Antonio Lillo
Antonio
Lillo vive a Locorotondo, in provincia di Bari, dove è nato nel
1977. E' uno di quelli che scrivono tanto e leggono tantissimo. E' uno
di quelli che sente la scrittura come un atto onnicomprensivo, un
chiodo fisso. Ma, soprattutto, Lillo è uno che scrive tanto, e
lo scrive bene. Si definisce innamorato della vita, e, aggiungo io
- dopo due anni di conoscenza - , innamorato della poesia. Una
poesia quotidiana e calda, un quadro in cui i gesti semplici sono
eleganti pennellate. Ama anche definirsi uno sfigato, ma mente sapendo di
mentire. "Il poeta è un fingitore...", scriveva Pessoa. In fondo
Lillo è un romanticone.
INDICE: Racconto: Festa Poesia: Una cena Poesia: Il pesce rosso Poesia: Il taglio dei capelli Poesia: Il regalo Poesia: Primamore Poesia: Zen Poesia: Per un ospite di fortuna Raccontino: Furto in libreria Racconto: FestaFu una sera che venimmo invitati a una festa. Ognuno doveva portare qualcosa. Noi decidemmo di portare due bottiglie di vino e dei biscotti.Mentre andavamo scoprimmo di esserci persi. Le istruzioni non erano abbastanza chiare. Perciò chiamammo il numero che ci avevano dato e ci rispose la padrona di casa, tale Pia, che aveva organizzato la festa. Ci disse di fermarci lì dov’eravamo che qualcuno sarebbe venuto a prenderci. Ci fermammo infatti su una piazzola di sosta e per ammazzare il tempo proposi di aprire i biscotti e cominciare a spiluccare e già che c’eravamo potevamo pure aprire una bottiglia di vino. All’inizio gli altri non furono d’accordo. Ma li convinsi in breve che, a festa avviata, prima di un’ora non sarebbe arrivato nessuno a salvarci. E poi miseria, li avevamo o non li avevamo comprati noi quei biscotti?! Non ebbero nient’altro da obiettare. Ce ne rimanemmo in auto in silenzio, a mangiucchiare e raccogliendo le briciole nel palmo che ogni tanto svuotavamo fuori dal finestrino, divertendoci a girare la manovella della vecchia 126, così come si faceva una volta. Ce ne stavamo incappottati per il freddo e qualcuno di noi ogni tanto se ne usciva con un verso animalesco o un piccolo rutto o si sgranchiva la gola e dava una sorsata al vino. Gli altri ridacchiavano. Poi facevamo i disegnini di case e uccelli sui vetri appannati e ogni tanto qualcuno usciva per fare una pisciata. C’era un cielo quella notte ch’era un vero peccato che facesse tanto freddo per non stare lì fuori a guardarselo per bene. Però a pensarci, quando stavi fuori un po’ più a lungo e ti ci abituavi al freddo era pure piacevole fermarsi e sedersi sul cofano con lo sguardo in alto e sentirsi vivi, in un certo senso, un po’ più vivi del solito. Quando poi vennero a prenderci avevamo finito i biscotti e il vino. E ci presentammo alla festa con una sola bottiglia. Tutti si arrabbiarono molto, soprattutto Pia che si rifiutò di servirci il suo risotto coi funghi. Noi, un po’ imbarazzati, ci mettemmo in un angolo e già che c’eravamo ci scolammo anche la seconda bottiglia, che ci portavamo ancora dietro. A nessuno era venuto in mente di posarla sul tavolo. Poi la situazione un po’ si sciolse, qualcuno ci si avvicinò e ricominciò a parlarci, con cautela. La musica era avvolgente e fece il resto, insieme alle candele. In breve ci ritrovammo immersi nella festa, sparpagliati nei suoi piccoli fuochi di chiacchiere e risate sciocche. Qualcuno riuscì pure a scroccare un piatto di risotto coi funghi. Quanto a me, quella sera scrissi una poesia e la intitolai Lucrezia. La scrissi per una ragazza che mi piaceva ma ero troppo timido per avvicinarla. Fu lei ad avvicinarsi a me, ma io ero già brillo. Me ne uscii con un mucchio di idiozie senza senso e lei si irritò, mi voltò le spalle e raggiunse gli altri intorno al camino. Io la considero la mia grande occasione sprecata. Tutti poi andammo su in terrazza a fumare e qualcuno mi passò una canna e io passai a mia volta e dissi no, non per stasera. Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Una cena per Agata
