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Marco Tomasone
IL GENOCIDIO NAZISTA DEI ROM
Documento tratto dal Museo delle Intolleranze e degli Stermini
www.romacivica.net/amis


Dibattito sull'integrazione delle minoranze nella societa'
Il principale problema, quando si parla di Zingari, pare essere che loro, a differenza di altre minoranze, si sono sempre rivelati molto restii nei confronti di ogni possibile strategia integrazionista.
Ma sara’ vero? E quali sono i motivi di tanta reticenza?
E soprattutto, chi sono gli Zingari?
Veri cittadini europei prima ancora che nascesse l’Unione Europea, e veri cosmopoliti prima ancora che si cominciasse a parlare di globalizzazione, gli Zingari, nonostante siano ufficialmente presenti in quasi tutti i Paesi del mondo, faticano ancor oggi a guadagnarsi almeno lo status di minoranza etnica, se non gia’ quello di vero e proprio Popolo.
E perche’?
Perche’ molti di loro vivono sempre viaggiando, ancora senza Patria, ossia, senza un territorio che sia sotto il loro diretto controllo politico; e a volte, il piu’ delle volte, addirittura apolidi.
Eppure non sono pochi gli studiosi di antropologia, sociologia o storia che si sono cimentati seriamente nel tentativo ad approfondire le nostre conoscenze in materia.
Perche' allora la loro lingua non e’ stata ancora ben codificata?

Degli Zingari si fa sempre un gran parlare (in genere male), ma e’ solo per questo che faticano a ricevere delle tutele? .
Per la gente comune, infatti, gli zingari restano semplicemente gli individui piu’ bizzarri e molesti che si possano incontrare.
Pochi sanno (e a pochissimi importa), ad esempio, che gli Zingari non si definiscono ne’ si riconoscono tutti come appartenenti all’etnia Rom.
In base a studi che ho condotto personalmente in vari campi della mia citta’ (Roma), ho potuto infatti rilevare che ci sono varie etnie di Zingari, ben distinte tra loro, addirittura molto campaniliste, cosi’ come ogni italiano e’ anche convinto di essere prima di tutto appartenente alla sua citta’ o al paesino dove e’ nato e cresciuto.
Gli Zingari insomma sono una sorta di “minoranza transnazionale” (Arlati-Manna-Cuomo,1997,pag.20) che ha origine per lo piu’ dalla fusione tra popolazioni stanziali e popolazioni nomadi di passaggio.
Si puo’ solo ipotizzare che tali nomadi fossero veri Rom (nel senso pieno che si attribuisce oggi a questo termine), ossia un popolo con tradizioni cumuni ben precise.
Ma e’ anche possibile che fossero gia’ meno “puri” di quanto gli stessi Rom ammettano (cosi’ come aveva gia’ concluso piu’ di cinquant’anni fa un certo studioso nazista di cui parleremo piu’ avanti – vedi Porrajmos).
Peraltro le distinzioni razziali (o razziste), a mio modesto avviso, oggigiorno sono davvero poco importanti, o almeno mi auguro vivamente che lo siano, poiche’ mi pare abbiano gia’ fatto abbastanza danni.
In generale, lo zingaro, in un'ottica viziata certamente dal pregiudizio, rappresenta il "diverso" per eccellenza, raccogliendo su di se', il maggior numero di stereotipi negativi.
Purtroppo infatti, nel complesso meccanismo di interazione tra "noi" e "l'altro", tra la societa' e la minoranza, gioca un ruolo determinante tutto quel bagaglio di informazioni che spesso e’ alterato da numerosi stereotipi (radicati da secoli) e che finisce per deformare la reale percezione dell’altro. Cio’ risponde a precise dinamiche sociali di stigmatizzazione e rifiuto, che nel corso dei secoli hanno costretto gli Zingari a recitare sempre il ruolo di "ospiti", spesso molto indesiderati e perennemente in un regime di semi-clandestinita'.
Non sono poche pero’ le persone che accusano gli Zingari stessi di aver scelto deliberatamente questo ruolo di precari.
Sarebbe infatti un loro preciso e volontario atteggiamento di rifiuto dell’integrazione ad attirare l’odio degli stanziali, favorendo e fomentando atteggiamenti che portano persino a giustificare ghettizzazioni, pulizie etniche e quant’altro.
Ma perche’ gli Zingari non vogliono trovare il loro posto nella societa’ civile e rendersi utili, come tutti abbiamo il diritto/dovere di fare?
E perche’ preferiscono vivere da cenciosi parassiti, mendicando per le strade e dedicandosi ad ogni genere di attivita’ criminosa?
Forse perche’ ogni tentativo di integrarli era condizionato dalla pecca di voler annientare le loro caratteristiche peculiari…
E quali sarebbero queste benedette peculiarita’ da salvaguardare?!
