Marzo 2003

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Ultima revisione: 07/04/03

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Sommario

Perché si fa la guerra 
Israele, un "fenomeno" storico
United enduring freedom
La guerra, un rischio terribile
Il teorema di Dio

«Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a di­mostrarlo»."
"Perché meravigliarsi quando ci si accorge che tante cose sfug­gono alla comprensione della nostra esistenza trascendentale? An­zitutto, la sfera trascendentale della nostra esistenza non può essere suscettibile dello stesso tipo di analisi di quella immanentistica. Esistenza trascendentale significa infatti qualche cosa che non può essere fatta di spazio né di tempo né di massa né di energia ne di ca­riche. Trascenden­te vuoi dire ben altro. Esistere nel Trascendente non può essere co­me esistere nell’Immanente.
Ma anche nell’Immanente "l'uomo sa di non poter dimostrare tutti i teoremi possibili nella logica dell'Immanente. Ecco perché non ha senso dire: «Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a di­mostrarlo»."
Ma anche "se la Scienza e la Matematica arrivassero un giorno a scoprire Dio, cosa dovrebbe essere questa entità cui alcuni di noi credono e al­tri no? Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non potrebbe essere che fatto di Scienza e basta. E se fosse la matematica ad arrivare al Teo­rema di Dio, il Creatore del Mondo non potrebbe che essere fatto di Logica Matematica e basta. In nessun caso Dio resterebbe quel­lo che deve essere: Dio. E cioè tutto."
Tuttavia una cosa è certa: "non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fi­ne di mettere in dubbio o di negare l'esistenza di Dio." (Da: Antonino Zichichi, Perché credo in colui che ha fatto il mondo)

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La guerra, un rischio terribile
C'è un rischio terribile in tutto ciò che accade e sta per accadere. Chi l'ha visto più lucidamente di tutti è stato Giovanni Paolo II. In­fatti è proprio lui ad aver usato le parole più fosche: «Questa guer­ra», ha detto, «è criminale». Ha usato e fatto usare dai suoi curiali proprio questa parola: criminale. Nessuno era arrivato a tanto. Per­ché si è spinto fino a questo pun­to? Per le vittime innocenti che sa­ranno mietute come il grano sot-to la falce? Per i bambini che mo­riranno, anzi che già muoiono? Per l'amore cristiano della pace?
Tutti questi sentimenti sono profondamente radicati nell' ani­ma del pontefice ma non bastano a spiegare. C'è un'altra ragione che riguarda i cristiani ma non soltanto loro: il papa sa che que­sta guerra aprirà un solco enorme tra l'Occidente e l'Islam, cioè tra le due grandi religioni del mondo.
Se questo av-verrà, il mondo de­gli anni e forse dei secoli futuri sarà terribilmente diver­so, più feroce, più imbarbarito, più bellicoso, più domi­nato dal terrore, meno libero, meno democratico.
Wojtyla vedeva un mondo religioso ecumenico solidale  dominato dalla religione dell'amore e quindi - al di là - dei riti e delle specifiche appartenenze - più cristiano. Ma se lo scontro tra le due civiltà avrà pieno corso, quel mondo sarà so­stanzialmente fondamentalista.
Per questo il papa cristiano parla di guerra criminale..
[Da:la Repubblica del 16-03-03]

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United Enduring Freedom
Nei quattordici giorni tra l’11 e il 25 settembre del 2001, che serviro­no a Colin Powell a mettere in piedi la grande alleanza mondiale contro il terrorismo, Bush assunse l'impe­gno solenne di affrontare contem­poraneamente tre grandi temi che, uniti insieme, avrebbero dato forza all'operazione politica prima an­cora che militare battezzata United Enduring Freedom:

  1. l'annienta­mento di Al Qaeda e del regime ta-lebano,
  2. la nascita dello Stato pale­stinese,
  3. la lotta per almeno tre ge­nerazioni contro la povertà e la malattia.

