Sistema contributivo

 

Sappiamo che lo Stato ricorre ad entrate, sia di natura pubblica sia di natura privata, per far fronte alla proprie finalità istituzionali (esigenze di spesa e intervento nell'economia), garantendo così a tutti i soggetti la fruizione di determinati servizi essenziali, quali ad esempio l'istruzione, l'assistenza sanitaria, i trasporti, l'ordine pubblico ecc.

La stragrande maggioranza di queste entrate è di natura fiscale, ossia è conseguita attraverso l'istituzione, l'imposizione e la riscossione dei tributi.

I tributi sono prestazioni patrimoniali coattive, di regola pecuniarie, stabilite dallo Stato - in forza della propria sovranità - con legge o con atti ad essa equiparati (decreti leggi e decreti legislativi).

Ciò detto, è necessario evidenziare che i tributi si differenziano tra loro a seconda del presupposto (ovvero della situazione, del fatto o dell'evento, comunque lo si voglia chiamare) a cui la legge ricollega la loro nascita. I fatti che determinano il sorgere dell'obbligazione tributaria sono tra loro molto diversi, anche se tutti sono suscettibili di valutazione economica. 

Nel linguaggio corrente i termini tassa, contributo e imposta vengono spesso utilizzati in modo equivalente, ma in realtà, in sede giuridica, tali espressioni individuano tributi tra loro molto diversi. Vediamoli di seguito nei loro elementi essenziali.

La tassa è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione ad un'utilità che egli trae dallo svolgimento di un'attività statale e/o dalla prestazione di un servizio pubblico (attività giurisdizionale o amministrativa) resi a sua richiesta e caratterizzati dalla "divisibilità", cioè dalla possibilità di essere forniti a un singolo soggetto.

In sostanza è una prestazione patrimoniale dovuta in relazione all'espletamento di un servizio svolto su espressa richiesta del soggetto contribuente.

A titolo esemplificativo si possono menzionare la tassa per la raccolta dei rifiuti, la tassa scolastica, la tassa sulle concessioni governative, la tassa per l'occupazione di spazi e arre pubbliche ecc.

La tassa non deve essere confusa con le tariffe versate dall'utente per la fruizione di determinati servizi pubblici quali, ad esempio, il trasporto ferroviario, il servizio postale e telefonico, le forniture dei gas, elettricità e acqua e così via; in questi casi, infatti, si è di fronte a veri e propri corrispettivi (prezzo) di natura contrattuale e non legale, mentre la tassa è un tributo e, come tale, può essere stabilita solo con legge.

L'imposta si caratterizza per il fatto che il suo presupposto - evento valutabile economicamente - è realizzato dal soggetto passivo e non presenta alcuna relazione con lo svolgimento da parte dell'Ente pubblico di una particolare attività o di un servizio.
Così, ad esempio, è l'operaio, e /o il dirigente che, prestando la loro attività alle dipendenze di un'impresa, pongono in essere il presupposto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero, facendo un altro esempio, è l'imprenditore che svolgendo un'attività produttiva realizza personalmente il fatto (attività d'impresa) dal quale deriva l'obbligazione d'imposta.

Ancora, chi è il proprietario di un immobile, e quindi è titolare di un bene che produce un reddito (rendita fondiaria o canone di locazione), è soggetto all'imposta sul reddito delle persone fisiche (salvo che l'immobile non sia configurabile come abitazione principale) e all'imposta comunale sugli immobili (ICI). L'imposta può presentare caratteristiche diverse a seconda degli eventi economici che ne impongono l'applicazione e conseguentemente può essere suscettibile di differenti classificazioni (dirette e indirette, generali o speciali, personali o reali, proporzionali, progressive e regressive ecc.). 

Sono dirette le imposte che colpiscono direttamente la ricchezza, quando questa esiste già come un bene (es. il patrimonio) o quando viene prodotta con un servizio o una prestazione (il reddito). Le imposte dirette non si trasferiscono, cioè rimangono a carico di chi è obbligato dalla legge a pagarle (ad es., quelle che colpiscono direttamente il reddito o il patrimonio); quindi non provocano una variazione dei prezzi dei prodotti o dei fattori, ovvero non vi è divario fra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore[1]. In Italia rientrano in questa categoria:

Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) 
Imposta sul reddito delle società (IRES) 
Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) 
Imposta sostitutiva sui redditi da capitale (ISOS) 
Canone RAI 
Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) 
Sono indirette le imposte che colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione): le imposte indirette pertanto si trasferiscono da chi è tenuto a pagarle per legge ad altri soggetti. Tali imposte possono portare ad un divario tra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore[2]. Esse colpiscono la ricchezza nel momento in cui si manifesta in maniera indiretta, ossia quando essa viene o consumata oppure trasferita. Difatti si parla di imposte sui consumi (es. IVA) o sui trasferimenti (imposta di registro). Tra le imposte indirette troviamo:

Imposta di registro 
Accisa 
Imposta ipotecaria 
Imposta catastale 
Imposta di bollo 
Imposta sulle pubblicità 
Imposta sulle successioni 
Imposta sulle assicurazioni 
Imposta sul valore aggiunto (IVA) 

Le imposte dirette hanno un maggior effetto ridistributivo del reddito, assicurano una continuità del gettito e sono economiche da riscuotere; tuttavia, esse stimolano l’evasione fiscale, sono rigide e il contribuente le sente in modo marcato, soprattutto sul lato psicologico. Le imposte indirette, invece, sono elastiche, divisibili e, essendo incluse nel prezzo dei beni acquistati, sono meno sentite dai contribuenti; d’altra parte, non assicurano una continuità del gettito fiscale.

Un'altra distinzione significativa è tra le imposte che colpiscono il flusso della produzione annuale (es. IRPEF, IRES, IRAP) e quelle che colpiscono il possesso della ricchezza (es. ICI) o il suo trasferimento (es. IVA).

In relazione alla misura e al modo in cui se ne determina l'ammontare, le imposte si distinguono in fisse, proporzionali, progressive e regressive.

L'imposta è:

proporzionale quando l'aliquota è costante (ovvero l'ammontare dell'imposta aumenta in misura direttamente proporzionale all'aumentare dell'imponibile); 
regressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media decresce (ovvero l'ammontare dell'imposta aumenta in misura meno che proporzionale rispetto all'imponibile); 
progressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media aumenta (ovvero l'ammontare dell'imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all'imponibile). L'IRPEF appartiene a quest'ultima categoria. 

Esistono quattro tipi di progressività: per detrazione, per classi, continua e per scaglioni:

progressività per detrazione: si ha o quando si colpisce con un'aliquota costante la base imponibile, dopo aver dedotto da questa un ammontare fisso (T = t (Y - D)), o attraverso la detrazione di una somma fissa dall'imposta calcolata applicando l'aliquota nominale al reddito imponibile (T = t Y - d). 
progressività per classi: si ha quando ad ogni classe di imponibile corrisponde un'aliquota costante, che cresce passando da una classe ad un'altra più alta; 
progressività per scaglioni: si ha quando per ogni classe di imponibile, l'imponibile viene suddiviso in parti (dette scaglioni) a ciascuna delle quali viene associata un'aliquota che cresce man mano che si passa da uno scaglione a quello successivo: questo criterio è stato adottato per l'IRPEF. 
progressività continua: si ha quando l'aliquota aumenta in maniera continua all'aumentare della base imponibile (in tal caso, il rapporto tra variazione di aliquota e variazione dell'imponibile è espresso mediante una funzione matematica). Tale tipo di progressività, applicato in Italia fino al 1973 nell'ambito dell'imposizione personale sul reddito, è stato poi abbandonato sia per la difficoltà del calcolo che esso comportava, sia perché la crescita dell'aliquota al progredire del reddito veniva ritenuto un disincentivo all'incremento di reddito del contribuente. 

http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_finanziario

Per l’anno 2012, in termini di competenza (Tabella 1.1) le previsioni per le entrate finali sono pari a 498.995 milioni, mentre quelle per le spese finali ammontano a 500.563 milioni; il saldo netto da finanziare si attesta a 1.568 milioni. 

uscite previste per il 2012:  totale 785.517.000.000

Nel 2009 le entrate complessive accertate delle amministrazioni provinciali sono pari a 12.732 milioni di euro - Ammontano a 78.060 milioni di euro le entrate complessive accertate delle amministrazioni comunali per l’esercizio finanziario 2009

Nel primo trimestre 2011 l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (AP)1 in rapporto al Pil (dati grezzi) è stato pari al 7,7%, in miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2010.

economia sommersa oggi:

255-275.000.000.000 euro - 17% del pil
gettito evaso: 50.000.000.000
incasso da lotta a evasione 2010: 10.200.000.000

primi 5 mesi 2010 (solo scoperti):
redditi non dichiarati: 22.200.000.000
omessi versamenti iva: 3.100.000.000
evasori totali: 7.900.000.000
evasione mediante esportazione: 4.300.000.000
evasione mediante trucchi (elusione?): 1.400.000.000

stima reale confindustria: evasi 124.500.000.000 - 8,2% del pil

diritto tributario    -   tosap = plateatico 

Il motivo per cui si preferisce sempre far ricadere le imposte sui redditi bassi è perché un --- modifica ---- sui poteri di acquisto di essi influisce notevolmente sulle propensioni al consumo riducendoli, mentre sui redditi alti li riduce in maniera irrilevante, a fronte di un incisione notevole sul risparmio, irrilevante nel caso dei redditi bassi. mentre all'opposto un ----- sui redditi alti incide in maniera rilevante sul risparmio ----un incidenza su di essi anziché su quelli alti provoca una ----- riduzione dei consumi e e ridurre i consumi è l'effetto che le manovre recessive vogliono ottenere, senza intaccare l'investimento anzi andando ad aumentarlo. - mettere su convenienza di investimento - messo anche su aziende? -    le imposte non saranno più finalizzate prettamente ad incamerare fondi per la spesa pubblica, ma ad andare ad incidere in maniera mirata sui redditi (e quindi sui poteri d'acquisto) per equilibrarli. (messo su aziende, vedere li modifica fatta) - puntualizzare di più che ognuno pagherà quante tasse vuole - le spese pubbliche devono essere un eccezione limitata dove non sostituibili e non la regola 

La socializzazione e la fiscalità monetaria porteranno ad una ---maggiore equità sociale ---- consistente non in un comunista appiattimento della piramide ma in un'omogeneizzazione dei poteri d'acquisto all'interno di essa immutata nelle sue proporzioni  ---disegno piramide?----- solo che, di conseguenza, rispetto ad oggi chi merita di più avrà di più, chi merita di meno avrà di meno. Il sistema giuridico esistente mira invece a isolare il potere di proprietà, d’impresa.

sanità    -  aziende              --> Proprio grazie a questa razionale omogeneizzazione dei poteri d’acquisto sarebbe possibile eliminare i sistemi sociali pubblici quali quelli sanitari e scolastici ad esempio, che verrebbero anch’essi socializzati ossia privatizzati ai loro lavoratori. A tale scopo nell’eventualità di rilevanti spese sanitarie impreviste verrebbe favorita fiscalmente la diffusione dell’assicurazione sanitaria, fermo restando il fatto che tutti avrebbero la possibilità di fare fronte a questa spesa assicurativa, in quanto essa rientra tra i beni oggi “indotti” che con la socializzazione subirebbero una svalutazione, tanto maggiore perché compensata dall’ampia diffusione (aumento di domanda di un bene non rivale) e alla libera concorrenza, nonché al fatto stesso che non pesando più sulle imposte il SSN, la spesa per l’assicurazione verrà a sostituire equamente la cifra precedentemente sottratta con la parte di imposte per il SSN e per l’INAIL. Ciononostante l’assistenza gratuita permarrà presso le cliniche universitarie.<--    sanità      <--mettere anche su scuola e servizi sociali???-->    

La ------- sarà fondata primariamente sulla garanzia al credito bancario che comporterà una maggiore predisposizione delle banche a concedere crediti, in particolare per quei crediti agevolati -------- quale quello sociale e formativo. spese assicurative ma --- estensione dell'assicurazione ----- come bene indotto e non rivale si dovrà fare che i premi siano più bassi possibile, per estendere il numero degli assicurati. scomparsa truffe assicurative 

Per la scuola verrebbe incentivata la messa a disposizione di un “credito formativo” da parte delle banche destinato ad essere restituito durante l'arco della vita lavorativa, ed integrato con borse di studio (a carico delle istituzioni territoriali o delle corporazioni interessate) contingentate, suddivise territorialmente, basate sugli esami scolastici di fine ciclo e finalizzate in modo pianificato all’instradamento delle specializzazioni sulle previsioni di tendenza delle necessità produttive (l’ex “mercato del lavoro”).

Stante tuttociò (e quanto verrà spiegato in seguito) è prevedibile che la spesa pubblica si riduca notevolmente, e con essa il peso fiscale demandato.<--    aziende 

solo qui     -->Data la --------- sulla fiscalità monetaria che renderebbe superfluo il ricorso ad imposte finalizzate unicamente al finanziamento della spesa pubblica, le imposte prevedibili (ed in questo testo analizzate) sarebbero necessarie unicamente a "plasmare" il sistema economico, ossia sarebbero imposte supplettive. 

