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Via alla pagina principale Sesta Giornata, Novella quarta

In questa novella, fra i vari comportamenti rilevabili, traspare una sorta di antivenezianismo, tipico della Firenze del trecento e forse del Boccaccio stesso: i veneziani sono visti, a causa di probabili interessi concorrenziali in ambito economico e commerciale, come bugiardi e fanfaroni. A sostegno di questa tesi, è osservabile che Chichibio risponde al padrone inventando una bugia al solo scopo di proteggere se stesso. Acquarello tratto dal Ms. It. 63, f. 199 v, Bibliothèque Nationale, Parigi

Il suo gesto poteva forse acquistare un valore particolare agli occhi di un lettore fiorentino del tempo, poiché emblematico di un comportamento non solo individuale, bensì veneziano in senso lato. Ciò che però colpisce di più in questa novella è il fatto  che l’intelligente protagonista è un cuoco: dunque decade lo stereotipo del personaggio principale di estrazione nobile o intellettuale. Anche in altre novelle, i ruoli di spicco sono affidati a persone del ceto medio borghese, questo dipende forse dal fatto che il Boccaccio stesso era figlio di mercanti e che ammirava la voglia di lavoro e di riscatto di questa classe sociale, disprezzata invece da Dante perché piena di bramosia e avidità nei confronti dei beni materiali..

Il ruolo di personaggio principale attribuito al cuoco, certo comprova il cambiamento della società: in epoca feudale per esempio, o anche solo cinquant’anni prima, un cuoco non avrebbe mai potuto parlare al padrone, specie se in presenza di invitati, né avrebbe osato sfidarlo e cavalcare insieme a lui.

In questa novella inoltre, è ripreso anche un comportamento presente in alcune  commedie di Plauto: la furbizia e l’astuzia di un servo che riesce, usando queste due caratteristiche, a elevarsi socialmente, ponendosi anche se per poco, sullo stesso piano del padrone che ne apprezza probabilmente la faccia tosta che gli ha permesso di rivolgersi a lui in quel modo grazie ad una battuta.

Sono quindi la furbizia e l’uso scaltro della parola, a fare la fortuna del cuoco, permettendogli di riappacificarsi col padrone.

Anche quest’ultimo però testimonia un cambiamento in atto della società: egli parla col servo, accetta la scommessa e per di più non lo punisce, ma addirittura risponde con un motto a sua volta, cancellando l’offesa subita a causa  del furto e riconoscendo che, almeno nello spirito, entrambi sono sullo stesso piano. Un comportamento simile è sicuramente utile per guadagnare fiducia e fedeltà da parte del servo. (Margherita Cavallari)