senza frontiere

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Sei il Viaggiatore n.

Immagina il mondo intorno a te: e' pieno di colori, di musica, di cose belle da vivere.
Cosa penseresti se improvvisamente tu perdessi gli occhi?
Cosa sentiresti senza le orecchie?
Cosa faresti senza braccia ne' gambe?
E chi ti terrebbe compagnia se tu non potessi parlare?
Puoi davvero immaginare di stare in una condizione cosi' terribile?
E perche' dovresti immaginarla?!
Se un TIR ti avesse investito mentre te ne andavi tranquillo in bicicletta lungo una bella strada di campagna...
Se tu avessi poi dovuto passare quasi tre mesi in ospedale...
Se a causa del violentissimo impatto, le tue costole si fossero sbriciolate in 7000 pezzettini e il tuo polmone si fosse letteralmente spappolato...
Se ti fosse successo qualcosa di simile, ci avresti pensato anche tu come ci ho pensato io.
Caro viaggiatore, lascia che mi presenti. Mi chiamo Francesca Romana (il mio nome e' gia' tutto un programma!) e sono una ragazza fortunata. Qualche giorno prima di questo brutto incidente, ero stata a Lourdes (in Francia) coi miei genitori. Il pellegrinaggio pero' mi aveva lasciato piena di dubbi. Avevo visto tante persone sofferenti, mentre la maggior parte della gente sta bene e si gode la vita. Non c'era nessuna colpa negl'uni o negl'altri, ma questa grande differenza mi turbava. L'avvertivo come fortemente ingiusta. In piu' mi aspettavo di percepire qualcosa di soprannaturale o di vedere un miracolo, ma niente! E pensavo a quanti di quei malati sarebbero tornati a casa delusi. Cosi' avevo chiesto a Dio di darmi un segno, perche' ero veramente sconfortata. Tornata a casa, avendo promesso ad un'amica che avremmo passato insieme gli ultimi giorni d'estate, sono partita con lei per la Costiera Amalfitana. Nonostante la compagnia fosse piacevolissima (v. foto qui sopra), dentro mi sentivo morire, perche' da tempo ero innamorata perdutamente di un ragazzo che viveva in un altra citta'. Cosi', al ritorno, mi sono fatta accompagnare in quella citta', nella speranza che tra me e lui le cose potessero migliorare. I miei amici hanno proseguito il loro viaggio ed io sono rimasta a vagare in bicicletta nella rigogliosa campagna di Ferrara, col vento tra i capelli e nell'anima... E cosi' un camion mi ha quasi ammazzato.
Nei mesi passati in ospedale, in ritiro spirituale coatto, lontano dalla mia vita, dal lavoro, dagli amici, finalmente Dio si e' manifestato, attraverso non uno, ma mille segni. E quante volte, mentre ero bloccata in quel letto, mi sono vergognata di aver dubitato!
Ma davvero valeva la pena perderci mezzo polmone?
Valeva la pena passare interminabili notti nel dolore?
Si', visto che ora non ho piu' dubbi su Dio e sul fatto che e' sempre con noi
(solo che non lo vediamo perche' abbiamo gli occhi, e non lo sentiamo perche' abbiamo le orecchie).

Prima dell'incidente dedicavo la maggior parte del mio tempo libero ad aiutare il prossimo (in particolare alcuni zingari), per puro spirito di liberalita' (che in liguaggio giuridico significa "dare qualcosa senza ricevere niente in cambio"). Tanto era totalizzante per me questa esperienza, che venivo spesso criticata, compantita e persino derisa.
C'e' chi e' cosi' chiuso in se stesso, cosi' preso dai propri bisogni e problemi, da sentire davvero come troppo frustrante il disperdere energie per altri, magari per poi ritrovarsi con un pugno di mosce in mano.
Spesso infatti, aiutando gli altri, si rischia di arrivare anche al punto di trascurare il proprio bene, senza ricevere in cambio nemmeno dei meriti di cui potersi vantare!