Vivere liberi come il vento forse piacerebbe a tutti, ma siamo proprio sicuri che vivano cosi’ liberi di fare come gli pare, e che per questo ne paghino poi le “giuste” conseguenze?
Tutte queste domande devono ancora trovare delle risposte che siamo almeno convincenti, se non proprio esaurienti.
E tutti siamo chiamati a cercarle, in quanto tutti esseri umani, sia insieme e sia dentro di noi, tenendo presenti anche un po’ di fatti storici.
Liberi come il vento
Dalla fine del XV secolo sino a tutta la meta' del XVIII, come risulta ampiamente da varie documentazioni, la repressione degli zingari diventa uno dei principali obbiettivi di governo (cfr. Arlati, 1997 a, pag. 27).
In Italia, e nello specifico, nel Ducato di Milano, la prima ordinanza contro gli zingari risale al 13 aprile 1493.
Nella "grida" si comunicava che: "tuti li zigani quale se ne trovano de presente in questa parte debiano subito partirse et per lo advenire non ardischano più ritornare tra Po et Adda sotto pena de la forca" (Archivio di Stato di Milano, registro n. 23, cit. in. Arlati, 1997 a, pag. 29).
A tale provvedimento seguirono numerosi altri, tutti postulanti severe pene per tutti quegli zingari non rispettosi dell'ordinanza di espulsione: la fustigazione, per chi non si allontava entro i termini, e addirittura l’impiccagione per chi cercava di travisare la propria ziganita’ vestendosi con altri abiti. Inoltre, “Spirato detto termine, detti Cingari, ancorche' fossero di viaggio sopra le pubbliche strade, quando non li possano prendere per consignarli prigioni, potranno ammazzarli e levar loro ogni sorta di robbe, bestiame e danari che li trovaranno" (Archivio di Stato di Milano, registro n. 19, fondo "Giustizia punitiva", cit. in. Arlati, 1997 a, pag. 29).
Persino lo Stato della Chiesa attivo’ una sorta di politica diffamatoria, atta a dipingere gli zingari come individui irreligiosi, immorali e propagatori di strani esoterismi (in specie, magia nera).
Nel 1554 Elisabetta I d'Inghilterra ordina la pena di morte per tutti gli zingari arrestati nel Regno.
In Scozia gli uomini vengono condannati all'impiccagione, le donne all'annegamento ed i bambini zingari alla marchiatura a fuoco sulle guance della lettera G.
In Francia, nel 1561, l'assemblea degli Stati di Orleans ordina a tutti i governatori di sterminare la popolazione gitana.
In Svezia si ordina l'arresto e l'impiccagione senza processo per tutti gli zingari, mentre Cristiano di Danimarca dispone l'uccisione soltanto dei capi tribu'.
Anche la Spagna sara’ molto attiva nel contrastare la presenza gitana sul proprio territorio. Gia’ nel 1492 emanera' un provvedimento mirante all’espulsione di zingari, ebrei e mori, dalle terre del neo costituito regno. Ma il primo provvedimento specifico risale al 1499: con la prammatica di Medina del Campo, s’invitano tutti gli zingari del Regno a trovarsi un mestiere ed un padrone, proibendo loro inutili e vani viaggi di gruppo (cfr. Liegeois, 1994, pag. 114).
Tre secoli dopo tuttavia, la situazione s'inasprira' notevolmente, fino a sfociare in quella che viene ricordata come "la grande retata dei gitani”. Un pesantissimo provvedimento repressivo che invece rovino’ in un autentico fallimento: le sole vittime furono, infatti, proprio quei gitani regolarizzati, che ormai erano sedentari e titolari di attivita' lavorative, e che non avevano niente a che fare con quei nomadi ritenuti piu' pericolosi (i quali riuscirono invece a sfuggire al provvedimento, disseminando, in preda alla disperazione, il panico in numerose citta').
Nel dubbio di dover "separare i cattivi dai buoni" (Liegeois, 1994, pag. 116) si arriva, con la reggenza di Carlo III, nel 1783 ad un provvedimento di assimilazione coatta, analogo ad altri presi in tutto il resto d’Europa. Nel preambolo si dichiara: "Coloro che son detti gitani, non lo sono ne' per origine ne' per natura, e non derivano da una radice malsana. In considerazione di cio' ordino che ognuno di essi non usi mai piu' ne' la lingua, ne' le vesti, ne' il modo di vita errante, che hanno seguito sino ad ora" (cit. in. Liegeois, 1994, pag. 117). Il vocabolo "gitano" doveva essere cancellato da tutti i documenti e il termine ultimo per completare questa assimilazione era di 90 giorni. Chi non si assimilava, sarebbe stato marchiato a fuoco e, in caso di recidivita', giustiziato (cfr. Liegeois, 1994, pag. 117).
