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AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea

10a Conferenza Internazionale - Marocco, Marrakech 12-14 luglio 2002

L'impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo:
la prospettiva delle donne

AWMR - Association of Women of the Mediterranean Region
HERD - Association of Human Environment and Development Networks


Ada Donno (Italia), Ninetta Pourou-Kazantzis (Cipro), Maroulla Vassiliou (Cipro),
Anissa Smati (Algeria), Yana Mintoff Bland (Malta), Zineb Mabsout (Marocco), Elham Bayour (Palestina)
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1. Premessa

La conferenza è stata tenuta in 3 lingue: Inglese, Francese e Arabo. I vari interventi sono poi stati tradotti e riassunti da Mr. Ahmed Hamzaoui. Il report della Conferenza in lingua inglese è stato preparato da Ninetta Pourou-Kazantzis.

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2.1. A Marrakech la decima conferenza
dell'Awmr - Associazione Donne della Regione Mediterranea

di Yana Mintoff Bland - Presidente dell'AWMR Internazionale.

"L'impatto della globalizazione sui paesi del Mediterraneo: la prospettiva delle donne" è stato il tema discusso nella decima conferenza annuale dell'AWMR organizzata in collaborazione con l'HERD a Marrakech in Marocco dal 12 al 14 luglio 2002.
Circa sessanta partecipanti da nove paesi si sono impegnate in una storica e dettagliata analisi della globalizzazione arricchita da analisi locali da parte di accademici e attivisti, sia donne che uomini, nella magica Marrakech.

La signora Warda, insegnante araba, ha detto:
In nessun paese le donne hanno conquistato tutti i diritti. Gli uomini ancora agiscono con arroganza, oppressione, e mancanza di comunicazione.
La globalizzazione patriarcale capitalistica è intrinsecamente negativa. Il Nord colonizza il Sud, gli uomini colonizzano le donne. Dovremmo smettere di comportarci come perdenti. L'economia dev'essere al servizio del popolo - tutto il popolo, non una piccola minoranza di ricchi.
Gli effetti negativi della globalizzazione capitalistica sono stati analizzati lungo tre principali categorie:
  1. l'aumento delle disuguaglianze che portano all'apartheid globale;
  2. l'aumento della violenza, della militarizzazione e delle guerre che portano al regno del terrore;
  3. l'aumento dei disastri ecologici.
Parallela e talvolta opposta alla globalizzazione del capitale è la crescita internazionale dei fondamentalismi religiosi come quelli islamico, cristiano ed ebraico. Si è analizzata la sua crescita e il suo manifestarsi in esempi di violenza contro donne e bambini nel Mediterraneo.

La terza via nella globalizzazione è un processo di base, democratico che si diffonde attraverso reti di informazione e solidarietà per una giustizia economica e sociale, per l'accesso ai luoghi decisionali locali e globali, uguaglianza e diritti umani. Questo movimento è condotto da organizzazioni ambientaliste, di lavoratori e di donne che condividono una comune critica del capitalismo, del patriarcato e del fondamentalismo.

In quest'incontro è stata sottolineata l'importanza e l'unicità della Regione Mediterranea. L'eredità culturale, storica, socio-economica ha arricchito le vite delle popolazioni mediterranee in migliaia di anni. A questo crocevia tra globalizzazione capitalistica, fondamentalismo religioso ed internazionalismo democratico, tra guerra e pace, i partecipanti e le partecipanti alla conferenza hanno chiesto ai popoli ed ai leaders del Mediterraneo di unirsi per

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2.2. Introduzione alla conferenza, di Khadija Al Feddy, Marocco
Presidente dell'HERD - Human, Environment and Development Networks

A nome dell'associazione HERD e dei suoi membri, ho il piacere di dare il benvenuto a tutte.

Siamo estremamente felici di avervi tra noi oggi.
Questo evento culturale è organizzato dalla nostra associazione in collaborazione con l'AWMR, di cui fanno parte donne appartenenti a diversi paesi con le relative sedi a Malta, Cipro, Italia, Francia, Libano, Algeria, Egitto, Turchia e Stati Uniti, il cui supporto non è mai mancato.
A tutte, lasciatemi esprimere uno speciale, cordiale e caloroso benvenuto nella favolosa città di Marrakech.

