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primi anni del 1500 furono , per Sassetta, portatori di grandi cambiamenti.
Il 4 settembre 1503 il Castello della Sassetta era stato conquistato e praticamente raso al suolo, per ordine di Nicolò Machiavelli, da una truppa fiorentina agli ordini del Capitano di Campiglia Girolamo de’ Pilli; e il 15 ottobre 1516 la Signoria Fiorentina aveva condannato all’esilio Ranieri degli Orlandi della Sassetta, ultimo Signore del luogo di quella casata, insieme al fratello Geremia, a causa della loro fedeltà all’ormai sconfitta Pisa e dei loro continui tentativi di ribellione.
Da Roma, dove si era rifugiato presso un altro fratello, il prelato Don Antonio, alto esponente della curia papale, Ranieri non mancò di indirizzare al Papa Leone X e a Giovanni dalle Bande Nere, entrambi della famiglia dei Medici per cui aveva militato, numerose lettere in cui chiedeva di essere perdonato e reintegrato nei suoi possessi; ma le sue richieste erano destinate a non avere esito alcuno.
Già il 12 dicembre 1517, il Castello di Sassetta fu venduto all’incanto, e acquistato dal Capitolo dei Canonici di Firenze ; e infine, il 25 agosto 1520, un bargello fiorentino “con 50 cavalli leggeri” riuscì a catturare Ranieri, che si trovava “ne la Sassetta proprio”, avendo probabilmente ripreso possesso, verosimilmente in modo abusivo, di quello che rimaneva del suo Castello; e a Colazzi, poco fuori Firenze, Ranieri fu giustiziato ed ebbe definitivamente termine l’influenza della sua Casata su Sassetta.
Il 21 novembre del 1524, dopo il ripossessamento dai Canonici di Firenze (il prezzo pagato –appena 901 Scudi d’oro- era evidentemente lesivo, e il Fisco, appellatosi al nuovo papa Adriano VI, ne ottenne la restituzione), il feudo sassetano fu ancora venduto al pubblico incanto, stavolta per 2.400 fiorini d’oro; ma ancora non terminarono le peripezie, per Sassetta e per i suoi Signori.
Il nuovo acquirente era infatti Filippo di Filippo Strozzi, che aveva sposato Clarice figlia di Lorenzo il Magnifico, e che era in contrasto con il Duca Alessandro dei Medici, che poteva vantare una discendenza meno diretta dal Magnifico e che era assai meno apprezzato dai fiorentini, fino a che lo Strozzi promosse il secondo bando (la “terza cacciata”) dei Medici nel 1527.
Dopo il ritorno dei Medici gli Strozzi furono esiliati a Venezia, e Filippo, alla guida degli esuli antifiorentini, venne definitivamente sconfitto nella battaglia di Montemurlo (1537), e successivamente morì in prigione; quanto a Sassetta, si perse perfino la memoria di questi Signori, tanto che nei bandi successivi il feudo è citato solo come “stato possesso del Signor Ranieri e di altri Signori di detto locho”).
Il 25 Marzo 1539, Cosimo dei Medici investì della Signoria di Sassetta il Capitano Matteo Sabatini da Fabriano, che aveva partecipato alla difesa di Roma contro il Sacco dei Lanzichenecchi (1527), e che quindi era fedele alla Casata, cui apparteneva anche il Papa Clemente VII.
A Sassetta il Capitano, secondo una voce popolare, “venne, vide, e partì” spaventato da Sassetta e dai sassetani. O più realisticamente, come pare dai documenti, fu il figlio Sabatino che, successogli nel 1540, per inosservanza delle leggi perse il feudo.
Così, il 13 marzo 1543 subentrò Pirro Musefilo da S. Genesio; già segretario del Duca Alessandro, ricoprì importanti incarichi anche alla corte di Cosimo I; nel 1539, era stato proprio il Musefilo ad accompagnare in Firenze Donna Eleonora di Toledo (cui Pirro fu sempre carissimo), figlia di Don Pietro Viceré di Napoli, che il 6 Giugno di quell’anno “con solennissima pompa” era andata in sposa a Cosimo dei Medici.
Pirro fu sempre al servizio di Cosimo (fu Segretario del Granduca, esperto di linguaggi cifrati, Ambasciatore a Napoli e in Spagna …) e ottenne in seguito anche la dignità comitale, venendo investito dal Viceré di Napoli del titolo di “Conte di Castel Sassetta”.
Ma anche questa infeudazione fu di breve durata perché, alla sua morte, avvenuta verso il 1562, il figlio maggiore (come risulta da una successiva Supplica della vedova) era prigioniero dei Turchi e gli altri ancora infanti, e così non poterono o non seppero fare le pratiche opportune per la successione.
In questo periodo, per i continui mutamenti e verosimilmente anche per la poca attenzione e cura dei feudatari, la comunità di Sassetta visse uno dei suoi momenti di maggior disagio: in quegli anni, ci informa don Garzia di Montalvo nei suoi Ricordi, “chi aveva tante castagne da ingrassare (cioè allevare) un maiale si chiamava ricco”.
I tempi erano cambiati e Sassetta, da “luogo forte et in xu confini tra noi e Senesi et Piombino”, come la aveva definita Guido Mannelli nel 1498, era passata a essere un piccolo feudo tranquillamente incastonato nei domini fiorentini; e i sassetani, da Capitani di Ventura che erano stati, erano adesso, i Signori dei (relativamente) tranquilli cortigiani, e i paesani contadini e artigiani.