Alimentazione e vita quotidiana

 


 

alimentazione medievale:

Al tempo in cui l’Impero Romano si dissolse, nuove genti che venivano da molto lontano invasero le campagne, attaccarono le città, portarono nuove abitudini e nuovi costumi. Si chiamavano Goti, Vandali, Alemanni, Franchi ma con un nome solo vennero definitivi barbari”. Erano i mangiatori di carne, il cibo dei forti poiché dava energia, potere, capacità e forza di combattere. Erano i bevitori di un liquido strano denso e corposo, composto d’orzo e frumento che chiamavano 'cervogia' e che più tardi, con l’introduzione del luppolo, si affermò come birra. Erano assolutamente lontani dai nostri gusti e dalle nostre consuetudini. La loro invasione provocò la caduta delle ultime strutture dell’impero; venne il tempo del caos e della povertà. L’inizio di un periodo in cui le carestie si succedevano l’una all’altra. Le città erano assediate e messe a ferro e fuoco, l’unica possibilità era la campagna. Qui la vita non era semplice, i boschi e i querceti offrivano le ghiande con cui ingrassare i maiali, mentre i fiumi fornivano il pesce alle popolazioni locali, nei prati era possibile catturare conigli selvatici e lepri. Nei campi si potevano coltivare le verdure: le cipolle, i cavoli ecc.… oltre alla segale e al frumento con cui erano preparate le pagnotte. Naturalmente la disponibilità di cibo variava secondo il succedersi dei climi e delle stagioni.
L’alimentazione quotidiana del Medioevo si basava soprattutto sui cereali, segale, orzo, frumento, miglio. Sui legumi come fave, piselli ceci, fagioli, e sui prodotti dell’orto: cavoli, porri, e cipolle.

Naturalmente bisognava tenere conto del fatto che nei costumi, vi erano profondissime differenze fra ricchi e poveri, tra popolazioni abitanti in zone dal clima più freddo e in zone più temperate. Nelle regioni più ricche, la carne di maiale o d’altri animali d’allevamento veniva servita sulla tavola almeno tre volte la settimana. Nei paesi in riva ai fiumi e lungo le coste, alla dieta poteva aggiungersi il pesce. La caccia era un privilegio della nobiltà. La selvaggina, infatti, trionfava sulle tavole dei signori. I piatti in genere non avevano sapori pregiati, proprio per questo spesso si aggiungevano spezie in gran quantità, per togliere il cattivo odore e allo stesso tempo migliorare il sapore del cibo. Le spezie avevano anche una funzione conservatrice.
Durante il Medioevo, le foreste soprattutto quelle vicine ai centri abitati, avevano un’importanza economica fondamentale.  I boschi non soltanto producevano alberi, come querce e castagni, ma permettevano di cacciare selvaggina e raccogliere bacche, castagne, funghi e miele, l’unico dolcificante del tempo.

Soprattutto la foresta era preziosa poiché costituiva un pascolo per i greggi e per i maiali, che si cibavano di ghiande. Il maiale con il suo lardo e la sua carne costituiva una fonte di alimentazione dell’uomo medioevale. Questi animali venivano lasciati liberi nel bosco e non venivano abbattuti entro l’anno, ma dopo due o tre anni affinché se ne potesse sfruttare a pieno le carni. Da alcuni documenti relativi ai guardiani di porci (porcaii) apprendiamo che l’opera del “magister porcarius” doveva essere retribuita in monete d’oro, infatti, era una mansione molto importante visto il valore economico che i suini rivestivano a quell’epoca. 

