Karl
Raimund
Popper nasce a Vienna nel 1902 e si laurea in filosofia nel 1928, dopo
aver abbandonato la scuola pubblica nel 1918 per proseguire gli studi
da solo. Lavora nella clinica di consulenze per l'infanzia di Adler,
ottiene l'abilitazione per l'insegnamento nelle scuole primarie nel
1924. Nel 1929 ottiene l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole
secondarie. Nel 1937, prima dell'annessione dell'Austria da parte della
Germania nazista, si trasferisce in Nuova Zelanda (Popper era di origini
ebraiche). Da rilevare l'atteggiamento interventista che lo contraddistinse sulla questione delle guerre in Corea e in Vietnam, in nome di una lotta senza quartiere contro il male del totalitarismo. Opere principali: Logica della scoperta scientifica (1934); La società aperta e i suoi nemici (1945); Miseria dello storicismo (1957); Epistemologia, razionalità e libertà (1966); La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale (1976); Società aperta universo aperto (1982); La lezione di questo secolo (1992).
Sommario 1b. Il "tacchino induttivista" 3.
Il criterio di falsificazione: 4. La rivalutazione della metafisica 5.
La critica allo storicismo (e al totalitarismo) La prima critica che Popper rivolge alla scienza è quella al processo induttivo, ovvero la formulazione di una teoria generale derivante da una ripetizione empiricamente osservata dei fenomeni. In pratica, l'atteggiamento scientifico sostiene di poter derivare le sue teorie aventi valore universale dall'osservazione ripetuta di un processo causa/effetto, se questo processo si ripete sempre uguale in relazione a due fenomeni si usa affermare che essi sono universalmente legati da una legge necessaria e universale (per una critica analoga a questo processo si vedano Hume e Stuart Mill). Si possono distinguere l'induzione per enumerazione e per negazione: L'induzione per enumerazione non può essere valida per il semplice motivo che non basta osservare la ripetizione di un fenomeno un certo numero di volte per poter affermare che questo si possa ripetere identico anche in futuro (ad esempio, non basta prendere atto che tutte le fragole mature di un campo siano rosse per affermare che ogni fragola nascerà sempre rossa, questa, secondo logica, è una abitudine a riscontrare una frequenza, ma tale frequenza non può escludere in senso assoluto l'eventuale apparire di una fragola blu a rigor di logica). Basterebbe quindi che il fenomeno osservato si ripeta in modo diverso una sola volta per confutare la teoria che generalizza l'evento, e nessun numero di osservazioni ripetute, a meno che non siano infinite, può garantire che il processo sia regola universale. L'induzione per negazione si basa invece sull'eliminazione delle teorie errate. In base a questo metodo, in un gruppo di teorie basterebbe eliminare quelle non valide per poter affermare che quella che rimane sia la teoria giusta. L'errore in questo caso è il considerare finito il numero di teorie rivali. In realtà, lungi dall'essere un gruppo ristretto, il numero di teorie rivali è potenzialmente infinito. Riassumendo, Popper afferma, seguendo la tradizione dell'empirismo che va da Hume a Stuart Mill, che l'abitudine ad osservare la ripetizione di un evento non può essere presa a fondamento per stabilire una connessione e una regola universale che esprima una qualsiasi necessità riguardante l'evento. I fatti sono individuali e specifici, nessuna osservazione del fatto specifico può fondare principi che generalizzano la singolarità degli eventi.
