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AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea

10a Conferenza Internazionale - Marocco, Marrakech 12-14 luglio 2002

L'impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo:
la prospettiva delle donne

AWMR - Association of Women of the Mediterranean Region
HERD - Association of Human Environment and Development Networks

3.4. Rapporto dai Paesi del Mediterraneo

4a Sessione plenaria - Lunedi 13 luglio 2002 15:30-17:00
Presidente: Maroulla Vassiliou

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3.4.1. Elham Bayour. Palestinese residente negli USA.

Il tentativo delle ONG occidentali di globalizzare le donne palestinesi.

Le donne palestinesi sono prese fra l'occupazione razzista da parte di Israele, l'insoddisfazione per la cosiddetta pace e la delusione per una direzione politica da parte delle Autorità palestinesi che enfatizza la tradizionale leadership maschile, il capitalismo, la globalizzazione e incrementa la loro marginalizzazione nel potere decisionale politico e nella crescita economica.
Le ONG occidentali hanno depoliticizzato le donne palestinesi ed alterato la loro ideologia, forzandole ad un rapporto di normalizzazione con gli occupanti israeliani, utilizzando ciò che loro chiamano democrazia , costruzione di una società civile e i diritti umani.
Le ONG occidentali (Europee, Americane e Canadesi) si sono introdotte nella società palestinese travestite in forma di aiuti, promozioni: il lavoro di carità e dei diritti umani, la democrazia, la costruzione di una moderna società civile.
I Palestinesi sanno che queste ONG sono usate come copertura per nascondere la brutta faccia dei regimi imperialisti nei Paesi del Terzo Mondo che hanno subito il colonialismo occidentale e capitalista, l'imperialismo ed ora la globalizzazione.
L'altro aspetto negativo del fenomeno delle ONG proviene dal fatto che queste ultime sono diventate un nuovo strumento per la globalizzazione, che sostiene a sua volta la occidentalizzazione, che è poi l'ultima tappa dell'egemonia del capitale sul mondo.
Ed è proprio a causa di questa egemonia capitalistica che non c'è nessuna opposizione da parte dei leader locali, accademici ed intellettuali, perché questi o non coinvolti o non condividendo gli accordi di pace di Oslo, sono stati privati di finanziamenti fino a raggiungere un tale livello di isolamento che ha portato molti di loro a dichiarare "lealtà" all'imperialismo.

È così il dilemma ambiguo è che i Palestinesi si trovano costretti ad accettare questa ingiusta tirannia occidentale, mentre sono ancora sotto l'occupazione razzista Israeliana.
Sono obbligati ad eseguire quello che l'occidente costringe loro a fare sotto lo slogan dei diritti umani e la normalizzazione con gli occupanti, nonostante il fatto che queste istanze non siano prioritarie nell'agenda dei popoli palestinesi.
Questo chiaramente solleva dubbi sul livello di collaborazione di queste ONG occidentali con l'occupante e sul loro grado di coinvolgimento con l'oppressione dello stato Israeliano sulla popolazione indigena palestinese.
E importante notare che il termine normalizzazione, è un nuovo termine nel discorso politico arabo e significa relazioni normalizzanti con un entità abnorme come lo Stato di Israele occupante.
Le ONG occidentali adoperano vari modi per costringere le donne palestinesi alla normalità con l'occupante nel tentativo di spostare la loro attenzione dalle organizzazioni di base per indebolirle, e quindi normalizzarle, cioè occidentalizzarle ovvero globalizzarle.

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3.4.2. Zineb Mabout, Marocco.

La globalizzazione è una questione molto discussa. È qualcosa di nuovo? È americana? Certamente non è un processo democratico espresso dalla volontà della gente. È un processo autoritario con regole affaristiche. È in questo processo l'Africa viene trascurata e marginalizzata comprendendo solo il 2% del valore totale del commercio mondiale.
Che effetto ha sulle donne?

