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AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea

10a Conferenza Internazionale - Marocco, Marrakech 12-14 luglio 2002

L'impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo:
la prospettiva delle donne

AWMR - Association of Women of the Mediterranean Region
HERD - Association of Human Environment and Development Networks

3.3. Re-inventare la globalizzazione

3a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 14:50-15:30
Presidente: Yana Mintoff-Bland

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3.3.1. Valentine Moghadam, Iraniana
docente di Sociologia e direttrice di Women's Studies presso l'università dell'Illinois (Usa)

Re-inventando la globalizzazione : Una prospettiva socialista-femminista

La globalizzazione è un fenomeno contestato e complesso. Gli approcci allo studio della globalizzazione variano a secondo delle discipline e dell'orientamento politico, e le aspettative sono diverse. Molti sentono che l'attuale modello di globalizzazione economica neo-liberale ha effetti molto negativi sulla gente specialmente i lavoratori, i poveri, le donne, i bambini, e la maggior parte dei paesi del terzo Mondo, inclusi i paesi del sud e dell'est del Mediterraneo. Altri in particolare economisti convenzionali, politici di molti paesi ricchi, e quelli associati con le maggiori istituzioni economiche finanziarie globali come la Banca Mondiale, l'FMI, il WTO sostengono che è un processo necessario e desiderabile, e che incrementa la interdipendenza, la crescita economica e la prosperità.

La globalizzazione, l'ultimo stadio del capitalismo, ha dato luogo a molti dibattiti sulle sue dimensioni economiche, culturali e politiche e le sue implicazioni sociali. Mentre i sostenitori enfatizzano la convergenza, la collaborazione e l'integrazione, i detrattori insistono sulla divergenza, sulla competizione e sull'esclusione. Tra gli economisti il dibattito è se la globalizzazione ha aumentato o diminuito la povertà e le ineguaglianze. L'evidenza disponibile conferma la crescita delle ineguaglianze, sia all'interno che tra i vari paesi. Certamente, quando uno guarda alla globalizzazione dall'alto, particolarmente alla sua dimensione economica, il quadro non è confortante.
Allo stesso tempo, il fallimento degli Accordi Multilaterali nel 1998 e la protesta mondiale contro la globalizzazione da Seattle alla fine del 1999, indica l'emergere di un movimento globale contro tali inuguaglianze. Le donne - e le organizzazioni delle donne - sono una parte di questo movimento anti-sistemico e non egemonico per una giustizia economica globale.
Quindi, è utile guardare alla globalizzazione dal basso, globalizzazione non solo come un progetto dei mercati capitalistici, delle classi capitalistiche, e delle maggiori istituzioni finanziarie economiche internazionali, ma anche come un progetto della gente, di solidarietà globale, organizzazione e mobilitazione contro le ineguaglianze, la povertà, violazione dei diritti umani e il degrado ambientale. Ciò che è rilevante degli ultimi 20 anni è la crescita dei movimenti sociali globali, delle reti transnazionali e dei networks femministi transnazionali. Questo è un movimento che cerca di riorientare la globalizzazione dagli interessi esclusivi delle istituzioni finanziarie e commerciali verso la realizzazione dello sviluppo umano e un processo decisionale democratico.
Notevole è stato il contributo dei network femministi socialisti transnazionali, la critica social femminista agli attuali accordi finanziari e commerciali internazionali e la formulazione di un set alternativo di accordi. La richiesta "di una giustizia di genere e di una giustizia economica", un attenzione al lavoro non pagato delle donne come al lavoro retribuito, l'istituzione della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, un ritorno a politiche sociali e di sviluppo e gli input delle donne nei processi decisionali nazionali, globali economici sono elementi critici di una prospettiva socialista nel re-inventare la globalizzazione.

Ha inoltre parlato del ruolo internazionale di alcune associazioni internazionali di donne, come WEDO, WIDE, etc. , sottolineando una mancanza di visibilità internazionale dell'AWMR.

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3.3.2. Cristina Mangia, Italia
Ricercatrice fisica dell'atmosfera.

Genere, Scienza e Globalizzazione.

La scienza e la tecnologia svolgono un ruolo fondamentale nei processi di globalizzazione sia dall'alto verso il basso, come nel caso della globalizzazione economica, sia dal basso verso l'alto nel caso dei movimenti no-global. Ma quale scienza? Quale tecnologia? Sembra quasi che la scienza moderna occidentale basata su principi di logica e razionalità astratta sia l'unica forma di conoscenza in opposizione ai saperi locali socialmente costruiti.
Gli scienziati, operando attraverso un astratto metodo scientifico, sembrano descrivere o spiegare in maniera oggettiva il mondo circostante. Fin dagli inizi, la scienza occidentale ha affermato la sua netta separazione dal mondo sociale ed economico, ha anzi fondato la sua superiorità rispetto alle altre forme di sapere proprio sulla sua presunta oggettività.