Le norme fiscali si baseranno sui concetti di “lump sum tax” espressi dal “Georgismo” (teoria fiscale sostenuta da Henry George 1839-1897, economista americano, basata su un’unica tassa da applicare ai terreni agricoli anziché ai redditi effettivi; si consideri che ai suoi tempi l’economia era basata sull’agricoltura) Difatti la teoria distributista smentisce le preconcette teorie “neoclassiche” secondo le quali un imposta di ammontare fisso andrebbe a favore di chi detiene i redditi più alti. ----aggiungere qui da libro 1 - georgismo----- Questa è palesemente un ingenua quanto erronea semplificazione, in quanto anche un profano capirebbe che secondo le banalissime leggi economiche che regolano il mercato del lavoro, "ceteris paribus" se il salariato fosse sottoposto ad un imposizione pari rispetto al proprietario, il proprietario dovrebbe di conseguenza cedere al dipendente oltre il salario la cifra esatta che il dipendente dovrebbe versare al fisco, ed il totale di questa cifra moltiplicato per tutti i suoi dipendenti corrisponderebbe esattamente alla cifra che egli verrebbe a pagare in meno sulle sue imposte precedenti (data l’assimilazione fiscale). Ma anche senza cercare spiegazioni complicate basta constatare la banale equazione che i prezzi si adeguano automaticamente ai salari (o meglio al potere d'acquisto aggregato) e viceversa, per "effetto reddito". L’incisione assimilata verrebbe quindi comunque in ogni caso equamente distribuita. Ciò in via teorica, o comunque non totale, ma se non rispecchiabile nella realtà ipotetica, ciò sarebbe solo a causa dei parametri che oggi caratterizzano il sistema economico basato sul lavoro salariato; in particolare sarebbe un forte disincentivo a mantenere dipendenti, e quindi graverebbe particolarmente sulle attività difficilmente automatizzabili, come conseguenza dell’artificializzazione dei valori nominali delle aziende in raffronto al loro valore reale nel rapporto tra “capitale fisso” e “capitale variabile”. A maggior ragione quindi nella socializzazione (dove non ci sono dipendenti salariati) piuttosto che nel liberismo la teoria georgista si trasformerebbe efficacemente in pratica, e si rivelerebbe il sistema fiscale più equo possibile, grazie alla parificazione delle produttività implicita nella sua impostazione basata sulla distribuzione socializzata della proprietà, con conseguente livellamento del valore delle rispettive quote aziendali ovvero del valore totale di ogni azienda diviso pro capite (“teoria dell’equilibrio economico generale”) e quindi del tasso di rendimento del capitale pro capite che renderebbe praticamente simili i redditi -----------, i cui differenziali sarebbero determinati unicamente dalla rispettiva produttività. L'imposta unica in tal caso si rivelerebbe non solo utile --------, ma sarebbero le eventuali imposte dirette sui redditi a rivelarsi inutili dato che in ogni caso verrebbero a parificarsi automaticamente ad un livello costante uguale per tutti i contribuenti, rendendo con ciò inutile una differenziazione fiscale. Già l’articolo 11 della costituzione della RSI prevedendo i risultati della socializzazione proponeva una drastica semplificazione del sistema tributario. Su tale suggerimento si pagherà allo Stato una sola imposta fissa personale che comprenderà implicitamente anche l’aliquota per l’invalidità e la pensione di vecchiaia (ovvero saranno garantite). Saranno aboliti dazi, imposte di bollo e di registro, e qualunque altro tipo di imposta indiretta (eccetto alcuni casi spiegati più avanti); in determinati casi le imposte di bollo e di registro saranno sostituite dal pagamento diretto all'amministratore che espleta il servizio oggi ---- al pagamento del bollo --- link ad amministrazione? -----. --- contributi eccezionali? --- Tutto confluirà in un’unica imposta annuale. Nell’art. 12 si parla dei dazi doganali. La prospettiva è quella di giungere gradualmente alla abolizione di tali dazi e, quindi, a un sistema di libero scambio. Quello che si auspica è una armonica integrazione delle economie che consenta ad ogni popolo l’accesso a tutti i beni di cui necessita. <-- ma questo letterale o no???? 

Qui parlare di imposta personale e pagamenti ai politici e altre personali - Prendendo spunto da ciò, base ----- sarà un imposta personale di entità piuttosto limitata (tipo 100 euro) ma applicata a tutti (dai 18 ai 60 anni) a prescindere dal loro status; essa sarà giustificata con ----- che tutti usufruiscono delle infrastrutture pubbliche quali strade, illuminazione ---no, perché affidate ad altri! ----, e della pensione minima, e soprattutto sarà indice della caratura sociale della singola persona, difatti questa imposta a differenza dell'altra personale (l'emolumento per il difensore civico) non sarà flessibile, ed il mancato versamento porterà automaticamente all'avvio del percorso di recupero coatto del credito, finalizzato anche ad escludere dalla vita comune le persone asociali e a censire ed assicurare una vita migliore ai barboni eliminando di fatto la barbonaggine stradale. benché questa a differenza di quella al difensore civico non sia flessibile, il difensore civico potrà vagliare i casi nei quali pagare lui per l'indigente anche l'imposta statale. i ricorsi di cittadini contro le amministrazioni per le imposte fisse non saranno ammessi.  - 

poi di aziende - Le imposte sulle attività produttive o di servizi creatrici di reddito saranno finalizzate non più ad un incameramento fiscale da parte degli enti pubblici (essendo questo ampiamente sostituibile dalla fiscalità monetaria), ma ad    ----- difatti esse saranno ridotte al minimo indispensabile ad ottenere il risultato programmato, e quindi notevolmente inferiori rispetto alle odierne imposte dirette sul reddito delle attività produttive, e comunque certamente più eque.

Ad introdurre differenze fiscali saranno imposizioni complementari finalizzate alla definizione del sistema socio-economico ed all’organizzazione delle produzioni, equilibrando ulteriormente il risultato finanziario con l’applicazione della “fiscalità monetaria”.

Essendo notevolmente razionalizzate le differenze reddituali, verrebbe meno la necessità di tutta la giungla di vari balzelli indiretti e di imposte dirette progressive su aliquote a scaglioni basate sul reddito, sostituite da un numero limitato di tipi di tributo, con alla base un imposta forfettaria personale (da cui saranno esclusi studenti fino a 26 anni, casalinghe, ultrasessantenni, e invalidi) che funga anche da incentivo alla produttività, oltreché per eliminare alla base le possibilità di evasione fiscale sul reddito. Andrà allo Stato. Oltre a questa, a pesare direttamente sulle persone fisiche vi sarà anche l'emolumento finalizzato al sostegno diretto della pubblica amministrazione, ma questo sarà più flessibile. Sarà raccolto dai difensori civici ed ognuno di essi ne stabilirà la cifra in sede pre-elettorale, difatti esso sarà sia il loro emolumento atto a coprire le spese del quartiere, e quanto chiesto a livello superiore dal sindaco e ad esso via via dagli organi superiori, base perciò dei costi della pubblica amministrazione politica; come emolumento/premio personale gli resterà tutto quello che verrà risparmiato. La cifra che egli chiederà potrebbe essere determinante sulle scelte di voto degli elettori (vedi pubblica amministrazione), e quindi mantenuta più bassa possibile, e data la sua riscossione affidata direttamente al soggetto debitore, sarà piuttosto flessibile nel pretenderla (ad esempio tollerando le evasioni da parte di soggetti da lui riconosciuti come disagiati), cosa di cui comunque terrà conto nella quantificazione dato che in sede espositiva sarà indicata come pro capite e non complessiva.   ------ qui catena finanziamento amministrazione???------ 

Questo, tenendo presente che questa diminuzione di pressione fiscale verrà riequilibrata dalla fiscalità monetaria, dalle sopravvenute spese assicurative, e dalle restituzioni dei crediti, che in definitiva verranno a costituire un equo sostituto funzionale delle imposte dal punto di vista del peso finanziario complessivo sul cittadino. ----- qui discorso del perchè tasse sui poveri e non sui ricchi??----- Tale sistema ovvierà ai guasti di quello reddituale progressivo, notoriamente inducente inefficienza e disincentivante l’aumento di produttività, avvertito dal contribuente in modo marcato, dato anche che quando il gettito fiscale dipende dal reddito si ha una fuga di reddito assorbito dal risparmio, che altera l’effetto moltiplicativo di variazioni autonome della spesa. A controbilanciare la stabilizzazione automatica oggi data dalla progressività delle imposte sul reddito interverrà la fiscalità monetaria nell’attenuare i cicli espansione/contrazione, eliminando o creando (automaticamente, non appositamente, vedi fiscalità monetaria) moneta a seconda delle esigenze.

Come già accennato gli altri tributi, su prodotti e aziende saranno strumento di intervento indiretto aventi come scopo primario la riequilibrazione economica (secondo il “teorema di Baumol-Oates”), e non più di mero introito fiscale. Le accise su beni e servizi (IVA, dazi) saranno abolite e sostituite da imposte forfettarie che incidano direttamente sulle aziende della filiera che tratta i beni sui quali si vuole apporre un maggior costo di opportunità come tassa di effetto equivalente. Esempio: le attività di utilità sociale ma improduttive (es. sanità, scuola, ONLUS) saranno defiscalizzate, mentre quelle di lusso (superflue e socialmente inutili, es. costruzione di yacht, le squadre di calcio professioniste) saranno iperfiscalizzate. A parte questo, non esisterà più altro margine di politica fiscale discrezionale. Il concetto stesso di spesa pubblica verrà separato e reso indipendente dagli introiti fiscali, i quali fungerebbero solo da base dell’erario, e affidandoli soprattutto alle corporazioni ed ai difensori civici per quanto riguarda i costi della pubblica amministrazione, ottenendo da essi come sostituti d’imposta parte dell’entrata fiscale che saranno delegati a riscuotere, le corporazioni dalle aziende tramite la quota d'iscrizione, ed i difensori civici dai cittadini tramite il loro emolumento personale; mentre per quanto riguarda le altre spese pubbliche (appalti, ecc), affidandosi soprattutto alla fiscalità monetaria, ricorrendo ad imposte solamente come strumento di intervento indiretto (comunque apportatrici di denari che limitano il peso sull'inflazione inversa del decremento monetario).

 

Dire che uno Stato non può perseguire i propri scopi per mancanza di denaro è come dire che non si possono costruire strade per mancanza di chilometri” (Ezra Pound)  

 

Le imposte saranno incamerate alcune dallo Stato, altre dalle corporazioni, altre dai comuni e dai difensori civici. Alcune avranno destinazioni definite (ad esempio verso il fondo per attività improduttive). Il disavanzo statale verrebbe azzerato dall’integrazione con l'emissione di moneta decrementante (fiscalità monetaria).

Lo Stato distribuirà il suo surplus di bilancio alle regioni a seconda del numero di abitanti (il cui calcolo sarà a cura della ragioneria generale dello Stato su consulenza dell'Istat) a scaglioni di 100.000 (regioni), 10.000 (province), 1.000 (comuni), 100 (quartieri), e di eventuali esigenze eccezionali accuratamente vagliate (es. fondi speciali per istituzioni di aree terremotate). Lo Stato redistribuirà solo alle regioni, le regioni alle province, le province ai comuni, i comuni ai difensori civici. Eventuali fondi per comunità isolate o montane saranno di esclusiva competenza degli enti locali, non dello Stato. Di essi non ci saranno contributi diretti a singole attività (negozi, scuole, ecc) ma ai comuni, che solo loro gestiranno tali contributi eventualmente indirizzandoli a singole attività bisognose. 

La cifra che verrà ridistribuita alle regioni corrisponderà quindi a quanto lo Stato risparmierà dalle sue spese. Idem da regione a province, da provincia a comuni, da comune a difensori civici. Lo Stato stabilizzerà le sue spese solo così, visto che anche le entrate da “fiscalità monetaria” sarebbero automaticamente fisse, seppur in rapporto al PIL. Ne deriva che il controllo sui bilanci di ogni ente superiore sarà a tutto interesse degli enti inferiori che ne ricevono l’avanzo e possono sfiduciare il rappresentante. Si tenga presente che le spese degli enti pubblici saranno solo quelle per finanziare servizi e opere pubbliche, mentre l’amministrazione politica si paga da sé tramite le corporazioni e l’emolumento riscosso dai difensori civici. L'unico amministratore a ricevere come proprio reddito somme direttamente dai cittadini sarebbe il difensore civico, posto alla base di questa piramide. Si consideri poi che egli riceve l'ultimo avanzo della catena finanziaria istituzionale, dai comuni, e quindi l'emolumento sarà determinato al ribasso da questo. Lo Stato non può accumulare fondi nei suoi conti correnti. Regioni, comuni, province possono accumulare in conti bancari fino a un massimo - comuni 10.000 - province 100.000 - regioni 500.000? con interesse? direi di si

Le corporazioni esigeranno le imposte per il loro mantenimento dalle aziende; le imposte suesposte saranno il massimo che la corporazione potrà esigere dalle aziende e dai consorzi; a fare da arbitro sull’entità delle imposte corporative da pagare saranno i presidenti delle istituzioni, tramite il sistema dei veti. La gestione spetterà all’Agenzia delle entrate ed il controllo alla Corte dei conti tramite le aziende di guardia di finanza come propria polizia tributaria. Corporazione pubblica sicurezza, difesa, sanità, istruzione e cultura, giustizia, stesse imposte di tutte altre corporazioni, ma finanziamento dall’alto tramite --------. I consorzi inscatolati pagheranno la sola imposta al vertice delle scatole (l’intero esercito la pagherà una sola volta, non ogni consorzio di compagnie la pagherà).

