Dalle parti del Dôme

Nudo grande visto di schiena (1886-87) - Degas


«Senti,» dice, «per caso non conosci una fica di nome Norma? Sta tutto il giorno dalle parti del Dôme. Secondo me è lesbica. Ieri è venuta quassù, a grattarsi il culo. Non mi ha lasciato far nulla. L'avevo stesa sul letto... le avevo anche levato le mutande... poi mi è venuto lo schifo. Cristo, non ho più voglia di far quelle lotte. Non ne vale la pena. O te la danno, o non te la danno: è stupido sprecare tutto quel tempo a far la lotta. Perchè mentre tu lotti con una puttanella così, magari ci sono dieci fiche sulla terrasse che muoiono dalla voglia di farsi montare. Vengono qui per farsi montare, tutte. Credono che sia peccato, qui... povere cocche! Certe di queste maestrine che vengono dall'ovest son veramente vergini... dico sul serio! Stan sedute tutto il giorno al cesso a pensarci. Non c'è bisogno di lavorarsele tanto. Muoiono dalla voglia. L'altro giorno ho avuto una donna sposata; mi ha detto che da sei mesi non s'era fatta una scopata. Te lo immagini? Dio, se era calda! Ho avuto paura che mi strappasse l'uccello. E gemeva, di continuo. "Vuoi? Vuoi?" Lo diceva di continuo, come se fosse matta. E lo sai cosa voleva? Voleva venire a star con me. Te lo immagini? Non sapevo nemmeno il suo nome. Io non li so mai, i nomi. Non li voglio sapere. Le sposate! Cristo, se tu avessi visto tutte le donne sposate che ho portato quassù, non ti faresti più illusioni. Son peggio delle vergini, le sposate. Non aspettano che sia tu ad attaccare - te lo tirano fuori loro. E dopo parlano di amore. È uno schifo. Te lo dico io, comincio proprio a odiare la fica!».

Guarda ancora fuori dalla finestra. Pioviggina. Pioviggina così da cinque giorni. - Vai al Dôme, Joe? - Lo chiamo Joe perchè lui chiama me Joe. (...)

«Ormai solo una fica ricca mi può salvare» dice con aria di estrema stanchezza. «Ci si stanca a cacciare sempre fiche nuove. Diventa meccanico. Il guaio è, vedi, che io non mi innamoro mai. Sono troppo egoista. Le donne mi aiutano soltanto a sognare, e basta. È un vizio, come il bere e l'oppio. Mi ce ne vuole una nuova ogni giorno: sennò mi intorbido. Penso troppo. Ci penso troppo. A volte me ne stupisco anch'io di come faccio presto. Lo faccio così, automaticamente. A volte nemmeno penso alle donne, ma all'improvviso ne noto una che mi guarda e allora, banghete!, ricomincia daccapo. E prima che mi sia reso conto di quel che succede, me la son portata in camera. Non ricordo nemmeno quel che gli dico. Le porto su in camera, gli do una pacca sul culo, e prima che mi sia reso conto di quel che succede è bell'e finito. È come un sogno... Capisci quel che voglio dire?»

«Tropic of cancer» (1934) - Henry Miller


«Bach & Blues 3» 1° movimento , Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito


Gli Amores dello Pseudo-Luciano / Tania, a te canto / Piccola misoginia / A Francesca

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