Tramonti non è esattamente un luogo, ma un insieme di luoghi. E' un nome che
raggruppa idealmente piccole perle disposte sulla scogliera che da Portovenere raggiunge
Riomaggiore. Gruppuscoli eversivi di casette, contenenti corbe, zappe, botti e qualche
damigiana di vino buono.
Ed è anche un peccato. Che poi ti devi
confessare, e ti danno la penitenza.
Solo che a Tramonti, tutto si condensa in ununica sequenza:
penitenza-peccato-penitenza. Scollini, ed è già una meraviglia. E mentre ti chiedi se
Tramonti si chiama così perché devi passare tra i monti per andarci, o perché è il
posto migliore del mondo per studiare il sole che tramonta, osservi il mare e già
pregusti il tuffo
che ti farai, come se ti preparassi ad un amplesso
clandestino con Sharon Stone o Richard Gere (per le signore!)
Non solo: è scogliera collina muretti mare montagna frana macchione pini rocce abeti
cinghiali vigneti polvere sentieri castagni fiori fatica gabbiani terrazze sole scalini
sudore ospitalità croti vino silenzio .....
Inizi a scendere e pensi che non è poi
così faticoso, ma non ti rendi ancora bene conto che il movimento non è tanto regolare,
che non sono le scale di casa tua. Un gradino è alto venti, laltro diciotto, il
successivo è storto, e poi cè un dislivello da puro alpinismo da superare. Un costo
di erba lazza ti trattiene i vestiti, un fico ti viene davanti, una vite, lunga come
la vita, intralcia il tuo piede, lerba taccalite ti slaccia una stringa. E
ad un certo punto le tue misere gambette cominciano a tremare, e sei un po' meno sicuro e
un pelino più vicino alla verità: la tua
punizione, per espiare il peccato che commetti,
penetrando in quellacqua così cristallina che la Sardegna a noi ci fa un baffo. Ed
è doppia questa benedetta punizione, perché devi tornare su. E alla fine è Tramonti che
ti penetra, per cui o ne fai parte o non ci torni più.
Conosco milanesi che ci vengono tutti i fine settimana: arrivano il Venerdì notte e
ripartono il Lunedì mattina alle cinque, per non perderne neanche un centesimo di
secondo. Hanno speso capitali per ristrutturare quelli che chiamano rustici, che se ci vai
dentro ci trovi certi pezzi dantiquariato che tuo nonno avrebbe bruciato nel fuoco,
con un grugnito "Lè tuta roba vecia". E quando ad un milanese così
chiedi dove ha passato le ferie, non può che risponderti "fuori dal mondo".
Tramonti è un posto dove anche i verbi
cambiano significato. Accovacciato sotto un pergolo alto venti centimetri, cè uno
che zappa, anzi, pigona, con un attrezzo simile ad un forcone, il pigone,
appunto, che ha due rebbi ricurvi, attaccati ad angolo retto ad una protesi ortopedica del
proprio avambraccio, che ha il coraggio di chiamare manico. Sta compiendo
unoperazione chirurgica. Lattrezzo ha quella forma per non danneggiare le
radici della vite, ma per infilarcisi in mezzo, e smuovere la terra (ma dovè la
terra, che son tutti sassi?) e riportarla verso lalto. Se dici a un contadino della
Padania che hai visto uno che zappava così, ti tocca la fronte per sentire se hai la
febbre.
Il viottolo ti porta sempre sulla porta
delle case. Sono poche quelle che possono disporre di un po' di spazio davanti, la pozza.
Se chiedi qualcosa a qualcuno, mentre risponde ti offre un bicchiere di vino. Non puoi
solamente berlo: sei costretto a portarlo su tutta la lingua, per analizzarlo bene,
facendolo scorrere in bocca, così ci senti il sapore del salmastro, lodore di quei
sassi che hanno il fegato di chiamare terra, il profumo della macchia, dei pini, della
stipa, combattuta come la peste, ma utilissima per riparare la vite dai soprusi del vento.
Che, però, ha la sua parte nel creare un vino così. E a questo punto ti accorgi che il
pezzo di marcantonio che ti sta davanti, è lo stesso che prima pigonava sotto il
micropergolo. Lo guardi bene in faccia e pensi che uno che fa una cosa simile non può che
avere una faccia così: una faccia da Tramonti. E gli chiedi come fa a stare sotto venti
centimetri curvo a zappare! E lui sorride, ti risponde che saranno almeno cinquanta, i
centimetri. A Tramonti, cambia anche il senso della distanza.
Siamo proprio fuori dal mondo.