L’ammontare delle imposte verrà calcolato da parte dell’ente beneficiario (Stato, corporazioni, comuni, difensori civici, agenzie del demanio) su autocertificazione del debitore d’imposta (“contribuente”), facilmente verificabile dato il limitato numero di voci in bilancio e tutte riferite a parametri fissi e precisi, solitamente invariate di anno in anno; per cui tale operazione di calcolo dovrà esser fatta una volta sola, e non ogni anno come è oggi. Verifiche a campione saranno effettuabili anche liberamente dalle aziende di Guardia di Finanza. La conferma dell’assolvimento delle imposte sarà affidata alle banche dove il contribuente o l’azienda sono clienti, con l’esazione automatica annua della somma dal conto corrente. Come già detto, la riscossione a carico delle banche prevederà difatti il versamento nei conti dell’istituzione della somma totale dovuta dai contribuenti clienti della banca, a prescindere che essi abbiano effettivamente disponibilità o meno, quindi quando la cifra nel conto corrente sia più bassa del dovuto sarà la banca a risultare creditrice dell’evasore per la somma mancante, ed interessata ad avviare la denuncia per inadempimento nel caso il cliente non risponda ai solleciti. Quindi le banche avranno funzione ausiliaria volta all’attuazione della potestà impositiva (“potere esattivo”) e saranno sostituti d'imposta. Ogni contribuente dovrà avere almeno un conto corrente aperto intestato, il quale sia deputato perlomeno allo scopo del pagamento delle imposte. Sarà aperto anche coattamente nel caso non risulti avere conti in alcuna banca; in questo caso sarà aperto in una banca convenzionata dal proprio difensore civico. Si tenga presente che per la maggior parte dei cittadini i tributi personali corrisponderanno solamente all’imposta personale statale ed all'emolumento per il difensore civico, per cui la contabilità delegata alle banche sarà generalmente assai semplice. Anche quella per le aziende diverrà estremamente semplice, tanto che il lavoro per il commercialista sarà molto ridimensionato. 

L'autocertificazione delle imposte da pagare avverrà secondo determinati parametri fissi. Le multe (ovvero le taglie per i controllori) saranno più alte di ogni possibilità di corruzione per evitarle. Quindi reprimere la corruzione di singoli agenti sarà nell’interesse stesso dell’azienda di polizia. L'appello contro multe aziendali sarà fatto alla propria corporazione. L'assessore corporativo potrà annullarle; il presidente dell'istituzione potrà mettere il veto ad annullamento, fino al presidente della Repubblica qualora la corporazione pubblica sicurezza faccia a sua volta ricorso. La corporazione che perde dovrà pagare, nel caso indicato, a:

sindaco 1.000 euro; 

pres prov 5.000 euro; 

pres reg 10.000; 

pres cons 50.000; 

pres rep 100.000 euro. 

+ 2.000 a corporazione che vince.

 

E' iniquo scaricare su chi paga le imposte il peso di chi pur potendolo fare non le paga, quindi vi sarà rigore nel ------------. I conti dovranno tornare al 100% ed in continuità del gettito, quindi l'adempimento del -------- fiscale delle persone fisiche e delle aziende sarà demandato alle banche delle quali il soggetto ----contribuente--- è cliente (quindi ognuno di questi dovrà avere un conto bancario, anche aperto implicitamente in maniera coattiva), le quali verseranno in ogni caso la cifra (anche a conto inferiore o azzerato) sul conto del creditore d'imposta (Stato o enti locali che siano), divenendo perciò esse creditrici verso il loro cliente ("trasferimento d'imposta"); questo credito seguirà il normale corso di tutti i crediti (vedi riscossione coatta crediti).

 

L’evasione fiscale, sostituita come reato dalla mora verso la banca, sarà punita come qualunque inadempimento progressivamente a seconda della cifra coinvolta. Possibile equivalenza: una settimana di detenzione ogni 500 euro evasi, tenendo però presente che la fine della pena potrà avvenire (come in ogni caso) solo quando estinto il debito con l'azienda-prigione (che riceve il debito dalle agenzie di recupero crediti). La pena detentiva sarà quindi protratta ad oltranza fino al ripianamento del debito. L’elusione invece sarà sottoposta a pene ulteriori (quali?). Come per tutti i reati contro il patrimonio, le pene potranno essere convertite in multe (pari alla cifra evasa), oltre all'importo della cifra da saldare. ---mettere anche su giustizia------

Le verifiche sulla regolarità dell’amministrazione erariale da parte dell’Agenzia delle entrate saranno affidate alla Corte dei conti tramite un azienda di Guardia di Finanza che funga da polizia tributaria verso il rispettivo “ufficio delle entrate” territoriale. ----fare uno schema grafico?----

Per le imposte aziendali il responsabile diretto sarà l’amministratore dell’azienda oppure tutti i soci quando manchi un amministratore. Ovviamente qualora l’azienda non riesca dichiaratamente a far fronte al pagamento delle imposte interverrà il meccanismo del “fallimento” a sostituire il reato della mora. 

 

I comuni potranno ottenere ricavi indiretti, come per esempio dalle licenze emesse (es. commerciali, taxi, edilizie). Come per tutti gli altri enti il deficit potrà essere scaricato sulla minore distribuzione all’ente inferiore (in questo caso i difensori civici). Nel caso le normali entrate non bastassero, i comuni potranno richiedere ai cittadini un contributo “una tantum” nel caso di spese giustificate, registrate in un bilancio pubblico. Le spese dovranno corrispondere in bilancio alla cifra totale esatta prelevata; per ogni singola spesa pubblica eccezionale verrà riportata nel resoconto bancario (equivalente a cartella esattoriale) la voce dedicata riportante le cifre esatte della suddivisione di essa tra tutti i contribuenti. La verifica dei bilanci sarà accessibile a tutti tramite pubblicazione in bacheca nelle sedi comunali ed in siti web.

I bolli per imposta saranno aboliti, sostituiti dal pagamento diretto al burocrate che espleta il servizio, della cifra da esso richiesta a sua discrezione. Ovviamente ognuno potrà scegliere a quale di essi rivolgersi.  

 

distribuzione stato-regione   regione-provincia    provincia-comune     comune-settore

ridistribuzione da stato in giù a scaglioni di 100.000 (regioni) 10.000 (province) 1.000 (comuni) 100 (quartieri) - già messo su-   Stante la tendenziale differenza di reddito pro capite tra varie zone dello Stato, la redistribuzione dallo Stato alle regioni, pur tesa anche a riequilibrare sussidiariamente le differenze lasciate aperte dal sopravvenuto decentramento degli erari (“federalismo fiscale”), potrà non essere identica ma suddivisa in tre zone: nord, centro, sud. La differenza di redistribuzione perequativa sarà comunque minima (100-98-94). Facendo un analisi ponderata, probabilmente lo Stato cederà alle regioni una percentuale gravitante attorno all’80% della sua entrata fiscale (ma sempre oscillante a seconda di quanto sarà l’avanzo del periodo), ma su una somma totale iniziale almeno del 60% inferiore ad oggi, eliminato da esso il costo per l'amministrazione e sostituite le entrate soprattutto da quelle dei comuni tramite i difensori civici, e le spese pubbliche delegate soprattutto ad essi: <--  solo qui          -         stato - regione - comune     -->  in generale le norme sia fiscali che amministrative proposte in tema di enti locali si possono definire “federalismo comunale” ovvero basato sui comuni anziché sulle regioni. Difatti i compiti di Stato, regioni, e province saranno diminuiti; le regioni a statuto speciale abolite (dato che l’autonomia sarà praticamente diffusa a tutte le regioni, ed anche maggiore di quella delle attuali regioni a statuto speciale). <--    regione   -   comune -  stato 

 

regressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media decresce (ovvero l'ammontare dell'imposta aumenta in 
misura meno che proporzionale rispetto all'imponibile); 
progressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media aumenta (ovvero l'ammontare dell'imposta aumenta in 
misura più che proporzionale rispetto all'imponibile). L'IRPEF appartiene a quest'ultima categoria. 

 

aziende     --> Le imposte aziendali saranno basate su un tributo mirante non all'incameramento di finanze allo Stato, ma alla programmazione del sistema economico, congiuntamente a determinare l’estensione degli organici aziendali, e su un altro simile ma mirante alla riunione delle aziende in consorzi. Entrambe saranno adeguate tenendo conto degli altri parametri spontaneamente già tendenti ad influire su queste tendenze (premi assicurativi, rendimenti decrescenti, ecc). La loro ---------- sarà regressiva da 1 a 40 soci, fissa da 40 a 60, progressiva fino a 100, fissa da 100 a 120, progressiva fino a 200 ecc (pro capite, ma per azienda?) ------. -----quella per monopoli solo regressiva??? mettere su programmazione------- L’imposta A sarà fissa per l'azienda fino ai 40 soci, e la sua base sarà fondata su iperfiscalizzazione o defiscalizzazione di un determinato settore; ad esempio ammettendo una cifra di 2.000 euro all’anno, essa essendo fissa farà in modo che in un azienda di un socio essa pesi da sola su esso, mentre in un azienda con 40 soci su ognuno peserà per 50 euro; tra i 40 ed i 60 soci rimarrà fissa a 50 euro pro capite, ovvero la cifra totale aumenterà di conseguenza (arrivando perciò a 60 soci ad aumentare di 1/3 rispetto alla base, in questo caso a 3.000 euro complessivi); tra i 60 ed i 100 soci si alzerà gradualmente di 1/2.000 (in questo esempio quindi di 1 euro) pro capite ad ogni ulteriore socio (quindi a 100 soci sarà di 9.000 euro, 90 pro capite); tra 100 e 120 soci rimarrà fissa a questa cifra pro capite (si ricordi anche che ogni 100 soci sull’azienda pesa una polizza in più); tra 120 e 200 aumenterà gradualmente di 1/1.000 (in questo esempio quindi di 2 euro) pro capite ad ogni ulteriore socio; tra 200 e 220 rimarrà fissa; tra 220 e 300 aumenterà di 1,5/1.000 (in questo esempio quindi di 3 euro) pro capite ad ogni ulteriore socio, e via così.                                             % di imposta programmazione va a corporazione???? si!!! 20%? in modo da ridurre emungimento indiscriminato ad aziende ed equalizzarne la riscossione - tenendo conto di quota fissa da corporazione a stato. In questo modo si delega la riscossione ad organismi che ne sono personalmente interessati, e la distribuzione delle entrate pubbliche viene ad essere assegnata principalmente ad organizzazioni territoriali che ne trattengono una parte per sé stesse (“federalismo fiscale”); inoltre le cifre incamerate consentono a questi organismi (che equivalgono agli assessori comunali, provinciali, regionali, e ministri del governo) di richiedere alla sezione inferiore cifre minori di contributi per l’espletamento di questi servizi pubblici, e quindi alle corporazioni di chiedere quote di iscrizione inferiori a ciascun iscritto (od addirittura di redistribuire eventuali profitti, quando in utile), oppure di abbassare l’imposta (probabilmente solo fino al massimo della percentuale trattenibile) per favorire o meno la presenza di aziende della propria corporazione nel proprio territorio.

Per aziende con immobili produttivi situati su più comuni, si dovrà pagare questa imposta a ciascun comune interamente. <-- cazzata fino qui? 

imposta A come B? B: ogni 16 aziende metà quota in più e via così. A: ogni 16 soci metà quota in più; ogni 16 x 4 (64) 1/4 di quota in più; ogni 256 1/8 di quota in più; ogni 1024 1/16 in più; ogni 4096 1/32 in più; ogni 16.384 1/64 in più; ogni 65.536 1/128 in più ecc - oppure partire da 64? 
Questa imposta andrà sui conti dello Stato.   polizza sul fallimento forse calcolata da compagnie assicuratrici anche su numero di soci - influenza di ciò su imposta 

L’imposta B sarà simile ma avrà al posto dei soci le aziende, e al posto delle aziende i consorzi. l'imposta b sarà ------- così: la somma stabilita dal consorzio sarà pagata per un consorzio composto di ogni 16 aziende; + metà ogni 4 consorzi di secondo grado; + 1/4 per 4 consorzi inscatolati in uno superiore; + 1/8 per 4 consorzi inscatolati in uno superiore; + 1/16 per 4 consorzi inscatolati in uno superiore; + 1/32 per 4 consorzi inscatolati in uno superiore. Ogni singolo consorzio che non si inscatoli dovrà pagare la somma di queste. si farà la media tra tutti i consorzi del territorio (suddivisione tra attività locali e diffuse su tutto il territorio? sulla base dell'imposta regionale per il commercio?); se vi saranno un azienda molto grande ed una molto piccola e la media scomodasse entrambe, quella che propone la cifra maggiore potrà proporre arbitrariamente a ---chi si paga le tasse ----- di pagare la cifra maggiore anche per quella piccola - messo su aziende (consorzi) - 
Sarà fissa per consorzio fino alle 40 aziende,
e la sua base sarà sempre fondata su iperfiscalizzazione o defiscalizzazione di un determinato settore; ad esempio ammettendo una cifra di 20.000 euro all’anno, essa essendo fissa farà in modo che in un consorzio composto di una sola azienda essa pesi da sola su essa (ovvero un azienda che non si consorzi pagherà essa interamente), mentre in un consorzio con 40 aziende su ognuna peserà per 500 euro; tra le 40 e le 60 aziende rimarrà fissa a 500 euro per azienda, ovvero la cifra totale aumenterà di conseguenza (arrivando perciò a 60 aziende ad aumentare di 1/3 rispetto alla base, in questo caso a 30.000 euro complessivi); tra le 60 e le 100 aziende si alzerà gradualmente di 10 euro per azienda ad ogni ulteriore azienda; tra 100 e 120 aziende rimarrà fissa a 900 euro per azienda; tra 120 e 200 aumenterà di 20 euro per azienda ad ogni ulteriore; tra 200 e 220 rimarrà fissa a --- euro per azienda; tra 220 e 300 aumenterà di 30 euro per azienda ad ogni ulteriore, e via così. Anche questa imposta andrà sui conti dello Stato.               parte cancellata                                    La cifra fissa di questa imposta dovrà essere adattata in modo che per le aziende più grandi si equivalga la scelta tra rimanere tali oppure suddividersi e consorziarsi, preferendo però spingere per quest’ultima soluzione tramite l’imposta A, visto che la cifra pro capite della sola imposta B rimarrebbe complessivamente la stessa. Per le singole aziende sotto i  40 soci in cui non ci sia alcuna possibilità di consorzio questa imposta sarà esentata; ad esempio perché unici esemplari nel loro settore a livello nazionale (esempio???)      - stabilita come? dato che i consorzi non sono di una sola corporazione - media? -

I consorzi inscatolati (consorzi di consorzi) non verranno sottoposti a questa imposta.

