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INDICE Mario Santagostini Gottfried Benn Maurizio Cucchi Andrea Zanzotto Umberto Fiori Luigi Cannillo Alberto Pellegatta Giampiero Neri Milo De Angelis Claudio Recalcati Franco Loi Franco Fortini Nichi Vendola Antonio Porta Davide Rondoni Giorgio Caproni Antonio Spagnuolo Patrizia Cavalli Vittorio Sereni Sandro Penna Franco Loi Salvatore Toma Vittorio Bodini Luciano Erba Mario Santagostini Elio Pagliarani Giorgio Caproni Michelangelo Coviello Giovanni Raboni Elisa Biagini Valerio Magrelli Edoardo Sanguineti Mario Santagostini Le merci Parlavamo di merci, come sempre. Qualcuno si chiedeva se il loro riciclo non fosse l'ennesima, rassegnata forma di resurrezione. Non molto diversa dalla mia, aggiungeva. E immaginava risposte. Stupendo, il declino del capitalismo passava fin dentro a quelle merci. E le rendeva più fatue, inutili. da Felicità senza soggetto, Mondadori, 2014 Torna all'indice Gottfried Benn Il solitario molare di una puttana, che era morta sconosciuta, portava una piombatura d'oro. Gli altri, come per un tacito appuntamento, se n'erano andati. Lo cavò via il beccamorto, lo impegnò e andò a ballare. Poiché - diceva lui - solo terra deve farsi terra. da Morgue, Einaudi, 1971 (prima edizione tedesca 1912) Torna all'indice Maurizio Cucchi Mi piacevano certe parole: martello, lattemiele, peoci, corriera, schiacciasassi, accetta e pietanza. Mi piacevano oggetti come: le biglie in terracotta colorate, la carriola, le spade giocattolo, lo stucco pastoso e il suo odore, la cartella di cuoio, la mia con doppia cinghia e le tasche. Era il ruvido attrito diretto della materia, come le mie unghie, che mi attraeva, mi assorbiva. da Malaspina, Mondadori, 2013 Torna all'indice Andrea Zanzotto Dal mio corpo la coltre di neve rimuovi, padre, e il sole sei che brusco mi anima: e alle mie dita componi frutti e fiori intensi in un soffice inverno che pur duole pur duole ovunque su in collina? Dal tuo pennello fervido ma talvolta più algido che specchi che cieli perduti nei cieli, lavorano di luci e muschi i paradisi ed i presepi che tutt'intorno hai già, che sulla bianca parete a me seduci, tu modesto signore di Lorna che creasti e che ti crea, tu artefice di me, di un mai sopito amore. da Vocativo, Mondadori, 1957 in Tutte le poesie, Mondadori, 2011 Torna all'indice Umberto Fiori Pur di non perdere la faccia di fronte a voi, a quante cose ho rinunciato. Non vi angustiate per me: stare senza ormai mi viene naturale, non mi costa quasi più niente. Da tanto tempo le ho lasciate andare, e tanto profondamente, che se me lo chiedeste non saprei dire bene cos'erano e se davvero le volevo. In testa è vuoto, il loro posto. Neppure dei desideri c'è più una traccia. Solo la faccia mi resta. Eccola: è vostra. da Voi, Mondadori, 2009 Torna all'indice Luigi Cannillo Si raccontava ancora la storia e il cibo perduto, una fuga, un'ideale prima delle battaglie in miniatura la replica delle monete e degli oggetti Noi dalla strada o dalle antenne la cronaca ribelle, il divenire Benedetti settanta La tua utopia prendeva il largo bandito gentile, la sfida che sulla regola vinca l'eccezione una nuova specie in convivenza Possiamo conservare la memoria il parco e la fontana nella neve Venezia che protegge i baci ma il ritratto grida la distanza resta avvitato al tempo Ogni evento cede al suo presente lo splendore negli occhi, l'euforia sfrecciano luci nella nebbia Restano sogni domestici, nulla da narrare, e il tarlo nella mente Tu perduto e chiamato mille volte da un archivio, l'utopia ormeggiata da Cielo privato, Joker, 2005 Torna all'indice Alberto Pellegatta Chi separa e scarta secondo un progetto crea esuberi incessanti. Scriviamo senza calore non ciò che avreste voluto ma quello che non avete pensato. Non per riscatto ma per vendetta. Non è mai ciò che abbiamo scritto. da L'ombra della salute, Mondadori, 2011 Torna all'indice Giampiero Neri