La scelta di ospitare in Marocco questa decima conferenza può attribuirsi a due motivi: in primo luogo, una ricerca di mobilità geografica. In secondo luogo, un riconoscimento del Marocco come parte molto influente ed integrante del bacino mediterraneo.

La scelta di Marrakesh è ugualmente significativa, poiché è la città che ha ospitato una volta la ratifica della convenzione del GAT.
Il tema di questa conferenza è: "Gli effetti della Globalizzaazione sui Paesi Mediterranei: la prospettiva delle Donne".

Il processo del globalizzaazione si è limitato finora alla circolazione dei capitali, agli scambi di affari, alla sospensione delle barriere doganali fra i paesi, all'accesso alle nuove tecnologie, alla creazione delle zone di libero scambio ed ai cambiamenti politici ed economici, senza considerare tutte le ripercussioni politiche e sociali che queste trasformazioni possono avere.
L'effetto di questo processo sulla vita delle donne può essere positivo o negativo. È determinato dai fattori intrinsechi come: etnia, classe sociale, nazionalità, età, il livello intellettuale e così via....
Se la globalizzazione ha effetti positivi su un determinato numero di donne in termini di aumento nelle occasioni di lavoro, accesso alle tecnologie aggiornate ed alla capacità di consumo, essa è, tuttavia, per la maggior parte delle donne, sinonimo di lavoro duro, insicurezza, soppressione dei servizi sociali, privatizzazione delle aziende e soppressione di posti di lavoro.
Siamo completamente e senza riserve per una globalizzazione che sia giusta, più umana e dove si tengano in considerazione i bisogni individuali; una globalizzazione che difenda la dignità dell'individuo, la sua identità culturale ed i suoi diritti umani universali. Ma siamo contrarie, decisamente, ad una globalizzazione che riposi sulle avide imprese multinazionali il cui obiettivo principale è il massimo profitto. Questa conferenza s'incentra sul seguente tema: L'effetto della globalizzazione sui paesi mediterranei - prospettive delle donne.

Per esaminare molto attentamente, gli effetti economico sociali, politici, ecologici e culturali del Nuovo Ordine Mondiale sulla vita delle donne mediterranee, le partecipanti presenteranno relazioni a partire dall'esperienza di vita vissuta dalle donne stesse. Ciò, solleverà indubbiamente una discussione controversa che, da una parte, proporrà alternative ragionevoli e, dall'altra, metterà in evidenza gli aspetti negativi e di sfruttamento della globalizzazione.
I nostri incontri annuali sono certamente spazi di lavoro e di scambio destinati a definire un progetto di lavoro che punta ad un cambiamento politico ed organizzativo. Inoltre sono finalizzati a promuovere campagne di sensibilizzazione per condividere ed approfondire la nostra conoscenza e comprensione dell'argomento in esame.

Per generare un'apertura informativa e disegnare il profilo delle conquiste delle donne in tutta la regione mediterranea e nel mondo intero, è indispensabile lavorare collettivamente in modo da formulare un certo numero di alternative, miranti ad ottenere un genuino sviluppo economico e a stabilire strutture regionali e locali in un'ottica di evidenziazione e rafforzamento dei diritti delle donne.

Il mondo sta cambiando e io credo che sia tempo per noi di avere parola in materia. L'era della globalizzazione, le profonde disparità sociali e l'indebolimento dei poteri locali galvanizzano le donne che si cimentano con il pensiero e la proposta di soluzioni e nuovi modelli.
Le donne costituiscono il 50% della popolazione mondiale e il 33% della forza lavoro ufficiale. Rappresentano il 66% del reddito totale mondiale e possiedono meno dell' 1% della proprietà mondiale.

Queste discriminazioni non sono un'invenzione del Nuovo Ordine Mondiale. Sono profondamente radicate nella grigia condizione di inferiorità femminile che risale al passato. Ma sembra che il Nuovo Ordine Mondiale compendiato dalle grandi corporazioni multinazionali non abbia alcuna volontà di porre fine a discriminazioni e sfruttamenti. Al contrario, fa del suo meglio per aumentare quelle discriminazioni perché sono considerate una fonte di profitto.

