Edmund
Husserl
nasce a Prossnitz in Moravia. Si laurea a Vienna in matematica e astronomia
con una tesi sul calcolo delle variazioni. A Vienna segue le lezioni
di Franz Brentano, rimanendo influenzato dalla sua teoria del carattere
intenzionale di ogni atto psichico. Comincia quindi a dedicarsi alla
filosofia. Alla sua morte lasciò una grande quantità di manoscritti, 45.000 pagine stenografate, note come l'Archivio Husserl di Lovanio. Da questi manoscritti saranno poi ricavati importanti volumi pubblicati postumi nel 1950, il più importante tra i quali è La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Opere Principali: Filosofia dell'aritmetica (1891); Ricerche logiche (1901); La filosofia come scienza rigorosa (1910); Idee per una pura fenomenologia e una filosofia fenomenologica (1913); Meditazioni cartesiane (1931); La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1950). * Sommario 1. Il metodo fenomenologico: il fenomeno come principio 3.
Il residuo fenomenologico, l'intenzionalità della coscienza 6. La crisi delle scienze occidentali La filosofia di Husserl parte da un assunto fondamentale: per rendere realmente rigorosa la filosofia occorre iniziare uno studio rigoroso su quegli aspetti della realtà che sono realmente certi ed evidenti, ovvero che giungono all'uomo nella loro immediatezza: i fenomeni (dal greco phainomenon, "ciò che appare", da phainomai, "io appaio").
"Nessuna immaginabile teoria può coglierci in errore
nel principio di tutti i principi: cioè che ogni visione originalmente
offerente è una sorgente di conoscenza, che tutto ciò
che si dà originalmente nell'intuizione (per così dire,
in carne ed ossa) è da assumere come esso si dà, ma anche
soltanto nei limiti in cui si dà." (da Idee per una
pura fenomenologia e una filosofia fenomenologica). Il fenomeno della fenomenologia è quindi un concetto radicale: per la disciplina fondata da Husserl, nessuna cosa può essere considerata fenomeno se non si dà alla coscienza, cosicché ogni cosa che un uomo non percepisce degli altri uomini o delle altre cose non può essere oggetto di alcuna deduzione. Se prendiamo un albero, sarà fenomeno originariamente offerente solo la parte di albero che riusciamo a vedere, nessuna deduzione sull'esistenza delle sue radici sarà considerata metodologicamente valida per la fenomenologia. La
fenomenologia si configura così come scienza rigorosa dei fenomeni
nella loro dinamicità, ovvero, scienza rigorosa del divenire
(la disciplina che accoglie il mutamento e la precarietà degli
stati esistenziali nel modo più originale e rigoroso possibile). Se i fenomeni, seguendo il metodo fenomenologico, devono giungere alla coscienza nei limiti e nei modi entro qui si danno, allora è necessario non considerare dei fenomeni un'infinità di "pre-concetti" che si sono formati nel tempo attorno alle definizioni di ogni cosa. Se
di un albero consideriamo il fenomeno puro, come già accennato,
noi ne considereremo solo il fusto e il fogliame, e solo entro la prospettiva
che i nostri sensi (vista, udito, tatto) riusciranno a percepire, è
necessario quindi che vengano esclusi dal computo tutte le nozioni attorno
all'esistenza e alle funzioni delle radici sotterranee, tutte le nozioni
scientifiche riguardanti la struttura delle cellule e le informazioni
riguardanti il processo di sintesi clorofilliana. A questo punto Husserl parla di epoché fenomenologica. L'epoché classica dello scetticismo rispondeva alla necessità di sospendere il giudizio su ogni cosa vista l'irraggiungibilità sostanziale di ogni verità, diversamente, l'epoché fenomenologica risponde alla necessità di sospendere i "pre-giudizi" teorici e scientifici attorno alla verità empirica originaria costituita dal fenomeno, ovvero ciò che si mostra delle cose (delle cose non si mostra, ad esempio, la loro struttura atomica, che costituisce un "pre-giudizio" di origine scientifica).
A questo punto si possono notare analogie tra la fenomenologia di Husserl e il pensiero di Cartesio, relativamente all'idea di cogito. Una volta mondata la coscienza dall'atteggiamento teorico e scientifico che costituiscono gli atteggiamenti naturali per cui la coscienza comprende la realtà (la mente si accinge del tutto naturalmente ad astrarre e a "fare" teorie sulle cose), ciò che rimane di veramente certo e incontrovertibile della realtà è il fenomeno, ovvero l'innegabile manifestazione del mondo entro la coscienza dell'uomo. Tale sedimento originario e non eludibile delle manifestazioni delle cose è chiamato da Husserl residuo fenomenologico, ovvero ciò che non si può negare e che resta a fondamento certo della scienza fenomenologica. Husserl
introduce poi il concetto di intenzionalità della coscienza.
