ANTICA GRECIA

 

Macedoni e Fenici abili mercanti, erano usi esportare dall'Egitto ogni specie di animale come: cani, leoni, volatili e anche gatti. Quest’ultimo inizialmente fu commercializzato solo come curiosità. 
Erodoto scrive che i mercanti trafugarono numerosi gatti agli egiziani causando non pochi incidenti diplomatici tra Egitto e Grecia. 

I primi a interessarsi al gatto furono le ricche famiglie greche che lo apprezzarono come curioso animale da compagnia. Tra i greci, il gatto non fu subito identificato come animale utile per la caccia dei topi, molto probabilmente perché sulle navi che trasportavano derrate alimentari, venivano usate le donnole. più piccole e fameliche.
Il gatto si rivelò successivamente più adatto alla caccia ai topi perché, a differenza delle donnole, non cacciava gli animali da cortile delle case o quelli trasportati sulle navi.
Dagli stessi scritti di Erodoto si nota che i greci non allevarono mai i gatti perché i mercanti continuarono sempre i lo traffici dall'Egitto.

Nel 333 a.C. con la conquista dell'Egitto da parte di Alessandro il Macedone e dunque con la decadenza della civiltà egiziana, il gatto perse tutti i suoi privilegi e il suo ruolo divino. 

Presso i greci il gatto non divenne mai un animale importante come il leone, il cavallo o il cane raffigurati in numerose opere artistiche. Eccezione è un bassorilievo della battaglia di Maratona del V secolo a.C. dove viene raffigurato mentre affronta un cane. 
Questa scarsa considerazione, molto probabilmente, fu dovuta al fatto che la Grecia non ebbe mai un’economia basata sulla produzione di cereali pertanto il ruolo del gatto non fu mai considerato importante.

Il gatto si ritagliò un piccolo spazio nella letteratura greca di Erodoto, di Aristofane e di Callimaco che lo descrissero con senso favolistico e con gusto estetico.

 

ANTICA ROMA

 

l gatto arrivò a Roma più tardi rispetto alla Grecia anche se nei reperti archeologici degli etruschi sono state ritrovate piccole statue in pietra raffiguranti un gatto.

Presso le popolazioni romane, il gatto non ebbe lo stesso successo che ebbe tra gli egizi.
Anche i Romani, come i Greci, erano soliti usare altri carnivori, come la donnola, la faina e la martora, per il controllo dei topi. 

Il popolo romano negli animali ammirava la forza e la mole. Appassionati di circhi e combattimenti importavano dall'Africa prevalentemente grossi felini e altri animali feroci di grossa taglia. 
Tuttavia i gatti furono visti come animali da compagnia. Le importazioni dall'Egitto avvenivano in vari modi. I legionari romani di ritorno dall'Egitto spesso ne portavano uno con se correndo non pochi pericoli per le ire degli egiziani. Le navi mercantili commerciarono i gatti in tutto il bacino del Mediterraneo tanto che in Corsica vi sono ancora oggi gatti selvatici con morfologia simile quella dell'antico gatto africano.

Durante le campagne di conquista i romani li portarono con sé contribuendo alla loro diffusione in tutta Europa. Tracce della presenza del gatto sono state rinvenute in tutte le regioni conquistate dai romani.
E' curioso il fatto che negli scavi di Ercolano e Pompei non sono stati trovati resti di gatti. Ciò risulterebbe strano in una città grande come Pompei che aveva molti contatti con Grecia ed Egitto. La loro presenza è però confermata in un mosaico dove un gatto viene ritratto nella caccia di un uccello.  Si ritiene pertanto credibile che tutti i gatti riuscirono a mettersi in salvo ai primi segni della catastrofe.  Nel 10 a.c. l'imperatore Ottaviano Augusto in una rara manifestazione di ammirazione scrisse per la sua gatta  " La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, la più intima amica della mia vecchiaia, il cui amore per me sgombro da pensieri possessivi, che non accetta obblighi più del dovuto............ mia pari così come pari agli dei, non mi teme e non se la prende con me, non mi chiede più di quello che sono felice di dare........ Com'e' delicata e raffinata la sua bellezza, com'e' nobile e indipendente il suo spirito; come straordinaria la sua abilità di combinare la libertà con una dipendenza restrittiva". 
Infine anche Plinio ne fa una breve descrizione nelle sue "Storie Naturali". 

Dopo il primo secolo d.C. ormai il gatto si era diffuso in tutta Europa senza però mai avere i favori come nell'antico Egitto. 

 

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