Se questa è la realtà delle donne, condizione per la loro emancipazione è la diminuzione del controllo oppressivo delle corporazioni multinazionali sulla popolazione. Una volta che questa fonte di oppressione sia eliminata, le bende cadranno dagli occhi delle donne. Le forme tradizionali di autorità nella società (lo stato, i partiti politici, la forza religiosa, il sindacato) vanno via via sbiadendo e vengono sempre più asservite alle grandi corporations multinazionali.

Se le donne sono state escluse ed emarginate dalle autorità tradizionali, lo saranno ancora di più sotto il nuovo ordine mondiale. L'abbattimento delle barriere per lo libero scambio di merce e di capitali è mirato sia a sfruttare le materie prime dei paesi di terzo mondo che ad investire nelle industrie manifatturiere, malgrado l'indipendenza politica delle nazioni del terzo mondo.

I rapporti Nord-Sud sono contrassegnati da subordinazione e dipendenza. È il nord che ha il sopravvento perché possiede tutti i mezzi di produzione. È il nord che determina per il Terzo Mondo il prezzo delle materie prime e dei prodotti e tecnologia importati.
Si fa sempre più largo il gap fra l'aumento dei prezzi di tecnologie e prodotti che vengono importati dai paesi di Terzo mondo e la diminuzione, o nel migliore dei casi la stagnazione, dei prezzi pagati alla produzione terzomondiale.

Ciò rinforza semplicemente l'idea che i termini dello scambio sono dettati dai paesi industrializzati e sfruttatori. L'abisso diventa più profondo mentre le grandi compagnie multinazionali operano secondo il piano stabilito.

Per fare sempre più profitto, le imprese sfruttatrici aumentano i prezzi della tecnologia e dei prodotti esportati nel Terzo mondo. Peggio ancora, le filiali delle imprese suddette aumentano i prezzi dei manufatti prodotti nei paesi del Terzo mondo. Di conseguenza, l'economia del Terzo mondo è colpita profondamente. Inoltre, le donne non possono sfuggire alla negativa e drastica influenza dei mass-media che impongono un certo modello di consumo.
Le statistiche mondiali rivelano che ci sono due generi di mondi: un mondo sviluppato e uno in via di sviluppo. Tuttavia, lo sviluppo o piuttosto l'arricchimento dei paesi del nord va di pari passo con l'impoverimento dei paesi del sud. Sicché abbiamo effettivamente due mondi diversi e contrapposti: un mondo sviluppato e industrializzato e uno sottosviluppato. Francamente parlando, le multinazionali non hanno alcuna politica rispetto alla creazione e sviluppo dei posti di lavoro.

Riguardo alla manodopera locale, le compagnie multinazionali sono più interessate al profit-making che alla quantità della forza lavoro. L'impianto di tali imprese nei paesi del Terzo mondo fino ad ora ha portato disoccupazione ed un duro colpo alla piccola impresa locale. A questo proposito, le donne rimangono la categoria sociale che principalmente è colpita dalla disoccupazione.

A partire da queste ipotesi e dalla considerazione della promozione dei diritti delle donne, le partecipanti cercheranno di dare delle risposte alle seguenti domande: Come ripensare la globalizzazione in modo da rafforzare i diritti umani ed i diritti umani delle donne in particolare?
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del Nuovo Ordine Mondiale?

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2.3. La globalizzazione nel mediterraneo: il punto di vista delle donne

