ANTICO EGITTO

 

5000 anni fa

 

I graffiti e le sculture fatti 5.000 anni fa mostrano i primi segni di un rapporto tra uomo e gatto. 
Gli Egiziani importarono il gatto dall'Etiopia e lo chiamarono onomatopeicamente miu, emu o mau elevandolo a oggetto di culto.
Nel 2000 a.c. nella  provincia di Perbast, nel delta del Nilo (la città greca di Bubasti) il gatto era celebrato come un Dio. Infatti la Dea Bastet, venerata in un sontuoso tempio-palazzo come confermano alcune rovine ancora visibili a Tell Basta, veniva raffigurata con sembianze umane e testa di gatto. Annualmente per la festa della dea, le folle dei pellegrini portavano in suo onore oggetti preziosi e i corpi imbalsamati dei loro gatti.
Numerosi sono stati di gatti mummificati ritrovati nelle tombe egizie. Poiché alcuni sono stati ritrovati con il collo rotto si suppone che alcuni di essi in alcuni periodi venivano sacrificati alla morte del proprietario.
Dalle immagini dipinte o scolpite nelle raffigurazioni di tombe e templi e' possibile vedere come la dea Bastet era considerata: signora del canto e della danza, della prolificità degli uomini e degli animali, protettrice della maturazione delle messi e dei frutti e dea dell'amore.
Nella sua mano sinistra, spesso veniva raffigurato un amuleto sacro a forma di occhio di gatto, l'Utchat, che aveva poteri magici. Molto probabilmente dalla parola utchat derivano la maggior parte dei nomi usati per identificare il gatto: gatto, cattus, gatus, gatous, gato, katt, katte, kitten, ecc. L’Utchat veniva riprodotto nelle decorazioni delle case, dove proteggeva contro i furti, le malattie e gli incidenti, dei templi e dei gioielli. Tenuto al collo proteggeva i viaggiatori e regalato agli sposi era auspicio di molti figli.

Anche un altro Dio, Ra il Dio del Sole, si credeva assumesse le sembianze di un gatto quando scendeva sulla Terra.
Nell’antico Egitto il gatto era così importante che in caso di morte naturale di un gatto, gli abitanti della casa si radevano le sopracciglia in segno di lutto e per lui era organizzato un elaborato rituale funebre. Il suo corpo veniva avvolto in bende di lino e portato ai sacerdoti che controllavano attentamente che la sua morte fosse stata per cause naturali. Infatti chiunque fosse stato causa di morte di un gatto, anche accidentale, poteva essere condannato a morte.

Successivamente i corpi dei gatti morti venivano imbalsamati. E' stato stimato che, in Egitto, sono state ritrovate più mummie di gatto che di uomini. Sulle bende erano disegnati il muso, con gli occhi, il naso e i baffi. Dalle mummie e dai dipinti si può rilevare che a quei tempi esistevano due tipi morfologici di gatto: uno con il muso allungato e le orecchie lunghe ed un altro con muso corto e orecchie piccole. Il pelo non presentava differenze, era corto, pezzato o tigrato rosso e nero.

I gatti sacri, che vivevano nei templi, e quelli delle classi elevate, dopo essere stati imbalsamati venivano deposti  in sarcofaghi con ricchi ornamenti e con un topolino affinché li accompagnasse sino nell'aldilà.

I miti che si crearono intorno al gatto in questi anni fecero si che esso godesse di grandi favori. Erodoto scrive che in caso d'incendio la prima preoccupazione degli egiziani era per i gatti, venivano salvati per primi, se poi c'era ancora tempo si pensava alla gente. Si narra che nel 500 a.c. un re persiano, Cambise,  in guerra contro gli egizi, utilizzò un bizzarro espediente: sfruttando il culto di questo popolo per i gatti fece precedere le proprie truppe da una moltitudine di felini che impedirono agli egizi di combattere per paura di ferirli riportando così la più pacifica delle vittorie. Inoltre nel 50 a.c. un cittadino romano fu lapidato in Egitto dalla folla impaurita perché aveva, involontariamente, ucciso un gatto per strada.

La fama dell'abilità dei gatti nella caccia ai topi si era sparsa ovunque nel mondo conosciuto e, nonostante le  pene di morte previste per chi tentava di trafugare un gatto dall'Egitto, si creò un vero e proprio traffico clandestino ad opera di mercanti con pochi scrupoli, molto probabilmente fenici, che riuscirono a portare gatti in ogni parte del mondo.

Dalle regioni africane sicuramente a bordo di navi infestate di topi il gatto raggiunse tutta l’Europa e parte dell’Asia. Altre vie di commercio furono le carovane che attraversavano il deserto tra l’Egitto dal Medio Oriente per arrivare nel Sud-Est Asiatico (Birmania e Siam).

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