Variazione Si nasconde il gufo sul ramo durante il giorno, si adatta a una diversa parte nel suo breve travestimento. Ma col variare della luce abbandona la sua muta inoffensiva, nella sua forma e figura si presenta al rituale appuntamento. da Teatro naturale, Mondadori, 1998, in Poesie 1960-2005, Mondadori, 2007 Torna all'indice Milo De Angelis Ecco l'acrobata della notte, il corpo senza nulla, un'incisione nell'aria, un puro scoccare di fosfori: gettò il suo smeraldo all'ultima fortuna, si avvicinò ai sepolti, indicò a ciascuno la strada. La terra appartiene a chi l'ha abbandonata. da Quell'andarsene nel buio dei cortili, Mondadori, 2010 Torna all'indice Claudio Recalcati Ho la faccia di uno che è stato sveglio tutta la vita, amore, ho la faccia distrutta fra le carte atterrite, le carte gementi, le dita rapprese sul bordo dei libri, l'impronta dei sogni e i larghi sorrisi, i capitelli infranti. Ho lo sguardo insonne dei tanti che ho temuto per tutta la vita da Microfiabe, Mondadori, 2010 Torna all'indice Franco Loi "'Me l'àn vunciada, Diu, 'sta nostra vita, quan' che sarìa inscì bèl vardà fiuccà e vardà piov, e i òmm, e bev el su e curr i strade cuj amis pissà..." Trad: "Come ce l'hanno imbrattata, Dio, questa nostra vita, / quando sarebbe così bello guardare nevicare / e guiardar piovere, guardare gli uomini, e bere il sole / e correre le strade e con gli amici pisciare..." da Voci d'osteria, Mondadori, 2007 Torna all'indice Franco Fortini Traducendo Brecht Un grande temporale per tutto il pomeriggio si è attorcigliato sui tetti prima di rompere in lampi, acqua. Fissavo versi di cemento e di vetro dov'erano grida e piaghe murate e membra anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando ora i tegoli battagliati ora la pagina secca, ascoltavo morire la parola d'un poeta o mutarsi in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso credo di non sapere più di chi è la colpa. Scrivi mi dico, odia chi con dolcezza guida al niente gli uomini e le donne che con te si accompagnano e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome. Il temporale è sparito con enfasi. La natura per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi. da Una volta per sempre Poesie 1938-1973, Einaudi, 1978 Torna all'indice Nichi Vendola Cara Anna Clelia, prendo la penna e comincio il rito mistico-sessuale. I nostri coiti epistolari che spargono lucido sperma scritturale sul mondo. I nostri giochetti verbali. I nostri bizzarri e strani inchiostri. Finzioni. Con la morte in agguato. Precipito in questa carta bianca e uterina e raccolgo petali di gelsomino andaluso. Finzioni. Volano mille gabbiani verdi nel cristallo dei tuoi sogni. Il cielo ti morde. Finzioni di finzioni. E cavalli e cento cavalli bianchi e ancora cavalli galoppano contro la pietra. Di pietra sono tutti i corpi che ho amato. La pietra uccide il mare. Finzioni d'Assoluto. Perchè io sono Dio. Un dio merlettato e bruno, balbuziente e sensuale, di vino rosso e di usignoli. Finzioni. Cos'è la morte? Assenza di finzioni. La vita è questa farfalla ch'io nomino, ch'io scrivo, finta e materiale. Toccala. Questa è una farfalla d'inchiostro nero. Questo è il mio nero seme gocciolante su questo foglio femmineo. E' un foglio-vagina oppure una rosa. Una rosa per schiudersi agli uomini. Un profuno solido di rosa per penetrare ogni enigma, ogni buco celato, ogni pezzo di vuoto. Ahi Sodoma delirante! ma la morte... un buco immenso colmato di nero, un vuoto senza liquidi, enigma insolubile. Vorrei una piccola morte d'argento con nuvole e borghi antichi con le torri e le campane e le candele e un cuscino ricamato a mano e il velluto dei garofani e i miei occhiali neri per guardare ogni cosa con distacco. Vorrei morire a testa in giù perchè io sono un invertito. Ecco, bisogna invertire il senso della finzione. E l'idea della morte. E dunque invertiamo la vita. Tutto. Tutto. Gli angeli sono avorio trasparente. Ecco cos'è la