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IN AGGIORNAMENTO - 30/01/2011

Tramonti non è esattamente un luogo, ma un insieme di luoghi. E' un nome che raggruppa idealmente piccole perle disposte sulla scogliera che da Portovenere raggiunge Riomaggiore. Gruppuscoli eversivi di casette, contenenti corbe, zappe, botti e qualche damigiana di vino buono.

Ed è anche un peccato. Che poi ti devi confessare, e ti danno la penitenza.
Solo che a Tramonti, tutto si condensa in un’unica sequenza: penitenza-peccato-penitenza. Scollini, ed è già una meraviglia. E mentre ti chiedi se Tramonti si chiama così perché devi passare tra i monti per andarci, o perché è il posto migliore del mondo per studiare il sole che tramonta, osservi il mare e già pregusti il tuffoschiara_notte.JPG (16085 byte) che ti farai, come se ti preparassi ad un amplesso clandestino con Sharon Stone o Richard Gere (per le signore!)
Non solo: è scogliera collina muretti mare montagna frana macchione pini rocce abeti cinghiali vigneti polvere sentieri castagni fiori fatica gabbiani terrazze sole scalini sudore ospitalità croti vino silenzio .....

Inizi a scendere e pensi che non è poi così faticoso, ma non ti rendi ancora bene conto che il movimento non è tanto regolare, che non sono le scale di casa tua. Un gradino è alto venti, l’altro diciotto, il successivo è storto, e poi c’è un dislivello da puro alpinismo da superare. Un costo di erba lazza ti trattiene i vestiti, un fico ti viene davanti, una vite, lunga come la vita, intralcia il tuo piede, l’erba taccalite ti slaccia una stringa. E ad un certo punto le tue misere gambette cominciano a tremare, e sei un po' meno sicuro e un pelino più vicino alla verità: la tua punizione, per espiare il peccato che commetti, penetrando in quell’acqua così cristallina che la Sardegna a noi ci fa un baffo. Ed è doppia questa benedetta punizione, perché devi tornare su. E alla fine è Tramonti che ti penetra, per cui o ne fai parte o non ci torni più.
Conosco milanesi che ci vengono tutti i fine settimana: arrivano il Venerdì notte e ripartono il Lunedì mattina alle cinque, per non perderne neanche un centesimo di secondo. Hanno speso capitali per ristrutturare quelli che chiamano rustici, che se ci vai dentro ci trovi certi pezzi d’antiquariato che tuo nonno avrebbe bruciato nel fuoco, con un grugnito "L’è tuta roba vecia". E quando ad un milanese così chiedi dove ha passato le ferie, non può che risponderti "fuori dal mondo".

Tramonti è un posto dove anche i verbi cambiano significato. Accovacciato sotto un pergolo alto venti centimetri, c’è uno che zappa, anzi, pigona, con un attrezzo simile ad un forcone, il pigone, appunto, che ha due rebbi ricurvi, attaccati ad angolo retto ad una protesi ortopedica del proprio avambraccio, che ha il coraggio di chiamare manico. Sta compiendo un’operazione chirurgica. L’attrezzo ha quella forma per non danneggiare le radici della vite, ma per infilarcisi in mezzo, e smuovere la terra (ma dov’è la terra, che son tutti sassi?) e riportarla verso l’alto. Se dici a un contadino della Padania che hai visto uno che zappava così, ti tocca la fronte per sentire se hai la febbre.

Il viottolo ti porta sempre sulla porta delle case. Sono poche quelle che possono disporre di un po' di spazio davanti, la pozza. Se chiedi qualcosa a qualcuno, mentre risponde ti offre un bicchiere di vino. Non puoi solamente berlo: sei costretto a portarlo su tutta la lingua, per analizzarlo bene, facendolo scorrere in bocca, così ci senti il sapore del salmastro, l’odore di quei sassi che hanno il fegato di chiamare terra, il profumo della macchia, dei pini, della stipa, combattuta come la peste, ma utilissima per riparare la vite dai soprusi del vento. Che, però, ha la sua parte nel creare un vino così. E a questo punto ti accorgi che il pezzo di marcantonio che ti sta davanti, è lo stesso che prima pigonava sotto il micropergolo. Lo guardi bene in faccia e pensi che uno che fa una cosa simile non può che avere una faccia così: una faccia da Tramonti. E gli chiedi come fa a stare sotto venti centimetri curvo a zappare! E lui sorride, ti risponde che saranno almeno cinquanta, i centimetri. A Tramonti, cambia anche il senso della distanza.