di Ada Donno - Vice Presidente AWMR Italia

È possibile re-inventare la globalizzazione, renderla (più) umana, fondarla sui bisogni e le dignità individuali, sulle identità culturali, farne uno strumento di diffusione dei diritti umani universali, senza discriminazioni etniche o di genere?
È l'interrogativo che molte coscienze sensibili oggi si pongono ovunque nel mondo, mentre il processo reale di globalizzazione capitalistica s'impone con le sue ingiustizie, gli squilibri ambientali ed i conflitti sanguinosi che innesca.
Gli effetti della globalizzazione sulla vita delle donne nell'area mediterranea sono stati al centro della decima conferenza annuale dell'Associazione Donne della regione mediterranea (Awmr) che si è tenuta a Marrakech dal 12 al 14 luglio scorso.
Radicando le sue conferenze nei contesti locali, come fa ogni anno ormai da un decennio, l'Awmr (che fa anche parte della rete Wedo) ha organizzato la conferenza in collaborazione con l'associazione marocchina Herd (Homme Environment et Reseau de Developpement) puntando al coinvolgimento delle realtà organizzate e dei singoli esperti, che in Marocco hanno a cuore i temi in discussione. Sicché la conferenza è stata anche un laboratorio di dialogo tra le esperienze di donne ed organizzazioni di nove paesi diversi, nel quale verificare in che misura le differenze culturali e sociali costituiscano una risorsa nella ricerca di percorsi comuni per un futuro sostenibile nella regione mediterranea.
Dall'Italia c'eravamo, a rappresentare la sezione italiana dell'Awmr, Cristina Mangia, Marinella Vadacca e Marianna Martina ed io che scrivo.

Si può misurare la positività o la negatività dell'impatto dei processi globalizzanti sulle vite delle donne, a condizione che non si pretenda di fare astrazione da fattori intrinseci quali l'appartenenza di classe, l'etnia, la nazionalità, l'età, il livello d'istruzione, ed altri che ne determinano lo status sociale. La globalizzazione, limitata com è alla libera circolazione dei capitali e all'abbattimento delle barriere commerciali tra gli stati, all'accesso alle tecnologie e all'assoggettamento delle politiche economiche alle leggi del mercato, oggi produce indubbiamente effetti positivi per un numero limitato di donne, aumentandone le possibilità di occupazione e di accesso alle tecnologie moderne e la capacità di consumo di beni.

Ma per moltissime altre essa è sinonimo di accresciute difficoltà nel lavoro e perdita di sicurezza sociale, per via delle flessibilità al totale servizio dei processi di accumulazione, le privatizzazioni di imprese pubbliche, lo smantellamento dei servizi sociali. Sicché gli effetti negativi sono assai più estesi e significativi.

Dichiararsi in linea di principio a favore o contro la globalizzazione in sé ha poco senso come sottolineano le cipriote Maroulla Vassiliou e Ninetta Kazantzis, rispettivamente vicepresidente e segretaria dell'Awmr perché è un processo oggettivo che contrassegna l'era che stiamo vivendo, ma siamo contro le forme ed i contenuti della globalizzazione capitalistica, che trasforma la vita degli esseri umani, da una parte, in una gara individuale per la sopravvivenza e, dall'altra, in una rincorsa ai consumi inutili; che calpesta le sovranità delle nazioni col pretesto del terrorismo e trascina il mondo verso una guerra continua. Siamo invece a favore dello sviluppo di relazioni giuste tra gli stati e di un economia internazionalizzata sulla base dell'uguaglianza, della solidarietà e della cooperazione.

Insomma la globalizzazione appare diversa a seconda che la si guardi dall'alto o dal basso, dice l'iraniana Valentine Moghadam, direttrice di Women's Studies all'Università dell'Illinois: vista dall'alto si mostra come aumento delle disuguaglianze e delle conflittualità, sia all'interno dei paesi che tra un paese e l'altro. Dal basso appare invece come un progetto popolare che si presenta in forme di solidarietà globale, di organizzazione e mobilitazione contro la disuguaglianza, la povertà, le violazioni dei diritti umani e il degrado ambientale. Ha il volto del movimento new-global che è andato crescendo negli ultimi vent'anni ed è esploso dopo il fallimento del Multilateral Agreement on Investments nel 1998 con il ciclo di proteste partite da Seattle.

È un movimento che cerca di riorientare la globalizzazione spostandola dagli esclusivi interessi delle istituzioni finanziarie e commerciali in direzione dello sviluppo umano e di società democratiche.
In questo movimento è importante riconoscere il contributo delle reti femminili: le donne, per millenni assenti dai centri del potere, vanno costruendo da tempo un pensiero critico sugli attuali ordinamenti economico-finanziari e formulando ipotesi alternative che contengono richieste di "giustizia economica e di genere", di attenzione al lavoro pagato e non pagato delle donne, di controllo delle transazioni finanziarie internazionali, di ritorno a politiche statali di sviluppo e di welfare e di promozione del ruolo femminile nei processi decisionali delle economie nazionali e globali: sono questi gli elementi critici di quella che Valentine Moghadam definisce una prospettiva socialista-femminista di re-invenzione della globalizzazione.

