Egon Schiele - Wally in camicia rossa (1913)
È l'autunno del mio secondo anno a Parigi. Ci sono stato mandato per una ragione che ancora non sono riuscito a penetrare. Non ho nè soldi, nè risorse, nè speranze. Sono l'uomo più felice del mondo. Un anno, sei mesi fa, pensavo d'essere un artista. Ora non lo penso più, lo sono. Tutto quel che era letteratura mi è cascato di dosso. Non ci sono più libri da scrivere, grazie a Dio. E questo allora? Questo non è un libro. È libello, calunnia, diffamazione. Ma non è un libro nel senso usuale della parola. No, questo è un insulto prolungato, uno sputo in faccia all'Arte, un calcio alla Divinità, all'Uomo, al Destino, al Tempo, all'Amore, alla Bellezza... a quel che vi pare. Canterò per voi, forse stonando un po', ma canterò. Canterò mentre crepate, danzerò sulla vostra sporca carogna... (....)
Tania, a te canto. Vorrei saper cantare meglio, più melodiosamente, ma forse tu non avresti mai consentito ad ascoltarmi. Hai sentito cantare altri e ti hanno lasciata indifferente. Cantavano troppo bene, o non abbastanza. È il venti e rotti di ottobre. Non sto più dietro al calendario.... Il mondo intorno a noi si dissolve, lasciando qua e là chiazze di tempo. Il mondo è un cancro che si divora. Penso a quando il grande silenzio scenderà su tutto e dappertutto; allora infine trionferà la musica. E quando tutto si sarà ritratto in grembo al tempo, tornerà il caos, e il caos è la partitura su cui è scritta la realtà. Tania, tu sei il mio caos. Ecco perchè canto. Non io, è il mondo che muore, che depone la pelle temporale. Ma io ancora vivo, ancora ti scalcio in grembo, sono ancora una realtà di cui si possa scrivere. Dormiveglia, fisiologia dell'amore. La balena coi suoi venti centimetri di pene, a riposo. Il pippistrello, penis libre. Animale con l'osso nel pene. Donde: con l'osso ritto... «Per fortuna » dice Rémy de Gourmont «la struttura ossea è scomparsa nell'uomo». Per fortuna? Sì, per fortuna. Pensate al genere umano che passeggi con l'osso ritto. Pene doppio ha il canguro: uno per i giorni di lavoro, l'altro per le feste. M'appisolo. Lettera di una donna che mi chiede se ho trovato un titolo per il mio libro. Titolo? Ma certo: Amabili lesbiche. (...)
Tra tutti l'ebrea più bella è Tania, e per amor suo mi farei ebreo anch'io. Perchè no? Già parlo come un ebreo. E sono brutto come un ebreo. E poi chi odia gli ebrei più di un ebreo? (...) Ho spostato la macchina da scrivere nella stanza accanto, dove posso guardarmi allo specchio mentre scrivo. Tania è come Irene, s'aspetta lunghe lettere. Ma c'è un'altra Tania, una Tania che è come un grosso seme che sparga polline ovunque; o se vogliamo un pezzetto di Tolstoj, la scena della stalla e del feto dissotterrato. Ma è anche una febbre, Tania; les voies urinaires, Cafè de la Liberté, place des Vosges, cravatte sgargianti sul Boulevard Montparnasse, stanze da bagno buie, Porto sec, sigarette Abdullah, l'adagio della Patetica, amplificatori auricolari, seni color terradisiena bruciata, giarrettiere pesanti, che ore sono, fagiani dorati col ripieno di castagne, dita di seta, crepuscoli vaporosi che tendono all'elce, acromegalia, cancro e delirio, veli caldi, gettoni da poker, tappeti di sangue e cosce morbide. Tania dice, in modo che tutti sentano: «Lo amo!». E mentre Boris si brucia col whisky, dice: «Siedi qui! Oh, Boris... la Russia... Cosa farò? Ne scoppio!». Oh Tania, dov'è ora la tua fica calda, le tue giarrettiere unte, pesanti, le tue cosce morbide, piene? C'è l'osso, nei miei venti centimetri di cazzo. Ti stiro tutte le grinze della fica, Tania, gonfia di seme. Ti mando a casa dal tuo Sylvester, col mal di pancia e l'utero rovesciato. Il tuo Sylvester! Sì, lui sa accendere il fuoco, ma io so infiammare una fica. Ti sparo in corpo frecce roventi, Tania, ti faccio le ovaie incandescenti. Un po' s'ingelosisce, ora, il tuo Sylvester? Sente qualcosa, vero? Sente la traccia del mio gran cazzo. Ho slargato un poco le due rive, ho stirato le grinze. Dopo di me potrai ricevere stalloni, tori, arieti, anatre, sanbernardi. Ti potrai ficcare nel retto rospi, pipistrelli, lucertole. Potrai cacare arpeggi, se vuoi, accordarti una cetra sull'ombelico. Io ti chiavo, Tania, in modo che tu resti chiavata. E se temi di farti chiavare in pubblico, io ti chiaverò in privato. Ti strapperò un pelo dalla fica e lo appiccicherò sul mento a Boris. Ti morderò il clitoride e....
Il guaio di Irene è che, invece della fica, ha una valigia. E vuole lettere lunghe, da stipare in quella valigia. Lunghissime, avec des chose inouïes. Ma Llona sì, che ce l'aveva la fica. Llona, un'asina scatenata che fiutava il piacere nel vento. Faceva la puttana per mare e per terra, e a volte anche nelle cabine telefoniche e nei gabinetti. Stava a Tottenham Court Road con le vesti alzate e si faceva ditalini. Adoperava steariche e ceri e maniglie di porta. Non c'era cazzo sulla terra che le bastasse, non uno. Gli uomini le entravano in corpo e si striminzivano. Voleva cazzi a espansione, razzi da autoaccensione, olio bollente fatto di cera e creosoto. Era capace di tagliarti il cazzo e di tenerselo dentro in eterno, se la lasciavi fare. Una fica su un milione, Llona. Una fica da laboratorio, e non c'era cartina di tornasole che ne prendesse il colore. Era anche bugiarda, questa Llona. Non gli ha mai comprato nessun letto al suo re Carol. L'aveva incoronato con una bottiglia di whisky, e aveva la lingua piena di bugie e di domani. Povero Carol, capace soltanto, quando le era in fica, di calar la testa e di morire. Lei tirava un sospiro e lui cascava fuori, come un'arsella morta. Lettere lunghe, lunghissime, avec des chose inouïes. Una valigia senza cinghie. Un buco senza chiave. Aveva bocca tedesca, orecchi francesi, culo russo. Fica internazionale. Quando sventolava la bandiera, era rossa giù fino in fondo, fino in gola. (...) Alla confluenza dell'Ourcq con la Marna, dove l'acqua scorre pigra tra gli argini e si ferma come vetro sotto i ponti. Llona sta stesa laggiù e il canale è pieno di vetro e di schegge. Una fica su un milione, Llona! Tutta fica, e un culo di vetro su cui si può leggere la storia del medioevo.
«Tropic of cancer» (1934) - Henry Miller
«Suite II per Flauto e Chitarra» 3° movimento , Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito