Henri
Bergson nasce a Parigi da famiglia ebraica, studia filosofia, chimica e biologia alla Scuola Normale, si laurea nel 1889. Dapprima insegnante nei licei, la brillante carriera lo porta ad assumere la prestigiosa cattedra al Collegio di Francia dal 1899 al 1921, anno in cui si ritira dalla vita accademica per problemi di salute. Durante la prima guerra mondiale svolge importanti funzioni di diplomatico e nel 1927 riceve il Nobel per la letteratura. Già famoso e celebre (le sue lezioni erano pressoché un evento) morì di malattia durante l'occupazione nazista di Parigi, rifiutandosi di fuggire per condividere il proprio destino con quello della sua gente, malgrado negli ultimi anni della sua vita si fosse avvicinato alla religione cattolica. Opere principali: Materia e memoria (1896); Il riso. Saggio sul significato del comico (1900); Introduzione alla metafisica (1903); L'evoluzione creatrice (1907); Durata e simultaneità (1922); Le due sorgenti della morale della religione (1932). * Sommario 1. Prologo: gli anni dell'ottimismo positivista 2. Tempo 'meccanico' e durata della coscienza 5. La vita è un'onda che travolge la materia *
Bergson, da giovane, fu un ammiratore di Spencer e della teoria dell'evoluzione di Darwin, fu un convinto sostenitore del positivismo e del suo ottimismo scientifico. Se la teoria dell'evoluzione di Darwin permetteva di illustrare la natura come un enorme meccanismo in perenne movimento, dove le forme di vita si evolvevano assumendo forme sempre più funzionali all'adattamento, il positivismo considerava la scienza e l'esperimento capaci di spiegare tutti gli aspetti della realtà attraverso i meccanismi univoci e deterministici della fisica e della matematica. Tuttavia Bergson si accorse ben presto che la natura della coscienza degli uomini e la loro percezione del tempo bastava a mandare all'aria i presupposti del tempo rigidamente determinato in una successione precisa di secondi e millesimi di secondo proprio dell'atteggiamento positivista e che il darwinismo non poteva illustrare comunque la vita in tutta la sua pienezza. Il pensiero di Bergson si inserirà quindi in quel filone filosofico antagonista al positivismo che è lo spiritualismo (la corrente filosofica che ritiene il contenuto della coscienza, ovvero lo spirito, entità che si oppone ad ogni tentativo di riduzione e comprensione deterministica).
La filosofia di Bergson è tesa ad una comprensione radicale del divenire ben più profondamente rispetto a quella comprensione dei mutamenti in senso deterministico che vuole essere il positivismo. Bergson avverte che il divenire, ovvero la fluidità mutevole e irriducibile degli accadimenti del mondo, non può essere in alcun modo determinata in senso rigoroso dalle leggi fisiche e matematiche. Si
prenda, ad esempio, il concetto di tempo (fino a Bergson trattato
in modo decisivo solamente da Agostino):
il tempo proposto dalle scienze deterministiche
è un susseguirsi ordinato e "meccanico" di eventi
(ovvero il tempo è rigidamente determinato nei suoi passaggi
temporali dal passato, al presente e al futuro). Il tempo, per la
fisica, è un sussegursi di fotogrammi, analogamente alla pellicola
cinematografica. Ma questo concetto di tempo risulta fatalmente solo
una semplificazione di una realtà che giunge alla coscienza
in modo più fluido. (Si ricordi anche il paradosso di Zenone, seguace di Parmenide, il quale, constatando che la traiettoria di una freccia era come un insieme di istantanee ferme messe in fila una dopo l'altra, sosteneva che non esisteva movimento alcuno, poiché il movimento non può generarsi dall'immobile). In
realtà, afferma Bergson, la suddivisione dell'azione in istantanee
è un processo a posteriori messo in atto dalla mente umana,
che cerca così di mettere ordine in una realtà che altrimenti
sembrerebbe inafferrabile e incomprensibile (se il tempo non fosse
inteso come un susseguirsi ordinato di ricordi del passato e comprensione
del presente, nulla sarebbe comprensibile). Il "moto di istantanee"
che costituisce il tempo secondo le scienze deterministiche è
quindi una convenzione semplificatoria, la realtà vissuta è
molto più elusiva, non classificabile entro alcun sistema determinato. Dall'altro
vi è invece la realtà meno determinata e più fluida
della coscienza umana: il tempo percepito dallo spirito non coincide
con quello misurato dai fisici. La coscienza percepisce il tempo
come durata, ovvero la coscienza vive il presente prolungandosi
in parte nel passato e in parte nel futuro, vive il presente abbracciando
l'immediato passato e l'immediato futuro, nell'impossibilità
di congelare il presente in un unico momento definito
(il presente è il ricordo dell'immediato passato e l'anticipazione
dell'immediato futuro). Inoltre
la durata della coscienza non necessariamente vive il tempo dando ad
ogni singolo attimo la stessa durata, per la coscienza vi sono attimi
più intensi di altri e attimi più lunghi di altri. Per
la coscienza un attimo può durare un'eternità, altri sembrano
talmente veloci da non potersi nemmeno ricordare. La
durata della coscienza è quindi il moto ondoso del presente
che, tendendo sempre e comunque verso il futuro, trascina con sé
qualche traccia del passato. Per
Bergson il presente è un moto della sensazione che si conclude
nell'azione.
In questo presente fluido e vorticoso, nascono in noi le idee delle
azioni, ma per poterle attuare ci poniamo delle mete da raggiungere,
obiettivi immobili che tentano di afferrare uno stato di fluidità
impossibile da congelare.
Per permetterci l'azione, noi concepiamo la realtà
come un susseguirsi di mete immobili (veri e propri fotogrammi
spirituali), trascurando così tutto il vorticoso fluire
della coscienza tra una meta e l'altra
(se infatti tutto fosse un vortice inafferrabile di significati, non
potremmo agire, la coscienza, necessariamente, tenta di mettere ordine
nella fluidità temporale degli eventi). Ne
L'evoluzione creatrice Bergson critica aspramente l'idea darwiniana
di una natura che tende al continuo progresso della specie economizzando
al massimo le perdite. Lungi dall'essere economa e finalizzata esclusivamente
al progresso e al miglioramento delle speci, la natura è invece
sprecona e priva di qualsiasi fine intelligibile.
Per Bergson lo slancio evolutivo che ha portato, partendo dai semplici atomi, allo sviluppo di organismi viventi complessi, è come un'onda impetuosa che sommerge la materia. Ciò vuol dire che l'evoluzione, nel suo complesso, supera sempre e comunque ogni ostacolo che gli pone davanti la materia, come, ad esempio, l'ostacolo costituito dal lento adattamento alle condizioni ambientali delle diverse forme di vita. Parte
dell'onda si trasforma in vortice e risacca
(i tentativi evolutivi abbandonati), un'altra parte supera l'ostacolo
e si abbatte sulla riva: quest'ultima condizione è l'emblema
della vita umana (ovvero il risultato ultimo di quell'impeto vitale
incontrollato e inarrestabile che finalmente si determina).
Lo slancio vitale che determina l'evoluzione è quindi l'impeto
della vita che esplora le sue possibili combinazioni in ogni direzione,
senza alcuna predeterminazione. Lo slancio vitale è un processo
libero, caotico e assolutamente imprevedibile. Bergson distingue l'intelligenza dall'intuizione, assegnando a quest'ultima una posizione privilegiata rispetto alla prima. L'intelligenza è quella qualità umana che è più strettamente connessa alla qualità della materia cerebrale. L'intelligenza è quindi responsabile dell'interpretazione meccanica della realtà. Essa è razionalità pura, intelletto, per questo l'intelligenza nega la durata della coscienza cercando di mettere ordine nella realtà fluida delle sensazioni. Nonostante
ciò, una parte dell'intelligenza rimane ancora libera dai vincoli
della materia, questa parte è l'intuizione. L'intuizione è
l'istinto dell'intelligenza, un'illuminazione dello spirito, repentina
e istintiva, folgorante. Le
risposte ai grandi quesiti esistenziali sono ancora principalmente intuitive,
la ragione ci lascia ad un certo punto al buio sulle questioni che riguardano
il senso profondo del nostro esistere. "Tuttavia,
l'intuizione sussiste sempre, ancorché vaga e, soprattutto, discontinua,
simile a una lampada quasi spenta, che si rianimi solo a tratti, per
brevi istanti."
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Scheda
di Synt - ultimo aggiornamento 19-10-2004
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