Sembrava essersi alzato il sipario su un nuovo mondo che, colpito da una prova terribile dalla quale era tuttavia uscito più orgoglioso, più lungimirante, più solidale, prende­va in mano il suo destino risolle­vando la bandiera insanguinata dei grandi valori dell'Occidente e sven­tolandola come punto di riferi­mento dei diseredati, dei poveri, degli oppressi di tutto il pianeta.
Poi il sipario si abbassò. La lotta alla povertà raccolse qualche spic­ciolo e mise in piedi sei o sette ospe­dali nell'intero continente africano. Il conflitto palestinese si tra­sformò in un mattatoio con quoti­diana macellazione da ambo le par-ti. Sharon fu convocato un paio di volte a Washington affinché allen­tasse almeno la morsa di ferro at­torno alle città palestinesi, ma ri­spose invariabilmente di no tor­nandosene frettolosamente a casa.. Alla fine Bush gli dette ragione. Da allora di queste bazzecole si smise di parlare e Enduring Freedom di­ventò quello che in realtà era stata fin dall'inizio, cioè un'operazione militare pura e semplice con esiti tuttora aperti e alquanto purulenti. [
Da:la Repubblica del 16-03-03]

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Israele, "fenomeno” storico
Dopo la creazione del mondo, dopo le creazioni di tutto ciò che riempie il mondo, dopo la creazione dell'uomo, ecco la creazione di Israele attraverso la chiamata indirizzata ad un uomo, Abramo. La storia del popolo di Israele ci rivela che esso è stato creato specificata­mente per realizzare un compito nel disegno creatore del Dio vivente e che la sua  storia segue costantemente  questo compito, questa missione.
Ad Abramo emigrante, è promessa una terra nuova e una discendenza malgrado una sua impossibilità naturale. Abramo è vecchio, avanti negli anni, e Sarà è sterile, vecchia anch'essa. Ad Abramo è promesso che diventerà un popolo numeroso come le stelle del cielo. Certe tribù nomadi si installano in terra di Canaan verso il di­ciottesimo e diciassettesimo secolo prima di Cristo. Altre si portano in Egitto dove soffrono la prigionia, l'oppressione, la umiliazione. Minoranza straniera, considerata come impura in mezzo al popolo dove si trova, minoranza derisa e sfruttata. Minoranza confinata a lavori penosi, condotta alla miseria, sfruttata e oppressa. Nasce un liberatore che fa uscire questo sottoproletariato straniero dal paese della schiavitù, lo conduce nel deserto. Ciò che era umanamente impossibile, questo uomo (Mosè) l'ha realizzato: far uscire questo popolo schiavo dal paese in cui era sfruttato, strapparlo dalle mani di quelli che ne usavano e abusavano a loro profitto. Ciò che era impossibile all'uomo, sfuggire dalle mani del Faraone, uscire dal paese della schiavitù, il Dio di Israele l'ha fatto, col suo braccio potente.
Certamente gli storiografi hanno abbellito questa epopea della uscita d'Egitto, ma quando si esaminano i testi più antichi che la narrano, quando si pesano le possibilità e le impossibilità, quando si riflette alle condizioni di schiavitù, alla mano d'ac­ciaio che li opprimeva, si capisce e si concede agli storici di Israele che l'uomo non basta per rendere ragione di questa fu­ga dal luogo di schiavitù. C'è in questo un segno, un segno di potenza che è interpretato dagli storici ebrei come una manifestazione di Dio stesso. Dopo il soggiorno nei deserti, rac­contato diversamente dalle diverse fonti che noi abbiamo, le tribù ebraiche fuggite dall'Egitto si istallano nella terra di Canaan che i loro antichi avevano già occupato in parte. Qui an­cora bisogna distinguere tra la canzone di gesta che ci è rac­contata e la storia reale che si riesce a ricostruire poco alla vol­ta. L'occupazione di Canaan non si è fatta in maniera così im­mediata ed eroica come è narrata nel libro di Giosuè. C'è stato anche lì dell'abbellimento. Ma all'interno della canzone di ge­sta della conquista c'è un nocciolo storico sicuro: c'è stata una penetrazione lenta ma vittoriosa delle tribù d'Israele della ter­ra palestinese. La costituzione del popolo d'Israele non è avve­nuta senza che  gli fosse data una struttura  che ha reso Israele un popolo eccezionale sulla faccia della terra. Israele ha rice­vuto una struttura (Torah} che l'ha trasformato interiormente, in maniera radicale. Se si raffronta Israele alle nazioni del pa­ganesimo circondante non si può non rimanere colpiti, dal pun­to di vista umano, dal punto di vista giuridico, etico e religioso, dalla rivoluzione che si è operata. A giusto titolo il libro del Deuteronomio può mettere sulla bocca di Mosè questa affer­mazione giubilante: « Non c'è nazione che abbia leggi giuste e vere come tè Israele, leggi che fanno vivere ».
In Israele l'umanità ha operato una conversione morale decisi­va come anche una conversione mentale. Il rifiuto dell'idola­tria, il rifiuto di adorare le cose di questo mondo come s'è fossero l'Assoluto, il rifiuto di considerare come divini il sole, la luna, le stelle, le forze della natura, le sorgenti, gli alberi, gli animali, i pezzi di legno, i blocchi di terra o di metallo; questo rifiuto attesta che in questo momento l'umanità ha rag­giunto la razionalità.
Razionalità nel pensiero, razionalità nelle relazioni intraumane, scoperta della giustizia come principio di giudizio morale, ri­fiuto del mito cui si sacrificano i figli degli uomini, rispetto dell'uomo e dell'universo creato, costituiscono l'appannaggio ac­cordato a Israele attraverso questa Torah che Mosè ha comin­ciato ad insegnargli e che legislatori ulteriori non hanno smes­so di commentare, di adattare, sviluppare in funzione delle circostanze.
C'è dunque un fenomeno che merita l'attenzione del filosofo: l'umanità che in questo momento raggiunge la razionalità e la giustizia. Anche qui c'è un fenomeno che risale la china comune dell’umanità, un fenomeno di cui l’umano non sembra essere in grado di dare una spiegazione.
[Riduzione da: C. Tresmontant, L'intelligenza di fronte a Dio]  