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ricette medievali (1):

Spalla di Maiale al Prezzemolo
Ingredienti:
1 spalla di maiale o d'agnello di circa 1,5 kg
1 mazzetto di prezzemolo
aceto o agresto (facoltativo)
sale

Procedimento:
Mondare e lavare il prezzemolo. Scegliere una quindicina di steli pieni di foglioline. Mettere allo spiedo la spalla d'agnello o di maiale oppure in una leccarda, in forno già caldo, per circa 20 minuti. Tirarla fuori dal forno e, con l'aiuto di un coltellino appuntito, praticarvi dei fori piuttosto profondi, in ognuno dei quali va inserito un rametto di prezzemolo. Procedere facendo attenzione a non bruciarsi, ma in modo abbastanza rapido da non far raffreddare la carne. Rimettere in forno per circa 40 minuti. Calcolare il tempo di cottura in funzione delle preferenze dei commensali. Spegnere il forno e socchiudere lo sportello. Far riposare l'arrosto per 1/4 d'ora prima di servire.
Tagliare e portare a tavola insieme a coppette con dentro sale e aceto.


Salsa Nera
E' la ricetta di salsa più semplice che esista, affinché il suo aspetto corrisponda al nome, si raccomanda di legarla con il pane arrostito.

Ingredienti:
1 fetta di pane di campagna
10 cl. d'agresto oppure 5 cl. di aceto di mele diluito in 5 cl. d'acqua
1 cucchiaino di aceto di vino
1/4 di cucchiaio di pepe nero macinato
1/4 di cucchiaino di zenzero macinato
sale

Procedimento:
Arrostire il pane fino a farlo diventare molto scuro. Metterlo a bagno nell'agresto misto all'aceto fino a farlo disfare del tutto. Schiacciare con la forchetta e aggiungere le spezie. Mettere sul fuoco e portare a ebollizione a fiamma bassa. Cuocere rimestando con cucchiaio di legno finché non si addensi. Salare. Se si vuole una salsa più omogenea, la si può passare al setaccio.

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ricette medievali (2):

Fagiano al Finocchio
Ingredienti:

1 bel fagiano
100 g. di mandorle non spellate
1 pugno di foglie di finocchio o d'aneto (pianta erbacea con fiori gialli e semi aromatici, usata in culinaria e in medicina)
1/2 litro d'acqua
1/3 di cucchiaino di spezie fini
1 noce di strutto o 2 cucchiai d'olio
sale.

Procedimento:
Preparare il fagiano e tagliarlo a pezzi. Fondere lo strutto in una casseruola e farvi colorire i pezzi di pollo a fuoco vivo. Quando sono ben dorati aggiungere acqua, salare, coprire e lasciar bollire per circa 40-50 minuti a seconda della qualità del volatile. Nel frattempo, lavare le erbe e frullarle insieme alle mandorle. Quando il pollo è quasi cotto, togliere i pezzi dalla casseruola e tenerli in caldo nel forno fra due piatti. Disporre i pezzi del pollo sul piatto di portata. Passare la salsa al colino o al setaccio e ricoprirne il pollo.
Spolverare con un bel pizzico di spezie fini e servire.

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banchetto medievale.

Molto spesso, durante il pasto bisognava dividere con un altro commensale scodella, bicchieri, tagliere. Si dovevano rispettare alcune regole come il mangiare poco e il non scegliersi le cose migliori. Prima di andare a tavola bisognava lavarsi le mani, perché era con esse che si prendeva la maggior parte di cibo. Per le salse e i cibi liquidi si usavano un cucchiaio per pescare la pietanza da piatti o scodelle comuni.  Le carni erano tagliate nel piatto di servizio e, per educazione, bisognava offrirne un po’ al compagno di tagliere, specie se era una donna. A quel tempo, non si conosceva la forchetta e i cibi si prendevano con le dita; essa in Italia fu introdotta solo verso la fine del ‘300. Non esistevano i tovaglioli e ci si puliva con le mani nella tovaglia. Non si poteva rimettere nel piatto un pezzo di carne masticata, sputarla in lato alla tavola o soffiarsi il naso sulla tovaglia! C’erano regole precise anche per bere. Un invitato di modesto rango non poteva alzare il bicchiere davanti ad una persona di condizioni più elevate, né bere prima che l’ospite avesse invitato a farlo. Bisognava bere lentamente e a piccoli sorsi, e pulirsi sempre la bocca nel sorbire.