vita. La verità è trasparenza. La trasparenza assoluta è la morte. Le mie parole hanno una parvenza totale e palpabile. La scrittura è vita. La scrittura è finzione. La vita è finzione? E non dirmi che sono ubriaco di parole, perchè è vero. Lo so. Forse questa è una lettera sbagliata. Ma non siamo forse noi persone sbagliate? da Ultimo mare, Manni, 2003 Torna all'indice Antonio Porta rinchiuso nell'armadio l'aquilone vola nella mia mente da Invasioni, in Tutte le poesie (1956-1989) Garzanti, 2009 Torna all'indice Davide Rondoni Lo potremo solo recitare il mondo? sarà la tua vita impossibile e: riuscirai a recitare il vento? Non c'è corpo che non desideri anche essere stella... Ma vicino al teatro alla stazione delle corriere parlano molte lingue, non partono, giubbe grandi, visi oscuri, tristi rondini le mani e dopo lo spettacolo arrivano baveri bianchi di camicie, cappotti eleganti, signore stizzite d'invecchiare viene natale un giorno sospeso, pericoloso, quel bambino deve nascere se non vogliamo tutti solo morire si attende la notizia: il tempo è un convoglio che si perde nella neve tra gli spari e la corsa dei violini o nasce Dio in questo serraglio umano? Benedetta tu tra le donne, attrice, che mentre pasticci il mondo lo metti in scena su un palco transatlantico nel buoi marino dei millenni mi dai il respiro per dire il dispendio perpetuo d'amore che fa rimanere su il sipario, pagare questa dura trasferta e ricompensare le comparse da Apocalisse amore, Mondadori, 2008 Torna all'indice Giorgio Caproni Congedo di un viaggiatore cerimonioso Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l'ora d'arrivo, e neppure conosca quali stazioni precedano la mia, sicuri segni mi dicono, da quanto m'è giunto all'orecchio di questi luoghi, ch'io vi dovrò presto lasciare. Vogliatemi perdonare quel po' di disturbo che reco. Con voi sono stato lieto dalla partenza, e molto vi sono grato, credetemi, per l'ottima compagnia. Ancora vorrei conversare a lungo con voi. Ma sia. Il luogo del trasferimento lo ignoro. Sento però che vi dovrò ricordare spesso, nella nuova sede, mentre il mio occhio già vede dal finestrino, oltre il fumo umido del nebbione che ci avvolge, rosso il disco della mia stazione. Chiedo congedo a voi senza potervi nascondere, lieve, una costernazione. Era così bello parlare insieme, seduti di fronte: così bello confondere i volti (fumare, scambiandoci le sigarette), e tutto quel raccontare di noi (quell'inventare facile, nel dire agli altri), fino a poter confessare quanto, anche messi alle strette, mai avremmo osato un istante (per sbaglio) confidare. (Scusate. È una valigia pesante anche se non contiene gran che: tanto ch'io mi domando perché l'ho recata, e quale aiuto mi potrà dare poi, quando l'avrò con me. Ma pur la debbo portare, non fosse che per seguire l'uso. Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco. Ora ch'essa è nel corridoio, mi sento più sciolto. Vogliate scusare). Dicevo, ch'era bello stare insieme. Chiacchierare. Abbiamo avuto qualche diverbio, è naturale. Ci siamo - ed è normale anche questo - odiati su più d'un punto, e frenati soltanto per cortesia. Ma, cos'importa. Sia come sia, torno a dirvi, e di cuore, grazie per l'ottima compagnia. Congedo a lei, dottore, e alla sua faconda dottrina. Congedo a te, ragazzina smilza, e al tuo lieve afrore di ricreatorio e di prato sul volto, la cui tinta mite è sì lieve spinta. Congedo, o militare (o marinaio! In terra come in cielo ed in mare) alla pace e alla guerra. Ed anche a lei, sacerdote, congedo, che m'ha chiesto s'io (scherzava!) ho avuto in dote di credere al vero Dio. Congedo alla sapienza e congedo all'amore. Congedo anche alla religione. Ormai sono a destinazione. Ora che più forte sento stridere il freno, vi lascio davvero, amici. Addio. Di questo, sono certo: io son giunto alla disperazione calma, senza sgomento. Scendo. Buon proseguimento. da Congedo di un viaggiatore cerimonioso, 