CARTESIO
Cartesio,
nome italianizzato di Renè Descartes, nacque a Le Haye, in Francia,
da famiglia nobile. Qui cominciò la sua opera filosofica che continuò nell'isolamento dell'Olanda fino al 1649. In questo anno decise di accettare l'invito della regina di Svezia, desiderosa di approfondire gli studi filosofici, l'anno seguente Cartesio morì però di polmonite. Opere principali: Il mondo o Trattato sulla luce (1629-1633); Diottrica, Meteore e Geometria (1637); Discorso sul metodo (1637); Meditazioni metafisiche (1641); I principi della filosofia (1644); Le passioni dell'anima (1649).
Sommario 1. Preambolo: la necessità di una revisione critica del sapere 2. Le quattro regole del metodo 3. 'Cogito ergo sum': il 'cogito' cartesiano 4. I tre generi di idee e l'esistenza provata di Dio 5. 'Res cogitans e Res extensa' 7. La geometria euclidea come modello conoscitivo 8.
Le regole della morale provvisoria
Il problema della ricerca filosofica cartesiana è la definizione di un nuovo metodo di ricerca e di indagine che sia il più possibile obbiettivo e certo, in grado di non commettere più errori. Le recenti rivoluzioni scientifiche avevano imposto la necessità di trovare un nuovo metodo di indagine che non fosse quello aristotelico, un metodo che si adattasse ai bisogni della scienza moderna, più rigorosa e sperimentale. Per questo Cartesio viene riconosciuto tra i fondatori della filosofia moderna, da Cartesio parte infatti quella critica dei metodi di indagine classici (propri della scienza e della filosofia greca e aristotelica), dalla quale si intende partire per rifondare la scienza, nel suo significato forte di tecnica che ricerca il vero e l'incontrovertibile. Troppi errori, ad esempio, erano stati commessi da Aristotele e dai suoi successori in ambito fisico-cosmologico, come attestano scienziati moderni quali Copernico, Keplero, Galileo e Newton, si impose quindi la necessità di iniziare una critica della stessa filosofia, per accertare quali fossero stati gli errori di metodo che portarono alla formulazione di tesi sbagliate.
Cartesio formula così le regole del metodo di indagine moderno, un metodo che avrebbe dovuto portare la filosofia a non incorrere più in quei procedimenti sbagliati che avevano portato in errore certa filosofia classica: 1.
La prima regola è l'evidenza: ovvero non si può
accettare nulla che non abbia il carattere della chiarezza e della distinzione.
E' chiaro ciò che è evidente, la presenza e il manifestarsi
della cosa stessa; è distinto ciò che non si confonde
con le altre cose; 3.
La terza regola è la sintesi:
il problema scomposto nella sue parti semplici va ricostruito a partire
da questi dati, una volta siano stati accettati e provati corrispondenti
alla realtà in modo certo e incontrovertibile;
In
relazione alla prima regola del metodo, Cartesio si trova davanti un
problema tra i più complessi: quali aspetti del mondo si possono
considerare chiari e distinti in modo da prenderli a modello come origine
di tutti i passaggi successivi? Cosa resiste, allora, a questa critica radicale? La risposta di Cartesio è che l'unico aspetto della realtà che viene percepito indubbiamente in modo chiaro e distinto è il pensiero entro il quale il dubbio viene espresso: l'esistenza incontrovertibile di tale pensiero permette di affermare quindi cogito ergo sum (penso dunque sono). Il pensiero (cogito) è quell'entità minima che resiste al dubbio iperbolico e dalla quale si può partire per iniziare ogni ragionamento successivo. Mentre tutta la filosofia antica e premoderna aveva considerato un punto fermo l'esistenza indipendente del mondo, aveva dato cioè per scontanto che il mondo esiste indipendentemente dagli uomini e dalle loro coscienze (tesi che si definisce "realismo"), con Cartesio, e la sua riflessione sul cogito, si inaugura per la prima volta l'atteggiamento per cui si inizia a porsi come problema il reale rapporto di corrispondenza che intercorre tra il mondo e il contenuto del pensiero. "Nella
prospettiva realistica, gli enti della natura e, una volta prodotti,
anche i manufatti dell'uomo, esistono anche senza il pensiero: sono
cose extrasoggettive. La filosofia monderna mostra invece che non solo
i nostri stati inerti, psichici, ma anche gli oggetti esterni, la terra,
gli alberi, il cielo, gli astri e tutti gli enti della natura sono dei
pensati." (E. Severino, La filosofia moderna).
Le
idee sono il contenuto immediato del pensiero, esse si dividono in tre
generi: idee innate, idee avventizie e idee fattizie. Le idee fattizie sono tutte quelle idee false che non hanno nessun riscontro con la realtà delle cose, sono le idee appartenenti alla fantasia e alla falsificazione, inventate dal soggetto pensante. Ora,
Cartesio si pone il problema dell'idea di Dio: questa idea sembra avere
in sé il carattere della perfezione assoluta come già
aveva affermato Sant'Anselmo.