Il contenuto della coscienza, il pensato, si identifica
intenzionalmente alle cose pensate, ciò significa che
i concetti che pensiamo sono il frutto di un rapporto intenzionale che
sussiste tra la coscienza e ciò di cui la coscienza è
cosciente. Ad esempio, quando immaginiamo
un sasso, la coscienza non diventa il sasso, ma identifica intenzionalmente
l'idea di sasso al "fenomeno sasso" che giunge manifestandosi
alla coscienza. Oltre all'epoché fenomenologica, l'altro metodo indicato da Husserl per arrivare "all'igiene psichica" necessaria per percepire il fenomeno nella sua immediatezza e autenticità è la riduzione eidetica. Eidetico significa relativo all'idea. In Husserl riduzione eidetica significa ridurre l'idea di un fenomeno alla sua essenza fenomenica prima e originale, priva di accessori. Riduzione eidetica significa quindi togliere dal fenomeno preso in considerazione tutti gli elementi accessori per ridurlo alla sua ultima essenza percettiva. Non è ovviamente lo stesso procedimento analizzato da Aristotele e relativo all'essenza delle cose (essenza come sostanza ontologica), la riduzione eidetica all'essenziale di Husserl fa riferimento invece all'essenza della percezione del fenomeno. Per arrivare all'oggetto eidetico Husserl propone il metodo della variazione: presi tutti gli aspetti relativi alla percezione di un certo fenomeno, questi aspetti si sottopongono a variazione. Ciò che variando cambierà il significato del fenomeno verrà scartato, ciò che non muta il significato del fenomeno costituirà invece l'essenza percettiva del fenomeno stesso. Ciò che rimane di una riduzione eidetica è quindi il suo residuo fenomenologico: la fenomenologia si configura così come una scienza delle essenze, ma essenze nel significato di contenuti universali della percezione che accoglie la manifestazione dei fenomeni. Nella filosofia di Husserl si avverte, dunque, l'intenzione di ammonire l'uomo sulla possibilità che egli dia alle cose significati che si allontanano troppo dall'essenza originaria dei fenomeni che giungono alla coscienza. Lo scienziato, ad esempio, corre il rischio, nella sua abitudine a formarsi teorie attorno ai fenomeni che accadono nella fisica, di costituirsi dei "pre-concetti" sugli accadimenti, "pre-concetti" che allontanano l'uomo dalla verità originaria dei fenomeni per come si manifestano. Il
mondo è per la coscienza un flusso di percezioni (erlebnis,
esperienza vissuta), e questa ricchezza percettiva troppo spesso si
trova semplificata nell'atteggiamento positivista che vuole cercare
in ogni fenomeno una causa, costringendo gli accadimenti del mondo entro
una logica determinista. Husserl chiama allora questa ricchezza percettiva
che viene in qualche modo negata dall'atteggiamento positivista "mondo-della-vita".
Il mondo-della-vita è la realtà che si presenta
nella sua ricchezza e nella sua complessità.
La caratteristica delle scienze positive è quella dell'astrazione rispetto al soggetto: esse trattano la realtà in modo obiettivo e astratto, eliminando qualsiasi aspetto soggettivo. Anche le scienze umanistiche (psicologia, storia, sociologia), relative quindi alla soggettività umana, tentano di strutturarsi sui metodi delle scienze oggettive semplificando i comportamenti umani, in senso scientifico. Ma il limite delle scienze oggettive, secondo Husserl, è quello di mostrare la realtà senza attribuirgli un significato, di concentrarsi sul come e non sul perché. L'esempio è quello della storia strutturatasi a disciplina: seguendo il metodo positivista la storia viene svuotata di significato e assume l'aspetto di un eterno susseguirsi di popoli che scalzano altri popoli, di guerre e di lotte cicliche: "...le norme che volta per volta hanno fornito una direzione agli uomini, si formano e poi si dissolvono come onde fuggenti, che così è sempre stato e sempre sarà, che la ragione è destinata a trasformarsi sempre e di nuovo in non-senso, gli atti provvidi in flagelli...". La crisi delle scienze occidentali, la perdita di significato che erode la conoscenza vera dei fenomeni, nasce da questa mancanza di senso dell'atteggiamento positivista: lo scienziato che crede di oggettivizzare la realtà è pur sempre parte di una realtà soggettiva (il mondo- della-vita), il distacco tra la scienza e la realtà della vita provoca la mancanza di senso. La
crisi della scienza, in quanto incapace di dare significato alla vita,
viene vissuta come un fallimento dell'atteggiamento scientifico, giustificando
così la caduta nell'irrazionale di larga parte del mondo (contemporanea
ad Husserl era l'ascesa del nazismo, che di lì a poco avrebbe
innescato la II°
guerra mondiale). Secondo
Husserl, il maggior pericolo dell'Europa è la stanchezza: l'occidente
crede che l'atteggiamento scientifico, ovvero il suo prodotto più
originario, "il suo fiore all'occhiello", non sia più
in grado di dare un senso alla vita.
Solo un grande sforzo di volontà che superi il naturalismo, ovvero
la tendenza ad oggettivare tutto, persino lo spirito, può far
superare la crisi. "...dalla cenere della
grande stanchezza, rinascerà la fenice di una nuova interiorità
di vita e di una nuova spiritualità, il primo annuncio di un
grande e remoto futuro dell'umanità: perché soltanto lo
spirito è immortale".
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Scheda
di Synt - ultimo aggiornamento 19-10-2004
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