Nel Medioevo, lo svolgimento del pranzo era concepito in una maniera del tutto diversa dai menù attuali. In Francia l'ordine delle portate era relativamente fisso. Nei banchetti importanti vi erano parecchi "servizi" successivi, ognuno dei quali comportava un insieme di piatti diversi, che venivano simultaneamente posti sulla tavola. La scelta dipendeva dal posto che ciascun convitato occupava. Si cominciava con frutta fresca di stagione e insalate. Seguivano le carni arrosto; dopo di esse vi era una pausa, in cui gli invitati venivano intrattenuti da esibizioni varie accompagnate con della musica. Lo svolgimento del pranzo riprendeva con la "desserte", il moderno dessert, in cui si servivano i dolciumi, e proseguiva con "l'issue de table" costituita da formaggi, frutta candita e dolci leggeri spesso accompagnati da vino o malvasia. I pranzi che riunivano persone di rango più modesto offrivano una scelta limitata di piatti, un menù più semplice, ma seguivano il medesimo ordine di portate. In quanto ai menù italiani, si dispone di pochissime notizie. In essi comparivano soprattutto ravioli e lasagne in brodo, tra i primi; seguivano poi carni lessate, arrosti e selvaggina, e, per concludere, torte di frutta aromatizzate con spezie. Nelle case principesche vi era una folla di servitori sotto la guida di uno "scalco". I coppieri provvedevano al servizio delle bevande e il "trinciante" (d’estrazione nobiliare) presiedeva al taglio delle carni.

La tavola secondo la regola benedettina.

Il regime alimentare delle comunità monastiche può essere desunto dal seguente passo della Regola di san Benedetto.

“Per il pasto, sia delle dodici (sesta) sia delle quindici (nona), bastino due pietanze cotte cosi' che se qualcuno non ha potuto mangiare la prima mangi la seconda; se sarà facile procurarsi frutti o legumi se ne aggiunga una terza. Si dia una sola libbra di pane al giorno. Se si è svolto un lavoro più pesante del solito, l'abate potrà aggiungere ancora qualche cosa. Ai fanciulli si dia una quantità minore di quella dei grandi. In quanto alla carne dei quadrupedi, non ne mangi nessuno, accetto gli infermi molto”.

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Le spezie, l'apicultura, i salumi.

Lo zucchero è un alimento che viene da lontano, dall’altra parte del mondo. In Europa fu conosciuto e apprezzato solo dopo la scoperta dell’America. Prima cosa si usava per dolcificare? Il miele.

Cibi europei, quindi, e cibi che vengono da posti sconosciuti e portano con sé profumo d’esotico e anche di sogno, come le spezie che arrivano dalle lontane e misteriose Indie. Cibi di lusso, ostentazione e di distinzione sociale: solo il loro prezzo, per quasi tutti inarrivabile, era un buon motivo per farle diventare un oggetto di desiderio. Negli anni del Medioevo e soprattutto durante il Rinascimento si assiste a quella che, a giusto titolo, è stata definita la follia delle spezie: i menù sono infarciti di pepe, zenzero, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, senapi di vario tipo. Gli stessi medici contribuiscono all’uso delle spezie: tutti i tratti di dietetica sono concordi nel ritenere che il “calore” delle spezie, probabilmente il loro gusto piccante e marcato, favorisse la digestione dei cibi. Cibi di lusso e cibi di contadini come i salumi, che servivano per far fronte ai lunghi periodi dell’anno in cui non è possibile trovare carni e altri alimenti freschi. Cibi da conservare e da essiccare. Non a caso in questi anni si sviluppano nuovi metodi di conservazione e d’insaccamento. Si conserva sotto sale, anche se è molto faticoso pestare grossi pezzi di sale per ricavarne quello fine. Si conserva in salamoia: una soluzione satura di sale e acqua. Si ha cura dei cibi, per allontanare la paura della fame e dalla carestia.

