Pubblico un’intervista esclusiva a Hevia, una star di prima grandezza della world music europea; una di quelle “esclusive” rimaste inedite per la “prematura scomparsa” della rivista Traditional Arranged. E’ stata raccolta il 15 dicembre 2003 da Ilio Amisano e rappresenta solo una piccola gemma di tutto quello che poteva essere letto sulla rivista in questi anni. Prima abbiamo una scheda della nostra collaboratrice Lorena Chiara e alla fine una intervista fatta da un giovane apprendista. Come la interpretiamo? Come un epitaffio sulla rivista o come un incitamento a riprendere le attività giornalistiche?

Loris Böhm



Un asturiano da hit parade

Josè Angel Hevia è un musicista che pochi non conoscono, anche se credo che tale conoscenza, molto spesso, si fermi al “singolo” che alcuni anni fa lo ha portato in testa alle classifiche mondiali. Il brano in questione, indubbiamente gradevole e di facile ascolto, non è però il più significativo di un progetto musicale molto più articolato, e soprattutto di un CD che evidenzia un gusto particolarmente raffinato nel coniugare musica tradizionale ed esigenze di mercato, con una accurata scelta di brani e in cui la sua cornamusa elettronica interpreta fedelmente le sonorità di altri strumenti ad ancia della area celtica europea.
Quando lo scorso autunno è venuto a Torino, accompagnato dalla simpatica e graziosa fidanzata dominicana, abbiamo conosciuto una persona dinamica, curiosa ed ironica. Al suo arrivo, dopo esserci consultati sul come intrattenerlo nel fine settimana, abbiamo pensato di cogliere l’occasione di una fortuita coincidenza di data e portarlo a Cantoira (piccolo centro delle Valli di Lanzo) per fargli conoscere una singolare tradizione alpina, la battaglia delle Reines, in cui vacche dall’aspetto imponente si affrontano a robusti colpi di corna, per rivendivare ognuna la propria supremazia, con grande dignità e rispetto reciproco e, a differenza delle cruente tradizioni iberiche, senza spargimento di sangue.
Il nostro amico asturiano ha apprezzato molto. Forse lo hanno colpito soprattutto l’ambiente “vero” della montagna, le persone, i riti, i canti a battaglia finita, quando il vino scalda i corpi e gli animi e l’atmosfera che si crea è comune a tutte le culture popolari, non ultima quella di una terra di pastori e montanari come la sua. La festa è poi proseguita in un’osteria del paese dove, complice l’ambiente conviviale, la buona cucina ed il buon vino piemontese, la nostra celtic star ha sfoderato la sua gaita asturiana, quella vera, in ebano e argento, e la sua anima “trad” ha preso il sopravvento, proponendo melodie tradizionali della terra in cui è nato, che ben si accompagnavano ai canti autoctoni che si levavano spontanei nell’euforia etilica del momento.
Visti gli sviluppi inaspettati della giornata, abbiamo preferito aspettare il giorno successivo per ritornare ognuno al proprio ruolo di intervistatori ed intervistato, con la necessaria professionalità.

Lorena Chiara




Il tuo successo in Italia è dovuto a quello spot televisivo che ancora tutti ricordano... ha lanciato più la tua musica che l’oggetto stesso della publicità. Questo significa che la musica folk ha bisogno di grande risonanza per uscire dalla nicchia e ha le stesse potenzialità del rock e della teknodance?

Anche a me piacerebbe ricordare lo spot che servì così tanto alla mia musica in Italia ma non sono mai riuscito a vederlo. Mi piacerebbe averne una copia. Ho sempre pensato che fosse interessante utilizzare la mia musica per spot televisivi, lo avevo già fatto anni fa in Spagna. Curiosamente credo che sia in Italia, sia anni prima in Spagna, si trattava di case automobilistiche. Marche differenti ma entrambe con il suono della mia gaita.
A volte mi chiedono se mi sembra un destino degno per la mia musica. E’ chiaro che oggi, per vendere auto, detersivi, libri, ecc... bisogna apparire in televisione. Non so cosa succede esattamente in Italia, però in Spagna la televisione è diventata una tale spazzatura che l’unico ambito creativo e di qualità è la pubblicità. Quindi suonare per uno spot è il meglio che si possa ottenere in televisione. Non dirlo troppo forte che la musica è diventata più popolare del prodotto altrimenti i creativi pubblicitari cominceranno a chiedere soldi ai musicisti invece di pagarli. In quanto al potenziale del folk credo sia lo stesso di qualsiasi altro tipo di musica, solo abbiamo bisogno di più artisti e non autoemarginarci in un settore minoritario. A volte è il musicista folk stesso che si dirige ad un pubblico selezionato e credo sia un errore. Siamo tutti musicisti e come tutti abbiamo il nostro complesso di “protagonismo” e dobbiamo riconoscere che vogliamo che la gente ci ascolti e più ce n’è meglio è.

