’Ordine Benedettino. La Regola dei monasteri, che egli compose per i
suoi monaci, divenne il modello di ogni regola monastica. La vita di
Benedetto ci è narrata in particolare nei Dialoghi di papa Gregorio
Magno, che la ricostruiscono circondandola di quell’impronta leggendaria
che la figura di Benedetto aveva già assunto, quando il santo era ancora
vivo. Benedetto
aveva compiuto studi umanistici a Roma, ma se ne era allontanato per
trascorrere tre anni in assoluto eremitaggio, nei pressi di Subiaco.
Dopo drammatiche traversie e la fondazione di numerosi monasteri, si
dirige con un gruppo ristretto di seguaci verso sud, a Cassino, al centro
di una regione selvaggia e desolata, dove gli abitanti hanno ripreso riti
pagani. Lì, Benedetto costruisce il suo monastero, e vi stende,
utilizzando antichi testi (una Regula
magistri e norme di origine orientale) la sua Regola, che, con
l'equilibrata prescrizione di preghiera, concentrazione devota e di
fondazione della comunità dei monaci sul lavoro, ha dato un contributo
fondamentale allo sviluppo della civiltà europea. Il
Santo è presentato da Gregorio, come largamente dotato di doni
carismatici, profezie, guarigioni, lettura delle coscienze. Suoi primi
discepoli furono Mauro e Placido; accanto a lui è pure presentata la
dolce figura della sorella Scolastica, religiosa anch'essa, che una volta
l’anno si incontrava col fratello nei pressi di Montecassino. Benedetto
appare in contatto anche con alcuni importanti personaggi religiosi della
regione; attratto dalla sua fama, si recò da lui pure re Totila,
probabilmente nell'ottobre 546. San Benedetto vive quindi nel pieno della
tremenda guerra greco-gotica (535-553), intrapresa dai Bizantini per il
recupero dell'Italia occupata dagli Ostrogoti, anche se la tristezza di
tali vicende non ha lasciato in pratica alcuna traccia nella Regola. La
sua morte avvenne a Montecassino, tra il 543 ed il 555 d.C., in una data
che l'antica tradizione ha fissato al 21 Marzo. Due
o tre decenni dopo, i Longobardi attaccarono Montecassino e vi compirono
la prima delle memorabili distruzioni che scandiscono, come tragiche
tappe, la storia di quell'abbazia. I
monaci scampati al disastro si rifugiarono a Roma portando con sé il
testo della "Regola", quasi certamente autografo di san
Benedetto. Nel 596, San Gregorio inviò in Inghilterra, per la conversione
di quel popolo, il monaco Agostino e altri quaranta monaci romani del
monastero del Celio. Attraverso tale missione, la Regola benedettina
cominciava a varcare i confini della Penisola: del resto, il più antico -
anche se non il più autorevole - manoscritto della Regola è un codice
inglese. Si può affermare che la diffusione della Regola, mediante i
monasteri fondati nel Nord dell’Europa, e la propagazione del Vangelo in
quei medesimi Paesi, procedano di pari passo. Il monachesimo - di
osservanza sempre più decisamente benedettina - costituisce un po' il
filo conduttore di evangelizzazione delle diverse popolazioni germaniche.
Saranno, infatti, i monaci celti e anglosassoni, riversatisi sul
continente europeo, a favorirne l'evangelizzazione, la cultura e le
fondazioni monastiche. Non meno cospicui furono i riflessi in campo
strettamente culturale, con l'apporto alle lingue e letterature nazionali. La
Regola benedettina con le sue esigenze di ordine, di stabilità, di
sapiente equilibrio fra preghiera e lavoro, si impose a tutto il
monachesimo occidentale e fu seguita in tutti i monasteri europei.