Anche il Portogallo non fu da meno e s'impegno' anch’esso in una severa politica di repressione verso i gitani.
Nel ‘700, Federico Guglielmo di Prussia condanna alla forca tutti gli zingari maggiori di diciotto anni sorpresi in territorio prussiano.
I figli del vento
Lo sapevate, per esempio che, nelle civilissime Svezia, Danimarca ed Austria, le pratiche di sterilizzazione forzata degli zingari, hanno continuato a mietere vittime addirittura fino ai primi anni ’70?! E che in Svizzera, la sottrazione dei bambini zingari ai genitori, ha avuto sviluppi fino al XX secolo, attraverso l'attivita' dell'organizzazione Pro Juventute che, nella sezione "figli del vento", ha provveduto al sequestro e alla rieducazione di centinaia di bambini zingari?
Giusto per curiosita’, ecco di che si tratta: fu il dispotismo illuminato dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria ad introdurre per la prima volta questa prassi, con la ferma intenzione di trasformare tutti gli zingari del Regno in buoni contadini e cittadini modello.
Cosi’, a partire dal 1758 emano' una serie di leggi che obbligavano gli zingari alla sedentarizzazione forzata. Proibi’ di vagabondare per il Paese abitando in tende o capanne. Li costrinse all'abbandono della loro lingua, dei costumi, dell'abbigliamento, imponendo ex lege di vestire e di parlare come tutti gli altri cittadini. Ordino’ persino l’abbandono dei loro mestieri tradizionali (ad esempio i Calderai forgiavano il rame e vendevano i loro prodotti, mentre altri allevavano e vendevano cavalli di razza). Non contenta, per completare quest'autentica opera di spersonalizzazione, tolse loro i figli e addirittura il loro nome. Un ultimo tassello del progetto infatti riguardava la denominazione della loro minoranza: gli zingari avrebbero dovuto essere chiamati Uj Magyar, nuovi ungheresi.
In Romania, gli Zingari hanno vissuto in regime di tortura e schiavitu' fino al 1864. Condizione non migliorata durante il regime di Nicolae Ceausescu, in cui furono tutti obbligati, con mesi di galera e brutali torture, alla sedentarizzazione. Dopo la caduta del regime nel 1989, nell'euforico clima della riacquisita liberta', gli zingari hanno visto riaffiorare, sotto forma di attentati e spedizioni punitive, le antiche ostilita' da parte dell'altra "grande" minoranza romena rappresentata dall'etnia ungherese (cfr. Revelli, 1999, pp.97-98).
Non meno grave la situazione nell'attuale Repubblica Ceca. Qui, il rapporto sempre piu' difficile e tormentato con gli zingari ha trovato delle soluzioni a dir poco scandalose.
Basti pensare al provvedimento governativo del 1992 che, senza alcun preavviso, ha privato oltre 100.000 Rom cechi della cittadinanza. Nell'immediato passaggio da cittadino ad ospite straniero, questi Rom hanno rapidamente perso qualsiasi tutela, divenendo un bersaglio ancor piu' facile per discriminazioni di ogni tipo.
Ancora vivo poi alla nostra memoria dovrebbe essere il confitto dei Balcani, ed in particolare cio’ che accadde nella regione del Kosovo. Prima della guerra del 1998, il numero dei Rom residenti in questa zona del territorio serbo era stimato intorno alle 150.000 persone. Una valutazione non pienamente attendibile giacché molti Rom, preferirono eludere i censimenti tra il 1981 ed il 1991, in quanto preoccupati dalle possibili conseguenze derivanti per la loro integrita' (antica tecnica di difesa adottata anche da altre minoranze perseguitate, tra le quali soprattutto gli ebrei). La cosiddetta pulizia etnica fu attuata prima dall'ex presidente della Repubblica Federale Serba, Slobodan Milosevic, e successivamente, dall'etnia albanese. Maturata nel marzo del 1998 in seguito ad una richiesta di maggior autonomia da parte della regione kosovara, la pulizia etnica si e' lentamente configurata come un nuovo, ennesimo, esempio di strategia genocidaria. I piu’ fortunati vennero arrestati e deportati in appositi "campi per sfollati" come quelli organizzati ad Obilic, Djakovica e Podgorica, oppure trasferiti nella vicina regione di Suto Orizari in Macedonia, presso altre famiglie Rom, con uno status di "protezione umanitaria temporanea" (cfr. Gheorghe - Verspaget, 1999), per allontanarli definitivamente dal Paese.