1965, in Tutte le poesie, Garzanti, 1999 Torna all'indice Antonio Spagnuolo Sospetti Qui nelle unghie hai lasciato l’ultima ripresa, occasione alle trame dei secondi. Tre volte rimandammo ogni sospetto al dondolio della testa, frenando la fuga delle nebbie, ricucendo partiture di stanchezze e sospiri. La tua verità trasforma le pupille nelle arroccate sirene, nei prodigi delle vagabonde promesse, quasi accadimento per faville di precarie avarizie. Innamorarsi è facile: slabbrare i connotati è l’ultima attenzione dello specchio che chiude il mio catalogo. inedito dal sito http://poetrydream.splinder.com/, 2008 Torna all'indice Patrizia Cavalli Io scientificamente mi domando come è stato creato il mio cervello, cosa ci faccio io con questo sbaglio. Fingo di avere anima e pensieri per circolare meglio in mezzo agli altri, qualche volta mi sembra anche di amare facce e parole di persone, rare; esser toccata vorrei poter toccare ma scopro sempre che ogni mia emozione dipende da un vicino temporale. da L'io singolare proprio mio, 1992, in Poesie (1974-1992), Einaudi, 1992 Torna all'indice Vittorio Sereni La splendida la delirante pioggia s'è quietata, con le rade ci bacia ultime stelle. Ritornati all'aperto amore m'è accanto e amicizia. E quello, che fino a poco fa quasi implorava, quell'abbuiato portico brusio romba alle spalle ora, rompe dal mio passato: volti non mutati saranno, risaputi, di vecchia aria in essi oggi rappresa. Anche i nostri, fra quelli, di una volta? Dunque ti prego non voltarti amore e tu resta e difendici amicizia. da Gli strumenti umani, 1965, in Poesie, Mondadori, 1995 Torna all'indice Sandro Penna Era la mia città, la città vuota all’alba, piena di un mio desiderio. Ma il mio canto d’amore, il mio più vero era per gli altri una canzone ignota. da Poesie (1938-1955), in Tutte le poesie, Garzanti, 1997 Torna all'indice Franco Loi "Non mi piace il telefono... Ho paura... Non so chi c'è di là... Sento il lontano" E mì stù lì cun la curnetta storta e sculti la paura de luntan: la 'riva 'me 'na vus che se fa morta e vègn de mì e po se desfa ja man... G'u pagura de mì, de quèla porta che par se derva e ciama i sònn d'un tram e m' luntan e che per i strad me porta cun la curnetta 'l frècc d'un can. Trad: "Non mi piace il telefono... Ho paura... / Non so chi c'è di là... Sento il lontano" / E io sto li con la cornetta storta / e ascolto la paura da lontano: / arriva come una voce che si fa morta / e viene da me e / mi si disfa tra le mani... / Ho paura di me, di quella porta / che sembra aprirsi e chiamare i suoni d'un tram / a me lontano e che per le strade mi trascina / con la cornetta come il freddo di un cane. da Isman, Einaudi, 2002 Torna all'indice Salvatore Toma Io spero che un giorno tu faccia la fine dei falchi, belli alteri dominanti l'azzurrità più vasta, ma soli come mendicanti. da Canzoniere della morte, Einaudi, 1999 Torna all'indice Vittorio Bodini Tu non conosci il Sud, le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia d'un dado. da Foglie di tabacco, 1947, in Tutte le poesie, Besa, 2004 Torna all'indice Luciano Erba Linea lombarda Adoro i pregiudizi, i luoghi comuni mi piace pensare che in Olanda ci siano sempre ragazze con gli zoccoli che a Napoli si suoni il mandolino che tu mi aspetti un po’ in ansia quando cambio tra Lambrate e Garibaldi. da Nella terra di mezzo, 2000, in Poesie, Mondadori, 2001 Torna all'indice Mario Santagostini Le mie notizie, adesso, sono scarse, diradatissime: una scritta sul muro del cortile con del gesso o della biacca, un biglietto arrivato dopo anni di ritardo, ritagli lasciati in casella, all’alba. 18, già il 19 marzo. Bello quando scrivevi: là dove stavo anch’io oggi i pomeriggi s’allungano, le notti si dimezzano, si va verso una giornata unica, interminabile. da Versi del malanimo, Mondadori, 2007 Torna all'indice Elio Pagliarani Si fa sempre più fatica a respirare. Sarà roba di dentro i miei polmoni