Per consorzi contenenti aziende (tipo quelle televisive) di diverse corporazioni  si calcolerà in percentuale la divisione tra corporazioni nelle quali dividersi la somma (sia in utile che in perdita), soprattutto tenendo conto della possibilmente diversa base di programmazione economica.

Una terza imposta, dedicata alle corporazioni nazionali, prevederà il pagamento da esse allo Stato di una somma fissa (in media 500.000 euro ciascuna), come stabilizzante interno alle corporazioni e come programmazione estesa dato che anch'essa sarà diversificata per corporazione.  

La localizzazione territoriale delle aziende ad attività stanziale sarà determinata anche dall’imposta locale destinata al difensore civico. Essa sarà basata sulla somma dell’imposta personale vigente in quella zona, in virtù di una quota ogni 15 soci. Ciò incentiverà le aziende a localizzarsi dove tale imposta sia più bassa.

imposta A a 200 soci: 250 euro. troppo!!

Schema per l’imposta A: ---eliminare-----

Numero soci

Cifra pro capite

Cifra totale

1

2.000

2.000

2

1.000

2.000

3

666,6

2.000

4

500

2.000

5

400

2.000

6

333

2.000

7

285

2.000

8

250

2.000

9

222

2.000

10

200

2.000

20

100

2.000

30

66,6

2.000

40

50

2.000

41

50

2.050

42

50

2.100

43

50

2.150

44

50

2.200

45

50

2.250

50

50

2.500

59

50

2.950

60

50

3.000

61

51

3.111

62

52

3.224

63

53

3.339

64

54

3.456

70

60

4.200

80

70

5.600

90

80

7.200

100

90

9.000  

 

soci  
1 10 50 100 200 500 1.000 5.000 10.000 40.000       2.000.000                    
2 5 25 50 100         20.000                            
3 3,33                                            
4 2,5   25                                        
5 2 10 20 40                                      
6                                              
7                                              
8                                              
9                                              
10 1 5                     200.000                    
20 0,5 2,5                     100.000                    
40 0,25 1,25                     50.000                    
60 0,25 (15)                       50.000 (3.000.000)                    
80 0,18                       37.500                    
100 0,18 (18,7)                       37.500 (3.750.000)                    
120 0,15                        31.250                    
150 0,15                       31.250                    
180 0,15                                            
200 0,25                       50.000                    
220                                              
250                                              
280                                              
300                                              
320                                              
350                                              
380                                              
                                               
                                               
                                               
                                               

qui immagine azienda

<--       aziende 

 

 

 

Dazi

 

commercio      --> L’import-export rimane come oggi, ogni azienda sarà libera di acquistare e vendere all’estero. Non ci saranno dazi sui prodotti, ma sulle aziende interne che importano, lavorano, o vendono determinati prodotti (es. diamanti, oro, prodotti di lusso, automobili), oppure a seconda della nazione di provenienza dei prodotti importati (soprattutto in tema di giustizia sociale internazionale, es. abbigliamento importato da paesi che usano manodopera infantile). La supertassazione fissa su queste importazioni sarà sull’azienda, non su ogni socio; quindi si ripercuoterà in una monopolizzazione (se un certo numero di aziende pagano tot ciascuna, fuse in unica azienda pagheranno un unico tot suddividibile tra più soci), la quale notoriamente è fonte di inefficienza e aumento dei prezzi (seppur non tanto quanto si creda comunemente). In questi casi ciò non può essere altro che positivo ed auspicabile, e perciò appositamente favorito.<--   già scritto sopra -----

I dazi saranno aboliti, anche per semplificare le attività doganali. L’abolizione dei dazi sarà equilibrata anche dal fatto che essendo nel mercato interno i prodotti italiani artificialmente meno costosi (a causa del divario indotto dal sistema bimonetario tra moneta stabile apprezzata e moneta decrementante deprezzata, e perché meno gravati da imposte nazionali) rispetto a quelli esteri, i prodotti esteri avranno di per se un maggior costo nel mercato interno (perlomeno del differenziale tra le due monete della nazione socializzata). Nelle esportazioni, essendo pagate utilizzando la moneta stabile, non vi sarà alcuna variazione del valore rispetto ad oggi. Ma essendo esenti dal carico indotto al dettaglio del mercato interno dalla fiscalità monetaria, l’azienda esportatrice sarà essa stessa indotta a riequilibrare i prezzi per il mercato estero apponendovi un ricarico sul quale ne avrà un profitto, ma compensato (cioè annullato) appunto dall’imposta fissa sull’autorizzazione all’export, la quale sarà calibrata proprio su questo parametro (il ricarico). Ciò sostituirà quindi più o meno esattamente il carico oggi aggiunto dai dazi, ma evitando gli effetti negativi di essi;  mentre nelle importazioni a riequilibrare interverrà il fatto che la moneta decrementante (sulla quale sono fissati i prezzi ma non il pagamento estero) pur essendo svalutata rispetto a quella stabile, nella media tra le due sarà corrispondente comunque ad un equilibrio sui mercati internazionali, quando non piuttosto un apprezzamento medio (dato che nel commercio internazionale si userebbe come veicolo solo quella stabile, apprezzata proprio a causa della svalutazione di quella di riferimento dei prezzi sul mercato interno). Perciò dato che ceteris paribus le variazioni di valore (tasso di cambio) internazionale sono effetti della variazione della produzione, e non cause, ne consegue che l’equilibrio import/export rimarrebbe invariato rispetto ad oggi ceteris paribus, seppur condizionato da altri fattori, in quanto nonostante ciò che si potrebbe pensare i vari fattori variati verrebbero a riequilibrarsi a parità di produzione comparata su altrettanti fattori. Come oggi, solo la diminuzione di produzione (cioè di PIL) comporterà un apprezzamento della moneta rispetto al valore di partenza favorendo l’importazione e limitando l’esportazione, e facendo aumentare i tassi di interesse con cessione di attività finanziarie (un attività finanziaria è tutto quello che produce un reddito da rendita; la vendita di un attività finanziaria è detta “passività finanziaria”, in quanto provoca la necessità di dover corrispondere una rendita; un cittadino che apre un conto corrente acquista un attività finanziaria dalla banca; la banca invece acquista una passività finanziaria; tutte le altre attività, rendita da produzione o affitto, sono dette “tangibili”). In definitiva in regime di cambi flessibili la bilancia dei pagamenti sarà sempre in pareggio e non si scaricherà su altri fattori interni. Pur sempre tenendo conto dei costi di trasporto, che oggi vengono già di per sé a rappresentare un peso sui beni. In virtù di ciò la provincia di Trieste potrà essere finalmente decretata “zona franca”, mentre sarà possibile abolire l’ormai inutile zona franca di Livigno. Mentre per le importazioni strategiche potrebbero essere defiscalizzate direttamente le aziende che lavorano questi prodotti intermedi (es. pastifici, acciaierie, raffinerie) rispetto alla normale fiscalizzazione. Sarà a cura dell’Istituto nazionale per il Commercio Estero.

Tra le poche accise previste ci sarà quella (facilmente quantificabile) sulla pubblicità, in quanto “bene elastico (i beni elastici sono quelli per i quali ad un aumento di prezzo corrisponde un equivalente diminuzione di domanda; più superfluo o sostituibile è ritenuto un bene, più elastico sarà il suo commercio; la maggior parte dei beni sono elastici) per eccellenza, in modo da poter colpire i divi dello spettacolo e dello sport. Sarà adeguata fino ad ottenerne il voluto calo delle quantità di pubblicità, o meglio, fino a quando esse raggiungano un livello da cui ne derivi un calo, senza oltrepassarlo di molto. <--      commercio  Le altre saranno per il petrolio, le automobili, le barche,  

 

Dazi:

elencare dazi residui:

autoveicoli 1.000 euro x 1

natanti 3.000 x 1

aeromobili 3.000 x 1

petrolio 0,23 euro x litro

tabacco 

sale

diamanti

oro

metalli preziosi

manufatti da paesi inseriti in una lista:

Pakistan

Laos

 

 

 

opere pubbliche     --> Dalle successive righe e dal capitolo fiscalità monetaria si comprenderà come le spese pubbliche saranno notevolmente ridotte, esigendo quindi un prelievo fiscale molto inferiore rispetto ad oggi, non per una forzata “supply-side economics”, ma spontaneamente, per la riequilibratura apportata da un adeguata “fiscalità monetaria” e dalla razionalizzazione del sistema erariale (tesa principalmente a limitare il “costo delle suole”, la spesa supplementare determinata non dagli scambi in sé, ma dal costo per realizzarli; ovvero immaginariamente “dal consumo delle suole delle scarpe per recarsi alla banca”). Questo non avrà influenza sulla produzione aggregata (e cioè sui redditi personali aggregati), perché l’“effetto reddito” manterrà immutate (adeguandole) le propensioni al consumo ed al risparmio, ovvero probabilmente il reddito nominale diminuirà della misura della riduzione delle spese pubbliche ma lasciando immutato il valore reale del reddito ed i tassi di interesse, ceteris paribus. La supply-side economics, basata sulla “legge di Say”, sostiene che la riduzione delle tasse possa stimolare l’occupazione e la produzione eliminando la “perdita secca” dai modelli. Fu la base del programma reaganiano e thatcheriano. Tuttavia dall’esperienza  è risultato chiaro che senza una corrispondente adeguata compensazione (la quale potrebbe essere data dalla fiscalità monetaria, ad esempio), l’effetto ottenuto è l’opposto a causa della diminuzione di redistribuzione da spesa pubblica.<--     opere pubbliche 

 

solo qui   -->

Imposte di programmazione economica

 

« Noi non combattiamo il lusso perché alimenta vizi e conduce alla perdizione, come dicono i preti; noi diciamo che il lusso è idiota e criminale, quando impoverisce la nazione e la rende economicamente schiava dello straniero »

(Benito Mussolini, dall’articolo “Imponete una disciplina!” comparso sul “Popolo d’Italia”, 15 dicembre 1919)

 

La base dell'imposta aziendale e di quella consorziale saranno ---------- su ----- . Le imposte tese alla programmazione economica si potrebbero evitare se gli impulsi psicologici alla spesa non fossero spesso determinati da spinte spesso irrazionali. In realtà, quella dell’efficienza è una questione molto complessa. Ad esempio, lo studioso Wolfgang Streeck ha sostenuto che vi sono casi in cui i vincoli socialmente istituzionalizzati al comportamento dell’attore tendente alla massimizzazione degli interessi possono essere benefici dal punto di vista economico. Il che significa che “una società che lascia ad attori dotati di una razionalità di mercato la libertà di agire a loro piacimento non riesce ad utilizzare in modo ottimale il proprio potenziale produttivo e finisce per avere un rendimento economico peggiore di quello possibile”  (Wolfgang Streeck). La ragione di fondo di tale affermazione è che la realtà nella quale l’attore economico si trova ad operare offre delle “tentazioni” e determina delle incapacità nell'analisi razionale che lo spingono a non adottare i comportamenti più vantaggiosi nel lungo termine. L’introduzione di vincoli di tipo istituzionale svolge così un ruolo importante, in quanto controbilancia gli irrigidimenti e le lentezze che un sistema di concorrenza imperfetta spontaneamente ricrea al proprio interno. In questo senso, il costituirsi di un potere autonomo e diverso rispetto a quello economico non è solo condizione per il mantenimento delle regole della concorrenza, ma può essere un fattore capace di aiutare il sistema delle imprese a raggiungere livelli superiori di efficienza, stante la razionalizzazione delle scelte consumistiche. ---mercato e società pag. 73. Da ciò la necessità di disincentivare iperfiscalizzando attività produttive superflue, frivole, quando non proprio deleterie. Il riferimento va in particolare a droga, prostituzione, gioco d’azzardo, barche ed auto di lusso, discoteche, status symbol. Inoltre, "lavoro" di vendita porta a porta o telefonico, "vendita" di suonerie, volantinaggio pubblicitario, "mestieri" non solo inutili ed improduttivi, ma proprio deleteri! E non certo solamente per le risorse che possono sottrarre al sistema produttivo: chi è più parassitario tra loro e uno spacciatore di droga o una puttana? Consumano risorse per dare in cambio il nulla, anzi peggio che il nulla! Sottraggono risorse altrimenti utilizzabili certamente meglio. Il possesso di mezzi di ricchezza non dà (non deve dare!) automaticamente anche il diritto di sputarci sopra o di farla dimostrazione di potere tramite "status symbol" effimeri e socialmente costosi. Ricordiamo il discorso di Göering nel libro ----primo libro----riportare qui frase esatta-----: un bene distrutto è un bene in meno a disposizione della collettività, e un bene superfluo prodotto a discapito della produzione di beni necessari idem (o acquistato all’estero contraccambiando esportando beni nazionali più utili all'interno), o comunque usufruendo di lavoro altrui. La capacità di acquisirlo per se stessi non deve dare il diritto né di distruggerlo né di togliere qualcosa ad altri per possederlo.

