Lo Stemma degli Orlandi, visibile sul fonte battesimale della Chiesa di S.Andrea Apostolo a Sassetta |
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Castello di Sassetta sorse, probabilmente come contrafforte per la difesa della
costa tirrenica dalle incursioni dei pirati saraceni, certamente prima del
Mille. Ne furono feudatari gli Orlandi della Sassetta, ramo degli Orlandi Pellari, una delle potenti famiglie pisane che facevano
risalire la loro discendenza fino ai sette
baroni ai quali l'Imperatore Ottone I affidò
la Toscana nell'inverno del 961, dopo la sua incoronazione in Roma. La famiglia
degli Orlandi si faceva risalire anche ad un leggendario Giovanni detto Nanni,
uccisore nel 1109 di un terribile serpente che sputava zolfo dalla bocca, e che
per questo avrebbe ricevuto onori e ricompense dall'Imperatore Enrico III (che era
già morto da tempo: anacronismo non infrequente nelle leggende), e posto nello
stemma di famiglia la figura del drago. Al di là delle leggende e delle
tradizioni, il primo Orlandi storicamente documentato fu un Rodilando,
al cui figlio Gualando fu confermato il feudo della
Selva Palatina nel 1081 da Enrico IV; il
Feudo fu confermato anche nel 1112 dalla Contessa Matilde di
Toscana. Gli Orlandi furono feudatari della Selva Palatina di Migliarino,
di Colleviti in Val di Nievole, di Pescia, e del
Castello della Sassetta in Maremma.
La più antica
notizia storica riguardante gli Orlandi della Sassetta si riferisce alla presa
di Maiorca delle Baleari da parte della Repubblica di Pisa, alleata di Raimondo
Berengario III di Barcellona,
nel 1114-1115. Fra i prigionieri, si narra che vi fossero la regina, vedova del
re Nazaradeolo
(ovvero Mubasir Ibn Sulayman, che aveva assunto il titolo di Nàsir ad dawah, “campione dello Stato) deceduto durante l’assedio, ed il figlio, che furono condotti a
Pisa. Entrambi si convertirono al cristianesimo ed in seguito, il giovane,
battezzato Lamberto fu rimandato a governare il suo paese sotto la direzione d’uno de’ più potenti cittadini della Repubblica,
(…) Benedetto Orlandi, signore della Sassetta.
E’ stato più
volte citato un Ranieri di Tigrino,
che si distinse nei combattimenti; ma pare proprio che si trattasse piuttosto
di Rainerius cum Tegrimo, Rainera proles (citato nel “Liber maiolichinus
de gestis Pisanorum illustribus), cioè forse un Ranieri Tegrimi, che comunque nulla aveva in comune
con i Sassetta, se non una probabile comune appartenenza alla potente
consorteria degli Orlandi. Forse l’equivoco nasce dal carducciano, ma
successivo e comunque leggendario, Tigrin della Sassetta.
Nel
1238 Ugolino e Ranieri Orlandi della
Sassetta sono tra i firmatari della pacificazione avvenuta a S. Maria a Monte tra Comuni e Nobili
del contado pisano; Pirro della Sassetta
comandava una nave pisana alla battaglia della Meloria;
Nel
1252, Pannocchia
degli Orlandi assalì il monastero di San Pietro in Monteverdi (territorio della nemica Volterra),
uccidendone l'Abate, cacciandone i frati e saccheggiando e devastando la Badia
di Palazzuolo. Uno dei frati riuscì comunque a fuggire, portando con se una
statua della Madonna in legno nero di ebano; successivamente ritrovata in
circostanze miracolose ai piedi di un frassine,
quell'immagine è oggi venerata presso il Santuario della Madonna del Frassine in Monterotondo Marittimo. Una voce popolare
vuole che i sassetani siano ancor oggi, per quell'episodio, sottoposti a
scomunica. Nel 1288 Pannocchia aiutò i Guelfi fiorentini nella conquista di Pontedera; due anni dopo fu Console
pisano a Tolemaido,
dove morì combattendo i Musulmani.
Il
più famoso Tigrino della Sassetta, è un personaggio
leggendario, citato (e forse inventato) dal Carducci nella sua Faida di Comune; al seguito di Uguccione della Faggiola, Tigrino
sarebbe stato, all'assedio di Lucca
del 1314, e protagonista del momento (questo sì storico, raccontato anche da
Albertino Mussato) in cui i Pisani scrissero sulla Porta di San Fridiano, davanti ad un'antenna da cui pendevano quattro
specchi, col sangue di un prigioniero, la truce minaccia "or ti specchia, Bonturo
Dati - che i Lucchesi hai consigliati”.
Nel
corso del 1400, dopo la morte del Duca Gian Galeazzo
Visconti, quasi tutta la Toscana cadde sotto il dominio di Firenze;
l'antica rivale Pisa fu, già nel 1406, ceduta da Gabriele Maria
Visconti, e conseguentemente anche Sassetta, territorio pisano, entrò nella
sfera d'influenza fiorentina: ma non per questo cessò la fedeltà a Pisa degli
Orlandi della Sassetta, che non persero occasione per partecipare ad ogni
tentativo di ribellione ed insurrezione, arrivando, cento anni dopo,
addirittura a perdere il feudo. Già nel 1433 Ranieri di Tommaso Orlandi fu condannato a morte; la condanna fu
poi sospesa e quindi annullata nel Giugno 1434. Da notare la coincidenza delle
date con quelle della condanna all'esilio e del ritorno di Cosimo
Medici il Vecchio.