Esiste una storiella relativa alla critica all'induzione, la quale, pur originariamente pensata da Bertrand Russell (la storiella è citata nel The Problems of Philosophy), viene comunemente attribuita, nella sua forma più elaborata, a Karl Popper: è la storiella del "tacchino induttivista" (inductivist turkey). Popper descrive questa situazione: esisteva un tacchino in un allevamento al quale veniva portato il cibo sempre alle 9 di mattina. Il tacchino osservava dunque che qualsiasi giorno della settimana, che vi fosse stato il sole o il cattivo tempo, il cibo gli veniva portato sempre alla stessa ora. Da queste osservazioni ripetute e identiche in qualsiasi condizione meteorologica e che erano comuni per tutti i giorni della settimana, il tacchino applicò il metodo induttivo quando formulò la teoria seguente: "mi danno il cibo sempre alle 9 di mattina". Tuttavia, alla vigilia di Natale, il tacchino constatò a sue spese il venire meno di questa regola: il tacchino venne ucciso e servito a tavola. Questa storiella dimostra quindi il meccanismo erroneo che porta l'osservazione ripetuta di un fenomeno a fondare una legge universale: ancora una volta è chiaro che nessun numero di osservazioni identiche può affermare nulla circa l'universalità della legge che sembra esprimere.
La formulazione di una teoria scientifica e l'osservazione dei dati empirici implica che la mente del ricercatore sia completamente sgombra da pregiudizi e schemi precostituiti. La mente del ricercatore dovrebbe essere una tabula rasa, svuotata da ogni preconcetto. Questo atteggiamento, l'osservativismo, è per Popper impossibile. La critica di Popper verte sulla considerazione che il ricercatore, per tanto che si sforzi ad eliminare preconcetti derivanti dalla sua formazione e per tanto che si impegni ad astrarre i problemi come se gli fossero davanti per la prima volta, inquini pur sempre la propria analisi se non altro in forza del retaggio di esperienze che costituiscono la sua formazione. Una tabula rasa è una mente vuota, anche se non consapevole, ogni uomo (e il ricercatore è un uomo), nel dare un giudizio, è condizionato sempre da qualche pregiudizio e da qualche dato già formato nella sua mente. Perché un problema scientifico possa essere risolto occorre sempre un certo slancio della creatività: la scienza non può partire solo da nude osservazioni, quando si osserva si ha comunque in mente un problema che deve essere risolto. A tal fine non bisogna escludere l'immaginazione e il genio creativo dal processo di soluzione: il ricercatore e lo scienziato, possono ricavare lo spunto per la soluzione del problema da un intuizione che si rifà al mito, a un sogno, o a considerazioni metafisiche, l'importante è che la teoria venga poi dimostrata nella realtà secondo il procedimento sperimentale. Occorre quindi distinguere il contesto della scoperta dal contesto della giustificazione: la scoperta può attingere a tutto, persino alle problematiche della metafisica, l'importante è la stessa teoria sia poi dimostrata e giustificata scientificamente. Se da un lato il processo scientifico può attingere pienamente a considerazioni di carattere non propriamente scientifico nell'intuizione che va a formare un ipotesi, tale processo rientra nell'alveo sperimentale al momento della verifica dell'ipotesi secondo il metodo scientifico.