E questo, per la maggior parte delle persone, e' davvero da matti, e non semplicemente da altruisti o da buoni cristiani!
Perche' l'aiuto che si puo' dare, non e' che una goccia nel mare, come diceva Madre Teresa di Calcutta (che pero' per qualcuno non era una santa, ma una che aiutava la gente solo a morire...).
Dopo l'incidente pero' ho iniziato a riflettere, nel silenzio di intere notti passate in bianco (perche' mi faceva male tutto, e per i primi due mesi non potevo nemmeno mettermi di fianco). Ho riflettuto su tutte quelle critiche che mi erano piombate violentemente addosso da ogni parte, e che ancora mi ronzavano in testa, finche' ad un certo punto non mi e' venuto un dubbio "e se stessi davvero sbagliando qualcosa?"
Uso il presente perche', anche paralizzata nel letto d'ospedale, io continuavo imperterrita la mia guerra contro il mondo brutto e cattivo, facendo snervare i miei famigliari perche' pretendevo che loro facessero le mie veci.
Ringrazio Dio dell'incidente, perche' ho avuto la possiblita' di meditare a lungo e di rielaborare tutto il mio vissuto, e finalmente (addirittura dopo più di un anno da allora!), ho trovato un'altra risposta che mi pare importante (oltre al fatto che Dio c'e' e ci sta vicinissimo).
Si dice ”la Virtu' e' premio a se stessa“, ma chi lo dice, lo sa quant'e' faticoso premiarsi da soli quando si hanno tutti contro?!
Si prova un senso di solitudine profondissimo. Ci si sente assolutamente incompresi, quasi non si parlasse nemmeno la stessa lingua degli altri, quasi non si fosse cresciuti credendo negli stessi valori.
E' un'esperienza allucinante. Un incubo. Come quello che vivono molti stranieri.
Ma grazie a Dio (letteralmente), ne sono uscita, perchè, come ho gia' detto, Lo sento costantemente presente nella mia vita. E ho anche capito cosa sbagliavo.
Davanti a Santa Maria della Salute, a Venezia, c'era un tipo che vendeva palloncini artistici vestito da pagliaccio.
Era la sera di vigilia della festa che commemora il miracolo grazie al quale la Madonna salvo' i venziani da una terribile pestilenza.
Aveva letto o sentito da qualche parte che nella filosofia orientale la compassione e' qualcosa di molto diverso rispetto a come la intendiamo noi occidentali.
Dal greco, infatti significherebbe "soffrire con", ossia avere pietà di coloro che soffrono, mettersi nei loro panni, quasi abbassarsi al loro livello per comprendere la loro sofferenza.
Invece secondo lui gli orientali la vedono all'opposto, ossia la compassione e' la capacità taumaturgica di risollevare chi soffre, dandogli forza e speranza.
Ed eccomi svelato cosa facesse Madre Teresa nel suo lazzaretto!

Sin dal tempo dell'iconoclastia si faceva la guerra ad ogni tipo di raffigurazione (immagine o statua antropomorfa o di animale) perche' si voleva evitare il ritorno all'idolatria. A tutt'oggi, gruppi religiosi ritengono ancora che persino oggetti sacri come il rosario, l’acqua santa o la croce, siano assolutamente da evitare perche' potrebbero indurre i semplici a dare piu' importanza al mezzo (quasi magico) che a Dio, generando una involuzione verso la superstizione e allontanando quindi dalla vera fede.
Ogni giorno pero', contrariamente a cotante buone intenzioni (di cui e' lastricata la strada che porta all'inferno!),la stessa tragedia si ripete, e così assistiamo all'idolatria della Parola (come se Dio stesso, di suo pugno, avesse scritto il Testo Sacro di turno).