Siamo proprio fuori dal mondo.
Siamo fuori dal mondo anche quando a Tramonti portiamo la luce. Non che non serva, per carità, ma adesso con i pali c’è tutto un altro paesaggio, più ..... sensuale, direi fallico. Meno male che ne abbiamo colonizzato solo uno, e i Verdi, così attenti, non si sono incazzati nemmeno un po'. Già, perché i Tramonti sono diversi. Partono dalle Rocce Rosse, si schiudono in Albana, passano davanti al Persico, correndo per il Navone, fino a Schiara. Tutta una successione di roccioni roccini roccette. Poi lo scoglio Ferale, che noi chiamiamo Rocca della Gaiada (nome senz'altro più rispettoso), con la croce che ricorda la scomparsa di un ufficiale della Marina. Girando per i Cantoni, si arriva alla punta di Monestaroli. Anche lì le forze armate hanno pagato il loro tributo: un elicottero dei Carabinieri è precipitato sotto i nostri occhi: due morti. Senza dimenticare chi è affogato, per scelta o per disgrazia, o chi è stato stroncato da un ictus sotto il pergolo. O chi si è solamente rotto una gamba con una corba piena d’uva in spalla. O chi si è ammazzato con una bomba per i pesci.
Questo per dire che Tramonti è anche disperazione.

La Rossoa - PersicoMa tiriamo avanti fino allo spiaggione del Nacchè, e così, per curiosità, giriamo attorno alla rocca del Montonao, che nasconde il primo tentativo di stupro: una galleria che arriva sino ai Buggi, dalla quale sgorga un potente getto di acqua dolce e fresca. Fu costruita per essere lo scarico fognario di Spezia, ma per fortuna non fu mai utilizzata, probabilmente grazie anche alle amichevoli sollecitazioni di chi ha preso a ciaponate gli stupratori. Ma non è finita qui! C’è stato un momento, un lungo momento, in cui i pontoni venivano a rubare rocce per rinforzare la diga. Anche qui è volato qualche ciapon, ma il risultato lo abbiamo ora sotto gli occhi: la spettacolare frana della Fossola, ovvero, dove finisce il Nacchè, comincia la frana. Ripeto: l’importante è che la Fossola abbia la luce. Che non si possa più raggiungere il mare, naturalmente a piedi, frega niente a nessuno, con la frana che si è ingoiata anche quel pezzetto di spiaggia che c’era davanti allo scoglio del Merlin.

Proseguiamo! Dobbiamo schivare la secca del Grimaudo, per arrivare alla Pineda, con i suoi splendidi bozi. E’ proprio li che Tramonti finisce, e comincia Riomaggiore, con il parco delle Cinque Terre.Benedetto parco, per i soldini che porta ai politici. Ma tra Tramonti e le Cinque Terre c’è una sottile differenza: a Riomaggiore, a Monterosso e via discorrendo ci sono bar, trattorie, alberghetti; al Persico c’è il Gelso, un grande albero carico di more, ma non è un ristorante. Alla Fossola, oltre che alla luce, c’è la chiesetta dell’Angelo Custode, a Schiara quella di Sant’Antonio (Sant’Antonin, perché è piccola davvero). Ma di ristoranti, manco a parlarne; bicchieri di vino genuino, tanti, ma bar, manco l’ombra.
Voglio dire che Tramonti è un posto dove, tra mille difficoltà, si pratica uno sport estremo: il lavoro per hobby. E a chi dice che siamo matti ad andare in mezzo ad una lama con una corba sul collo, rispondo che se c’è posto per gente come Patrik de Gayardon, ci deve essere posto anche per quelli di Tramonti. Purtroppo c’è qualcuno che si appropria di tutto questo, ora che può rendere qualcosa, quando prima se n’era bellamente fregato. Forse questo qualcuno non si rende conto che Tramonti non è un parco naturale, ma è una colpa e un merito dell’uomo, che l’ha trasformato, e va conservato così com’è: se ci vuole la luce, bisogna farla passare sottoterra; se ci vuole un po' di cemento, perché quel muro frana, bisognaL'è tuta roba vecia! mettercelo. I Verdi e le Amministrazioni devono imparare che a Tramonti deve decidere e giudicare solo la gente di Tramonti. Scusatemi per la poca modestia, ma sono convinto che solo noi che ci siamo nati e ci viviamo, sappiamo cosa è meglio per Tramonti, e non è giusto che faccia parte del parco, con regole da parco dotato di tutti i comfort. Come dice uno che era di noi, e che ora si schiera, fingendo ragioni politiche, ma nel suo cuore ben sa che Tramonti non sopravviverebbe a regole come quelle di un parco: "Per ora facciamo solo le Cinque Terre originarie. Si fa sempre tempo dopo ad entrare nel parco".   Ecco, pensiamoci bene, prima di trasformare Tramonti in un locale pubblico, dove, per togliere di mezzo un pino che mi cresce tra le viti, o per preparare un "zervadin", devo farmi dare il permesso, sempre che sia possibile. Intanto, per andare a Schiara e Monestaroli, il permesso ci vuole davvero: con tanto di sbarra! Riporto un audace commento di uno dei quasi veci della zona: "Le sbarre le mettevano i tedeschi" Le regole del parco di Tramonti dobbiamo scriverle noi, cioè, i nostri ‘veci’, perché sanno come va trattato. A noi non resta che viverlo, cercando di racchiudere queste regole in un codice comportamentale da rispettare. A Tramonti ci sono le viti e si può fare il bagno in un mare ancora pulito. Non ci sono bar o ristoranti. Non è nè Disneyland nè il Gran Paradiso, ma qualcosa di unico e di diverso. Deve essere come dare la propria parola d’onore: teniamocelo così, semplicemente rispettandolo.

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