Secondo
Popper, perché una teoria sia veramente scientifica, occorre
che possa essere falsificata. Questa
affermazione, in un primo momento paradossale, risponde alla constatazione
che il metodo induttivo non può garantire la veridicità
di una teoria (si veda il capitolo
1). Ogni teoria che si fonda sulla certezza derivante dall'enumerazione dei casi osservati non può esimersi dalla possibilità di un solo caso contrario. Una volta verificata l'eccezione, la teoria, se non confutata, andrà, come mimino, migliorata. Da ciò deriva la necessità di una continua opera di vigilanza sulle teorie e la loro validità, l'atteggiamento che da per scontata la validità assoluta di una teoria impedisce il miglioramento della teoria stessa. Una teoria scientifica che si fonda sul principio di verificazione, per cui essa è vera se dimostrabile empiricamente, presenta il problema che tale teoria, per affermare la regola generale che rappresenta, deve fare fondamento sul processo induttivo. Popper dimostra come il processo induttivo non può essere preso a fondamento per la formulazione di regole generali. La proposta di fondare quindi la validità delle leggi generali su un criterio di veridicità empirica non può essere percorsa. Popper afferma quindi che una teoria non valida in quanto essa è verificabile empiricamente (un'illusione), ma è vera nella misura in cui può essere esposta alla sua falsificazione. Solo se una teoria può essere falsificata di fatto questa teoria rappresenta realmente una connessione con il tessuto empirico della realtà. Vengono qui riproposti, per approfondire l'argomento, alcuni paragrafi già presenti nella scheda sul neopositivismo: Vi è quindi un'asimmetria tra verificazione e falsificazione di un evento: se per verificare l'universalità di una legge non basta far riferimento alla frequenza degli eventi che costituisce il fondamento di questa legge, dall'altro lato basta solo un evento contrario che interrompa tale frequenza a falsificare la legge universale che vuole considerare tale frequenza come eterna. Tale constatazione è nota come "principio di falsificazione". "Una proposizione universale può essere falsificata da un solo caso contrario, mentre nessun numero di casi non contrari, per quanto elevato, può verificarla." (E. Severino, La filosofia contemporanea). Dunque Popper cambia la prospettiva entro la quale viene negata la metafisica: essa non è conoscenza certa non perché le teorie che esprime non sono verificabili empiricamente, ma perché le teorie metafisiche non possono per principio essere falsificate dall'esperienza, poiché la metafisica fa riferimento a un mondo oltre-sensibile. Per i filosofi contemporanei, soprattutto per gli empiristi logici (si veda il neopositivismo), ogni metafisica è considerata un azzardo della ragione. Le metafisiche sono impossibili da verificare empiricamente secondo i metodi rigorosi della scienza moderna, sono considerate quindi delle tautologie (affermazioni che si dimostrano addosso, impossibili da confutare o da verificare in quanto pure speculazioni che trovano la dimostrazione nelle loro stesse premesse, prive di qualsiasi riscontro con la realtà empirica). Popper
rivaluta la metafisica non nel senso che essa debba realmente vincolare
le teorie in modo scientifico, ma la rivaluta in quanto primo stadio
di una intuizione ancora nebulosa ma che può comunque dare un
apporto concreto allo sviluppo della scienza e delle teorie dimostrate
e dimostrabili. Le idee metafisiche sono quindi il prodotto della creatività umana, senza la quale l'intuizione e il colpo di genio non sarebbero possibili (Popper pensa ad una comunità scientifica irrigidita dall'eccesso di razionalità scientifica. Questo tipo di comunità perderebbe molto in termini di creatività ed elasticità mentale).
Popper fu molto critico nei confronti dello storicismo. Lo storicismo è l'atteggiamento di chi vede nello sviluppo storico degli eventi una legge immanente e di chi pretende che tale legge possa anticipare in modo scientifico il futuro dell'umanità (è una critica al pensiero di Hegel ma soprattutto a quello di Marx). Lo
storicismo implica un asservimento dell'uomo alle tendenze sociali,
nella convinzione che queste tendenze siano la manifestazione di una
legge superiore all'individuo stesso. Le dottrine che fanno leva sullo storicismo (come, ad esempio, il marxismo) hanno il grave difetto di non essere falsificabili: esse trovano la propria dimostrazione al loro stesso interno, in senso immanente, e non danno alcuna possibilità alle critiche che si pongono al di fuori di tale visione. In sostanza, ogni teoria o visione del mondo che non dia modo di essere criticata e potenzialmente confutata è in realtà una grave limitazione della libertà dell'uomo. E'
questo è il motivo della lotta politica di Popper: ogni totalitarismo
pretende di vincolare l'uomo entro verità assolute e impossibili
da confutare, questa è una violazione talmente grave della libertà
dell'uomo da giustificare, agli occhi di Popper, anche la guerra, se
questa si rende necessaria nella lotta contro l'ingiustizia del totalitarismo.
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Scheda
di Synt - Ultimo aggiornamento 31-12-2004
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