Criminali nati
I neonati Stati nazionali, fondati sul lavoro, tendevano ad escludere tutti coloro che apparivano elementi di disturbo per lo sviluppo ed il progresso della societa'.
Viene varato cosi’ un nuovo stereotipo:l’inutilita' sociale.
E presto venne a coincidere con un’altra novita’: la pericolosita’ sociale, frutto delle moderne teorie del determinismo scientifico e confermate dagli studi del famoso antropologo Lombroso.
Le prime avvisaglie di questo abitus mentale pero’ affondano le proprie radici nei secoli dei secoli. Ad esempio, gia’ Martin Lutero, nel 1580, bollo' di ignoranza, oziosita' e perversione tutti gli zingari, notoriamente da sempre portatori di caos, ladri ed imbroglioni.
Gli zingari dunque sono stati osteggiati essenzialmente per via della loro presunta intrinseca natura votata al comportamento criminale (Friedlander, 1997, pag. 360), e per favorirne l'arresto nel XVIII secolo venivano addirittura organizzate delle autentiche battute di caccia.
Nel grande movimento di urbanizzazione sviluppatosi verso la fine del XIX secolo, i nuovi concetti di sicurezza, bene pubblico e proprietà, identificano dunque gli zingari come la piu' grave e imprevedibile delle minacce.
La tematica della Zigeunerplage, la piaga zingara, si trasferisce dalle campagne alla questione urbana. Agli occhi di chi governa, il nomadismo diventa un elemento di disordine che sfugge al pieno controllo esercitato su tutti gli altri cittadini (cfr. Karpati, 1993, pag. 39).
Nel 1886 il cancelliere Otto Von Bismarck, indirizzo' a tutti i Lander del Regno una circolare in cui si raccomandava il massimo impegno nell'espulsione di tutti gli zingari in modo da liberare completamente e durevolmente da quella piaga il territorio della Federazione (Fings - HeuB - Sparing, 1998, pag. 22).
Il “Nucleo Anti-Zingari”
Nel marzo del 1899 a Monaco di Baviera viene istituita addirittura una Zigeunerpolizeistelle, un ufficio di polizia con specifici compiti di controllo sugli zingari. Il corpo nasceva in seguito ad un'esplicita richiesta del Servizio Informazioni sugli Zingari, creato nello stesso anno dal funzionario statale Alfred Dilmann, per lo sviluppo di apposite ricerche sulla comunità Rom.
I risultati di tali studi, saranno poi raccolti dallo stesso Dilmann nello Zigeunerbuch, il libro degli zingari, del 1905 contenente oltre 3350 dati su zingari e persone viaggianti alla maniera degli zingari (Dilmann cit. in. Fings - HeuB - Sparing, 1998, pag. 23).
A differenza di lavori analoghi compiuti su ebrei o cattolici di Prussia, nessuna protesta si levo' in favore degli zingari.
Va pero’ evidenziato che nella Repubblica di Weimar, la persecuzione venne effettuata in un quadro completamente diverso da quello successivamente adottato dal governo nazista di Adolf Hilter. Infatti, nonostante le fortissime forme di discriminazione cui gli zingari venivano sottoposti, la Weimar ne ha sempre garantito l'uguaglianza individuale davanti alla legge.
In pratica tutto il quadro persecutorio del XIX secolo fino all'ascesa di Adolf Hitler, e' caratterizzato da un'ottica prevalentemente poliziesca, nel senso di tutela dell'ordine pubblico, che mai nega il diritto all'esistenza degli zingari.
Porajmos
Il Porajmos, nome con cui i Rom chiamano il loro Olocausto, vissuto durante la seconda guerra mondiale, e’ senz’altro uno dei momento più tragici della storia degli zingari. Eppure, la storia del genocidio zingaro è ancora tutta da scrivere. Una tragedia che ad ogni istante deve fronteggiare l’offensiva indegna e mistificatoria del pensiero revisionista di chi, con estrema leggerezza, cerca di negarne l’esistenza, forse perche’ segretamente si auspica che magari possa verificarsi di nuovo. Oltre 500.000 zingari persero la vita in un eccidio che rappresenta la diretta e più tragica conseguenza di una storia da sempre votata alla persecuzione ed alla sofferenza.
Nel 1926, il Servizio Informazioni sugli Zingari, con la nuova e piu' minacciosa denominazione di Ufficio Centrale per la Lotta al Problema Zingaro, estendera' la sua competenza su tutto il territorio tedesco, diventando un vero e proprio strumento all'avanguardia in materia di persecuzione.
