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IL TEMPO DELLA MEMORIA
Il sole risplendeva debolmente, offuscato dalla
cortina di nubi grigiazzurre che oscuravano il giorno
conducendolo dolcemente verso la sera. Da oltre
il finestrino della macchina, boschi e foreste si
susseguivano incessanti, intervallati da ampie distese
verdeggianti o da piccoli gruppi di abitazioni.
Sebastian osservava affascinato il paesaggio in
movimento sotto i suoi occhi, dominato dalla selvaggia
bellezza della natura che lentamente si stava risvegliando
dopo il sonno dellinverno, riprendendo possesso
della terra. Anchegli aveva bisogno di riprendere
il controllo della sua vita, allontanandosi dalla
città, rumoroso e affollato ammasso di costruzioni,
per cercare rifugio dal baratro della sofferenza
in cui stava lentamente sprofondando. Era triste,
infinitamente triste perché sentiva di non
appartenere allesistenza che conduceva. Stanco
del vano affaccendarsi di ogni giorno, solo tra
la gente, una folla di persone senza nome e senza
volto, voleva solo andarsene, abbandonare tutto
e tutti e dimenticare quella vita che sembrava avergli
voltato le spalle. Così era partito, senza
una meta precisa, senza sapere se e quando sarebbe
tornato. La sola certezza che possedeva era il desiderio
di ritrovare la serenità che aveva perduto,
e tornare a sorridere, in un luogo dove poter vivere
in pace.
Il sole stava ormai tramontando quando raggiunse
il mare, ed il cielo era ancora coperto di nubi,
cariche di promesse di pioggia che non avrebbero
tardato a mantenere. Dopo non molto tempo, infatti,
una leggera pioggia cominciò a cadere, mentre
la strada che Sebastian stava percorrendo si addentrava
in un fitto bosco, facendosi meno agevole e inerpicandosi
in una serie infinita di pericolose curve sulle
montagne che sembravano sorgere direttamente dalle
acque, tanto ad esse erano vicine. Gli ultimi barlumi
del giorno morente non riuscivano ad oltrepassare
la folta barriera che gli alberi formavano ed egli
avvertiva una vaga inquietudine lungo quel percorso
che appariva ai suoi occhi così oscuro e
minaccioso, ma, allo stesso tempo, sentiva di esserne
attratto. Non sapeva dove lo avrebbe condotto e
forse proprio questo lo affascinava. Procedeva veloce,
premendo sullacceleratore, verso la notte
calata sulla foresta.
Il primo rombo di tuono lo colse di sorpresa, facendolo
sobbalzare, poi altri ne seguirono, accompagnati
da lampi. Gli alberi cominciarono a diradarsi, rivelando
la fine del bosco. Sebastian si sentì sollevato
quando al loro posto si aprì unampia
distesa erbosa. Il sentiero correva ora a pochi
metri dalla scogliera a picco sul mare, sulla quale
alte onde schiumose si infrangevano in infinite
gocce argentee, come cercando di raggiungere chi
si trovava in cima. Al muggito del mare rispondevano
i sibili furiosi del vento, che rendevano difficoltoso
mantenere il controllo dellautomobile. Un
brivido gli corse lungo la schiena al pensiero che
la natura in collera con luomo si stesse scatenando
in quel luogo, scagliando contro di esso la sua
forza distruttiva. Ma presto la rabbia prese il
posto del timore quando si rese conto che la strada
era terminata. Imprecando si guardò intorno,
per cercare un riparo dove trascorrere la notte,
dal momento che il sentiero era ormai impraticabile
per via della pioggia e non avrebbe potuto tornare
indietro fino a quando la tempesta non si fosse
calmata. Ma non riuscì a vedere niente, la
fitta pioggia diminuiva notevolmente la visibilità,
inoltre era buio e anche se ci fosse stata unabitazione,
sicuramente non lavrebbe vista. Maledicendosi
per aver dato ascolto al proprio istinto che lo
aveva condotto in quel luogo sperduto, e che lo
avrebbe costretto a rimanere in macchina fino al
giorno seguente, tornò a guardare di fronte
a sé. In quel momento la luce di un lampo
illuminò a giorno lintero paesaggio
circostante e ciò che vide lo lasciò
esterrefatto.
Lantica cattedrale era illuminata a tratti
dai lampi che squarciavano il cielo nero, rivelando
limponenza delle mura di pietra scura terminanti
in guglie decorate che parevano dita accusatorie
puntate verso lalto. I doccioni, arcani guardiani
della costruzione, creature imprigionate nella pietra,
sogghignavano sinistramente ad ogni bagliore, come
attendendo di essere risvegliati dal loro sonno
secolare per spiegare le grandi ali e librarsi nella
notte. Forse, un giorno, sarebbe accaduto. Nel cimitero
dietro la cattedrale, alberi nodosi e spogli crescevano
tra le lapidi, custodi immortali di quelle tombe,
erano pronti a difenderle, tendendo i rami contorti
verso i sentieri che si snodavano tra di esse per
afferrare incauti visitatori.