 

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fiere e mercati:

Il principale commercio del Medioevo fu quello dei tessuti. Le stoffe fiamminghe erano un lusso ricercato. Le città del Nord Italia producevano seta, velluti, e broccati con in mezzo fili d’oro e di argento. I mercanti italiani mantenevano legami con tutta l’Europa. Durante la guerra dei Cento Anni, che impegnò Francia e Inghilterra per quasi un secolo, si smise di trasportare i carichi su cavallo, attraverso la Francia,  ma si utilizzarono trasporti via nave. Per lo stretto di Gibilterra si raggiungevano i porti del Nord: Londra, Gand  e le città della lega anseatica.
Nel  Medioevo,  si usava un tipo di accordo commerciale chiamato Commenda: un'intesa fra due soci, per cui uno forniva i mezzi e il denaro, mentre il secondo affrontava i pericoli di viaggi in terre straniere, per andare a vendere i tessuti ed altro. Si sarebbero poi spartiti i guadagni.
I mercanti non portavano grandi somme di denaro, ma usavano assegni internazionali. Si svilupparono importanti banche specialmente in Italia, e i banchieri italiani divennero noti in tutta Europa.
La maggior parte del commercio internazionale si svolgeva nelle grandi fiere, che si tenevano solo una o due volte all'anno e che duravano fino a 15 giorni. Le fiere della Champagne, provincia orientale della Francia, erano frequentatissime. Lo stesso Re di Francia garantiva che i mercanti potessero attraversare il territorio in tutta sicurezza. Le famiglie ricche mandavano i loro dispensieri in queste fiere, a comprare le provviste invernali e soprattutto gli articoli che localmente non si potevano trovare, come miele, cera, ambra delle coste del Baltico, porcellana orientale pregiata.
Dall’Est venivano gioielli, seta, tappeti e spezie, come zenzero, chiodi di garofano, cinnamono, noce moscata. I mercanti italiani offrivano beni di lusso, come oggetti in vetro, broccati ricamati, seta, cappelli ornati di gemme, armature.

I mercanti anseatici portavano in Scandinavia catrame, pellicce, funi, sale, penne d’oca e gioielli d’ambra.

I mercanti inglesi commerciavano carbone, tessuti, granaglie, lana e oggetti in metallo.

I MERCATI

Nelle città, i mercati avevano luogo due o tre volte la settimana. Gli abitanti compravano grano, bestiame, fuochi artificiali, uova e latte dagli  agricoltori  locali. Essi montavano i loro banchetti e vendevano pane, birra, candele, vasellame, scarpe, coltelli e tessuti.
Solo le persone ricche avevano forni; gli altri portavano il pane impastato a cuocere dal fornaio, che cuoceva anche il loro pranzo domenicale.
Ogni cosa veniva venduta, come quantità, secondo le unità di misura del tempo, in genere più grandi di quelle che usiamo oggi negli acquisti quotidiani. Il burro era venduto a galloni (4 litri e mezzo); i formaggi erano venduti interi, qualunque fosse la grandezza.


Tranne i barili, non c’erano contenitori o qualcosa per avvolgere le derrate. Il burro veniva posto tra le foglie di una pianta erbacea, il farfaraccio.
Le gilde avevano regole precise su dove, quando e quanto a lungo la gente potesse lavorare.Era ritenuto un reato, per esempio, lavorare prima che suonasse la campana del mercato.
Ogni città aveva regolari calmieri (pesi, misure e prezzi, specialmente del pane e della birra, fissati gli incontri di funzionari). La maggior parte delle città avevano un tribunale del mercato detto ironicamente “ corte dei piedi polverosi”. Le punizioni, che esso infliggeva, erano di questo tipo: i ladri di acqua venivano condannati a girare per la città con secchi forati sulla testa; uno che avesse venduto vino cattivo, doveva bere in pubblico il suo intruglio e quel che rimaneva glielo versavano sulla testa.