Centinaia di volte al giorno, ricordo a me stesso che la mia vita dipende dal lavoro di altri uomini, vivi e morti, e che devo incitarmi a dare nella stessa misura quello che ho ricevuto e che tuttora ricevo” (Albert Einstein)

In assenza della possibilità di regolare ciò istituzionalmente (eventuali simili barriere legali verrebbero perlomeno contro alla filosofia fondamentalmente liberista della socializzazione), perlomeno si provvederà ad alzare artificialmente il prezzo di questo spreco fin dove è possibile, in modo che pesi sul possessore molto più di quanto pesi alla società la sua perdita o la perdita di beni equivalenti o il lavoro impiegato.

Ricapitolando, Beni di consumo: + costosi, + tassata azienda produttrice – ------ L'unica eventuale concessione ad imposizioni fiscali sui singoli prodotti (anziché sull'azienda produttrice) potrebbe essere applicata su singoli prodotti il cui prezzo per unità sia maggiore di una certa cifra, ad esempio 30.000 euro (escludendo le case), equivalendo all'odierna Iva, ma applicata unicamente a prodotti che dato il prezzo siano poco diffusi e quindi facilmente controllabili senza inutili sprechi di forze di controllo. --- petrolio, automobili, tabacco ------ 

La regolamentazione ed il suo controllo potrà avvenire anche attraverso intervento indiretto sui sistemi concorrenziali. Per fare un semplice esempio, favorendo l’esistenza di un sito internet standard di riferimento negli annunci di prostituzione, il quale fungendo da parafulmine (ovvero recettore) della domanda escluderà dal mercato tutte quelle puttane che non volendo pagare le tasse non vi facciano riferimento.  

 

già messo su energia:

La tassa di effetto equivalente a un dazio doganale è un onere pecuniario direttamente o indirettamente collegato all'importazione o all'esportazione di un prodotto, anche se imposto in un momento diverso. In altri termini, si tratta di un onere pecuniario che, pur non essendo un dazio doganale, comporta gli stessi effetti restrittivi sugli scambi, in quanto imposto in ragione della circostanza che il prodotto ha varcato il confine di uno Stato membro dell'Unione europea e tale da elevarne il costo.

Per misura di effetto equivalente si intende ogni normativa commerciale degli Stati membri dell'Unione europea che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari, determinando un effetto pratico sul commercio in ambito UE comparabile a una restrizione quantitativa all'importazione di merci. 

imposte su attività commerciali calibrate sulla copertura del territorio, tenendo conto anche dell'esistenza dell'imposta del difensore civico

le imposte saranno anche finalizzate a sostituire le licenze nella tendenza all’entrata di nuove aziende nel settore. 

Su benzina (messo) e telefonia: se il saggio di profitto è più alto in un settore vi sarà una tendenza all’entrata in quel settore da parte di nuove imprese, e ciò porterebbe il saggio di profitto a livelli in equilibrio con l’intero sistema economico. Le barriere imposte dai cartelli impediscono --------- permettendo in questo modo la permanenza di queste differenze di saggio di profitto. -------concorrenza tramite pubblicità, gadget, e concorsi a premi---------. (messo su aziende) - mettere anche su imposte programmazione economica - 

 

Per gli uscenti dal ciclo scolastico la possibilità tra entrare in aziende già esistenti o fondarne di nuove sarà determinata dall'esistenza delle imposte di pianificazione economica, la cui entità minima sarà stabilita dalle aziende già esistenti, e quella massima da ---cipe?---- sulla base della programmazione statale che si vorrà imporre (sulla base di ---), per cui l ---------- verrà a determinarsi perennemente automaticamente su quella ideale in quel momento e in quel contesto ----------, senza squilibri dirigistici -------. Ragion per cui in settori come quelli professionistici le cui aziende sono composte di un unica persona o per quelle agricole i cui posti disponibili a livello nazionale sono naturalmente spontaneamente limitati (dato che limitata è l'estensione dei terreni) le imposte differenti da quelle di altri settori determineranno automaticamente l'imposta ideale ----------. 

Tutte le imposte saranno quindi strumento di intervento indiretto avente come scopo la definizione di una programmazione economica, secondo il “teorema di Baumol-Oates”, ovvero sulla logica del “teorema di Poole-Weitzman”, il quale dice che, a parità di condizioni, l’intervento diretto sulle quantità desiderate seguito da un adeguato sostegno dà lo stesso risultato di un intervento indiretto sui prezzi (imposte o sussidi) che lascia poi decidere al mercato. Ma ciò sempre tenendo conto della “teoria dell’equilibrio economico generale”, dell’“ottimo paretiano”, e del “racconto della finestra rotta”. Verrà a sostituire anche la “minimum tax” ed il credito di imposta per gli investimenti, scomparso assieme alle imposte progressive. La programmazione economica avverrà tramite fiscalizzazione o defiscalizzazione di determinate produzioni, incidendone quindi tramite una “perdita secca” sui costi di opportunità (dell’azienda per i beni elastici, del consumatore per i beni anelastici, che sono quelli per i quali ad un aumento di prezzo non corrisponde un equivalente diminuzione di domanda; ad esempio: benzina, tabacco), determinando così i surplus del consumatore e del produttore. Esempio: un azienda che produca beni innovativi (es. auto ibride, informatica, robotica, domotica) verrà defiscalizzata. Un azienda che importa beni di lusso (es. diamanti) verrà iperfiscalizzata. Tali fiscalizzazioni non avverranno sulle quantità di beni prodotti, trattati, e commercializzati, ma sull’azienda stessa; quindi saranno abolite le accise su beni e servizi (tra cui l’IVA, eccetto determinati beni facilmente quantificabili, come scritto più sopra, e sul petrolio greggio  ---- o spostare testo su?----), sostituite da imposte forfettarie che incidano sulle aziende della filiera che tratta i beni che si vuole disincentivare. Questo anche per semplificare le contabilità aziendali ed eliminare le possibilità di evasione, evitando il ricorso ai soliti maneggi circonvolutivi e ai bugiardini. Non sarà previsto il concetto dirigista di livelli minimi e massimi di prezzo; tutti i prezzi saranno liberi (eccetto per i prodotti cosiddetti "agevolati"). Anche il contingentamento dei beni (esempio: quote latte) non sarà previsto, così come gli ammassi pubblici.

Le iperfiscalizzazioni più alte potranno essere stabilite anche per spingere alla scomparsa od impedire il sorgere di alcune attività (esempio: prostituzione, droga) o per poterle criminalizzare indirettamente per evasione fiscale, nel caso; oppure per gravare sui beni anelastici che oggi sono colpiti tramite imposte di bollo tese a disincentivarne il consumo (tabacco, alcolici, carburanti). controllare        -->Le imposte A, B, e C sulla pianificazione economica, fisse  per socio (A) e azienda (B), su queste lavorazioni si fermeranno alla cifra base anche quando l’iperfiscalizzazione stabilita per l’azienda (A) o il consorzio (B) superi questa cifra; ----ovvero a partire dalla base non cresce per azienda a partire dai 40 soci? e non aumenta di 1 euro a partire da 60 soci? ma resta fissa e quindi più suddivisa per socio? ovviamente in tal caso la stessa base di partenza sarà molto alta --------- questo si ripercuoterà in una monopolizzazione (se un certo numero di aziende pagano tot ciascuna, fuse in unica azienda pagheranno un unico tot suddiviso su più soci), la quale notoriamente è fonte di inefficienza ed aumento dei prezzi, effetti in questo caso positivi ed auspicabili venendo in tal modo automaticamente a sostituire le imposte di bollo. In questo caso dato però che l’imposta è fissa e non sulle quantità, viene ad essere eliminato il rendimento decrescente, ed il monopolista sarebbe spinto a produrne e venderne più possibile; verrebbe eliminata l’inefficienza, ed il risultato dell’iperfiscalizzazione sarebbe solo la ricaduta sui profitti, mantenendo i prezzi sui livelli attuali tanto quanto farebbe un accisa. <--             

 

ricordarsi di mettere su imposta di pianific che anche per esercito ecc sono loro a decidere il minimo in modo che non entri concorrenza, e quindi non zero deciso da stato! 

 

Defiscalizzazioni

 

Le defiscalizzazioni potranno essere stabilite anche per aziende e prodotti ancora inesistenti, allo scopo di favorirne la progettazione o l’avvio della produzione. Le imposte di programmazione economica potranno essere calibrate anche per impedire la formazione di monopoli: partendo da un imposta relativamente alta, la si abbasserà gradualmente fino a quando si otterrà il numero desiderato di aziende che si occupano del settore; questo si farà per le fumerie di oppio, ad esempio, dove l’imposta sarà fermata quando ve ne saranno una trentina in tutta Italia; mentre per i grossisti autorizzati al commercio di oppio verrà fermata quando ve ne saranno tre o quattro. Ad esempio, l’imposta sui distributori di carburante sarà adeguata in modo che si elimini lo spettacolo di distributori inattivi per gran parte del tempo, ma evitando che in altri si formino code. Per quelli di metano tale adattamento terrà conto anche del garantire comunque un adeguata copertura territoriale; per la Sardegna (attualmente priva di distributori di metano), subordinatamente alla eventuale nascita di una rete metanifera tramite rigassificatore, l’imposta sui distributori automobilistici di metano sarà ridotta, con la previsione di parificarla man mano che ne sorgeranno.

L’entità delle imposte di programmazione per uno stesso prodotto potrà essere diversa da regione a regione, per favorire il “vantaggio comparato” di ogni regione nelle sue produzioni tipiche. Esempio: l’imposta sulla coltivazione di pomodori sarà più bassa in Campania, più alta in Piemonte; l’imposta sulla produzione di automobili sarà più bassa in Piemonte, più alta in Campania. Perlomeno in un aggiunta minima che tenga conto dei costi di trasporto, e quindi stabilizzi i prezzi su tutto il territorio nazionale come in un calcolo matematico (a pesare sui trasporti e quindi influirne sul loro costo interverrebbero già la loro stessa imposta di programmazione e quella regionale sulla vendita di prodotti extra-regionali, tese entrambe a favorire il commercio di prodotti “a chilometri zero”) avente come parametro principale da ottenere il prezzo al consumatore dei pomodori identico sia in Campania che in Piemonte. In questo modo saranno sostituite le “quote latte”. In caso di Europa socializzata, i produttori di latte pagheranno un’imposta maggiore in Italia, minore in Danimarca (la Danimarca ha un “vantaggio comparato” nella produzione di latte, il quale è la motivazione delle “quote” CEE). Questi meccanismi comporteranno che l’entità di queste imposte sarà automaticamente fissata sul livello ideale, anziché pianificata dirigisticamente. ----e come barriera - vedi capitolo licenze -------  <--      solo qui    

informazione   --> L’editoria nel 2008 nel suo complesso è costata ai conti statali circa 202.000.000 di euro di sovvenzioni. Non esisterà più finanziamento statale alla stampa. In questo modo probabilmente il numero delle testate verrà a diminuire, a tutto vantaggio della qualità e dell’obbiettività (oggi assai carente). L’imposizione fiscale sui giornali quotidiani farà in modo che a livello nazionale ne permangano 3 o 4, e che ad essi vengano allegati per ogni zona i quotidiani locali ("giornale-panino"). Non serve che 30 persone facciano la stessa identica cosa che può fare uno solo. Ogni quotidiano dovrà avere anche l’edizione on line su internet gratuita a partire dalle ore 14 del giorno di uscita. No! In caso partecipare a concorso per cose gratis----

Solo periodici specializzati con tiratura inferiore alle 500 copie potranno essere defiscalizzati. L’iperfiscalizzazione della carta sarà di ostacolo allo spreco e di incentivo al riciclaggio.<--    informazione

 

spettacolo     --> già scritto sopra!!!!!! -->Sarà iperfiscalizzata la pubblicità (unica accisa prevista oltre a quelle su petrolio e beni di lusso facilmente quantificabili --------), bene elastico per eccellenza, allo scopo di colpire indirettamente i guadagni dei personaggi dello spettacolo e dello sport, <-- ---già ripetuto!!!!---- facendo differenza nelle somme dell'accisa solo tra media nazionali e locali. cancellare qui   -->La RAI sarà socializzata e non potrà più chiedere il canone. Le reti a pagamento dovranno solo essere dotate di decoder o di "card" come quelle attuali. Le regole per ottenere le frequenze sono spiegate a pagina ------. ----scriverle qui?????---- <--    spettacolo 

 

regione  - comune- provincia   --> Determinati servizi considerati essenziali ma economicamente in perdita (es. una linea ferroviaria locale od una scuola od ospedale di montagna), una volta passati dalla proprietà pubblica a quella socializzata, potranno essere sostenuti economicamente dagli enti locali interessati qualora essi vogliano il mantenimento del servizio, adempiendo alle richieste economiche dell’azienda neo-proprietaria del servizio per mantenerlo, qualora lo ritengano necessario. Anche l’eventuale sostegno dei negozi di beni generici di prima necessità situati in comunità isolate sarà possibile ai comuni. Tuttavia questi casi non implicano anche una defiscalizzazione dalle imposte statali di programmazione economica all'attività implicata.<-- regione - comune - provincia

 

solo qui   --> spostare sopra dopo altro "solo qui"? L'imposta di pianificazione economica sarà applicata secondo questo criterio: ogni azienda e consorzio pagheranno convenzionalmente un imposta forfettaria base. Alle aziende defiscalizzate la cifra di questa imposta sarà ridotta o eliminata; alle aziende iperfiscalizzate sarà aumentata a piacere. Nessuna azienda quindi *riceverà* direttamente soldi dallo Stato, per la programmazione economica di defiscalizzazione. Ogni azienda *pagherà* un imposta sulla programmazione economica. Questa imposta sarà come standard di 500 euro annui per azienda e di 5.000 per consorzio, come base di riferimento. Per aziende che trattino più settori fiscali, l’imposta sarà fissata sul settore più fiscalizzato. Per quelle per le quali l'imposta è zero --------.