Nei paesi africani le donne hanno di fronte:
  1. la sfida della scolarizzazione contro l'analfabetismo,
  2. cattive condizioni di salute,
  3. la violenza contro le donne,
  4. l'assenza di partecipazione nei processi decisionali.
Oggi è disponibile più istruzione, e più lavori sono aperti alle donne, ma comunque il 75% delle donne arabe sarà ancora analfabeta nel 2010.
Le donne non sono le prime ad essere scelte per occupare i posti di lavoro, e anche quando sono assunte percepiscono salari più bassi.
Sono le donne a fronteggiare le catastrofi ecologiche. Le guerre e le minacce alla sicurezza alimentare sono molto diffuse.
Le donne giocano un ruolo fondamentale nell'economia rurale e nell'agricoltura, nel Maghreb ed in tutta l'Africa. La globalizzazione minaccia il settore agricolo. L'immagine della donna africana nei media è distorta - viene presentata come una consumatrice e non come una produttrice.
Quattro raccomandazioni per i Paesi Arabi sui quali trovare un accordo, possono essere le seguenti:
  1. migliorare la situazione politica, culturale, economica delle donne,
  2. prendere dal processo di globalizzazione solo ciò che è positivo,
  3. abolire tutte le forme di discriminazione,
  4. migliorare l'istruzione e la formazione.


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3.4.3. Maroulla Vassiliou e Ninetta Kazantzis, Cipro.

La globalizzazione e l'impatto su Cipro

La globalizzazione non può essere percepita come il trionfo finale del lungo processo del modello di sviluppo neoliberale capitalistico.
Per noi è un processo che mira a creare un unica area economica mondiale.
È un processo che è cominciato molto tempo fa ed indica un intreccio sempre più stretto tra beni, servizi, lavoro, mercato dei capitali.
Nell'intero processo di globalizzazione noi incontriamo tre fasi che coesistono e sono interconnesse: prima di tutto è l'internazionalizzazione che costituisce un processo socio economico obiettivo, totale.
Attraverso l'internazionalizzazione del mercato e dei rapporti economici locali ci stiamo gradualmente avviando verso un Unico Spazio Economico Mondiale, successivamente la globalizzazione capitalistica che è promossa dai monopoli delle multinazionali ed è caratterizzata da quattro principi: la libertà del movimento di capitali, libertà del movimento delle merci, libertà del movimento dei servizi e libertà di movimento della forza lavoro.
Infine, il dominio delle compagnie multinazionali e degli stati più potenti - soprattutto gli USA - sui paesi dipendenti e economicamente sottosviluppati.
In questo senso la globalizzazione può essere percepita come un sistema di subordinazione finanziaria e di sfruttamento di popoli nelle aree sottosviluppate.
La globalizzazione per come sta prendendo piede, porta alla redistribuzione dei coefficienti di produzione sia a livello mondiale che nazionale.
A livello mondiale nei paesi sviluppati si osserva una concentrazione di attività tecnologiche centrate sulla conoscenza, allo stesso tempo, il trasferimento di attività verso i paesi in via di sviluppo che richiedono mano d opera poco o niente qualificata.
A livello nazionale si osserva un trasferimento di risorse produttive dalle attività protette a quelle liberalizzate.
Queste tendenze hanno come conseguenze significative come l'aumento della disoccupazione e il deterioramento degli standard di vita dei lavoratori e la distruzione della cosiddetta "classe media".
Il processo di globalizzazione crea una competizione che ha un costo sociale che ricade sulle spalle dei lavoratori attraverso la riduzione dei salari e taglio dei benefici sociali.
Un classico esempio è il trasferimento della produzione dai paesi ricchi ai paesi che offrono lavoro più a basso costo e materie prime.
Questo è esattamente quello che è successo a Cipro negli ultimi dieci anni.
Abbiamo visto fabbriche di scarpe e di vestiti chiudere e stabilimenti trasferirsi verso paesi come la Romania e la Siria.
Noi abbiamo avuto l'esperienza della riduzione dei salari ed il profilo sociale non è più rappresentato da un rombo ma da una piramide: questo significa la distruzione della classe media, c'è una percentuale più alta di persone che vivono con un reddito più basso e cresce la ricchezza di quelli già ricchi.
Il tasso ufficiale di disoccupazione è aumentato dal 2,1% al 4,3%, ma noi sappiamo che in realtà è più alto - vicino al 6%, e la maggior parte sono donne. È evidente che la globalizzazione ha indebolito ed ha creato disoccupazione e/o forza lavoro sottopagata.
Allo stesso tempo, Cipro, che vuole entrare nella Unione Europea per ragioni politiche, deve conformarsi con le regole e le norme europee.
Nei servizi sociali ed in altre aree di intervento statale - come in agricoltura - prevale la regola di minore intervento statale.
Stiamo vivendo tagli nella spesa per i servizi sociali, tagli dei sussidi per gli agricoltori ed i prodotti agricoli; stiamo vivendo ora un processo di privatizzazione di organizzazione di enti come l'acquedotto, l'autorità elettrica e telecomunicazioni, mentre i nostri aereoporti sono destinati a diventare imprese private nel nome della "modernizzazione".
Tuttavia dobbiamo ammettere che la ratifica del trattato GATT ed il WTO, da una parte, e gli accordi multilaterali sugli investimenti, dall'altra, costituiscono un passo sostanziale verso la globalizzazione capitalistica. Come principio noi non siamo contro la globalizzazione.
Siamo comunque contro l'attuale forma e contenuto della globalizzazione portato avanti dai monopoli multinazionali con in testa gli Stati Uniti.
Noi siamo a favore dello sviluppo di rapporti tra gli stati e di una internazionalizzazione dell'economia che dovrebbe essere costruita sulla base dell'eguaglianza, indipendenza nazionale, rispetto della sovranità e solidarietà.

