Home page | Grafologia | Psicologia | Cinema |
Gennaio | Febbraio | Aprile | Maggio | Giugno | |
Luglio | Agosto | Settembre | Ottobre | Novembre | Dicembre |
Sommario |
Perché
si fa la guerra Israele, un "fenomeno" storico United enduring freedom La guerra, un rischio terribile Il teorema di Dio |
«Crederei in Dio se
esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo»."
"Perché
meravigliarsi quando ci si accorge che tante cose sfuggono alla comprensione
della nostra esistenza trascendentale? Anzitutto, la sfera trascendentale
della nostra esistenza non può essere suscettibile dello stesso tipo di analisi
di quella immanentistica. Esistenza trascendentale significa infatti qualche
cosa che non può essere fatta di spazio né di tempo né di massa né di
energia ne di cariche. Trascendente vuoi dire ben altro. Esistere nel
Trascendente non può essere come esistere nell’Immanente.
Ma anche nell’Immanente "l'uomo sa di non poter dimostrare tutti i
teoremi possibili nella logica dell'Immanente. Ecco perché non ha senso dire:
«Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo»."
Ma anche "se la Scienza e la Matematica arrivassero un giorno a scoprire
Dio, cosa dovrebbe essere questa entità cui alcuni di noi credono e altri no?
Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non potrebbe essere che fatto di Scienza e
basta. E se fosse la matematica ad arrivare al Teorema di Dio, il Creatore del
Mondo non potrebbe che essere fatto di Logica Matematica e basta. In nessun caso
Dio resterebbe quello che deve essere: Dio. E cioè tutto."
Tuttavia una cosa è certa: "non esiste alcuna scoperta scientifica che
possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l'esistenza di
Dio." (Da: Antonino Zichichi, Perché credo in colui che ha
fatto il mondo)
La
guerra, un rischio terribile
C'è un rischio terribile in tutto ciò che accade e sta per
accadere. Chi l'ha visto più lucidamente di tutti è stato Giovanni Paolo II.
Infatti è proprio lui ad aver usato le parole più fosche: «Questa guerra»,
ha detto, «è criminale». Ha usato e fatto usare dai suoi curiali proprio
questa parola: criminale. Nessuno era arrivato a tanto. Perché si è spinto
fino a questo punto? Per le vittime innocenti che saranno mietute come il
grano sot-to la falce? Per i bambini che moriranno, anzi che già muoiono? Per
l'amore cristiano della pace?
Tutti questi
sentimenti sono profondamente radicati nell' anima del pontefice ma non
bastano a spiegare. C'è un'altra ragione che riguarda i cristiani ma non
soltanto loro: il papa sa che questa guerra aprirà un solco enorme tra
l'Occidente e l'Islam, cioè tra le due grandi religioni del mondo.
Se questo av-verrà, il mondo degli anni e forse dei secoli futuri sarà
terribilmente diverso, più feroce, più imbarbarito, più bellicoso, più
dominato dal terrore, meno libero, meno democratico.
Wojtyla vedeva un mondo religioso ecumenico solidale
dominato dalla religione dell'amore e quindi - al di là - dei riti e
delle specifiche appartenenze - più cristiano. Ma se lo scontro tra le due
civiltà avrà pieno corso, quel mondo sarà sostanzialmente fondamentalista.
Per questo il papa cristiano parla di guerra criminale..
United
Enduring Freedom
Nei quattordici giorni tra l’11 e
il 25 settembre del 2001, che servirono a Colin Powell a mettere in piedi la
grande alleanza mondiale contro il terrorismo, Bush assunse l'impegno solenne
di affrontare contemporaneamente tre grandi temi che, uniti insieme, avrebbero
dato forza all'operazione politica prima ancora che militare battezzata United
Enduring Freedom:
la lotta per almeno tre generazioni contro la
povertà e la malattia.
Sembrava essersi alzato il sipario
su un nuovo mondo che, colpito da una prova terribile dalla quale era tuttavia
uscito più orgoglioso, più lungimirante, più solidale, prendeva in mano il
suo destino risollevando la bandiera insanguinata dei grandi valori
dell'Occidente e sventolandola come punto di riferimento dei diseredati, dei
poveri, degli oppressi di tutto il pianeta.
Poi il sipario si abbassò. La lotta alla povertà raccolse qualche spicciolo
e mise in piedi sei o sette ospedali nell'intero continente africano. Il
conflitto palestinese si trasformò in un mattatoio con quotidiana
macellazione da ambo le par-ti. Sharon fu convocato un paio di volte a
Washington affinché allentasse almeno la morsa di ferro attorno alle città
palestinesi, ma rispose invariabilmente di no tornandosene frettolosamente a
casa.. Alla fine Bush gli dette ragione. Da allora di queste bazzecole si smise
di parlare e Enduring Freedom diventò quello che in realtà era stata
fin dall'inizio, cioè un'operazione militare pura e semplice con esiti tuttora
aperti e alquanto purulenti.