Sebastian scese lentamente dalla macchina, incurante
della pioggia e dimentico dellira che lo aveva
colto pochi attimi prima, deciso ad avvicinarsi
alla scura meraviglia di fredda pietra che si stagliava
in lontananza contro il cielo livido. Mai in tutta
la sua vita aveva potuto godere di un simile spettacolo,
terribile ed affascinante alla stesso tempo, si
sentiva come se fosse stato trasportato tra le pagine
di un romanzo gotico e sinterrogava su quali
misteri si celassero nellisolamento di quelle
mura. Sincamminò, diretto alla cancellata
che circondava il terreno intorno alla cattedrale
ed al cimitero, attraversando un impervio sentiero
seminascosto dal prato bagnato e fangoso. Poi iniziò
a correre e quando la raggiunse, spinse con forza
il pesante cancello di ferro battuto, decorato con
fregi di foggia gotica, e si avventurò per
uno stretto viottolo lastricato. Lo percorse con
lentezza, insensibile al vento e alla pioggia che
aveva ormai completamente inzuppato i suoi abiti,
con timore quasi reverenziale, in assoluta contemplazione
del gigante di pietra che si ergeva cupo e maestoso
davanti ai suoi occhi. Si fermò, prima di
salire la scalinata antistante alla porta principale,
e guardò verso lalto, verso le guglie
della costruzione che lo dominava con la sua imponente
mole, verso il rosone che, simile ad un occhio spalancato
sulla tempesta, lo osservava, facendolo sentire
piccolo, infinitamente piccolo e fragile. Gli pareva
di poter udire distintamente il battito del cuore
della cattedrale, come di un essere umano, echeggiare
nelle esplosioni dei tuoni e penetrare nel suo corpo.
Salì gli scalini e quando poggiò la
mano sul legno del portale, fu scosso da un leggero
tremore. Spinse la porta per entrare e, trovandola
chiusa, si appoggiò ad essa con tutto il
peso del suo corpo senza però riuscire a
smuoverla. Bussò allora su uno dei battenti,
nonostante la consapevolezza che nessuno dallaltra
parte sarebbe giunto ad aprirgli, non riusciva a
decidersi a tornare alla macchina, come se in quel
luogo, potesse trovare ciò che cercava. Inaspettatamente
udì un rumore, provenire da oltre la porta
sbarrata, come il suono di passi che si avvicinavano.
Pensò fosse solo unallucinazione, prodotta
dal suo desiderio di poter varcare quella soglia,
eppure continuava a sentirlo, regolare, cadenzato,
giungere dalle profondità della cattedrale
ed avanzare verso di lui
La pioggia seguitava a cadere dalle nubi addensatesi
in quelloscuro angolo di cielo. Simili a lacrime
grosse gocce dacqua colavano lungo i muri
e allo stesso modo scorrevano sul capo di Sebastian,
incollandogli i lunghi capelli al viso e offuscandogli
la vista. Rabbrividendo si accasciò contro
la porta, aggrappandosi ad essa come fosse la sua
unica salvezza e poggiò la fronte sul suo
braccio ripiegato. Tutta la tristezza di quel luogo
e di quel momento si riversò su di lui mentre
un pianto silenzioso sgorgava dal suo cuore, e una
calda lacrima gli rigava il volto, unendosi a quelle
versate dal cielo. Quella tristezza era la sua tristezza,
la solitudine della cattedrale era la sua, solo
tra gli uomini, e quella tempesta, la furia del
cielo e delle acque, era ciò che lo scuoteva
nellanimo, la sua inquietudine ed il suo tormento,
ciò per cui non gli era concessa la pace
che bramava e che lo aveva spinto ad allontanarsi
dal mondo in cui viveva e a rinnegare lillusione
di brevi istanti di felicità
Poi un rumore, breve, di un chiavistello che veniva
girato, lo riscosse e Sebastian rialzò il
capo. Il pesante portale si aprì lentamente,
del solo spazio necessario a permettere laccesso.
Per qualche istante egli rimase immobile, terrorizzato
ma irresistibilmente attratto da quel varco che
lo invitava ad entrare, ma poi, muovendosi con lentezza,
oltrepassò la soglia.
Linterno della cattedrale era immerso nelloscurità,
fatta eccezione per i bagliori dei lampi, che penetravano
dai vetri del rosone e delle alte finestre ad arco,
e per la luce fioca di alcune candele.
- Benvenuto - disse una voce femminile proveniente
da un punto imprecisato di quello spazio smisurato.
Sebastian ebbe un sussulto, si guardò intorno
per scoprire a chi appartenesse, ma la sola cosa
che riuscì a vedere fu una figura indistinta
avvolta nellombra.
- Ti prego, avvicinati, e richiudi la porta - continuò
la voce. Egli obbedì, muovendo poi alcuni
passi in direzione della donna di cui non poteva
distinguere le sembianze, mentre sentiva nel petti
accelerare i battiti del cuore. Avrebbe voluto parlare,
ringraziarla per averlo fatto entrare, ma ogni parola
pareva perdersi nel vuoto prima di poter essere
emessa. Tacque e continuò ad avanzare, trasportato,
a ritroso attraverso il tempo della memoria, nella
desolazione di una miserevole ed effimera esistenza
da cui, burattinaio di se stesso, era fuggito invano,
tra maschere e paraventi a celarne la vanità.
Il cuore e la mente dilaniati in un vorticoso crescendo
di esplosioni, cadde in ginocchio. E pianse. Era
il pianto dello Spirito, mille volte ucciso dal
violento e incessante fragore della superficialità
del mondo, era il lamento di chi è costretto
a rinascere nella consapevolezza di una nuova morte.
La donna lo raggiunse, si chinò, inginocchiandosi
al suo fianco e gli prese le mani, tenendole tra
le proprie.
- Lascia che io mi prenda cura di te - Poi dolcemente
lo strinse tra le braccia, cullandolo e sussurrandogli
parole di conforto. Sebastian sentiva la propria
sofferenza, da tempo inseparabile compagna, farsi
più lontana e il suo animo, avvolto tra le
spire delle parole di quella sconosciuta, rialzare
un poco il capo dallabisso in cui era sprofondato.
Forse anche il pallido riflesso di se stesso che
egli era, nello specchio in frantumi della sua vita,
avrebbe potuto un giorno riassumere i propri contorni?
Lilith |
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