Mettere in pista un nuovo processo di globalizzazione che abbia come centro la solidarietà e la cooperazione degli stati e dei popoli, presuppone naturalmente cambiamenti radicali negli affari interni degli stati e il superamento del capitalismo e la costruzione di una società socialmente giusta.
La globalizzazione dovrebbe avere come risultato: l'eliminazione della povertà nel rispetto dei diritti umani e dei diritti delle donne; L'eliminazione della discriminazione; l'eliminazione delle ingiustizie e dell'oppressione; la comprensione e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Noi vogliamo un mondo democratico dove l'economia sia al servizio della gente e non viceversa.

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3.4.4. Ada Donno, Italia

La situazione italiana

L'impatto della globalizzazione capitalistica sull'Italia ha il volto dell'attuale governo di destra.
Il G8 di Genova ha mostrato al mondo la faccia violenta dell'Italia capitalistica globalizzata.
Vi prego di prestare attenzione al caso italiano perché potrebbe non essere un caso, ma costituire il cattivo modello per altri paesi, così come settant'anni fa Mussolini fu il modello di Hitler.
Un gruppo di potere formato da businessmen cresciuti all'ombra della peggiore speculazione finanziaria, ha occupato la politica contando su due alleanze importanti:
quella con il partito fascista e con un partito separatista che ha in programma di dividere il territorio dello stato italiano.
Questo gruppo di potere ha il sostegno della grande borghesia industriale, ma cattura anche il consenso della piccola-media borghesia usando un linguaggio demagogico che promette meno tasse e deregulation, smantellamento del Welfare e dei diritti sociali, privatizzazioni selvagge e mano dura con gli immigrati.
Con questo programma esso dà l'assalto alla Costituzione nata dalla Resistenza (una delle più progressive del mondo capitalistico) e, contando sulla maggioranza in Parlamento, sta stravolgendo la legislazione italiana a proprio uso.
Per costoro non valgono i diritti: lo stato, le istituzioni, i bisogni della gente diventano un mero spazio di mercato in cui gli interessi dei più forti contendono.
Nel momento in cui l'intero Pianeta unipolare diviene un unico spazio di mercato, essere poveri significa essere incapaci e inefficienti, e perciò meritare l'emarginazione.
Presiedendo il vertice mondiale della FAO a Roma, che si pone il problema della fame nel mondo, il capo del governo italiano sostiene che tutto quello che i paesi ricchi possono fare è un assegno bancario, cioè l'elemosina, a quelli poveri.
Un arretramento di civiltà dalle conseguenze tragiche.
L'impatto di questa globalizzazione capitalistica sulle donne italiane non è tanto il rischio di una ridotta presenza, di una marginalizzazione, o di impoverimento.
Piuttosto di una neutralizzazione della presenza femminile nell'economia, nella politica, nella cultura.
Una nostra oggettivizzazione.
Là dove il massimo profitto, e non il soddisfacimento dei bisogni umani e sociali, è l'unico indicatore di progresso, che ruolo possono avere le donne?
Come costruire reti di solidarietà e di resistenza, come progettare e praticare insieme un idea di mondialità fondata sull'uguaglianza, la giustizia e la pace; come, noi donne del Mediterraneo, possiamo essere capaci di farci progetto: questi sono i punti di domanda che attendono da noi risposta.

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3.4.5. Anissa Smati, Algeria.

Donne in movimento nell'area euro-magrebina
Women in movement in the euro-maghrebian space.