o roba di fuori i miei coglioni. da Epigrammi da Savonarola Martin Lutero eccetera, 2001, in Tutte le poesie, Garzanti, 2006 Torna all'indice Giorgio Caproni Show Guardateli bene in faccia. Guardateli. Alla televisione, magari, in luogo di guardar la partita. Son loro, i "governanti". Le nostre "guide". I "tutori" - eletti - della nostra vita. Guardateli. Ripugnanti. Sordidi fautori dell'"ordine", il limo del loro animo tinge di pus la sicumera dei lineamenti. Sono (ben messi!) i nostri illibati Ministri. Sono i Senatori. I sinistri - i provvidi! - Sindacalisti. "Lottano" per il bene del Paese. Contro i Terroristi e la Mafia. Loro, che dentro son più tristi dei più tristi eversori. Arrampichini. Arrivisti. In nome del Popolo (Avanti! Sempre Avanti!), in perfetta Unità arraffano capitali - si fabbricano ville. Investono all'estero, mentre "auspicano" (Dio, quanto "auspicano"!) pace e giustizia. Loro, i veri seviziatori della Giustizia in nome (sempre, sempre in nome!) del Dollaro e dell'Oro. Guardateli, i grandi attori: i guitti. Degni - tutti - dei loro elettori. Proteggono i Valori (in Borsa!) e le Istituzioni... Ma cosa si nasconde dietro le invereconde Maschere? Il Male che dicono di combattere?... Toglieteceli davanti. Per sempre. Tutti quanti. da Res Amissa, 1991, in Tutte le poesie, Garzanti, 1999 Torna all'indice Michelangelo Coviello C’è un fiume sotto l’asfalto che viaggia per tutta la città per imparare, se di notte appoggi l’orecchio per terra lo puoi ancora sentire, specialmente in centro, vicino agli incroci. Ma di giorno tace e impara, cede alle marmitte, ai claxon, sembra quasi che tiene il respiro, che non vuole farsi sentire, nemmeno da lui, è il suo modo di imparare. Per questo ogni tanto la rabbia gli sale in testa e allora va a casa, prende lo scalpello e graffia sull’asfalto il giorno e l’ora, così impara anche la sua rabbia. Ogni fine mese, appena prima dell’alba, in un punto dove sa che lui scorre veloce e comincia a imparare le parole della solitudine, le date e l’ora in cui lui non c’era, gli chiede anche spiegazioni, così impara. Poi salta sulla bici e va in discoteca, altre volte, invece, va a casa di corsa, e lo paragona al suo cuore, così impara e pensa che forse anche sotto l’asfalto c’è tanto da imparare. da Casting, Corpo10, 1999 Torna all'indice Giovanni Raboni I fatti del diavolo Può darsi che a vivere qui si diventi sul serio come dici: più opachi, più liberi ogni giorno: come la nebbia viene sempre meno, un po’ meno ogni inverno. Eh, li conosco anch’io sai, questi trucchi del diavolo – il tuo diavolo banchiere specialista in coperchi. E che se uno ha commercio con lui, col Protocollo, vive in pace con tutti, invecchia bene… Certo, è allora, è così che si paga. Anche se resta sempre fuori qualcosa, il memoriale dell’impiccato, le smorfie dell’amore sulle pareti degli orinatoi… da A tanto caro sangue, 1987, in Tutte le poesie, Garzanti, 2000 Torna all'indice Elisa Biagini succhio il vetro per meglio vedere, perchè la lingua sia ascia nel fondo del bosco: mi mangio la mia strada via di qui. da Nel bosco, Einaudi, 2007 Torna all'indice Valerio Magrelli Io cammino fumando e dopo ogni boccata attraverso il mio fumo e sto dove non stavo dove prima soffiavo da Nature e venature, 1987, in Poesie (1980-1992) e altre poesie, Einaudi, 1996 Torna all'indice Edoardo Sanguineti [...] concludo che la poesia consiste, insomma, in questa specie di lavoro: mettere parole come in corsivo, e tra virgolette: e sforzarsi di farle memorabili, come tante battute argute e brevi: (che si stampano in testa, così, con un qualche contorno di adeguati segnali socializzati): (come sono gli a capo, le allitterazioni, e, poniamo, le solite metafore): (che vengono a significare, poi, nell'insieme: attento, o tu che leggi, e manda a mente): da Postkarten, 1978, in Mikrokosmos, Feltrinelli, 2004 Torna all'indice |
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