L'uomo è di per sé imperfetto, malgrado
ciò nel suo pensiero alberga l'idea di un essere perfettissimo,
ciò dimostra come questa idea gli provenga da un essere più
perfetto di lui. Si noti comunque come Cartesio dubiti originariamente
dell'esistenza di Dio, antecedendo alla Sua esistenza necessaria la
certezza del cogito (tale procedimento trovera la sua critica
nella filosofia di Spinoza). L'esistenza
di un Dio perfetto e infinito si rivela nell'esistenza delle idee innate,
in quanto non può derivare né dalle idee avventizie (che
hanno in sé i limiti della natura finita) né tantomeno
dalle idee fattizie (le quali sono inventante dall'uomo, imperfetto
e finito per natura).
La
definizione di Dio come essere perfettissimo, eterno e immutabile implica
l'impossibilità stessa di una nozione prodotta dall'imperfezione
e dall'instabilità umana. Ciò
che produce un'idea che ha in se il concetto di perfezione deve necessariamente
essere perfetto, il solo pensare l'assoluta perfezione divina implica
perciò la reale esistenza di Dio. Con la dimostrazione del Dio benevolo e non ingannatore, dunque, Cartesio riesce a dimostrare anche la reale esistenza del mondo materiale, nonché la validità delle leggi matematiche e geometriche che sono espresse dal mondo stesso. La dimostrazione di Dio avviene grazie alla gerarchia della cause, per cui un ente finito e imperfetto (l'uomo che dubita, ossia che "non è in grado di sapere ogni cosa") non può produrre l'idea innata di un ente infinito e perfetto (Dio onnipotente, "che tutto sa"). ll fatto poi che l'idea di Dio come essere perfetto può essere presente nell'uomo solo come idea innata (si veda il perché due paragrafi sopra) garantisce che tale idea è stata impressa nella mente dell'uomo, di tutti gli uomini, da Dio stesso: solo Egli è in grado di creare nella mente di tutti gli uomini una stessa idea. Ed ecco che Dio esiste.
Una volta provata l'esistenza anche della materia, oltre che del cogito, Cartesio divide la realtà in due sostanze distinte: Res cogitans (=cosa pensante), il cogito, il pensiero, ciò che produce le idee, ovvero il contenuto del pensato. La res cogitans è inestesa, ovvero è priva di dimensione spaziale e temporale, non occupa uno spazio definito e non vive un tempo determinato, è dimensione spirituale infinita, senza limiti; sostanza soggettiva. Il pensiero ha la proprietà di avere coscienza di sé. Res extensa (=cosa estesa), il mondo materiale, finito, determinato, entro il quale i corpi e gli oggetti occupano un certo spazio e vivono una certa temporalità; sostanza oggettiva. Le cose estese hanno la proprietà di non essere consapevoli di sé e di sottostare alla meccanica della rapporto causa/effetto. Per Cartesio anima e corpo (ovvero res cogitans e res extensa) sono due realtà (o due sostanze) ben distinte, le quali trovano però un punto di incontro nella ghiandola pineale. E' questa ghiandola che permette alla materia di influire sullo spirito: qualsiasi sensazione fisica passa da questa ghiandola per trasmettersi allo spirito. La ghiandola pineale è quindi l'organo esteso che permette alla sostanza inestesa di penetrare nei corpi e ai corpi di dialogare con la sostanza inestesa. Per Cartesio l'anima è la res cogitans, ovvero il cogito, il pensiero. Tutto ciò che non è pensiero, compreso il corpo umano e compresa la vitalità stessa che lo anima, è un fatto puramente meccanico. Affascinato dalla nascente scienza meccanica, Cartesio definisce il corpo umano come una macchina estremamente raffinata, un congegno meccanico le cui giunture e i cui movimenti sono paragonabili e riconduciblii ai sistemi idraulici, il cervello un quadro di comando (Cartesio come teorizzatore della robotica?). Questa
visione estremamente meccanicistica del corpo umano porta alla conseguenza
che la vita stessa contenuta nei corpi non è altro che una conseguenza
di cause meccaniche e che ciò che muove
i corpi è indipendente dall'anima, l'anima non è la vita,
la vità è conseguenza delle propietà meccaniche
dei corpi.
La
deduzione, ovvero il fare derivare razionalmente da assunti indiscutibilmente
certi la verità, è il metodo logico da seguire nell'analisi.
Ecco allora che il metodo dell'indagine deve prendere a modello la geometria
euclidea, la quale, da cinque soli assunti indiscutibili, fa derivare
una quantità esponenziale di teoremi. Da qui si può capire il problema fondamentale della filosofia di Cartesio, ovvero l'impegno di cercare basi solide, chiare e distinte, sulle quali costruire tutto il successivo edificio filosofico.
Per ciò che riguarda la morale, Cartesio distingue le azioni dalle affezioni: Le prime sono gli atti volontari, le seconde i comportamenti dettati dai sensi e dalle emozioni, atti involontari. La saggezza (come già per i filosofi ellenici) deriverebbe dal non lasciarsi sopraffare dalle affezioni, non tanto perchè siano nocive, ma poiché non permettono una analisi oggettiva delle cose e del mondo. Tuttavia vi sono alcune regole, che Cartesio chiama regole della morale provvisoria, che possono bastare per vivere una vita moderata e saggia: 1.
L'obbedienza alle leggi e ai costumi del paese in cui si vive; |
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di Synt - ultimo aggiornamento Maggio 2004
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