In questo movimento si riconoscono le organizzazioni ambientaliste, di lavoratori e di donne che condividono una comune critica del capitalismo, del patriarcato e del fondamentalismo, sia esso islamico, cristiano o sionista, che cresce in misura opposta ma sospettabilmente funzionale alla globalizzazione capitalistica e si manifesta in forme di violenza che colpiscono i più deboli e indifesi.

L'incontro di Marrakech ha confermato la grande capacità delle donne arabe di guardare con coraggio dentro le contraddizioni delle loro società al bivio tra modernità e fondamentalismo, dove gli effetti della globalizzazione si presentano nella dualità difficilmente districabile di vantaggi e svantaggi, dove come dice Aicha Khamass, avvocata e scrittrice marocchina - si guarda all'Europa, sull'altra sponda del Mediterraneo, ora come ad un modello di democrazia e di diritto, ora come all'epitome di tutte le cose negative.

Se infatti la globalizzazione si presenta con il volto della povertà in aumento, della condizione deteriorata dei ceti medi, della frantumazione del già insufficiente stato sociale, della perdita di autonomia economica e culturale, della desertificazione che avanza e dell'aumento delle guerre e delle conflittualità sociali; se nel Maghreb assume le forme di una minaccia al settore agricolo dove le donne svolgono un ruolo chiave nell'economia rurale; e se l'immagine di donna moderna fornita dai media è quella distorta del consumismo, allora reagiamo all'incapacità di accettare la sfida del progresso con la paura del cambiamento, che si traduce nel rigurgito fondamentalista.

Le idee moderne e l'Islam non costituiscono un antinomia, conferma la giurista Aicha Haijami. La prima questione è: in un sistema globalizzato i popoli possono conservare la propria diversità? La seconda è: le donne arabe possono emanciparsi senza scontrarsi con i testi sacri dell'Islam? Potremo rispondere affermativamente ad ambedue le domande se i popoli e le donne diventeranno i veri soggetti del cambiamento.

L'importanza e l'unicità della Regione Mediterranea, che reca in sé un'eredità culturale, storica, socio-economica millenaria che costituisce la ricchezza delle sue popolazioni, è uscita esaltata dall'incontro di Marrakech, ma non si è esitato a guardare nella profondità dei problemi, delle specifiche realtà politiche e sociali - come il caso italiano (che minaccia di fare scuola) dove un capitale finanziario predatore ha occupato i centri del potere politico e spadroneggia spudoratamente e dei conflitti, da quello dolorosamente sanguinante della Palestina, al cui diritto ad essere Stato indipendente e sovrano è stato espresso unanime riconoscimento, a quello lungamente insoluto di Cipro, ancora divisa in due dopo l'aggressione turca del 74, a quello sottaciuto della regione Sahrawi.

Aspirazione dell'Awmr è contribuire a far crescere fra le donne di questa parte del mondo una rete di condivisione degli stessi valori di giustizia, uguaglianza e pace, ribadisce la maltese Yana Mintoff, presidente dell'Associazione. Quello che chiediamo ai paesi del Mediterraneo è di sviluppare un sistema di diritti che promuovano il ruolo delle donne nei processi decisionali ed eliminino le discriminazioni di genere, etniche e di classe; di cooperare per dare l'alt all'imperialismo; di rispettare le sovranità nazionali, rafforzare le istituzioni regionali ed internazionali e obbligare al rispetto delle risoluzioni dell'Onu particolarmente paesi come la Turchia, Israele e gli Stati Uniti; di ridurre le spese per gli armamenti, fermare il degrado ambientale, rendere gli stati strumenti di progresso e difesa dei diritti umani piuttosto che di oppressione politica, militare ed economica. Sono i passi concreti da fare per il futuro del Mediterraneo, al crocevia tra capitalismo e fondamentalismo, tra pace e guerra.

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