Tutti i piu' moderni strumenti, dal telegrafo alla macchina fotografica fino ad un complesso sistema di registrazione per le impronte digitali, furono, infatti, messi a disposizione dell'ufficio bavarese per debellare completamente la piaga zingara. Nel luglio dello stesso anno venne varata la legge n.17 contro Zigeuner und Arbeitscheuengesetzt (zingari e renitenti al lavoro - categorie peraltro associate – N.d.R.) che ne impediva di fatto l'accesso al territorio bavarese. All'articolo 1, si prescriveva che: "gli zingari e le persone come loro dedite al nomadismo possono spostarsi con carri e furgoni solo previa autorizzazione delle competenti autorita' di polizia. L'autorizzazione puo' essere concessa per un periodo massimo di un anno ed e' revocabile in qualsiasi momento. Tale autorizzazione va esibita su richiesta ai competenti ufficiali" (Moriani, 1999, pp. 91 - 92). In questo modo, inoltre, il provvedimento creava una sorta di ghettizzazione per tutti gli zingari gia' presenti in Baviera, i quali non si potevano piu’ spostare liberamente.
E cosi’ anche la regione del Baden manifestera' un certo vigore nella lotta contro gli zingari: nel 1934, si sperimentarono i primi metodi di schedatura, sterilizzazione e deportazione. Questa legge rappresento' dunque il caposaldo per un significativo progresso nella prevenzione della criminalità (Karpati,1993,pag.40).
Ma l'inizio della degenerazione genocidaria per gli zingari e' ufficialmente datato 14 luglio 1933, quando il nuovo consiglio di gabinetto, guidato da Adolf Hitler, vara il progetto di lotta ai Lebensunwertesleben, i cosiddetti "indegni di vivere", categoria nella quale furono subito inclusi gli zingari ed individui senza fissa dimora.
Il 6 giugno del 1936, con un circolare governativa, i Rom ed i Sinti tedeschi vengono ufficialmente definiti come "popolo zingaro eterogeneo alla popolazione tedesca" (Moriani, 1999, pag. 93) e sulle colonne della rivista Volk und Rasse, il dottor Robert Kroeber scrivera' che "gli zingari e gli ebrei sono oggi lontani da noi (i tedeschi - N.d.R.) a causa della loro origine ancestrale asiatica" (Kroeber cit. in. Crowe - Kolsti, 1991, pag. 16).
E il dottor Emil Brandis addirittura definira' i Rom come "l'unico popolo alieno in Europa" (Brandis cit. in. Crowe - Kolsti, 1991, pag. 16).
Il documento del 1936, con il progressivo consolidamento di Hitler, culmina con l'abilitazione del campo di lavoro di Dachau, in cui vennero incarcerati inizialmente tutti gli asociali ed immorali del territorio germanico. In questa vasta categoria vennero da subito inclusi gli zingari e poi, in base non si sa bene a quale criterio, anche oppositori politici, omosessuali, prostitute, alcolizzati e testimoni di Geova. Il 1936 sarà anche l'anno delle Olimpiadi di Berlino: un'occasione in piu' per ripulire ed riordinare la citta' dalla piaga zingara.
Il numero degli internati a Dachau, per volere della Reichskriminalpolizeiamt o RKPA, la polizia criminale presieduta da Heinrich Himmler (braccio destro del Fuhrer), lievito' paurosamente, tanto da richiedere il supporto di altri campi, su tutti Auschwitz e Marzahn.
Gli organi amministrativi, nei diversi Comuni del Reich, vennero obbligati alla notifica, all'accertamento, alla vigilanza ed al controllo di tutti gli zingari stanziali e non.
E' un momento importante nella persecuzione zingara, anche in considerazione della parallela promulgazione delle Leggi di Norimberga a tutela del sangue e dell'onore tedeschi (Karpati, 1993, pag. 41). Promulgate principalmente contro gli ebrei, le leggi di Norimberga vennero presto estese anche alla comunita' zingara, grazie ad una ferma presa di posizione di gran parte dell'intellighenzia nazista che (parafrasando le parole di Wilhelm Frick, teorico e militante del Partito Nazionalsocialista) riteneva il sangue zingaro "non affine a quello tedesco" (Frick cit. in. Karpati, 1993, pag. 41).
L'8 dicembre del 1938, per mano del Reichsfuhrer Heinrich Himmler, venne dunque varato un decreto noto come Zigeunererlass, che riguardera', per la prima volta, esclusivamente gli individui di razza zingara, suddivisi in zingari nazionali e stranieri. Mentre per questi ultimi veniva espressamente vietato l'ingresso in territorio tedesco, per i primi diventava possibile, attraverso una lunga serie di acrobazie burocratiche, ottenere documenti e carte d'identita' eccezion fatta per il porto d'armi.
La parte piu' drastica di tale ordinanza e' rappresentata dall'opzione obbligatoria per tutti i cittadini zingari tra sterilizzazione ed internamento.