Gli studi economici saranno affidati all’“Istituto di Studi per la Programmazione Economica” (al quale saranno fusi anche il “comitato interministeriale per la programmazione economica”, cipe, e il “consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”, cnel) agenzia nominata dal consiglio dei ministri ed esso proporrà al governo le defiscalizzazioni e le iperfiscalizzazioni, che le metterà al voto; avrà quindi mero ruolo di consulenza su incarico del governo; sarà sottoposto direttamente al presidente del Consiglio in quanto le corporazioni potrebbero essere interessate a favoritismi. Difatti gli introiti di questa imposta necessariamente dovranno andare direttamente allo Stato. Dopo il primo anno sperimentale (durante il quale l'entità delle rispettive imposte sarà aggiustata empiricamente), queste imposte potranno essere modificate al massimo del 5% all’anno dall’organismo istituente. Per alcune potrà esserne previsto in partenza l’aumento annuo del 5% partendo dalla cifra base, qualora si voglia dilazionarne nel tempo l’iperfiscalizzazione per dar tempo al settore di adeguarsi al cambiamento tendenziale del mercato.

 

L’imposta sulla programmazione economica sarà riscossa dallo Stato tramite le banche (secondo il solito meccanismo di continuità del gettito, un anno per evadere tutte le pratiche dei propri clienti contribuenti fiscali). ----mettere continuità del gettito anche dove altrove questa frase-----

imposta pianifica per alberghi si tenga conto di imposta su metratura. 1 euro x mq
Esempio: (le cifre sotto i 500 euro indicano grossomodo defiscalizzazione, quelle sopra 500 euro iperfiscalizzazione): 

alzarle visto che eliminate le altre! 

 

Cereali: 0 euro
Molini (farina): 300 euro
Panifici: 500 euro
Pomodori: 500 euro
Uva: 700 euro
Vino e birra: 1.000 euro
Altri alcolici: 1.500 euro
Apparecchi radio: 500 euro
Mobilio: 500 euro
Pannelli fotovoltaici: 500 euro

Solare dinamico e pompe di calore: 0 euro
Elettrodomestici: 700 euro

Importazione tabacco: 10.000 euro

Coltivazione tabacco: 3.000 euro

Lavorazione tabacco: 3.000 euro

Tabaccai: 1.500 euro

Saline: 600 euro (ma si tenga presente l’imposta sulla metratura che già graverebbe notevolmente su di esse)

Importazione sale: 8.000 euro

Raffinerie di petrolio: 1.500 euro

Autocisterne: 2.000 euro

Benzinai: 5.000 euro  (al giorno però!?) in modo che il prezzo dei carburanti non sia molto più basso di oggi

Riciclaggio carta: 200 euro

Produzione carta: 1.500 euro

Concessionari di auto italiane: 500 euro

Concessionari di auto estere: 2.000 euro + aumento annuo del 5%

Ristorazione: oltre 200 posti:       500        senza personale ai tavoli: 100                ristorazione automatica:  0

                         50-200 posti: 1.000                                               200                                                     0

                           20-50 posti: 1.500                                               400                                                     0

                             0-20 posti: 2.000                                               600                                                 100

Bar senza cucina: 700  

 

Attività commerciali: 800 euro; in questo caso, attività che rinuncino alla vendita di prodotti soggetti ad iperfiscalizzazione (alcolici ad esempio) avranno una defiscalizzazione. Quindi:
Attività commerciale alimentare che non venda alcolici: 100 euro.

(oppure: che non vende alcolici 500, che vende alcolici, 3.000)

Sarà favorita la distribuzione automatica in ogni ambito possibile.

 

esercito: 0

 

Tutte saranno adattate ad evitare l’inefficienza derivata dal “principio dei costi crescenti”.

 

Per le attività di ristorazione e ospitalità la classificazione ("stelle") sarà costituita come per i liberi professionisti dalla relativa imposta volontaria annua che l’azienda deciderà di pagare:

 

0:        0 euro

1:    500 euro

2: 1.000 euro

3: 1.500 euro

4: 2.000 euro

5: 2.500 euro

e via così, una posizione in più ogni 500 euro, senza limite. Le somme di questa imposta andranno per metà sul conto corrente dello Stato, e per metà sul fondo per i contributi solidali e mecenatici ad attività  improduttive ma sociali; tali contribuenti sapranno che con tale versamento volontario contribuiranno alle donazioni per i bisognosi, e la relativa "stella" sarà di indicazione per i clienti.

 

I clienti terranno conto tuttavia proprio che tale classificazione non sarà collegata ad una valutazione effettiva della qualità della gestione,  ma solo alla cifra pagata per ottenerla. Potranno coesistere altri tipi di valutazioni private, come le attuali “stelle”. Qualunque tipo di attività potrà aderire liberamente a questa classificazione. Dato che le imposte vengono utilizzate per scopi di utilità pubblica e di sostegno sociale, questa classificazione sarà di dimostrazione dell’effettivo contributo volontario dato dall’azienda alla collettività. Sarà favorita la distribuzione automatica in ogni ambito possibile.

 

Amministrazione dell’inquinamento e dello spreco energetico

Le leggi contro l’inquinamento saranno rese meno rigorose, ma regolate tramite un imposta sull’inquinamento che incentiverà la depurazione industriale delle acque e dei fumi. Tale imposta sarà basata su una classifica di 10 punti (redatta per autocertificazione su precisi parametri e confermata/controllata dalle Arpav) in base alla quale per ogni punto in meno di 10 l’azienda pagherà inizialmente 100 euro annui per socio. Un azienda che depuri tutto l’inquinamento prodotto avrà 10 punti e non pagherà questa imposta. L’imposta subirà un incremento annuo del 10%. Non si tratta propriamente di un “imposta pigouviana” (ovvero una tassa pagata dall’agente inquinante finalizzata al ripristino delle condizioni ambientali originali), in quanto non è necessariamente legata al costo delle eventuali spese di bonifica. E’ piuttosto basata sul “teorema di Baumol-Oates”. Questa imposta partirà solo dall’anno seguente all’emanazione della legge, per dar modo alle aziende di adeguarsi nel frattempo. Anche per altre esternalità si seguirà questa prassi, preferendo tuttavia libertà di accordi diretti secondo il “Teorema di Coase” quando possibile. Il “teorema di Coase” dice che la maggiore efficienza nella gestione delle esternalità si ha quando si lascia l’accordo di indennizzo alle reciproche parti direttamente coinvolte. Ovviamente non può essere valido qualora una delle parti coinvolte sia un bene pubblico. Sarà indetta anche un imposta sulla carta.

Utilizzare l’impianto solare per l’idrogenazione dei rifiuti (vedi pagina ----) anche per idrogenare sabbie bituminose e ligniti povere dai quali ottenere carburanti utilizzabili, e per produrre metanolo e idrazina. Incentivazione dei sistemi per il riutilizzo del calore residuo nelle industrie -----nome?---vedi su centrale palladio wikipedia---: l’incentivante “imposta sullo spreco energetico” sarà anch’essa basata su una classifica di 10 punti (redatta come la precedente) in base alla quale per ogni punto in meno di 10 l’azienda pagherà inizialmente 100 euro annui per socio. Sarà facilmente quantificabile, tramite spettrografia del complesso produttivo. Un azienda che riutilizzi tutto il calore residuo prodotto (ovvero che non ne disperda nell'ambiente) avrà 10 punti e non pagherà nulla. Questa imposta subirà un incremento annuo del 10%. Partirà da 2 anni dopo l’emanazione della legge, per dar modo alle aziende di adeguarsi. Nel caso soprattutto delle centrali termoelettriche sarà particolarmente influente sul punteggio la presenza di preriscaldatore a solare dinamico dell’aria in entrata (comburente) con campo specchi. Sempre nell’ambito della politica energetica, per alcuni beni sarà incentivato il commercio cosiddetto “a chilometri zero”: ad esempio il trasporto e la vendita di acque minerali in bottiglia al di fuori della regione di produzione sarà iperfiscalizzato (sul costo della licenza). I produttori non ci rimetteranno nulla, in quanto se non potranno vendere fuori dalla regione, considerato che neanche i concorrenti potranno farlo, ognuno vedrà aumentare le vendite nella propria regione. L’acqua è acqua; le presunte differenze tra l’una e l’altra accampate dai venditori sono solamente pretestuose e rientrano ampiamente nel discorso già fatto riguardo l'inefficienza in diverse propensioni psicologiche all'acquisto. Qui imposta regionale --------------------

la localizzazione di siti di raccolta rifiuti speciali ecc non sottostarà ad imposizioni statali ma ad un accettazione economica degli enti locali coinvolti, regione, provincia, comune, quartiere, su asta

Entrambe le imposte vanno al comune dove sono ubicate le aziende, secondo il “criterio di Kaldor”. E’ un “principio di indennizzo” nei confronti di soggetti che ricevono un danno da parte di un agente il quale deve corrispondere un incentivo che equilibri generalmente la percezione di questo danno fino al raggiungimento di un “ottimo paretiano”.  In pratica un “teorema di Coase” adeguato ai beni pubblici. <--      solo qui  

licenze   -->Il prelievo fiscale dalle aziende già esistenti sarà casuale durante l’arco dell’anno fiscale; per le aziende nuove il prelievo potrà avvenire solo durante gli ultimi due mesi alla scadenza di un anno dalla fondazione; l’anno successivo durante il secondo semestre.  ---qui???----  <--   licenze  

solo qui  -->

Riepilogo imposte: 

Queste cifre non sono da considerarsi definitive ma indicative, nella realtà esse saranno vagliate empiricamente.

 

Per persone e aziende:

Imposta su terreni non edificati: 50 annui/ettaro agricoli; 1.000 annui/ettaro edificabili

Tassa sul cambio d’uso dei terreni

Persona:

Imposta statale: 100 euro annui tra 18 (26 se studenti) e 60 anni casalinghe comprese. 
Imposta forfettaria personale: a discrezione di ciascun difensore civico

Imposta per il sindaco   --- o pagati solo da difensori civici? -----
Imposta su seconde case (alle aziende del demonio)

Imposta sulla metratura esuberante (ai comuni)

Imposta per la vendita della quota aziendale (5.000 se ex privata, 30.000 se ex pubblica; scambio 100 euro) ( a ????)  produzione - trattamento - vendita: differenza: cessione quota aziendale: imposta a stato:
produzione: 5.000
trattamento: 30.000 
vendita: 0

Assicurazione sanitaria (obbligatoria per minori di 18 anni)
Assicurazione pensionistica minima (non obbligatoria)
Restituzione credito sociale
Restituzione credito formativo
Abbonamento a medico di base (oppure pagato da difensori civici???)

Azienda:

Licenza (entità decisa dalla corporazione comunaleo dal consorzio???

Imposta B per consorzi: (alle corporazioni nazionali)
Imposta A sulle aziende: (alle corporazioni comunali)

Imposta locale: (al difensore civico, 1 quota ogni 15 soci)

Imposta volontaria: (metà a Stato e metà a fondo solidale)
Imposta di programmazione economica: 500 per azienda + 500 euro per socio, come base (a Stato)
Imposta sull'inquinamento, da 0 a 1.000 euro per socio (ai comuni)
Imposta sugli sprechi energetici, da 0 a 1.000 euro per socio (ai comuni)

Imposta di incentivo al "chilometri zero" (alle regioni) 
Assicurazione obbligatoria sul fallimento
Assicurazione sulle responsabilità penali (obbligatoria solo per l’amministratore di aziende con più di 10 soci, e per un consigliere ogni 100 soci)

Facoltative:
Imposta sui dipendenti: da calcolare a seconda dei parametri

Tutte queste imposte non saranno fissate obbligatoriamente, ma le cifre indicate corrispondono al massimo che l’esattore potrà richiedere al contribuente. Ogni esattore potrà anche abbassarle a sua discrezione, ovviamente a suo svantaggio pecuniario.