Dopo quello spot televisivo non se più apparso. E stato un episodio isolato oppure seguiranno altre apparizioni simili?
Tutti gli anni tengo concerti in Italia, un paese che mi incanta. Tra latini non ci sono quasi barriere linguistiche, sappiamo apprezzare allo stesso modo la musica, il cibo, il bere, la conversazione. Se dovessi emigrare e potessi scegliere verrei sicuramente in Italia. Oggi continuo a partecipare a show televisivi italiani, però come vedi, la percezione tratta da uno spot ripetuto molte volte in una settimana è molto maggiore di quella di una trasmissione in orario di massimo ascolto. Questo mi da ragione, gli spot pubblicitari sono il meglio della televisione.

A distanza di qualche anno dalla tua esplosione, adesso sembra che di te si parli meno, eppure le tue ultime produzioni sono molto valide, dipende sempre dal discorso della risonanza televisiva, fondamentale per questo genere musicale, o esistono altri canali percorribili?
Per me la musica celtica o la musica folk non sono diverse da altri generi musicali. Tutte sono sottomesse alla stessa dittatura dello show business, delle società discografiche, della radio e televisione.
Qualche volta un artista riesce a far arrivare un suo prodotto in testa alle classifiche e questo può accadere una volta nella vita, nessuna o più volte, però è sempre indipendente dalla capacità dell’artista. A me è successo una volta e mi è andata abbastanza bene le due volte seguenti. Non so quanti dischi venderò in futuro però so che lavoro ogni giorno con lo stesso entusiasmo con cui feci il primo. Quello che ottenni con il primo fu di raggiungere uno status di indipendenza che oggi mi permette di fare quello che desidero nella musica.

Sei attualmente in una situazione in bilico tra il pubblico folk e quello pop-rock, anche per i costi molto elevati dei tuoi spettacoli, difficilmente sostenibili da organizzatori folk, ma fuori tema per gli organizzatori rock. Con quale pubblico hai più feeling?
Il miglior feeling ce l’ho con chi si siede ad ascoltare uno dei miei concerti con la mente aperta, lasciandosi trasportare dalla musica per trarne piacere. Non amo dare etichette al pubblico. Certo i miei concerti sono cari per il circuito folk, si tratta di una grande produzione che a volte riunisce fino a cinquanta artisti. Come ti dicevo, qualche anno fa ho raggiunto uno status che oggi mi permette di scegliere, fare quello che mi piace, perché non devo fare molti concerti. Preferisco mantenere attiva questa produzione. In ogni caso ho anche una formazione molto più ridotta, di cinque musicisti sul palco, otto persone in tutto. Con questa formazione mi piace fare concerti in teatri o piccoli festival e ti assicuro che il cachet non è così caro da tenerci fuori dall’ambiente folk.
Infine ho un’altra formazione nella quale suono a volte in coppia tradizionale asturiana, gaita e tamburo, con mia sorella Maria Josè, in poche occasioni ogni anno e quelle si che sono occasioni molto speciali.

Hai una fabbrica di strumenti, non hai intenzione di mettere in commercio dei modelli come la tua gaita multitimbrica di cui si è tanto parlato?
Si, ed è proprio l’inserimento della gaita elettronica nel catalogo degli strumenti prodotti dalla fabbrica che mi ha portato a Torino, dove stiamo lavorando in collaborazione con eccellenti tecnici elettronici e musicisti, nello sviluppo della versione commerciale dello strumento, anzi, chi è interessato può visitare il sito web della fabbrica: www.arhpa.com .