San
Benedetto divenne così uno dei santi più popolari e venerati. Fu
l’immagine dell'uomo suscitato da Dio per portare la pace là dove erano
state seminate le distruzioni e la morte. Nel
1947, Pio XII lo chiamò "Padre dell'Europa" e il 24 ottobre
1964, in coincidenza con la consacrazione della basilica di Montecassino,
ricostruita dopo la distruzione della seconda guerra mondiale, Paolo VI lo
proclamò "patrono d'Europa". La sua festa in Occidente si
celebra l’11 Luglio. |
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la giornata di un monaco benedettino: All’interno del monastero, il
monaco si perfezionava nella pratica della preghiera liturgica e nel
lavoro intellettuale, come pure nella copiatura dei manoscritti, compito
in cui erano specializzati gli amanuensi. La vita quotidiana era semplice ma rigorosa. I monaci si
alzavano all’alba, avevano sette momenti di preghiera (le Lodi, Prima,
Terza, Sesta, Nona, Vespro e Compieta) e dedicavano il resto della
giornata al lavoro cui erano preposti: accudivano il bestiame, coltivavano
l’orto, aravano, seminavano, vendemmiavano, preparavano il vino e
riparavano gli attrezzi. Il pasto principale era consumato
a mezzogiorno e consisteva in un piatto di zuppa, pane, verdura,
formaggio, uova, frutta. Potevano esserci anche carne o pesce, sempre che
non fosse giorno di digiuno.
Molte persone criticavano
i monaci di Cluny, affermando che vivevano nel lusso, che mangiavano cibi
raffinati e che non lavoravano. Queste erano solo calunnie. È vero che
essi spendevano molto del denaro che ricevevano continuamente, sotto forma
di donazione, e che non svolgevano lavori manuali. Tuttavia,
non era certamente per il loro piacere personale che si circondavano di
ricchezze: lo facevano per rendere gloria a Dio, per celebrare e rendere
manifesta la sua grandezza. La loro giornata di preghiera
iniziava ancora prima dell’alba, quando la campana suonava per
richiamarli in chiesa, a recitare il Mattutino e le Lodi. Era faticoso
alzarsi a quell’ora. Per questo il loro studio si concentrava sulla
grammatica, che li aiutava a trovare le parole più adatte per esprimere
il loro amore per Dio. Pregavano cantando per almeno
sette ore il giorno e nelle feste, ancora più a lungo. Quest’esercizio
della meditazione e della recita dell’Ufficio richiedeva studio e
preparazione, in particolare i monaci si dedicavano alla lettura ed allo
studio della Bibbia, che rivestiva un ruolo centrale nella loro vita. Varie categorie di persone
possono far parte della comunità, per lo più nella condizione laicale,
mentre i sacerdoti costituiscono una piccola minoranza. La Regola
benedettina parla di "decanie", ossia di gruppi di dieci monaci,
il che fa supporre che la comunità dovesse oscillare tra i venti e i
trenta membri. Scavi recenti, del resto, hanno permesso di costatare che
il primitivo insediamento monastico di San Benedetto a Montecassino era
piuttosto modesto. Ancor oggi la giornata del monaco
è divisa secondo la regola di San Benedetto, quasi in modo equo tra
“lectio divina” e “labor manuum”, in altre parole tra opera di Dio
e lavoro manuale. Non solo San Benedetto ammette il lavoro, in contrasto
con la civiltà greco-romana che lo assegnava solo agli schiavi, ma esso
viene privilegiato, specialmente là dove la situazione del luogo o la
povertà effettiva esige la dura fatica dei campi. La comunità monastica
è, secondo la Regola benedettina, unica, indipendente, autosufficiente,
separata dal mondo sul quale non è previsto alcun genere d’influsso. Il
suo sostentamento proviene da lavori di carattere artigianale svolti
all'interno del monastero. Il Padre del monachesimo era convinto che, senza un serio
impegno di lavoro, non si costruisce né la comunità, né l’uomo, né
il monaco. Mettendo all’opera tante energie aumenta la produzione
economica, la qualità del lavoro, i metodi di cultura; si abbellisce la
casa di Dio, si accrescono le esigenze del culto, della biblioteca; il
monastero diventa un centro dinamico e irradia la sua influenza su tutti i
campi. |
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i movimenti ereticali: CATARI,
ALBIGESI E PATARINI. Un
altro movimento di radicale contestazione antiecclesiastica fu quello dei CATARI. In
Italia tra i gruppi spontanei che si richiamavano sulle scritture,
scegliendo di vivere in povertà e castità, opponendosi con forza al
clero corrotto ci fu il caso della PATARIA,
un movimento nato a Milano intorno al 1056. In seguito al diffondersi
delle idee sostenute dai patarini si ebbero numerosi episodi di violenza
tra cui l’uccisione di esponenti corrotti del clero. Per questo i PATARI
(in milanese straccioni), a partire dal 1075, furono considerati eretici,
combattuti e condannati dalla chiesa .