Israele,
"fenomeno” storico
Dopo la creazione del mondo, dopo le creazioni di tutto ciò che riempie il
mondo, dopo la creazione dell'uomo, ecco la creazione di Israele attraverso la
chiamata indirizzata ad un uomo, Abramo. La storia del popolo di Israele ci
rivela che esso è stato creato specificatamente per realizzare un compito nel
disegno creatore del Dio vivente e che la sua
storia segue costantemente questo
compito, questa missione.
Ad Abramo emigrante, è promessa una terra nuova e una discendenza
malgrado una sua impossibilità naturale. Abramo è vecchio, avanti negli anni,
e Sarà è sterile, vecchia anch'essa. Ad Abramo è promesso che diventerà un
popolo numeroso come le stelle del cielo. Certe tribù nomadi si installano in
terra di Canaan verso il diciottesimo e diciassettesimo secolo prima di
Cristo. Altre si portano in Egitto dove soffrono la prigionia, l'oppressione, la
umiliazione. Minoranza straniera, considerata come impura in mezzo al popolo
dove si trova, minoranza derisa e sfruttata. Minoranza confinata a lavori
penosi, condotta alla miseria, sfruttata e oppressa. Nasce un liberatore che fa
uscire questo sottoproletariato straniero dal paese della schiavitù, lo conduce
nel deserto. Ciò che era umanamente impossibile, questo uomo (Mosè) l'ha
realizzato: far uscire questo popolo schiavo dal paese in cui era sfruttato,
strapparlo dalle mani di quelli che ne usavano e abusavano a loro profitto. Ciò
che era impossibile all'uomo, sfuggire dalle mani del Faraone, uscire dal
paese della schiavitù, il Dio di Israele l'ha fatto, col suo braccio potente.
Certamente gli storiografi hanno abbellito questa epopea della uscita d'Egitto,
ma quando si esaminano i testi più antichi che la narrano, quando si pesano le
possibilità e le impossibilità, quando si riflette alle condizioni di schiavitù,
alla mano d'acciaio che li opprimeva, si capisce e si concede agli storici di
Israele che l'uomo non basta per rendere ragione di questa fuga dal luogo di
schiavitù. C'è in questo un segno, un segno di potenza che è interpretato
dagli storici ebrei come una manifestazione di Dio stesso. Dopo il soggiorno nei
deserti, raccontato diversamente dalle diverse fonti che noi abbiamo, le tribù
ebraiche fuggite dall'Egitto si istallano nella terra di Canaan che i loro
antichi avevano già occupato in parte. Qui ancora bisogna distinguere tra la
canzone di gesta che ci è raccontata
e la storia reale che si riesce a ricostruire poco alla volta. L'occupazione
di Canaan non si è fatta in maniera così immediata ed eroica come è narrata
nel libro di Giosuè. C'è stato anche lì dell'abbellimento. Ma all'interno
della canzone di gesta della conquista c'è un nocciolo storico sicuro: c'è
stata una penetrazione lenta ma vittoriosa delle tribù d'Israele della terra
palestinese. La costituzione del popolo d'Israele non è avvenuta senza che
gli fosse data una struttura che
ha reso Israele un popolo eccezionale sulla faccia della terra. Israele ha ricevuto
una struttura (Torah} che l'ha trasformato interiormente, in maniera
radicale. Se si raffronta Israele alle nazioni del paganesimo circondante non
si può non rimanere colpiti, dal punto di vista umano, dal punto di vista
giuridico, etico e religioso, dalla rivoluzione che si è operata. A giusto
titolo il libro del Deuteronomio può mettere sulla bocca di Mosè questa affermazione
giubilante: « Non c'è nazione che abbia leggi giuste e vere come tè Israele,
leggi che fanno vivere ».
In Israele l'umanità ha operato una conversione
morale decisiva come anche una conversione mentale. Il rifiuto dell'idolatria,
il rifiuto di adorare le cose di questo mondo come s'è fossero l'Assoluto, il
rifiuto di considerare come divini il sole, la luna, le stelle, le forze della
natura, le sorgenti, gli alberi, gli animali, i pezzi di legno, i blocchi di
terra o di metallo; questo rifiuto attesta che in questo momento l'umanità ha
raggiunto la razionalità.
Razionalità nel pensiero, razionalità nelle relazioni intraumane, scoperta
della giustizia come principio di giudizio morale, rifiuto del mito cui si
sacrificano i figli degli uomini, rispetto dell'uomo e dell'universo creato,
costituiscono l'appannaggio accordato a Israele attraverso questa Torah
che Mosè ha cominciato ad insegnargli e che legislatori ulteriori non hanno
smesso di commentare, di adattare, sviluppare in funzione delle circostanze.
C'è dunque un fenomeno che merita l'attenzione del filosofo: l'umanità che in
questo momento raggiunge la razionalità e la giustizia. Anche qui c'è un
fenomeno che risale la china comune dell’umanità, un fenomeno di cui
l’umano non sembra essere in grado di dare una spiegazione.