La famiglia algerina si trova oggi ad un bivio.
Il passaggio del terzo millennio e l'integrazione nell'area euro-magrebina le faranno subire profondi cambiamenti nel futuro.
I cambiamenti riguarderanno lo status delle donne e la legislazione dovrà essere rivista in questo senso.
Il terzo millennio è portatore di valori che non sono nuovi, ma comunque forti. Con il rafforzamento dei diritti delle donne, il riconoscimento della loro uguaglianza agli uomini, il ripudio della discriminazione e la lotta contro tutti i tipi di violenza nei loro confronti sono diventati principi inconfutabili.

L'universalità di questi valori è stata al centro di molti dibattiti e molte opposizioni ideologiche sono state espresse, ma il processo di emancipazione delle donne in tutto il mondo, anche se più lento in alcune regioni, dà un'idea delle tendenze future che andranno a sancire l'uguaglianza tra i due sessi. In Algeria e nel Magreb in generale, queste tendenze si realizzeranno quando la condizione femminile dovrà integrarsi nell'area Euro-Magrebina. Finché la percezione del nucleo familiare algerino non attraverserà i confini nazionali, sarà sottoposta alle tendenze contraddittorie con cui ha a che fare attualmente - tradizione contro modernità- e lo status delle donne sarà soggetto alle tensioni derivanti da questa opposizione.

Nel sistema tradizionale contrassegnato da taboo religiosi, le donne sono ancora considerate inferiori agli uomini e sono tenute in condizioni di minorità, mentre questa discriminazione scompare nella legislazione del lavoro in cui libertà ed uguaglianza sono diritti riconosciuti.
Queste contraddizioni non potranno più esistere in un mondo che chiede omogeneità tra uomini e donne, e dove ogni persona è considerata nella sua individualità come un agente economico e non come membro appartenente ad un gruppo.

Quando sarà integrata nell'Euro-Magreb, la famiglia algerina entrerà in una dimensione multinazionale: cambierà la sua natura e i membri della famiglia potranno scegliere di vivere fuori dall'Algeria o di avere un'altra nazionalità. Questi cambiamenti creeranno nuove situazioni giuridiche che avranno bisogno di regole unificate e semplificate. Lo status delle donne algerine, sicuramente migliorerà e valori moderni sostituiranno regole anacronistiche.

La mutazione del nucleo familiare algerino è già cominciata, non solo nelle aree urbane, ma anche in quelle rurali. Questa evoluzione investe il ruolo delle donne nella famiglia e pone il problema del suo stato giuridico nella società. Ma come abbiamo sottolineato, la condizione femminile in Algeria ha di fronte il problema di una legislazione contraddittoria che a volte l'assoggetta ad un sistema anacronistico e altre volte è invece all'avanguardia, con conseguenti profonde tensioni all'interno della famiglia stessa.

La costituzione algerina oscilla tra questi opposti. Da una parte, affermando nel suo 2ndo articolo che l'Islam è la religione di stato, conferma il nesso esistente tra la legge algerina e la Sharia, dando valore e status legale al codice della famiglia. Questa idea è anche espressa nell'articolo 9 comma 3, che stabilisce che devono essere evitate pratiche in contraddizione con l'Islam. D'altra parte la costituzione stessa nel suo articolo 29 sancisce il principio di uguaglianza e stabilisce che tutti gli Algerini sono uguali per legge, rigettando in questo modo ogni discriminazione, specie quelle basate sulla differenza di sesso.

Queste contraddizioni pongono le donne di fronte ad un dilemma: da una parte essere soggette a disposizioni che ammettono una disuguaglianza tra i sessi, dall'altra essere soggette a disposizioni che le considerano uguali agli uomini.
Come risultato, nei fatti si riconosce valore e legalità al codice di famiglia che contiene idee antiquate e discriminatorie.

Diversi esempi possono illustrare la situazione.
Lo status di minore attribuito alle donne è indubbio. Si richiede il consenso della donna per contrarre il matrimonio, ma essa deve comunque essere accompagnata da un suo tutore legale "Wali", che può essere suo padre, fratello o in ultima istanza il giudice. E gli articoli 12 e 16 del codice della famiglia confermano questa condizione di minorità delle donne sottomettendole all'autorità del marito dopo il matrimonio. Questa situazione ha di conseguenza effetti negativi sulla relazioni delle donne con i loro parenti maschi: sicuramente saranno soggette a discriminazione e in casi estremi saranno espropriate dei loro diritti. In materia di successioni, una donna eredita solo metà di ciò che eredita suo fratello. In caso di testimonianze, la parola di un uomo vale il doppio di quella della donna, mentre l'articolo 29 della costituzione sostiene che tutti i cittadini hanno uguali diritti senza distinzione di razza, sesso, opinione… E in ultimo, anche se non meno importante, un uomo può sposare 4 donne mentre la situazione inversa non è possibile.