Nel 1939 Reinhard Heidrich, per ordine dello stesso Hitler, vara il Decreto di stabilizzazione, in base al quale tutti gli zingari vengono coattivamente trasferiti in Campi di Abitazione, appositi quartieri-ghetto collocati nelle periferie cittadine, dove vengono costretti a risiedere, con divieto assoluto di lasciare il luogo in cui si trovavano, poiche’ si doveva procedere al loro censimento.
Il 27 aprile del 1940 si procedette poi alla prima deportazione ufficiale, per effetto del decreto VB n.94/40, che disponeva il trasferimento forzato degli zingari "in stirpi chiuse" nel cosiddetto Governatorato generale, cioè la Polonia occupata (cit. Reichdokumente 1939, in Fings - Heuß - Sparing, 1998, pag.34).
Lo spaesamento e l’illusoria sensazione di provvisorietà svaniva definitivamente nel maggio del 1941 con l’emanazione del Liquidierungsbefehl, l’ordine di liquidazione, che disponeva: “l’uccisione di tutti gli indesiderabili dal punto di vista razziale e politico, in quanto pericolosi per la sicurezza” (Karpati, 1993, pag. 43). Quattro le categorie elencate nella categoria “indesiderabili”: funzionari comunisti, asiatici inferiori, ebrei e zingari.
La razza eletta
La stirpe di Ario nasce, secondo i teorici dell'arianesimo, in un insieme di territori di matrice indo-egiziana. Una provenienza che porto', dopo svariate contaminazioni europee, il vocabolo “ariano” ad assumere un significato molto simile al termine “indoeuropeo”.
Ma indoeuropei erano, innanzi tutto, gli zingari!
Nasceva, cosi', per la teoria sulla razza nazista, un inaspettato e dirompente controsenso.
Come poteva essere possibile ritenere gli zingari di un'altra razza, se gli studi scientifici portavano a concludere la loro origine indiana e quindi ariana?
I tedeschi discendevano, quindi, dallo stesso ceppo etnico degli zingari?!
Coadiuvato dalle scienze antropometriche ed eugenetiche, il nazismo elaborera' una complessa teorizzazione del concetto di razza, che stigmatizzava le razze diverse come razze inferiori perche’ spurie.
Una visione sfociata progressivamente nei dettami dell'igiene razziale, ovvero di quel processo mirante a ripulire la Germania da razze inferiori in quanto contaminanti.
La salvaguardia della purezza della razza ariana del cosiddetto Volkdeutsche, passava attraverso la soluzione dei problemi relativi alle tre principali etnie presenti all'intero dei territori del Reich. Ebrei, polacchi e zingari dovevano, quindi, essere "cancellati" dal territorio germanico.
Sorvolando sul trattamento riservato ad ebrei e polacchi, e' significativo osservare cio' che accadde alla minoranza zingara.
Essa rappresentava, secondo questi eminenti scienziati, il non plus ultra della regressione umana, ma non solo.
Il problema razziale, infatti, andava a coincidere, come gia’ detto, con quello pericolosita’ sociale (Zimmerman, 1995, pag. 3, uno dei piu' importanti studiosi dell'Olocausto Rom).
Il principale protagonista di questa accurata opera di distruzione scientifica sara', su tutti, Robert Ritter.
Riprendendo studi del 1937 di Otto Finger e Wilhelm Kranz, ma soprattutto di Hermann Dichele, Ritter si prodigo' nel dimostrare la naturale propensione degli zingari all'asocialita' ed all'ozio.
Caratteristiche dannose che non potevano piu' essere tollerate. Ritter chiedeva dunque “di accelerare l'individuazione e la schedatura delle stirpi zingare e dei gruppi meticci al fine di predisporre al piu' presto le basi per le necessarie misure da prendere" (cfr. Ritter, Relazioni di lavoro, 1939).
Per perseguire il suo obiettivo, il medico tedesco tentera' di isolare il significato di ziganita'.
L'intenzione reale di un simile studio non era pero’ votata ad alcun amore per la scienza. Ritter cercava solo un ulteriore pretesto per rafforzare le strategie liquidatorie del Reich, individuando criteri per discriminare zingari puri (dai quali sarebbero derivati anche gli ariani) da quell impuri (meticci).
Attraverso conclusioni di carattere genealogico, considerazioni relative al grado di conoscenza del Romanes (o Romani’, considerata la lingua zingara), osservazione delle usanze tradizionali tramandate nei secoli e dopo aver studiato circa 30.000 Rom, il medico tedesco giunse alla conclusione che non esistevano piu' zingari puri, ma soltanto "poveri primitivi, senza storia e senza di cultura" (Ritter cit. in Zimmerman, 1995,pag.5).
Sulla maggioranza di queste perizie (redatte fino al 15 novembre del 1944) Ritter annoto' la sigla "evak.", ovvero evacuato.