A quale progetto futuro tieni in modo particolare?
Sono sempre impegnato con le mie due attività principali, da una parte la fabbrica di strumenti, con l’obbiettivo di commercializzare la gaita elettronica dall’inizio del 2004, dall’altra lavoro ogni giorno nella produzione del mio prossimo disco.

Ilio Amisano



Alcune domande di un giovane aspirante musicista (Sebastiano Ferraris) alle quali ho risposto con molto piacere.

Tutti ti conoscono come Hevia, chi sei in realtà?
Un suonatore di cornamusa, un gaitero.

Dove e quando sei nato?
A Villaviciosa, Asturia, 11 Ottobre 1967.

Cosa ti ha spinto a venire qui a Torino?
Sono venuto per lavorare con liutai italiani nella versione commerciale della gaita elettronica.

Cosa pensi di Torino come città?
Conobbi Torino nel 1986 in occasione della Europeade, un festival di gruppi folcloristici. Ho ricordi di gioventù molto belli di questa città e volevo tornarci. Ricordavo la mole Antoneliana, il Palazzo Madama e la piazza Castello, la piazza Carlo Felice. il Palazzo Vela, il Museo Egizio e .... Gianduja.
E’ spettacolarmente grandiosa. Una città quadrangolare dove ogni casa è un palazzo. La più piccola delle sue piazze sembra più grande della piazza maggiore di qualsiasi città spagnola.

Perché hai deciso di mettere nel tuo video dei musicisti vestiti da scozzesi con cornamuse tipicamente scozzesi; quando la gaita non viene propriamente da lì e quando tu stesso non sei scozzese? E’ stata una tua decisione?

Nei miei video compaiono gaiteros asturiani con gaite asturiane e con il nostro costume tradizionale, eccetto in Tanzila, del mio secondo disco dove compaiono gaiteros dell’esercito giordano vestiti da militari con copricapo tradizionale beduino.
In ogni caso, anche se in Asturia la gaita si suona da molti secoli, come in Scozia, non dobbiamo dimenticare che parliamo di musica e non vorrei chiedere ad un musicista l’esame del DNA per sapere se appartiene o no ad una determinata etnia, per cui ha il diritto o meno di suonare lo strumento che più lo rappresenta. Qui in Piemonte ho conosciuto un gaitero che suona anche la gaita asturiana e mi sembra fantastico. Io non suono la cornamusa scozzese però non dubitare che se un giorno mi verrà in mente lo farò con molto piacere. Naturalmente ogni decisione che riguarda la parte sia artistica, musicale o estetica che riguarda la mia professione, la prendo io.
Si dice che un artista, quando vende molti dischi, non decide lui ma la sua compagnia discografica. Nel mio caso non ho mai permesso questo, non è la strada più facile ma è possibile. Me ne assumo sia gli onori che gli eventuali oneri.

Tempo libero. Cosa fai quando non suoni?
La mia altra grande passione sono le auto d’epoca. Non sono proprio un collezionista, non mi piacerebbe averli immagazzinati in un museo. Ogni settimana percorro circa duecento chilometri con la mia Citroen 11 del 1954 o vado per le strade asturiane con una moto BMW con sidecar del 1937. Faccio piccole riparazioni, visito fiere del settore e cerco pezzi di ricambio... E’ qualcosa che mi permette di evadere dalla musica professionale. Quando riesci a portare a termine un viaggio, stai offrendo un omaggio alla tecnologia umana, con qualcosa che continua ad essere utile molti anni dopo che è terminata la sua vita prevista. D’altro canto, quando arrivi con l’auto antica in un paese, hai garantita l’amicizia e la conversazione con gli anziani del posto. Quando vai in città, o per esempio in un vicolo di Madrid, tutti ti cedono il passo e i volti si fanno sorridenti.

Puoi delineare un limite entro il quale la tecnologia non deve interferire con la tradizione?
No, non posso. Tradizione è una successione di fatti cronologici, culturali e sociali che il popolo ha fatto suoi e mantiene nell’uso comune. La nostra generazione, il nostro tempo, non è altro che uno di questi stadi e quindi non possiamo sapere quali degli elementi, che fanno parte di questo periodo, saranno assunti dal popolo e quali no. Probabilmente, tra cento anni, le cornamuse elettroniche saranno considerate tradizionali, o probabilmente no, però non potranno deciderlo ne i puristi ne gli innovatori ma solo l’utilizzo che ne farà il popolo.