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Perché si fa una guerra?
I retroscena dell’attacco americano all’IRAQ nel 1991
I costi della Guerra del Golfo: 40 miliardi di dollari, cioè 42 miliardi di euro, cioè 80.000 miliardi di lire

Ma chi li ha pagati?

Verrebbe spontaneo dire che i 40 miliardi di $ siano stati pagati dagli USA…Ma ciò è vero solo in parte: infatti…di 40 MILIARDI $

Ma dove li hanno trovati i soldi?

Il prezzo del petrolio, prima della guerra, era di circa 15 $ al barile……ma con la Guerra del Golfo è lievitato fino a 42 $ al barile, generando un guadagno EXTRA, stimato attorno ad almeno 60 miliardi di $

E a chi è andato questo guadagno?

Nei Paesi Arabi vige la legge del fifty-fifty: 50% al governo locale, 50% alla multinazionale che controlla il giacimento. Quindi…Guadagno netto dal rincaro del petrolio: 60 MILIARDI $

Ma di chi sono le compagnie petrolifere?

Nel Medio Oriente l’estrazione e il commercio del petrolio è totalmente in mano alle 7 Sorelle (Shell, Tamoil, Esso…), tutte americane, di cui 5 di proprietà statale americana. . Di 30 MILIARDI $

Facciamo un po’ di conti…

Spese di Guerra Guadagno dal rincaro del petroli Ricavi o perdite
Paesi Arabi 30 miliardi $ 30 miliardi $ 0
Governo USA 10 miliardi $ 21 miliardi $ Ricavo di 11 miliardi $
Privati USA 0 9 miliardi $ Ricavo di 9 miliardi $

Adesso tutto è chiaro… gli USA hanno guadagnato 20 miliardi di $ dalla guerra! Altro che liberare il Kuwait… volevano solo intascare la grana!
Chi ha pagato, alla fine dei conti, la guerra del ’91 in Iraq? Quelli che utilizzano il petrolio……cioè noi!!!