Non si tratta certo di lavorare di fantasia se si conclude che furono tutti uccisi, come si fa normalmente con le cavie, ormai inutili, al termine di un studio sperimentale.
Nell'articolo Die Zigeunerfrage und das Zigeunerbastardproblem (La questione zingara ed il Problema degli Zingari Meticci), pubblicato nel 1939 sulla rivista medica Fortschritte der Erbathologie, Ritter ribadisce come gli attuali depositari di quella mitica e romantica razza, andavano oramai considerati, al 90 per cento soltanto come un miscuglio creato dai rapporti con gli elementi deteriori di diversi popoli e razze dell'Asia sud-occidentale e dell'Europa sud-orientale. Tale mescolanza aveva degradato a tal punto la razza zingara da renderla totalmente refrattaria ad ogni possibilita’ di progresso sociale(Ritter, 1938, pag. 77).
A suo avviso dunque, il solo sistema di "regolarizzare" e "contenere" tale minoranza (per evitare contaminazioni ereditarie) era il processo di sterilizzazione, visto come unico mezzo per impedire l’ulteriore propagarsi di degenerati asociali e criminali(Ritter 1940, pag. 210).
Intanto pero’ Heinrich Himmler, capo della polizia criminale e braccio destro del Fuhrer, continuava ad inseguire il progetto di individuare gruppi zingari puri, al fine di preservarne l’estinzione e poterli conservare il qualche riserva, come animali allo Zoo. Convinto sostenitore che gli zingari avessero origini ariane, e che pertanto fossero meritevoli di svariate sperimentazioni, il Reichsführer in un comunicato al medico primario delle SS, Grawitz, faceva notare che: "poiché in parte gli zingari sono di composizione razziale spuria, potrebbero fornire risultati non immediatamente trasferibili sui nostri uomini. E’ pertanto opportuno mettere a disposizione degli sperimentatori prigionieri che siano quanto più possibili vicini alle stirpi europee” (Himmler cit. in Kenrick–Puxon,1975,pag.195).
Per lui infatti, gli Zingari costituivano la prova vivente e lampante del terribile pericolo che correva la razza ariana qual’ora non fosse stata preservata da contaminazioni aberranti. Gli Zingari, in quanto “ariani decaduti”, esemplificavano insomma, meglio di qualsiasi teoria, uno degli stadi evolutivi più bassi della razza umana.
Una volta individuati gli esemplari idonei, presumibilmente (Sinti e Lalleri puri), essi sarebbero stati trasferiti in un luogo ben determinato, adatto a lasciarli vivere secondo i loro usi e costumi, e svolgendo le attività tradizionali (Decreto del 13 ottobre 1942, V AZ 2260/42 cit. in. Karpati, 1993, pag. 44). Purtroppo vuoi per l’impossibilita’ di ubicazione di tale luogo, vuoi perche’, come gia’ nel ’38 aveva presagito Ritter, non si trovarono zingari puri, il 16 dicembre 1942, quando tutto sembrava pronto per il trasferimento nella riserva di Odenburg, intervenne il provvedimento denominato Auschwitzerlass che prescriveva il totale internamento degli zingari, senza alcuna considerazione in merito alla loro presunta o effettiva purezza razziale.
Come la Z di Zorro
Il 29 gennaio 1943, Himmler vara il decreto V. A. n.59 postulante l’ordine di internamento ad Auschwitz di tutti i meticci zingari, zingari Rom e di zingari dei Balcani in un campo di concentramento (V. A. n.59/43 g cit. in Boursier-Converso-Iacomini,1996,pag.73).
La loro “razza” veniva contraddistinta dalla “Z” di Zigeuner (zingaro) tatuata sul petto o incisa su di un bracciale o, in altri casi ancora, dal triangolo nero, simbolo di asocialità.
Nello Zigeunerlager di Auschwitz, letteralmente il ”Campo degli Zingari”, il protagonista indiscusso di questa macabra pagina di storia fu il tristemente noto dottor Josef Mengele, probabilmente il più visionario e crudele di tutti i “medici della morte” nazisti, il quale fece innumerevoli sperimentazioni anche su coppie di gemelli zingari.
Nei lager, gli zingari venivano deportati a nuclei familiari completi, con tutte le loro povere cose annesse.
Non si trattava certo di magnanima concessione. Semplicemente si ritenne assolutamente superfluo dividerli, visto che li consideravano tutti, come gia’ detto, esseri-inutili-indegni-di-vivere, in quanto degenerati-retinenti-al-lavoro.
Auschwitz, Dachau, Mathausen, Ravensbrük, Buchenwald, Natzweiller, sono solo alcuni dei campi di concentramento dove migliaia di zingari, di ogni sesso ed età, persero la vita. Campi in cui la brutalità e la crudeltà, toccarono livelli inauditi.