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Il
Monastero di Cluny
Il monastero di Cluny, fondato in Borgogna nel 910 d.C. dal duca Guglielmo di Aquitania, fu uno dei più grandi centri religiosi dell'epoca, dove si intese recuperare l'antica regola benedettina dell'Ora et Labora. Fin dalle origini, l'Abbazia ebbe il privilegio dell'esenzione dai poteri del vescovo della vicina Macon e posto direttamente alle dipendenze della Sede Apostolica. Questo la protesse dall'influenza delle famiglie aristocratiche e dei signori feudali e dalla decadenza economica. Cluny si arricchì di terre, giurisdizioni e monasteri disseminati in tutta Europa: alla fine del XII secolo, le abbazie dipendenti da Cluny erano circa 1200, tutte legate da vincoli di solidarietà. Caratteristica fondamentale dei monaci di Cluny fu l'attenzione allo studio, alla cultura e all'arte come espressione della Bellezza e della gloria di Dio. A Cluny era esaltata soprattutto la celebrazione liturgica ed era ravvivata con particolare sensibilità la coscienza ecclesiale, anche se la lunghezza degli uffici in coro portava ad una riduzione del lavoro manuale. Fra i primi abati furono San Bernone, Sant'Odone, San Maiolo, Sant'Odilone e Sant'Ugo. Il monastero fu costruito e ampliato nel corso dei secoli, fino alla sua decadenza. L'influsso di Cluny sulla società medievale fu immenso, rialzando il livello spirituale sia nel clero che nel laicato. L'abbazia contribuì efficaciemente al consolidamento della cristianità medievale e al rafforzamento dell'autorità papale. La lotta per la libertà della Chiesa dalle ingerenze imperiali, l'idea di crociata, la rinascita religiosa dopo il Mille, perfino una nuova concezione della storiografia sono strettamente legate alle motivazioni ideali che avevano dato vita alla grande abbazia borgognona, in cui la forte coscienza dell'unica. Si deve ai monaci di Cluny l'istituzione della celebrazione dei defunti ogni 2 novembre. Il sacro
recinto di sant’Ugo
L’abbazia,
inizialmente, era costituita da una fattoria con una semplice cappella. IL
CUORE DELLA COMUNITA’
L’immensa
chiesa romanica misurava 140 metri di lunghezza, aveva 5 navate, 500
capitelli di colonna e pareti decorate da affreschi. Era il locale dove i
monaci trascorrevano la maggior parte del loro tempo Tra
i benefattori della comunità, dai parrocchiani più poveri ai signori più
ricchi, si distinsero per generosità i re Alfonso
VI di Castiglia ed Enrico I
d’Inghilterra. Racconta
una cronaca che furono i santi Pietro, Paolo e Stefano a rivelare in sogno
la pianta della costruzione del monastero ad
un certo Gunzo, un ex abate che viveva a Cluny.
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Ingresso | Chiesa di S. Fabiano e S. Sebastiano | Palazzo Vecchio | Palazzo Nuovo