[Riduzione da: C. Tresmontant, L'intelligenza di fronte a Dio]
Facciamo un po’ di conti… |
Spese di Guerra | Guadagno dal rincaro del petroli | Ricavi o perdite |
Paesi Arabi | 30 miliardi $ | 30 miliardi $ | 0 |
Governo USA | 10 miliardi $ | 21 miliardi $ | Ricavo di 11 miliardi $ |
Privati USA | 0 | 9 miliardi $ | Ricavo di 9 miliardi $ |
Adesso tutto è chiaro… gli USA hanno guadagnato 20 miliardi di $
dalla guerra! Altro che liberare il Kuwait… volevano solo intascare la
grana!
Chi ha pagato, alla fine dei conti, la guerra del
’91 in Iraq? Quelli che utilizzano il petrolio……cioè noi!!!
Quindi gli USA, tra aumento del prezzo del greggio e guadagni dell’indotto bellico, hanno guadagnato…
11
miliardi di $ direttamente
49
miliardi di $ dall’indotto!!!
È facile immaginare come la Guerra del golfo, nel 1991, sia
stata combattuta esclusivamente per questi motivi economici, e non per
qualche fine “umanitario” o di “difesa della libertà”.
Ma adesso
risulta facile anche capire altri due fatti di attualità: il perché della
guerra in Afghanistan e della probabile, nuova guerra in Iraq.
In
particolare, la guerra in Afghanistan aveva come principale obiettivo l’instaurazione
di un governo fantoccio che desse il via libera alla costruzione di un
oleodotto (di proprietà americana) lungo 2.500 km attraverso il suo
territorio. Questo
oleodotto, di importanza strategica, ha come unica alternativa la
costruzione di un altro oleodotto, lungo 5.500 km, enormemente più
costoso da costruire e da mantenere, a causa delle tasse che i paesi
attraversati imporrebbero agli USA. Molto più facile, quindi, radere al
suolo un paese già martoriato da 30 anni di guerra e renderlo una
propria dependance, con la possibilità di costruire e gestire l’oleodotto-scorciatoia
in tutta tranquillità.
Per
capire come mai Bush jr. voglia attaccare di nuovo l’Iraq bisogna
invece sapere che gli USA sono in rotta con i loro maggiori fornitori di
petrolio nell’area mediorientale: l’Arabia Saudita. La rottura sta
diventando insanabile, sia perché l’Arabia Saudita è uno dei Paesi
maggiormente coinvolti nel terrorismo di Bin Laden, sia perché l’opinione
pubblica internazionale è schierata in massa contro questo paese a
causa del mancato rispetto dei più elementari diritti umani. Per l’amministrazione
Bush si è quindi creato un obiettivo prioritario: cercare un’alternativa
petrolifera all’Arabia Saudita nell’area mediorientale. Il modo più
facile, ovviamente, è fare una guerra all’Iraq e instaurare un regime
fantoccio alla dipendenza diretta degli stessi USA. La domanda che sorge
spontanea è: perché l’Iraq? Per 3 semplici motivi:
è
un paese che non può difendersi (la povertà causata dall’embargo
provoca la morte per fame di 300.000 bambini ogni anno).
l’Iraq
offre un facile pretesto (la presenza di fantomatiche armi di
distruzione di massa, che peraltro sono sviluppabili solo con un’altissima
tecnologia e notevoli capitali, due cose che l’Iraq proprio non
possiede) per giustificare l’attacco agli occhi dell’opinione
pubblica, che nulla sa delle vere cause della guerra (le lotte per il
controllo del petrolio).
al
momento, l’Iraq non gode della protezione di nessuno stato potente,
in grado di opporsi con decisione alla minaccia di un attacco
americano.
In più, negli ultimi 3 mesi, è scoppiata in tutta la sua drammaticità la rivolta sociale in Venezuela, in seguito alle disastrose condizioni di vita della popolazione, dettate dalle multinazionali statunitensi del petrolio. Il Venezuela è infatti il maggior rifornitore di greggio degli Stati Uniti. Cercare un’alternativa ad Arabia Saudita e Venezuela è diventato quindi l’oggetto prioritario dell’amministrazione Bush.
Innanzitutto,
far conoscere a più persone possibili le vere cause della guerra. Se
una persona è ignorante, è facilmente controllabile. Se invece
comincia a ragionare con la propria testa, è in grado di opporsi a
scelte barbare e assurde dettate dal puro interesse economico.
Sostenere
tutte le associazioni che si battono per evitare questa nuova, inutile
guerra. Bastano piccoli gesti, come appendere uno straccetto bianco allo
zaino o alla borsa, oppure esporre la bandiera della pace al balcone.
Firmare
l’appello contro la guerra sul sito di Emergency: www.emergency.it
Gennaio | Febbraio | Aprile | Maggio | Giugno | |
Luglio | Agosto | Settembre | Ottobre | Novembre | Dicembre |
Home page | Grafologia | Psicologia | Cinema |