Siamo
fuori dal mondo anche quando a Tramonti portiamo la luce. Non che non serva, per carità,
ma adesso con i pali cè tutto un altro paesaggio, più ..... sensuale, direi
fallico. Meno male che ne abbiamo colonizzato solo uno, e i Verdi, così attenti, non si
sono incazzati nemmeno un po'. Già, perché i Tramonti sono diversi. Partono dalle Rocce
Rosse, si schiudono in Albana, passano davanti al Persico, correndo per il Navone, fino a
Schiara. Tutta una successione di roccioni roccini roccette. Poi lo scoglio Ferale, che
noi chiamiamo Rocca della Gaiada (nome senz'altro più rispettoso), con la croce che
ricorda la scomparsa di un ufficiale della Marina. Girando per i Cantoni, si arriva alla
punta di Monestaroli. Anche lì le forze armate hanno pagato il loro tributo: un
elicottero dei Carabinieri è precipitato sotto i nostri occhi: due morti. Senza
dimenticare chi è affogato, per scelta o per disgrazia, o chi è stato stroncato da un
ictus sotto il pergolo. O chi si è solamente rotto una gamba con una corba piena
duva in spalla. O chi si è ammazzato con una bomba per i pesci.
Questo per dire che Tramonti è anche disperazione.
Ma tiriamo avanti fino allo spiaggione del
Nacchè, e così, per curiosità, giriamo attorno alla rocca del Montonao, che nasconde il
primo tentativo di stupro: una galleria che arriva sino ai Buggi, dalla quale sgorga un
potente getto di acqua dolce e fresca. Fu costruita per essere lo scarico fognario di
Spezia, ma per fortuna non fu mai utilizzata, probabilmente grazie anche alle amichevoli
sollecitazioni di chi ha preso a ciaponate gli stupratori. Ma non è finita qui!
Cè stato un momento, un lungo momento, in cui i pontoni venivano a rubare rocce per
rinforzare la diga. Anche qui è volato qualche ciapon, ma il risultato lo
abbiamo ora sotto gli occhi: la spettacolare frana della Fossola, ovvero, dove finisce il
Nacchè, comincia la frana. Ripeto: limportante è che la Fossola abbia la luce. Che
non si possa più raggiungere il mare, naturalmente a piedi, frega niente a nessuno, con
la frana che si è ingoiata anche quel pezzetto di spiaggia che cera davanti allo
scoglio del Merlin.
Proseguiamo! Dobbiamo schivare la secca del
Grimaudo, per arrivare alla Pineda, con i suoi splendidi bozi. E proprio li che
Tramonti finisce, e comincia Riomaggiore, con il parco delle Cinque Terre.Benedetto parco,
per i soldini che porta ai politici. Ma tra Tramonti e le Cinque Terre cè una
sottile differenza: a Riomaggiore, a Monterosso e via discorrendo ci sono bar, trattorie,
alberghetti; al Persico cè il Gelso, un grande albero carico di more, ma non è un
ristorante. Alla Fossola, oltre che alla luce, cè la chiesetta dellAngelo
Custode, a Schiara quella di SantAntonio (SantAntonin, perché è piccola
davvero). Ma di ristoranti, manco a parlarne; bicchieri di vino genuino, tanti, ma bar,
manco lombra.
Voglio dire che Tramonti è un posto dove, tra mille difficoltà, si pratica uno sport
estremo: il lavoro per hobby. E a chi dice che siamo matti ad andare in mezzo ad una lama
con una corba sul collo, rispondo che se cè posto per gente come Patrik de
Gayardon, ci deve essere posto anche per quelli di Tramonti. Purtroppo cè qualcuno
che si appropria di tutto questo, ora che può rendere qualcosa, quando prima se
nera bellamente fregato. Forse questo qualcuno non si rende conto che Tramonti non
è un parco naturale, ma è una colpa e un merito delluomo, che lha
trasformato, e va conservato così comè: se ci vuole la luce, bisogna farla passare
sottoterra; se ci vuole un po' di cemento, perché quel muro frana, bisogna
mettercelo.
I Verdi e le Amministrazioni devono imparare che a Tramonti deve decidere e giudicare solo
la gente di Tramonti. Scusatemi per la poca modestia, ma sono convinto che solo noi che ci
siamo nati e ci viviamo, sappiamo cosa è meglio per Tramonti, e non è giusto che faccia
parte del parco, con regole da parco dotato di tutti i comfort. Come dice uno che era di
noi, e che ora si schiera, fingendo ragioni politiche, ma nel suo cuore ben sa che
Tramonti non sopravviverebbe a regole come quelle di un parco: "Per ora facciamo solo
le Cinque Terre originarie. Si fa sempre tempo dopo ad entrare nel parco".
Ecco, pensiamoci bene, prima di trasformare Tramonti in un locale pubblico, dove, per
togliere di mezzo un pino che mi cresce tra le viti, o per preparare un
"zervadin", devo farmi dare il permesso, sempre che sia possibile. Intanto, per
andare a Schiara e Monestaroli, il permesso ci vuole davvero: con tanto di sbarra! Riporto
un audace commento di uno dei quasi veci della zona: "Le sbarre le mettevano i
tedeschi" Le regole del parco di Tramonti dobbiamo scriverle noi, cioè, i nostri
veci, perché sanno come va trattato. A noi non resta che viverlo, cercando di
racchiudere queste regole in un codice comportamentale da rispettare. A Tramonti ci sono
le viti e si può fare il bagno in un mare ancora pulito. Non ci sono bar o ristoranti.
Non è nè Disneyland nè il Gran Paradiso, ma qualcosa di unico e di diverso. Deve essere
come dare la propria parola donore: teniamocelo così, semplicemente rispettandolo.