Questa logica binaria - oggettivo/soggettivo, ragione/emozione, cultura/natura, mente/materia, pubblico/privato ha avuto sullo sviluppo della scienza e della conoscenza due conseguenze:
  1. ha tenuto lontano dall'impresa scientifica le donne in quanto identificate con la natura, l'emotività, il soggettivo,
  2. ha caratterizzato la scienza al maschile identificato a sua volta con il razionale, promuovendo una concezione di oggettività molto ristretta.

Questi stereotipi sul genere e la scienza rappresentano la ragione per cui le donne sono ancora poche e poco rappresentative nel mondo scientifico e tecnologico, come si desume da tutte le statistiche mondiali.
In un articolo di Science del 1994 si vede come sono proprio i paesi con una tradizione scientifica più forte e quelli più industrializzati ad avere il minor numero di donne scienziate.

L'impatto negativo della globalizzazione economica sulla vita di milioni di persone (di cui si è ampiamente parlato in questa conferenza) richiede sempre più di andare a riconsiderare il ruolo che la scienza e la tecnologia hanno, richiede sempre più di andare a riconsiderare la sua neutralità.
Ci sono problemi sociali, etici, sociali che non è più possibile risolvere senza individuare nuovi paradigmi che propongano approcci globali alle singole questioni, superando la estrema specializzazione dei singoli campi, superando principalmente il forte gap tra le aree umanistiche e quelle tecnologiche.

Consideriamo ad esempio la questione cruciale dell'uso dell'energia, che è fondamentale alla qualità della vita. Nel 1994 il 54.1 per cento dell'uso dell'energia globale viene dai paesi OCSE, dove e concentrato solo il 20 per cento della popolazione.
Guardando all'interno delle statistiche si vede come il 49.4 per cento del consumo viene dai paesi OCSE del Nord America, il 35.1 per cento dai paesi OCSE dell'Europa, il 10.5 dai paesi OCSE del Pacifico.
Più dell'80 per cento delle fonti energetiche utilizzate derivano dai combustibili fossili e questo pone una serie di problemi sia dal punto di vista ambientale che da un punto di vista sociale. Nel 1999 ci sono state emissioni di CO2 nell'atmosfera maggiori di 20000 MT con conseguenze abbastanza preoccupanti sul sistema climatico e sulla biodiversita etc.
D'altra parte, la distribuzione geografica delle riserve mondiali di energia mostra dei forti sbilanciamenti tra i vari paesi nel mondo, basti pensare che ad esempio il 65% del petrolio e concentrato nella regione mediorientale, dove sono concentrati anche molti conflitti.

Per re-inventare la globalizzazione, allora è necessario ripensare anche il ruolo della scienza e della tecnologia nel mondo globale e non solo occidentale. È necessario ripensare il rapporto tra la scienza e l'economia, il sociale, le aree umanistiche.
Questo, a mio avviso, porta anche a ripensare la scienza liberata da un ideologia di genere, che non significa solo la presenza o l'assenza delle donne nella scienza (che potrebbe essere anche una questione di giustizia), ma anche e soprattutto andare a vedere come le immagini e gli stereotipi di genere hanno, anche inconsapevolmente, forgiato l'impresa scientifica stessa.

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3.3.3. Discussione

Maroulla Vassilliou, Cipro. Riguardo alla questione della visibilità dell'Awmr sollevata dalla Moghadam, sostiene che l'associazione è stata molto attiva durante la Marcia Mondiale delle donne. Ha fatto parte nel 2000 del comitato organizzatore sebbene comprendesse solo 60 donne. Da Cipro 80 donne, di diversi partiti politici, sono andate a New York.

Anna Kowarsch, Amsterdam. Sottolinea come la globalizzazione sia un processo molto antico che ha le sue radici nel Medio Oriente (Egitto, Sumeria, etc. ) e sia presente in tutte le nostre storie. Mentre la dominazione occidentale è molto giovane, ha solo 500 anni, la storia in questa parte del mondo rivela le sue radici di migliaia di anni. Guardando dentro la storia si possono trovare radici comuni e comprendere i linguaggi di ciascuno. È necessario re-inventare la globalizzazione ma è necessario prima individuare i nostri obiettivi.

Valentine Moghadam, in risposta: afferma che sfortunatamente le ONG dei paesi arabi e del medio oriente non sono coinvolti abbastanza nei processi e nella protesta anti-globalizzazione. Non sono visibili e questo deve cambiare affinché la regione eviti l'impatto negativo della globalizzazione.

???? Chiede perché si sostiene che le donne possono cambiare la situazione visto che oggi ci sono già molte donne nelle grandi compagnie multinazionali.

Valentine Moghadam in risposta: che lo stile di leadership delle donne è più inclusivo, più democratico, più umano. E molto importante avere più donne perché fanno la differenza. La campagna 50/50 dovrebbe avere successo perché le donne, dopo tutto, sono più del 50 % della popolazione. Le priorità cambieranno se ci saranno donne in posti di comando, le spese saranno minori nel campo militare e maggiori sulla cultura, educazione etc.

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