Mi piace che una donna cucini per me non lo avevo mai provato sentire un brivido mentre pela le patate e io scelgo la musica è divertente e innocuo le chiedo di aiutarla ma rifiuta sono un imbranato e finirei per dare fuoco alla casa brindiamo con una lattina di birra in due tiriamo via a quattro mani la casseruola dal forno lecchiamo dallo stesso cucchiaio la crema di ceci balliamo sgraziati da lento fuoco abbracciati Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Il pesce rosso Quando si stanca di nuotare si posa sul fondo e resta lì come una bolla di sangue o la bacca di un infuso dall’occhio spalancato le pupille fisse fino a un mese fa erano due poi le leggi di natura hanno fatto il loro e l’uno ha fatto fuori l’altro a piccoli morsi ora è re unico della sua sfera d’acqua e dei suoi vermi in polvere Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Il taglio dei capelli È stato necessario un bel taglio deciso per sloggiare gl’insetti rifugiatisi col freddo fra i capelli hanno invaso il pavimento ogni centimetro sotto i colpi precisi di ghigliottina del boia ci siamo poi divertiti a tracciare punti percorsi nomi dall'alto sul grigio piallando la trama di ciocche con una spazzola Poesia: Il regalo A Tiziano Rossi È stato un regalo gradito riuscito nemmeno l’avessi saputo ch’oggi cadeva il mio trentunesimo anno di vita la tua riassunta in quel blocco solido dalle pagine spesse con in più d’oro le tue correzioni a penna in caratteri grandi morbidi di ragazzo innamorato dei giorni e una dedica viva con cordialità sempre Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Primamore Ogni volta che in sogno t’incontro hai sempre quell’aria stralunata di chi non capisce che ti rendeva così bella e gli occhi grandi e verdi macchiati d’oro e qualche pelo di gatta sulla spalla ogni volta mi dici i numeri da giocarmi al lotto incrociando le dita ma è già una fortuna m’immagino vederti mi fai notare ‘i nzèreche le gocce che ci avvolgono ridendo e speriamo per due belle pozzanghere in cui saltarci dentro e che ci rùbino anche il fiato Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Zen Mariangela costruiva un giardino di sassi e foglie e i nodi delle mani proseguivano i navigli fino agli occhi aveva la fronte alta e i calzettoni arcobaleno e la voce beh la voce era nella tempesta l’attimo sereno Torna all'indice di Antonio Lillo Poesia: Per un ospite di fortuna Ecco ti regalo un ombrello rubato lo vedi ha color verde smeraldo che ti porti fortuna e belle piogge irlandesi me l’ha dato una ragazza all’aeroporto e non l’ho più restituito nonostante avessi preso l’indirizzo lei portava al collo un cartello giallo che la distingueva dalla folla che diceva di lei only speaking italian Torna all'indice di Antonio Lillo è stato necessario un bel taglio
deciso
per sloggiare gl'insetti rifugiatisi
col freddo i capelli hanno invaso
il pavimento ogni centimetro
sotto i colpi precisi come una
ghigliottina
del boia poi abbiamo giocato a
tracciare nomi percorsi città dall'alto
sul grigio piallando
la trama di ciocche
coll'aspirapolvere
Torna all'indice di Antonio Lillo Raccontino: Furto in libreria Non le ho chiesto il nome ma ho passato con lei un’intera mattinata di fronte alle porte chiuse di Palazzo Venezia, ognuno cercando d’ignorare per poco i diversi idiomi con cui c’ingegnavamo a comunicarci le nostre sensazioni, entrambi troppo orgogliosi per mediarle con l’inglese. Quando l’ho lasciata per sempre, euforico e stordito, senza una foto o una frase da tenermi di lei, mi sono infilato in una libreria come per rifugiarmi in un mondo perfetto. Ho pensato al fatto che è l’occasione a creare la dimensione del ricordo, e non semplicemente l’oggetto. Così ho scelto. Ho rubato una pagina di un libro. Rannicchiato dietro il bancone ho tirato piano per non far rumore, ho piegato in due il foglio e l’ho nascosto nei pantaloni. Poi ho riposto il libro nello scaffale. La pagina sottratta parlava di lumache rapite per amore. Dev’essere così ho pensato, mentre la leggevo, uguale ma un po’ meno perfetto. L’ho regalata all’amico che mi ospitava in casa. L’abbiamo appesa con lo scotch al muro accanto alla finestra della sua cucina. Talvolta, mi dice ora al telefono, pare così viva se s’agita al vento quando apre la finestra per scolare la pasta e far uscire il vapore. E piccole macchie d’umido presto l’hanno cosparsa, come lumachine color terra che trasudino dalle parole stampate nero su bianco.Talvolta, mi racconta, la mattina deve fare attenzione quando s’avvicina al lavandino per bere un sorso d’acqua, e affronta circospetto il pavimento perché gli pare d’avere le traveggole o stare ancora sognando, e non vuole calpestare quelle più avventurose che, staccatesi dal foglio e cadute giù nel mondo la notte prima, si confondono sul piastrellato giallo. Torna all'indice di Antonio Lillo |