 

Imposta su consorzi: la corporazione di un comune con più di 400.000 abitanti potrà chiedere al massimo 40.000 euro, ma potrà anche chiedere meno.  volendo incentivare cosa?? consorzi più grandi? ---<--    solo qui 

imposta corporativa

ogni corporazione pagherà allo Stato un imposta (C) tesa a    in modo da poterla dividere tra i consorzi - non solo aziende

Agricoltura             500.000
Zootecnia e pesca             500.000

Industrie alimentari             500.000
Editoria, vetro, ceramica, legno e carta   500.000
Abbigliamento e tessile          500.000
Siderurgia e metallurgia          500.000
Meccanica                500.000
Chimica                500.000
Elettronica             500.000
Informatica             500.000
Energia e acqua           500.000
Informazione              700.000

Edilizia                 500.000
Industrie estrattive
         500.000
Comunicazioni e trasporti
      500.000
Spettacolo e sport
           1. 500.000

Ospitalità e ristorazione        700.000
Professioni                1.000.000

Arti                    500.000
Previdenza assicurativa       500.000
Credito                500.000
Sanità                  200.000
Servizi pubblici          200.000
Pubblica sicurezza         200.000

Difesa                       0
Giustizia               300.000
Istruzione e cultura        200.000
Commercio                 500.000

Manodopera               500.000

Attività generiche           800.000

 

varie

 

 

Riepilogo nuovo imposte:

persona: 

imposta unica fissa allo stato da ogni cittadino capofamiglia tra i 18-26 ed i 55-65 anni: 500 euro (georgista - forfettaria)

pagamento difensore civico

pagamento sindaco no! sindaci pagati solo da difensori  civici!!!

 

azienda:

 

 

 

 

Fiscalità monetaria

solo qui    --> La filosofia basale della fiscalità monetaria è intimamente legata alla socializzazione, in quanto se la socializzazione ha come base fondante il rifiuto del concetto di lavoro come merce, esso non deve nemmeno essere fiscalizzato come tale con aliquote basate sul reddito prodotto dal proprio lavoro. In tal senso è sempre stata prassi comune per gli stati finanziare parzialmente la spesa pubblica tramite creazione di moneta; tuttavia ciò ha il difetto di avviare inflazione (cioè diminuzione del valore della moneta rispetto alle merci), per cui tale pratica è sempre stata deprecata e quindi utilizzata solo in casi estremi. Tuttavia alcuni economisti capirono che per eliminare il lato negativo del “monetarismo” bastava fare in modo che le monete coniate perdessero esse valore nel tempo, come una “moneta di ghiaccio”, che si scioglie lentamente in mano; in questo modo, grazie a questa svalutazione progressiva (“inflazione inversa”), i prezzi delle merci si sarebbero ovviamente mantenuti stabili, ceteris paribus. Anzi, adeguandone appositamente il decremento si sarebbe potuto venire perfino ad eliminare la normale inflazione! In tal modo sarebbe stato possibile addirittura eliminare del tutto il prelievo fiscale e sostituirlo completamente con l’emissione di “moneta di ghiaccio”, date le entrate da signoraggio conseguenti. La sua teorizzazione si deve in maggior parte all’anarchico Silvio Gesell, i cui studi furono ripresi e sviluppati dal poeta Ezra Pound. Essa rappresenta in pratica la realizzazione artificiale dell’equilibrio perfetto del keynesiano “Modello IS-LM”. La nostra teoria delle due unità monetarie parallele è basata invece sull’applicazione pratica che se ne ha attualmente a Cuba, dove grazie ad essa la sua moneta di riferimento, il “peso convertibile”, per valore è la seconda di tutto il continente americano (dopo il dollaro Usa), nonostante la rovinosa economia di quel paese. Nonostante si tenda a tenerlo celato, perfino Keynes era un entusiasta sostenitore delle teorie di Gesell sulla fiscalità monetaria, che considerava allora impraticabili solo per motivi logistici. Silvio Gesell progettò che per il decremento ogni banconota avrebbe dovuto essere rivalutata con l’apposizione cadenzata di marche da bollo, determinando con ciò la differenza di quotazione a seconda del tempo mancante alla scadenza dell’ultimo bollo. Oggi invece sarebbe possibile utilizzare una moneta elettronica dotata di display numerico decrementante. la fiscalità monetaria come l'iva colpisce il trasferimento di ricchezza  - dove mettere?

Basandosi sulla “legge di Say”, è in pratica una “supply-side economics” compensata.  aggiunto da altra parte -->La supply-side economics, basata sulla “legge di Say”, sostiene che la riduzione delle tasse possa stimolare l’occupazione e la produzione eliminando la “perdita secca” dai modelli. Fu la base del programma reaganiano e thatcheriano. Tuttavia dall’esperienza  è risultato chiaro che senza una corrispondente adeguata compensazione (la quale potrebbe essere data proprio dalla fiscalità monetaria, ad esempio), l’effetto ottenuto è l’opposto a causa della diminuzione di redistribuzione da spesa pubblica. <-- Dalla compensazione ne deriverebbe che la domanda aggregata rimarrebbe invariata, a differenza di quanto avverrebbe senza compensazione. La base filosofica difatti è fondata su di un concetto semplice, ovvero che è la produzione a fare il denaro (la ricchezza), e quindi il denaro circolante ed il suo valore rimangono indissolubilmente legati alla produzione. Quindi a qualunque legislazione fiscale si voglia sottoporre il sistema economico, comunque sempre sottostarà a tale regola e ci si adatterà. Ragion per cui poter proporre soluzioni fiscali basate sulla semplificazione ed equità. La “fiscalità monetaria” in particolare si propone la sua attuazione in un sistema in cui le divergenze economiche siano notevolmente appianate rispetto ora. Per questa ragione è presa in considerazione solo dagli economisti distributisti, e quindi anche dal fascismo dietro consiglio di Ezra Pound. Difatti eliminare le imposte dirette progressive in un sistema fortemente diseguale com’è quello liberista potrebbe comportare un livellamento che favorirebbe chi percepisce i redditi più alti (ma non interamente, come abbiamo dimostrato nel capitolo “le nuove regole fiscali” riguardo l’imposta georgista). Questo sistema di imposizione fiscale si adatta perfettamente al sistema economico distributista, e lo completa.

Il disavanzo dei conti statali lasciato dalle imposte supplettive verrebbe colmato col decremento della moneta, facendo si che decremento e disavanzo corrispondano costantemente, col tasso fissato sul PIL diviso per la velocità di circolazione della moneta (in modo che la quantità circolante rimanga invariata a parità di PIL). Come nell’esempio pratico della società del pane (fare qui???), dove il pane subisce un calo ponderale, riportato globalmente al suo equilibrio dal suddito che possiede un pane quotidiano in surplus. In tal caso il pane rappresenta simbolicamente la moneta, quindi il possessore di due pani è lo Stato che crea moneta. Ed in questo modo può ottenere un servizio. Quindi il tasso di decremento del “pane” dovrebbe essere basato sulla domanda globale di “pane” anziché l’opposto, ovvero non sul calcolo matematico del volume circolante ma sulla sua domanda, come deduciamo dalle analisi di Keynes sulla “teoria quantitativa della moneta”. Il conseguente surplus di moneta si annulla in quanto il mancato peso fiscale sugli scambi compensa la ipotetica e artificiale maggiorazione dei prezzi fino ad arrivare ad una stasi monetaria perpetua (variabile solo a causa di fluttuazioni del PIL ovvero del valore nominale della produzione). Ciò renderebbe più equa la distribuzione del patrimonio, anche in quanto scomparirebbe il concetto stesso di elusione/evasione fiscale sui redditi, ed il peso della spesa pubblica sarebbe automaticamente ripartito sulla base degli scambi monetari e cioè sui consumi personali. Questo sistema sostituisce la tassazione diretta progressiva ad aliquote su scaglioni di reddito e la scarica sulle spese effettive, ragion per cui chi più consuma più sentirà il peso fiscale, mentre chi risparmia lo sentirà meno, a prescindere da quanto guadagni o possegga. Colpisce quindi l’edonismo consumista ma rispetta una reale meritocrazia produttiva, e soprattutto elimina il disincentivo all’aumento di produttività causato dal rendimento decrescente tipico della fiscalità reddituale a scaglioni e delle accise. Si tenga presente però che i prezzi rimarrebbero generalmente gli stessi, perché il valore aggiunto dalla fiscalità monetaria si sostituirebbe automaticamente a quello oggi aggiunto dalle attuali imposte. Però questa cifra non sarebbe più fissata secondo parametri pianificati (suscettibili di iniquità), ma verrebbe ad essere spontaneamente ripartita su quella perfetta per ogni prodotto, e quantificata sulla spesa pubblica esatta, eliminando automaticamente la possibilità stessa di deficit pubblico e quindi di necessità di ricorso al debito da parte dello Stato. Inoltre questo sistema andrebbe ad incidere su ambiti economici oggi impossibili da colpire, quali le attività abusive ed illegali, in particolar modo, soprattutto in quanto queste sono costrette a basarsi sul denaro contante per i loro scambi.

Ciò involontariamente realizzerebbe lo slogan marxista “da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni”. Potrebbe persino venir meno la necessità dell’apparato burocratico statale finalizzato alla riscossione e gestione delle tasse.

Utile alla comprensione è l’analisi di un episodio di qualche anno fa quando i radicali distribuirono nelle piazze i soldi ricevuti dallo Stato col finanziamento pubblico dei partiti. Quell’azione poteva sortire solo mera funzione propagandistica in quanto per effettuare la restituzione ai cittadini sarebbe bastato semplicemente distruggere quei soldi: ne sarebbe risultata la redistribuzione perfettamente equa tra tutti i 57.000.000 di italiani. Invece di cedere 10.000 lire solo a chiunque si mettesse in fila a chiederli. In alcune nazioni è considerato un reato distruggere soldi, ma non per il valore che rappresentano (che non viene certo distrutto), bensì per il costo di produzione (stampa) del mezzo; anche se, dato il valore simbolico maggiore, la loro distruzione va a vantaggio di ciascuna persona (ma non dell’economia nazionale, che ne ha un danno nell’importo del costo di stampa di quell’esemplare) nell’importo della somma distrutta diviso per il numero di abitanti. Solo il distruttore ne ha una perdita nella cifra distrutta meno la sua percentuale suddivisa ma più la percentuale del costo di stampa. Anche la polemica di Beppe Grillo sul fatto che “la banca d’Italia ci presta i nostri soldi” è fuorviata: la banca d’Italia ci presta il mezzo fisico “moneta”, non il valore che essa veicola (il quale appartiene sempre al portatore). Sulla base di queste due considerazioni si può capire la filosofia della fiscalità monetaria. Anche i fondamenti monetari dello NSDAP vergati dall’economista Gottfried Feder ricalcavano quelli distributisti. Ne “Il manifesto contro l’interesse del denaro” Feder scrive: “la soppressione del pagamento di interessi non è una bancarotta statale dissimulata. Il fantasma della bancarotta statale è, in effetti, un orco di racconti infantili inventato dalle potenze usuraie” (difatti lo Stato non può fare bancarotta, dato il suo potere esattivo). credito        --> Secondo Joaquin Bochaca fu proprio il prestito agevolato a imprese solvibili il motore del colossale balzo effettuato dall’economia tedesca tra il 1933 il 1939, e non la grande capacità di lavoro dei popolo tedesco, come si è preteso. Fa notare che l’incontestabile capacità nel lavoro non la inventò il regime nazionalsocialista, però la sua decisione di strappare all’arbitrio delle banche il potere di creare, o sopprimere, occupazione, fu indubbiamente il provvedimento che consenti l’esprimersi di tale capacità. <--    credito   Oggi sappiamo che in realtà questa possibilità fu favorita anche dal sostegno della finanza internazionale, ma ciò non toglie lustro al sistema adottato per organizzarlo. La Germania del 1933-1939 era uno degli stati in cui la pressione fiscale risultava minima: “l’obiettivo finale del nostro Stato - affermava Gottfried Feder - è la realizzazione di uno Stato privo di imposte”. Feder citava come esempio lo Stato bavarese, le cui finanze non prevedevano tra le entrate, come voce principale, quella delle tasse. Quanto la Baviera ricavava indirettamente, bastava a coprire le spese pubbliche.

 

Una proposta di legge che punta ad introdurre la fiscalità monetaria è quella che da anni avanza l’onorevole Teodoro Buontempo di Alleanza Nazionale che prevede in aggiunta una distribuzione di un “reddito di cittadinanza” a tutti i cittadini. Questa è una teoria estrema che prevede non solo di abolire ogni imposta, ma addirittura di fornire ad ogni cittadino da parte dello Stato una certa rendita mensile proprio tramite le somme decrementate dal denaro “di ghiaccio”. Tale teoria è sostenuta dall’economista Domenico De Simone, nel suo libro dal titolo emblematico “Un milione al mese a tutti, subito!”; tuttavia è da notare come ciò sarebbe di disincentivo al lavoro, e quindi contrario alla base stessa della teoria della “fiscalità monetaria”, la legge di Say.