Questa riduzione dei diritti delle donne è evidente anche nei casi di divorzio. Una donna non può chiedere il divorzio, lo può fare solo suo marito e senza alcuna giustificazione.
La donna non può sposare un non-musulmano, e se lo fa la sua situazione non ha status giuridico.
Di contro, ci sono altre disposizioni nel codice di famiglia che danno alle donne una totale libertà nel gestire il loro patrimonio, evidenziando le contraddizioni che esistono nella legislazione.
Il matrimonio è soggetto al regime di separazione dei beni e l'articolo 38 dà alle donne il diritto di commercio.

Queste contraddizioni sono dovute all'ambiguità che circonda i concetti di maggior e minore età. Infatti, è importante sottolineare che il codice civile stabilisce la maggiore età civile all'età di 19 anni, quando il voto è possibile all'età di 18.
L'altra parte del corpus di leggi che riguarda la vita economica e politica mostra che non ci sono discriminazioni e applica il principio di equità. Un esempio è la legislazione del lavoro: la legge n° 90-11 stabilisce uguali diritti a tutti i lavoratori senza discriminazioni di sesso. E anche nel campo dell'istruzione, politico e sanitario non esistono discriminazioni.

La domanda da porsi è se queste contraddizioni non creeranno un conflitto che fermerà l'evoluzione della legislazione e toglierà chances alle donne di conquistare la loro libertà.
Se questa coesistenza di contraddizioni è possibile nel diritto, la situazione è differente nella vita quotidiana e l'evoluzione della società imposta dai cambiamenti sociali ed economici cancellerà le regole che non si adattano alla vita moderna, e il ruolo della donna nella società si rafforzerà.

A questi cambiamenti economici e sociali è necessario aggiungere anche l'impatto dei nuovi valori che hanno segnato la fine dell'ultimo secolo. La democrazia, che è un concetto antico, esercita ancora un certo effetto specialmente sulla gioventù. Dopo la seconda guerra mondiale, l'obiettivo della democrazia era quello di cancellare la discriminazione razziale. La fine del 20° secolo è stata contrassegnata dalla volontà delle donne di lottare contro ogni discriminazione nei loro confronti. Le donne hanno chiesto e ancora chiedono cittadinanza in tutti i campi. E questo è stato reso evidente in tutto il mondo dalla conferenza di Pechino, dove donne da ogni parte del mondo si sono incontrate per chiedere i loro diritti. Come risultato, le richieste delle donne sono state accolte a livello internazionale e l'Europa costituisce un esempio. La comunità Europea ha reso sacri i principi di non-discriminazione nella sua legislazione e i paesi appartenenti alla comunità sono obbligati a rispettare tali principi.

Possiamo interrogarci circa il destino del codice di famiglia che è in contraddizione col principio di uguaglianza. La creazione e l'integrazione dell'Euro-Magreb inciderà sicuramente sulla famiglia algerina e magrebina in generale.
La struttura della famiglia algerina, come le altre, sarà caratterizzata dalla multinazionalità. Come saranno gestite le differenti e anche contraddittorie situazioni giuridiche? Come si potrà risolvere il problema della coesistenza di differenti sistemi giuridici in un'unica famiglia?

Come rendere credibile in questa regione un principio che considera le donne come minori, quando in Europa tutti i tipi di discriminazione sono stati cancellati?
Come applicare i criteri della maggiore età, se questi variano da un caso all'altro? La donna sarà considerata maggiorenne in Europa e tornerà minorenne in Maghreb? Le sue azioni saranno rese nulle in Europa dal momento che sono nulle nel suo paese?
Se una donna algerina si sposa con un europeo non musulmano, sarà autorizzata a dare a suo figlio la sua nazionalità? La legge algerina lo proibisce e dà il diritto di trasmettere la nazionalità solo all'uomo. Tutte queste questioni avranno un'incidenza sui componenti di una famiglia europea-magrebina.

Per evitare situazioni complicate è necessario trovare soluzioni che consentano ai cittadini algerini di sottrarsi a regole antiquate. L'esperienza della Tunisia nel modificare le regole legate la famiglia mostra che questo cambiamento è possibile.
Le contraddizioni che esistono nella legislazione Algerina scompariranno sicuramente sotto la pressione dei movimenti delle donne, delle istanze internazionali e con un nuovo ambiente economico e sociale dove le donne e i membri delle comunità saranno considerati come soggetti economici e sociali.

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