LE GILDE

In una città medioevale, circa la metà degli abitanti maschi  erano  artigiani; quelli della stessa “arte” si raggruppavano in associazioni. In molte città si trovano ancora oggi nomi come: via degli Orefici, via dei Tintori, vicolo della Lana. E proprio lì che nel Medioevo vissero e lavorarono artigiani con quelle occupazioni. A York (Inghilterra del Nord) tutti i macellai erano riuniti in una tranquilla via chiamata Mattatoio. Questi gruppi di artigiani e commercianti molto spesso si organizzavano in associazioni che erano chiamate gilde.
In città, il commercio era permesso solo ai membri delle gilde, che non potevano né lavorare di notte, né tenere i prezzi più bassi di quelli stabiliti.
Alcune gilde, per esempio, quella dei barbieri e dei tintori, accettavano anche le donne. Le vedove erano accolte a praticare il mestiere del marito, ma la maggior parte di queste associazioni rimaneva esclusivamente maschile.
Le donne tuttavia lavoravano come venditrici di cibi caldi, orafe, scarpaie, ricamatrici. Solo ad esse erano riservate attività domestiche come fare la seta, filare, preparare bevande.
Alcune gilde provvedevano all’assistenza sociale raccogliendo fondi per aiutare i membri più poveri. Le gilde più facoltose istituivano scuole, pagavano i funerali per i membri poveri, allestivano divertimenti per i giorni di festa.  

 

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La cucina del Castello

Possiamo desumere come fossero i locali dove nel medioevo si cucinavano i cibi, illustrandovi le caratteristiche che si riscontrano nelle cucine di alcuni castelli italiani.
La cucina del castello, generalmente, era un vasto locale con un indefinito numero di angoli molto diversi fra loro in grandezza.
Spesso era un luogo oscuro, anzi nero di una fuliggine secolare, sulla porta splendevano come tanti occhiolini diabolici, i fondi delle casseruole ed delle leccarde, antichi utensili fabbricati in rame, dove si raccoglieva il grasso che colava dell’arrosto, o delle guastarde, cioè le grandi caraffe usate per il vino o, più raramente, per l’acqua.
Durante il medioevo, la cucina del castello poteva anche essere un piccolo edificio isolato, la cui parte principale era costituita da un grandissimo focolare centrale; il pavimento generalmente era in mattoni rossi, disposti a lisca di pesce.

Nel castello di Bracciano, ad esempio, vi era un insieme di piccoli locali destinati alla cottura di interi quadrupedi, come capretti e maialotti.
La copertura era costituita da un’unica ed enorme cappa.
Numerosissime erano le suppellettili: vasi panciuti o giare per l’olio, l’aceto, la farina; secchie di legno per attingere l’acqua, mestoli, conce di rame, di ottone , di bronzo da appendere al focolare.

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abbigliamento:

In confronto ad oggi, la gente del Medioevo possedeva pochissimi indumenti. Infatti i vestiti erano particolarmente costosi, dal momento che dovevano essere cuciti interamente  a mano. Spesso gli abiti vecchi passavano dai genitori ai figli, e le nobildonne li davano alle loro domestiche, come parte del salario.
Un vestito doveva durare per molti anni. I poveri, che non potevano permettersi di acquistare abiti nuovi, solitamente dovevano arrangiarsi con quelli usati. Soltanto chi era molto ricco poteva permettersi di stare al passo con la moda.
Le abitazioni medioevali erano fredde e piene di correnti d’aria, e quindi chi vi abitava doveva indossare parecchi indumenti per tenersi al caldo. L’ospite premuroso offriva al visitatore una pesante mantella per coprirsi le spalle quando sedeva accanto al fuoco. In inverno, la gente calzava talvolta zoccoli di legno sopra alle scarpe per poter camminare nel fango.
Gli indumenti erano fatti di lana, di lino, canapa e, solo per i più ricchi, di seta. Tutte le stoffe erano filate e tessute con arcolai e  teli azionati a mano. Molte donne del popolo confezionavano personalmente i loro abiti.
Alcuni Paesi Europei erano specializzati nella produzione di particolari tipi di stoffe. La lana migliore proveniva dalla Spagna e dall’Inghilterra. E veniva inviata nelle Fiandre per la tessitura. I più esperti tessitori di queste città appartenevano alle cosiddette “gilde”, una sorta di corporazione che controllava la qualità del prodotto. Verso il XV secolo anche l’Inghilterra produceva molti tessuti, mentre dall’Italia provenivano
sete e broccati pregiati.

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Ingresso | Chiesa di S. Fabiano e S. Sebastiano | Palazzo Vecchio | Palazzo Nuovo

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