Ma non è ancora finita…

Quindi gli USA, tra aumento del prezzo del greggio e guadagni dell’indotto bellico, hanno guadagnato…

Dove sono andati a finire i 40 miliardi di $ spesi nella guerra?
Nell’industria bellica, che guardacaso è quasi totalmente…AMERICANA!!!

Ultime considerazioni

È facile immaginare come la Guerra del golfo, nel 1991, sia stata combattuta esclusivamente per questi motivi economici, e non per qualche fine “umanitario” o di “difesa della libertà”.
Ma adesso risulta facile anche capire altri due fatti di attualità: il perché della guerra in Afghanistan e della probabile, nuova guerra in Iraq.

  1. In particolare, la guerra in Afghanistan aveva come principale obiettivo l’instaurazione di un governo fantoccio che desse il via libera alla costruzione di un oleodotto (di proprietà americana) lungo 2.500 km attraverso il suo territorio.  Questo oleodotto, di importanza strategica, ha come unica alternativa la costruzione di un altro oleodotto, lungo 5.500 km, enormemente più costoso da costruire e da mantenere, a causa delle tasse che i paesi attraversati imporrebbero agli USA. Molto più facile, quindi, radere al suolo un paese già martoriato da 30 anni di guerra e renderlo una propria dependance, con la possibilità di costruire e gestire l’oleodotto-scorciatoia in tutta tranquillità.

  2. Per capire come mai Bush jr. voglia attaccare di nuovo l’Iraq bisogna invece sapere che gli USA sono in rotta con i loro maggiori fornitori di petrolio nell’area mediorientale: l’Arabia Saudita. La rottura sta diventando insanabile, sia perché l’Arabia Saudita è uno dei Paesi maggiormente coinvolti nel terrorismo di Bin Laden, sia perché l’opinione pubblica internazionale è schierata in massa contro questo paese a causa del mancato rispetto dei più elementari diritti umani. Per l’amministrazione Bush si è quindi creato un obiettivo prioritario: cercare un’alternativa petrolifera all’Arabia Saudita nell’area mediorientale. Il modo più facile, ovviamente, è fare una guerra all’Iraq e instaurare un regime fantoccio alla dipendenza diretta degli stessi USA. La domanda che sorge spontanea è: perché l’Iraq? Per 3 semplici motivi:

    1. è un paese che non può difendersi (la povertà causata dall’embargo provoca la morte per fame di 300.000 bambini ogni anno).

    2. l’Iraq offre un facile pretesto (la presenza di fantomatiche armi di distruzione di massa, che peraltro sono sviluppabili solo con un’altissima tecnologia e notevoli capitali, due cose che l’Iraq proprio non possiede) per giustificare l’attacco agli occhi dell’opinione pubblica, che nulla sa delle vere cause della guerra (le lotte per il controllo del petrolio).

    3. al momento, l’Iraq non gode della protezione di nessuno stato potente, in grado di opporsi con decisione alla minaccia di un attacco americano.

  1. In più, negli ultimi 3 mesi, è scoppiata in tutta la sua drammaticità la rivolta sociale in Venezuela, in seguito alle disastrose condizioni di vita della popolazione, dettate dalle multinazionali statunitensi del petrolio. Il Venezuela è infatti il maggior rifornitore di greggio degli Stati Uniti. Cercare un’alternativa ad Arabia Saudita e Venezuela è diventato quindi l’oggetto prioritario dell’amministrazione Bush.

Cosa fare?

 

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