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Ricerche
interculturali
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La
ricerca didattica
I dati emersi da
ricerche condotte a livello europeo indicano che i bambini e i
ragazzi
delle etnie minoritarie presentano curricoli scolastici meno
brillanti rispetto a quelli dei bambini indigeni; che gli
allievi stranieri sono più numerosi nelle scuole che preparano
a svolgere lavori meno pagati e meno prestigiosi e ottengono
voti più bassi nei diplomi.
Di conseguenza, le ricerche mostrano che anche il numero
di giovani disoccupati, appartenenti ad cime minoritarie, dopo
la scolarizzazione è maggiore.
E già un punto di partenza, questo, sul quale i docenti
possono riflettere in merito all'utilità e alla necessità di
attivare didattiche alterative, compensativi, più formative in
contesti educativi pluriculturali.
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Attività
di ricerca
I docenti di scuole con utenze pluriculturali vengono spesso
coinvolti in attività di ricerca-azione.
In molti casi ciò avviene in seguito a richieste che
partono da loro stessi, finalizzate a migliorare interventi
specifici già avviati (integrazione degli allievi rom o cinesi
in zone ad alto o altissimo basso di presenza di queste comunità;
relazioni interpersonali difficili in classi con presenze di
allievi di varie provenienze e culture, ecc.) per individuare
soluzioni a problemi di ordine educativo e didattico (la scarsa
frequenza scolastica; l'insegnamento dell'italiano come seconda
lingua; il basso livello di accettazione della differenza etnica
da parte dei bambini autoctoni e delle loro famiglie, ecc.). In
altri casi l'iniziativa viene attivata da parte di centri di
ricerca o da parte di docenti dei Dipartimenti delle Università
che sono interessati a studiare determinate situazioni
problematiche e a ricercarne possibili soluzioni lavorando con i
docenti.
Gli insegnanti, i ricercatori,
gli esperti culturali, impiegati in alcune ricerche-azione, in
molti casi hanno prodotto materiali cartacei d'uso che, in
seguito, sono stati diffusi anche in altre scuole. In certi casi, questi materiali hanno raggiunto un livello di
completezza formale e di contenuto tale che hanno trovato una
diffusione più ampia in pubblicazioni a stampa che testimoniano
la ricchezza degli interventi.
l’innovazione della scuola passa anche (e, per certi
versi, principalmente) attraverso attività nelle quali la
ricerca-azione da parte dei docenti ricopre un ruolo primario
(non a caso in vari progetti vi è il coinvolgimento degli
IRRSAE)
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Ricerca interculturale
nelle scuole
Per gli insegnanti e per chi
opera nell'extrascuola è importante avviare attività di
ricerca interculturale, sia dal punto di vista
formativo/autoformativo sia dal punto di vista della conoscenza
dei fenomeni e della successiva ricaduta didattica sugli
allievi.
L’esperienza di questi ultimi
anni mostra che in un settore nuovo come quello dell'educazione
interculturale, dove le esperienze sono ancora limitate, è bene
non separare la pratica didattica dalla riflessione teorica e
dalla ricerca educativa.
Per esempio: fare il punto
(quantitativo, tipologico, linguistico, antropologico,
culturale, ecc.) della situazione multiculturale, così come si
presenta in una scuola all'inizio dell'anno scolastico può
essere utile, oltre che nell'immediato, anche per riflettere
sulle prospettive di organizzazione e didattiche dei futuri
inserimenti dei bambini e dei ragazzi immigrati nelle strutture
scolastiche dell'area territoriale che costituisce il bacino di
utenza di quella scuola. Oppure:
ricostruire in senso diacronico le varie modalità
organizzativi e pedagogico-didattiche con le quali stato attuato
l'inserimento degli allievi stranieri in una certa scuola negli
ultimi tre o quattro anni può servire a mettere in relazione,
in chiave comparativa, gli esiti finali del gruppo di studenti
stranieri con quello dei ragazzi autoctoni (in termini di
percentuale dei promossi, tasso di dispersione, tendenze nella
scelta del successivo ordine di scuola, ecc.).
Se in una scuola vengono decisi
dei cambiamenti in termini di organizzazione didattica, di
contenuti, di metodologie di insegnamento è bene che siano gli
insegnanti stessi a controllarne gli esiti e possono farlo solo
se hanno l'occasione, il tempo, le metodologie, i dati per
mettere a confronto il prima e il dopo, per osservare
casi, per studiare soluzioni.
Per avviare e condurre attività
di ricerca interculturale le occasioni, le tematiche, gli
obiettivi e le metodologie possono essere molteplici.
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Un primo insieme di questioni su cui è opportuno soffermarsi
riguardano l'apprendimento linguistico da parte degli allievi con
lingua madre diversa dall'italiano.
Di solito nei primi tre quattro mesi di permanenza a
scuola essi restano come staccati da tutto, come muti.
Un mutismo che viene a cessare un po' per volta a seconda
dell'adattamento individuale alla nuova situazione, ma anche a
seconda delle strategie didattiche più o meno mirate che vengono
adottate.
In diverse scuole la ricerca
didattica si concentra sulla sperimentazione di Laboratori linguistici
individualizzati. In
certi casi sono organizzati per gruppetti di tre/quattro allievi
con nessuna o molto bassa competenza linguistica per sei, otto o
dieci ore alla settimana. In
altri casi i Laboratori sono rivolti a tutti i bambini di una
classe (alloctoni già parlanti italiano e autoctoni).
Il personale docente è di solito affiancato da esperti
pagati dagli enti locali. Sono occasioni interessanti di ricerca
didattica: i Laboratori si configurano come luoghi della memoria e
della conservazione della lingua e della cultura di origine (per
gli uni) e di prima conoscenza e avvicinamento a una cultura
lontana (per gli altri).
Un'altra forma didattica
sperimentata in diverse scuole e l’inserimento verticale:ciò
significa che i bambini immigrati frequentano alternativamente la
classe che corrisponde alla loro età e quella che corrisponde al
loro livello di apprendimento e competenza linguistica.
Per una buona acquisizione di L2
è importante che vi sia una buona esposizione all'italiano
parlato anche nelle ore non scolastiche ma varie ricerche condotte
dagli insegnanti stessi sulle loro scolaresche mostrano che per
vari fattori, legati ai modelli di vita delle famiglie e degli
stessi bambini autoctoni e alloctoni, ciò risulta il più delle
volte impraticabile, in modo particolare in contesti urbani.
A questa mancanza rispondono
ancora una volta le scuole, ricercando modelli di didattica non
formate: si sperimentano attività di drammatizzazione, di
psicomotricità, di manualità che consentano una interazione
maggiore fra coetanei e dunque una più spontanea e prolungata
esposizione all'italiano parlato. l:apprendimento di una nuova
lingua determina anche l'assunzione di comportamenti nuovi,
spesso alternativi a quelli già acquisiti nel paese di origine.
A questo concorrono i comportamenti degli insegnanti e dei
compagni di classe, ma anche l'atteggiamento dei familiari che
può essere più o meno interessato all'acquisizione da parte dei
figli della cultura e della lingua del paese ospite.
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