Ci si fossilizza renendo la Parola lettera morta, fino a INDURIRE I NOSTRI CUORI a tal punto da dimenticarci cos'è la compassione, cos'e' l'amore per il prossimo.
Perche'? Non lo so, ma forse perche' e' più facile sbagliare.
"Beh, che voi, tutti sbagliano! Nessuno e' perfetto! E poi se Dio ci avesse voluti perfetti, perché non ci ha fatto perfetti? Se ci ha fatto così, mica è colpa nostra!".
Paradossalmente, quindi, ci si deresponsabilizza del tutto, e si da la colpa solo a Dio.
In tutte le tragedie, piccole e grandi, ci si chiede sempre (E SOLO) :<>
La domanda pero' e' fuorviante! L'unica domanda che possiamo e dobbiamo farci e' invece :<> (disse il matto, nel bellissimo film "Train de vie", http://it.wikipedia.org/wiki/Train_de_vie_-_Un_treno_per_vivere).
Ogni giorno infatti c’è qualcuno che si lava la coscienza con frasi del tipo “L'occasione fa l'uomo ladro”, “Che sono io il primo o l’unico (a rubare, a mentire, a tradire, ecc.)?”, "Se rubi poco finisci in galera, se rubi tanto no", “La perfezione non è di questo mondo”, "Tutto il mondo è paese", "Chi di speranza vive, disperato muore", "Occhio per occhio, dente per dente", "Chi la fa, l'aspetti", “Chi di spada ferisce, di spada perisce!”, “Chi semina vento, raccoglie tempesta”, “Dio perdona, io no”, “Chi semina, raccoglie (quindi chi non ha amici, non ha famiglia, non ha soldi, evidentemente se l'e' cercata”, “Guardati dai segnati da Dio”, e mille altre, magari anche piu' adatte di queste a spiegare quello che vorrei dire (e che sicuramente qualcun'altro direbbe, ha detto e dira' meglio di me).
E ogni volta che qualcuno la pensa così, tortura e uccide Cristo in croce l'ennesima volta.
Meno male, almeno così forse ce lo ricordiamo!
In genere, ce ne ricordiamo solo quando subiamo un’ingiustizia e non troviamo nessuno ci offra la sua compassione (e a volte nemmeno la sua pietà).
E poi invece, così, per caso, Dio si rivela, ma giusto un po’... Forse perche' di piu' proprio non ce lo meritiamo, o forse perche' non c'e' peggior sordo di chi non vuol sentire!
E tanto per essere chiari, voglio sottolineare che cos'e' che stavo sbagliando.
Quale era la falla che ingolfava il motore di tutto il mio agire solidaristico? La compassione.
Anzi, piu' esattamente la mia concezione malata di compassione. Non che non vada bene entrare nei panni di quanti soffrono e hanno bisogno d'auto, pero' se ci si riesce davvero, non e' un esperienza certo piacevole. Anzi, puo' essere distruttiva perche' molto stressante a livello emotivo, a tratti persino traumatizzante. Ed il rischio e' quello di deprimersi, ma anche di fare degli sbagli, magari anche gravi.
Il rischio e' quello di lasciarsi trascinare a fondo, come quando si cerca di salvare qualcuno che sta annegando, e che e' cosi' disperato e terrorizzat che tisi aggrappa addosso istericamente senza permetterti piu' di nuotare.
E gia'! Dura ammetterlo, ma tutte quelle critiche che mi sembravano pronunciate in una lingua a me sconosciuta, improvvisamente le ho capite! E mi e' tornato in mente quel passo del Vangelo che si legge in occasione della Pentecoste, e che avevo ascoltato pochi giorni prima. Si tratta di quello che racconta di quando gli Apostoli ricevono lo Spirito Santo e iniziano a predicare in tutte le lingue del mondo.
Tutta la gente che era presente, pur venendo da Paesi diversi e parlando idiomi diversi, li sentiva parlare ognuno nel proprio dialetto, e questo fatto li lasciava enormente stupefatti.
