Ecco arrivata, finalmente, anche la raccolta dei proverbi sambenedettesi!
C’è voluta tutta la tenacia e perseveranza di un ricercatore,
ma soprattutto amante, della lingua sambenedettese. Si lingua perché
di lingua si deve parlare quando si parla del dialetto che non è una
derivazione, una corruzione della lingua nazionale ma è una lingua
autonoma, che ha con quella nazionale una origine comune.
I dialetti devono vivere non perché sono necessari, ma perché
sono lo strumento che consente a determinate culture e tradizioni di sopravvivere.
In questa ottica si muove il Nostro e con vivo interesse per la nostra cultura
e le nostre tradizioni ha cercato nella sua memoria e nella memoria collettiva
di un paese.
Lo rivedo ancora, curioso e sfacciato, intromettersi nei discorsi della gente
per carpire un proverbio o una allocuzione e subito annotarlo su tutto quello
che aveva a portata di mano.
Ma il dialetto non è una forma statica, ieratica o astratta perché
segue la vita e i modi di vivere.
A causa di due avvenimenti epocali, il prosciugamento del lago Fucino
(1877) e il terremoto della Marsica del 1915, numerose ed intere famiglie,
spinte dalla fame ed in cerca di miglior fortuna, si sono stabilite a San
Benedetto dei Marsi, perché, grazie al Fucino, potevano in parte alleviare
le loro sofferenze.
E' stato attraverso il contatto con altri dialetti "importati" che
il dialetto originario di San Benedetto dei Marsi ha subito un inevitabile
arricchimento con l'assorbimento di nuove parole.
E' di questo dialetto arricchito ed in parte innovato, oggi parlato dalla
Comunità di San Benedetto dei Marsi, che Duilio ci racconta in queste
pagine.
Nella Sua opera di ricerca e di collocazione ha trattato il nostro dialetto
come un bene caro e prezioso da tramandare alle generazioni future affinché
non vada perso nel tempo l’enorme ricchezza che per anni le nostre gentili
sono tramandate in forma verbale.
Per questo motivo, anche se la raccolta non è nata con l'intento di
farne un uso didattico, tuttavia potrebbe essere utilizzata anche nelle nostre
scuole.
Come dice lo stesso Duilio nelle presentazione del suo libro " La Storje
de Fucene" " ...A me sembra che il dialetto sia più idoneo
a tramandare la tradizione, il costume, il folklore che alimentano la spiritualità
di un popolo."
Nello scorrere i proverbi, i modi di dire e le perle di saggezza popolare
in cui si divide il libro possiamo notare come il sentire e il rapportarsi
sia intriso della cultura imperante nel momento della “coniazione”
del termine o meglio ancora si vede tutta la cornice in cui l’arguta
e fulminea
fotografia è incorniciata. Accenni di maschilismo, l’interpretazione
degli avvenimenti prevalentemente in chiave religiosa, il mondo agricolo imperante
ne sono il limpido esempio.
Iginio Cerasani si chiedeva più volte, in diverse presentazioni di
altri libri di De Vincentis “… se c’era bisogno di un nuovo
libro, epperdippiù in vernacolo” e noi con Lui condividiamo questo
bisogno, questa necessità di rimarcare i caratteri e le connotazioni
di una creatura in continua evoluzione come è il dialetto, per poter
poi lasciare ai posteri una testimonianza di una civiltà tutta dedita
alla pastorizia e all’agricoltura ormai sconosciuta ai più.
L’amore e il rispetto che tutti noi serbiamo per la nostra cultura popolare
è tutta condensata ne i : Proverbije, i nostre.
Vanni Cerasani
S.Benedetto dei Marsi lì 12/12/05
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