Con
l'avvento al potere dei Medici, le cose sembrano infatti cambiare, e gli
Orlandi appaiono in buoni rapporti con i futuri Granduchi; in particolare con Lorenzo il Magnifico,
con cui intrattengono un intenso carteggio; nel 1472 Iacopo di Ranieri Orlandi scriveva a Lorenzo "... ho cacciato e fatto cacciare per
pigliare selvaggina assai e tutto quello che si fussi
preso ero designato mandare alla signoria Vostra ... " e " ... con cento cavagli ad ogni
comandamento sono parato cavalcare e stare di dì e di noete
... " alimentando così fino da allora la fama dei Sassetani cacciatori
e guerrieri. Nel 1475 Iacopo fu nominato Cavaliere e Capitano delle milizie
fiorentine, e successivamente gli Orlandi della Sassetta sono ripetutamente
elencati tra coloro che offrono i Palii a Firenze per S. Giovanni. Da Campiglia
il 27 Gennaio 1478, Iacopo scriveva a Lorenzo de' Medici che Alfonso, Duca di Calabria (ovvero Alfonso II d'Aragona,
Duca di Calabria dal 1458 e Re di Napoli nel 1495) aveva violato il suo
salvacondotto, anzi “molti altri più
delle genti sua avevano danneggiato i beni della Sassetta, avevano ingiuriato
gli Orlandi” tanto che suo nipote Pietropaolo,
uscito dal Castello, aveva assalito gli uomini del Duca, “uccidendone sette od otto”: a riprova del carattere e delle
pulsioni guerresche degli Orlandi di Sassetta. Era da attendersi una
rappresaglia molto pericolosa per il borgo e correva voce che il Duca volesse
incendiarlo. Per la sua difesa occorrevano subito una cinquantina di fanti e
dieci o dodici balestrieri a cavallo; suo nipote li aveva chiesti ai Signori Dieci di Balia ma, non vedendo
risposta, Iacopo li chiedeva direttamente a Lorenzo.
Dopo la morte del Magnifico (1492), la calata di Carlo VIII (1494) provocò la cacciata dei Medici ed una crisi interna dello Stato di Firenze, che portò ad agitazioni e ribellioni in tutta la Toscana; nel 1496 Ranieri di Pietro Paolo fu inviato a combattere la ribellione di Pisa, e non esitò a passare ai pisani assediati. Ranieri fu perciò sempre in odio a Firenze, che deliberò di distruggergli il Castello di Sassetta; e già nel 1503 Nicolò Machiavelli scriveva al Capitano di Campiglia, Girolamo de' Pilli: “Questa mattina si è ricevuta la tua de' nove contenente in che termine si trovi l'opera del ruinare la Saxeta …” e “in somma farai questa opera in modo che messer Rinieri né alcuno altro vi si possa ridurre, né farne nidio di tristi, come gli é stato per il passato”.
Ranieri
fu stimatissimo guerriero, e negli anni successivi combatté al soldo di Cesare Borgia (il
Valentino), della Repubblica di Venezia, dell’Imperatore Massimiliano
d’Asburgo, del viceré di Napoli Consalvo
da Cordoba e del Papa
Leone X; con la fine dell’insurrezione pisana (1509) ottenne il perdono e fu
reintegrato nel possesso del feudo.
Nel
1507, Pietro Paolo aveva tentato di proteggere i suoi possedimenti dalla
confisca fiorentina, assegnandone fittiziamente una cospicua parte in dote alla
figlia Clarice, andata in sposa a Fazio della Gherardesca; ma da questo nacque un litigio, al culmine
del quale (nel gennaio 1514) Geremia della Sassetta uccise il cognato Fazio
della Gherardesca. Oltre cento anni più tardi, nel 1627, anche i Ramirez da Montalvo,
subentrati agli Orlandi nel possesso del feudo della Sassetta, dovettero
fronteggiare le pretese dei Gherardesca, che
reclamavano quei diritti.
Per
aver mancato di presentarsi ad una convocazione della Signoria Fiorentina,
Ranieri fu infine nuovamente dichiarato ribelle insieme al fratello Geremia ed
esiliato il 15 ottobre 1516; il feudo fu confiscato e venduto, già nel 1517, al
Capitolo dei Canonici di Firenze, per la somma di 901 scudi d’oro (l’atto fu
però ben presto invalidato, perché il feudo valeva molto di più). Nel gennaio
del 1518 fu redatto l’atto di sottomissione e i nuovi Statuti del Castello
della Sassetta.
Ranieri
non si rassegnò mai alla perdita del Feudo, e si conoscono diverse sue lettere
nelle quali chiedeva al Papa e a Giovanni dalle
Bande Nere di intervenire in suo favore presso la signoria fiorentina; ma
nel 1520, coinvolto nelle accuse di tradimento mosse a Giampaolo Baglioni
(a sua volta condannato a morte dal Papa Leone X), Ranieri fu arrestato “preso nella Sassetta proprio” e giustiziato.