Credevo di essere solo io dalla parte del giusto, e invece avrei dovuto quanto meno considerare il fatto che alcune di quelle critiche mi venivano fatte da persone che mi volevano davvero bene, e che si sarebbero letteralmente svenati per me.
Ma quanto e' difficile arrivare alla verita'! E quanto e' difficile riconoscere di aver sbagliato! Sicuramente mi sarei intestardita sempre piu' se Dio non avesse chiacchierato un po' con me!
Certo non ho sbagliato tutto tutto. Salviamo il salvabile!
Sicuramente infatti, avevo ragione ad affannarmi tanto per far capire al mio prossimo che, nonostante la cronaca varia, non tutti gli stranieri (e non tutti gli zingari) sono pericolosi.
Quest'affermazione puo' sembrare banale, ma c'e' ancora tanta gente (troppa) che non la pensa cosi' e che subito generalizza, senza dare ad ognuno il giusto rispetto umano, ossia l'opportunita' di farsi conoscere per quello che e'.
E' fin troppo facile, infatti, che la xenofobia s'insinui nella vita quotidiana, tanto che le tragedie della storia sembrano non averci insegnato nulla (vedi la pagina dedicata alle persecuzioni).
E' fervida pero' in me la speranza che sempre piu' persone si liberino dalla paura (che e' cosa ben diversa dalla prudenza) e facciano di questo mondo un posto migliore.
Invito quindi tutti quelli che hanno vissuto storie di solidarieta', a manifestarle qui, magari per avviare insieme qualche progetto o semplicemente per darmi qualche buona idea! Di associazioni di volontariato ce ne sono tantissime (specie in Italia), ma sono convinta che anche il singolo, nel suo quotidiano, puo' dedicare con passione qualche momento della propria vita al prossimo, chiunque esso sia e da dovunque provenga... In maniera del tutto autonoma, randomica e disorganizzata.
Anche se a volte, non nego, puo' essere pericoloso (e per ambo le parti...).
Purtroppo abbiamo poco tempo (o poche possibilità) per fare qualcosa, ma davvero tanto per rimpiagere cio' che avremmo potuto fare.
Il giorno prima della lobectomia, ho fatto testamento, e alla mia eta', in genere, non ci si pensa proprio.
Beh! Rileggendolo, ho notato quanti rimpianti che avevo, riguardassero le cose buone che non avevo fatto, piu' che cio' che non avevo avuto dalla vita.
Non mi permetto di criticare le associazioni di beneficienza, pero' se io potessi condividere questa mia esperienza con altre persone che mi aiutino ad aiutare il nostro prossimo, a nessuno chiederei dei soldi. Certo nessuno puo' campare d'aria e di Spirito Santo, ma senz'altro la cosa piu' preziosa che possiamo donare e' il nostro tempo, dedicato con cuore sincero. E questo tipo di impegno non e' barattabile con i soldi, che comunque non possono comprare proprio quello che manca di piu', a tutti.
Percio', se potessi creare un'associazione, vi imporrei una regola inderogabile: il voto di poverta'. La regola potrebbe essere per esempio che non si possono ricevere ne' soldi ne' regalie da nessuno.
Se qualcuno vuole donare qualcosa ai poveri, che lo faccia di persona e direttamente: da persona a persona!

Il male fiorisce la' dove chi potrebbe fare del bene, non lo fa.
Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, ma pensa come se tu fossi immortale.
Agisci come se tutto dipendesse da te, ma aspettati come se tutto dipendesse da Dio.
In quel giorno gli uomini verranno divisi, rivelando ad ognuno le proprie opere.
Allora chi avra' fatto il peso di un atomo di bene, Dio lo vedra'!
E chi avra' fatto il peso di un atomo di male, Dio lo vedrà.
(Dal Sacro Corano, Sura 99: IL TERREMOTO).
Ferrara, Novembre 2005.
Francesca Romana

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