Particolarmente spaventosa la fine dello zingaro Louis Simon nato a Perigeux, in Francia, e deportato a Buchenwald, cui fu staccata la pelle, ornata di vistosi tatuaggi, per poi essere usata come rivestimento per una poltrona (Arlati, 1997, pag. 31).
L’Orrore corre piu’ veloce del vento
Circoscrivere lo sterminio degli zingari ai lager sarebbe, tuttavia, inesatto. La liquidazione zingara non ebbe luogo solo negli infernali scenari dei campi di concentramento, ma abbracciò altre forme di tortura, non meno violente e sanguinarie.
In Polonia In Slovacchia In Ucraina, Ungheria, Romania, gli zingari venivano trucidati anche per strada, nei boschi o in aperta campagna. Intere famiglie venivano rinchiuse nelle loro tende e date alle fiamme. In Jugoslavia, le persecuzioni erano condotte dagli Ustasha croati, che operarono veri e propri raid assassini (cfr. Arlati, 1997, pag.31).
Un’inarrestabile spirale di violenza perpetrata nella più totale e disarmante indifferenza generale. Uno sterminio silenzioso ma incalzante, propugnato dalla maggior parte dei nazisti, e che creo’ tutte le condizioni affinché l’uccisione di oltre 500.000 zingari venisse con il tempo dimenticata, e addirittura troppo spesso impunemente reiterata fino ai giorni nostri.
E a Norimberga?
Nelle sentenze del processo di Norimberga, apertosi ufficialmente il 18 ottobre 1945, gli zingari vengono nominati soltanto sporadicamente, in poche righe della sentenza finale.
Il tutto pur considerando l’elevato numero di testimonianze chiare ed inequivocabili, delle molteplici atrocità subite nei lager.
Un errore di valutazione che alimenterà in Germania la predisposizione alla negazione dell'olocausto zingaro.
Una negazione motivata, fondamentalmente, da una questione spinosa e controversa identificabile nel problema degli indennizzi dovuti alle vittime.
La Convenzione di Bonn del 1949, costringeva la Germania ad assumersi le proprie responsabilità verso i popoli perseguitati, attraverso il pagamento di consistenti risarcimenti alle vittime.
La continua negazione della "questione zingara" ha permesso alla Germania, di risparmiare ingenti somme di denaro destinate successivamente alla ricostruzione del Paese.
Il continuo aumentare delle richieste di risarcimento portò la Corte Suprema tedesca ad adottare, nel 1956, un provvedimento a dir poco discutibile, che suono’ come un'ulteriore beffa per tutti gli zingari vittime del nazismo.
Suddetto provvedimento, infatti, divideva la prigionia degli zingari in due fasi, configurando il reato della deportazione, e quindi i relativi risarcimenti, soltanto a partire dal marzo del 1943. Considerando che la persecuzione degli zingari, durante il regime nazista, risale almeno al 1937 (anno dei primi arresti condotti da Himmler) l'aberrazione giuridica appare quanto mai evidente. Ovviamente il disegno sorti’ effetti esattamente contrari a quelli desiderati e le richieste di risarcimento di zingari indignati aumentarono a dismisura, finendo con il favorire, nella prima meta’ degli anni sessanta l'abolizione del provvedimento.
L'olocausto zingaro, con la morte degli ultimi sopravvissuti e le rinunce di parenti ormai demoralizzati, rimase, tuttavia, in un profondo limbo adimensionale.
Un oblio destinato a durare a lungo e che s'interrompera’ soltanto nell'aprile del 1980 quando, di fronte ad un esauriente documentazione stilata da diverse organizzazioni zingare, storici e giuristi, il governo tedesco si vide costretto a riconoscere ufficialmente l'esistenza di un olocausto zingaro e di una persecuzione razziale sotto il regime nazista.
Arrivarono cosi’ i primi indennizzi, i primi risarcimenti e le prime restituzioni. Gioielli, monili, carrozzoni, appartamenti e strumenti musicali tornarono ai loro legittimi proprietari o eredi.
Il governo tedesco s'impegno’ nella distribuzione di riparazioni e concessioni badando bene, pero’, di non perdere mai di vista il carattere singolo ed individuale di ciascun risarcimento.
Nessun tributo, morale o materiale, e’ stato, infatti, conferito alla comunita’ Zingara nella sua totalita’, se non una serie di monumenti eretti nei principali campi di concentramento del Terzo Reich.
Sculture fiere ed imponenti che rappresentano, ancora oggi, l’unico riconoscimento concreto verso la sofferenza di un popolo condannato ad essere nei secoli scomodo.

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