La fiscalità monetaria si basa sull’emissione di denaro sottoposto ad un inflazione inversa, ovvero che decrementi col passare del tempo il valore in essa contenuto, operazione nota come “demurrage”. Questa valuta affiancherà quella normale cartacea e metallica. Il loro valore non sarà ancorato, ma potrà fluttuare come fossero due valute diverse, perché le cifre dei conti correnti saranno espresse in moneta decrementante. La differenza sarebbe fissata in modo variabile dalle banche in un listino di cambio come quello con le monete estere. Ovviamente il tasso stabilito dovrà essere uguale sia per la vendita che per l’acquisto di una determinata delle due valute, ma ogni banca potrà esigere una “commissione” come quelle delle odierne agenzie di cambio. Ognuno potrà scegliere quale utilizzare di volta in volta a seconda della convenienza che vi vedrà. A rigor di logica, per la legge della domanda ed offerta nota come “legge di Gresham”, i valori cartacei stabili avrebbero un valore superiore rispetto alla moneta decrementante, a vantaggio dell’utilizzo di quest’ultima (minore è il costo di una moneta, maggiore è la sua domanda e diffusione, “legge di Gresham”). All’atto del prelievo ogni persona potrà decidere se richiedere moneta decrementante oppure moneta normale. Sicuramente tenderà a chiedere quella decrementante, perché ad esempio, per 100 euro tolti dal conto corrente verrà consegnata una moneta decrementante del valore di 100 euro, ma se richiesta una moneta stabile sarà consegnata una cifra inferiore (es. 98 euro) a seconda del cambio vigente (il quale fluttuerebbe liberamente a seconda delle richieste del mercato monetario). Teoricamente nei negozi si dovrebbe rendere obbligatorio il prezzo unico, per evitare confusione e frodi, in modo che non si facciano prezzi diversificati a seconda della moneta con cui si viene pagati. Ma dato che i commercianti saranno dotati di slot di scaricamento della moneta elettronica, non avranno di per se stessi comunque alcun’interesse a praticare prezzi differenti. Di conseguenza i prezzi verrebbero spontaneamente ad adeguarsi sulla moneta decrementante (perché più diffusa e legata ai conti correnti). Ovviamente i prezzi verrebbero lasciati al mercato secondo le normali regole della libera concorrenza. Le loro eventuali variazioni sarebbero legate esclusivamente a tale legge economica ed alla variazione marginale spontanea del valore di ciascun bene e del PIL (“effetto reddito”), non più all’incremento costante ed aggregato dovuto al diminuire del valore della moneta (inflazione).

Questo decremento comporterà l’aggiunta di un carico sui beni, per "effetto reddito", che controbilancerà il mancato peso fiscale riportando i prezzi in equilibrio sui livelli attuali. In considerazione di ciò, il cittadino sarebbe spinto ad utilizzare per gli scambi quotidiani la moneta decrementante, mentre invece chiederà moneta normale solo come eventuale riserva liquida da accantonare. Ovviamente sarà anche portato a limitare la detenzione di questa quantità di moneta normale accantonata, in quanto essa, pur non decrementando, così come oggi non riceve l’interesse che riceverebbe se depositata in un conto bancario. Per tale motivo probabilmente tale quantità corrisponderebbe agli spiccioli (i centesimi e la moneta da uno e due euro difatti non saranno disponibili in versione decrementante) necessari in quanto i decrementi saranno centesimali (ma di 5 alla volta, in modo da poter eliminare le monete da 1 e 2 centesimi), e, dato il valore ridotto degli spiccioli, sarebbe irrilevante (e quindi ignorata) la differenza di cambio fluttuante.

Il poligrafico dello Stato fornirebbe alle banche le tessere elettroniche dotate di display, da distribuire come moneta. Tali tessere rimarrebbero vuote (con valore base di 2 euro) fino all’emissione al cittadino. Nell’emissione, la tessera vuota verrebbe inserita all’interno di appositi slot tarati in dotazione alle banche e caricata col valore richiesto, e questa cifra verrebbe prelevata dal conto corrente del cliente e versata nel conto corrente dello Stato (ogni banca avrà un conto intestato allo Stato). Una volta estratte dagli slot per essere consegnate al cliente (anche mediante sportello bancomat) con la cifra caricata esse avvierebbero un conto alla rovescia che decrementi il loro valore (es. di 5 centesimi ogni 8 ore) visualizzabile sul display. Se restituite alla banca e reinserite nello slot il valore si azzererebbe (ai 2 euro base) e la cifra rimasta (più i 2 euro) verrebbe prelevata dal conto corrente statale e versata nel conto del cliente. La tessera azzerata diverrebbe nuovamente disponibile per un altra operazione. Sarebbe possibile creare qualunque valore di partenza, non necessariamente corrispondente a quelli attuali di cartamoneta, ma al massimo di 100 euro per ogni scheda (per semplicità). Una volta raggiunto il valore di 2 euro il decremento cesserà e tale valore resterà immutato (la tessera potrà continuare a circolare con tale valore oppure ceduta alla banca ricevendo i due euro nel conto corrente), quindi verranno abolite le normali monete da due euro, sostituite totalmente nella loro diffusione dalle tessere scariche. Scaricabili fino a 2 euro, sempre che il costo di produzione non sia più alto, al che la cifra minima di raggiungimento va alzata – perché sennò raggiunti i 2 euro il poligrafico potrebbe venderle alle banche come nuove.

Per ogni esemplare prodotto (tramite macchinari tarati la cui produttività sarebbe pubblicata on line in tempo reale) il poligrafico verserà nel conto corrente dello Stato la cifra esatta equivalente (2 euro per 2 euro). Questo sia per le tessere decrementanti, sia per le banconote e le monete, sia per gli assegni, sia per gli altri valori bollati (cosicché il cosiddetto “signoraggio” andrebbe totalmente allo Stato). Mentre per 100 euro “non decrementanti” stampati il poligrafico dovrà cedere allo Stato 101 euro, per 50 euro 50,5, per 10 euro 10,1 ecc. Le banche una volta ricevutigli verseranno nel conto corrente del poligrafico la cifra equivalente ma stavolta secondo il tasso di cambio vigente, ovvero se in quel momento le banche cambiano 105 euro normali con 100 euro decrementanti, per un biglietto da 100 euro normali dovranno versare nel conto del poligrafico 105 euro (la cui cifra in esubero meno l’euro in più ceduto allo Stato sarà il suo utile), essendo i conti correnti espressi in moneta decrementante. Quindi per valori cartacei e monetari la banca in pratica pagherà al poligrafico una determinata cifra percentuale per ciascuno, ed anche tenendo conto che sugli spiccioli il bilancio di fabbricazione sarebbe in perdita, verrebbe equilibrato dai grossi tagli, venendo tutte assieme a formare il bilancio globale del poligrafico, comunque certamente in utile. Per ogni nuova tessera vuota acquistata le banche verseranno al poligrafico il suo valore nominale base, cioè 2 euro, più la relativa differenza sul tasso di cambio variabile (che nel caso degli scambi tra poligrafico e banche sarebbe sì tenuto in conto viste le maggiori grandezze in gioco). Questo sarà per le banche il costo delle tessere vuote, ma visto che possono essere portate a 100 euro e ricaricate all’infinito, la banca preferirà chiedere (e quindi cedere ai clienti) queste, dovendo pagare per esse 2 euro più il tasso di cambio una volta sola ma potendole ricaricare come fossero ogni volta un esemplare nuovo, potendo evitare quindi di pagare più volte la differenza di tasso di cambio al poligrafico. Sebbene sarebbe interessata a mantenere il valore delle due monete il più vicino possibile per poter acquistare più facilmente dal poligrafico, avrà viceversa un interesse ancora maggiore a far divaricare il più possibile il valore, per il mercato coi clienti, certamente più rilevante che i limitati scambi col poligrafico. Interesse in comune col poligrafico, che pur essendo forse in perdita nella creazione di tessere nuove, ne ha tutto l’interesse a diffonderne il più possibile facendo ricadere i costi della fabbricazione sui ricavi indiretti che esse provocano. Vista l’origine del suo introito, questi ricavi indiretti sarebbero basati sul maggior valore della moneta normale rispetto a quella decrementante, e quindi su un maggiore volume di differenza di tasso che le banche dovranno pagare ad esso. Essendo i valori cartacei l’unica forma di accumulazione le banche preferiranno accumulare come riserva (per le riserve e le propensioni al prestito si veda la pagina "corporazione credito") valori ottenuti tra quelli già disponibili sul mercato piuttosto che farne produrre altri, facendo quindi lievitare ulteriormente il valore di questi a causa dell’aumento di domanda. Solo quando il valore supererà il prezzo proposto dal poligrafico la banca ne chiederà ad esso, e quindi questi valori si bilanceranno costantemente fissandosi sul rapporto tra questi due parametri, razionalizzando l’emissione e determinando i tassi su questi fattori. Questo farà si che la massa monetaria circolante sarà sempre automaticamente quella ideale, ed essendo eliminata assieme all’inflazione la necessità di stampaggio continuo di valori, la stampa di nuovi esemplari sarebbe unicamente legata all’aumento del PIL, secondo la “teoria quantitativa della moneta”. Quindi i guadagni del poligrafico sarebbero intimamente legati proprio e solamente all’aumento del PIL (che si presume essere pressochè costante in una situazione normale di progresso). La sostituzione delle banconote usurate sarà a carico del poligrafico.

E’ poco probabile che come mezzo di accumulo le banche acquisiscano moneta estera, perché, seppur meno costosa, essa subirebbe una svalutazione costante nei confronti della moneta della nazione socializzata, non sottoposta ad inflazione. Conseguentemente, la moneta normale avrà un maggior valore sui mercati esteri (come è oggi per il Peso cubano convertibile). La moneta costante difatti viene mantenuta anche per evitare che venga usata al suo posto moneta straniera per gli scambi. Solamente le banche saranno autorizzate a cambiare valute estere. I turisti stranieri potranno anch’essi utilizzare una qualunque delle due valute italiane a loro scelta. All’estero la moneta decrementante ovviamente non verrà accettata, in quanto non dotati di slot per lo scaricamento.

Come già detto in precedenza, l’oro perderà di importanza come bene duraturo e investimento, sia grazie all’eliminazione dell’inflazione, sia grazie alla maggior fiducia sulla solvibilità dei crediti bancari. La convertibilità sarà lasciata al libero mercato. Di conseguenza il prezzo dell’oro subirà nell’immediato un prevedibile calo sul mercato italiano, a beneficio della sua vendita all’estero e degli utilizzi pratici di questo metallo rispetto alla sua immobilizzazione come riserva. Al che ritornerebbe lentamente a crescere fino al suo valore iniziale, come ci confermano i risvolti della vendita della metà delle riserve auree inglesi tra il 1999 ed il 2002.

I pagamenti diretti con bancomat, carte di credito, assegni, sarebbero indipendenti da tali meccanismi, ma le attività commerciali autorizzate ad accettarli saranno sottoposte ad una determinata imposizione fissa annua (5.000 bancomat, 10.000 carte di credito), in modo che sia possibile ai commercianti stabilire se chiedere una percentuale in più per le transazioni con questi mezzi, oppure stabilizzare tutti i prezzi su livelli più alti nei negozi dove il pagamento con questi mezzi sia preponderante. Bancomat: pagamento minimo 50 euro (tarati)? Possibile resto in moneta.  Le cambiali non saranno riconosciute legalmente, in quanto rappresentano una scorciatoia nella creazione di valore inesistente (prendere moneta “dal futuro”) ed immesso nel circolo con risultato inflattivo. Gli assegni (che invece trasferiscono denaro già esistente) saranno equivalenti ad una carta bollata, stampati solo dal poligrafico dello Stato e distribuiti alle banche, avranno un costo fisso (20 euro l’uno), ognuno potrà veicolare una cifra massima (quattro caselle, 9.999 euro) e chiunque potrà accettarli e cambiarli; quelli per cifre più alte (cinque caselle) avranno il costo di 100 euro. In caso di assegni a vuoto sarà la banca a doverli coprire pagando la cifra veicolata (eccetto quando falsi), ma potrà rivalersi sul responsabile. Per i “buoni pasto”, che sono via via divenuti una scorciatoia per creare una moneta parallela, vedi la pagina “corporazione ospitalità e ristorazione”.

 

Il rapporto tra schema di decremento, quantità domandata, e tasso di cambio sarà probabilmente equivalente ad un algoritmo (basato sull’“equazione dello scambio”) che provocherà spontaneamente la stabilizzazione dei prezzi (per "effetto reddito"), facendo modo che i conti statali siano sempre il più vicino al pareggio determinando così le somme disponibili alla spesa pubblica (solo per quanto riguarda quelle da fiscalità monetaria, non dalle altre imposte, suppletive).

 

Esempio di schema di decremento (variabile, su calcolo di potenze di due, in modo che avere in tasca una scheda da 100 euro o due da 50 sia uguale; per semplificare ciò il massimo creabile sarà 100 euro):
da 100 a 75 euro: 5 centesimi ogni 2 ore

da 75 a 50 euro: 5 centesimi ogni 3 ore
da 50 a 37,5 euro: 5 centesimi ogni 4 ore

da 37,5 a 25 euro: 5 centesimi ogni 6 ore
da 25 a 12,5 euro: 5 centesimi ogni 8 ore

da 12,5 a 6,25 euro: 5 centesimi ogni 16 ore

da 6,25 a 3,15 euro: 5 centesimi ogni 32 ore

da 3,15 a 2 euro: 5 centesimi ogni 64 ore

 

Questo schema di decremento è solo esemplificativo in quanto, come detto, il tasso di decremento dovrebbe essere adattato al fine che costantemente il saldo del disavanzo rimanga in pareggio ovvero che nei conti statali uscite (pagamento dei creditori + rimesse alle regioni) ed entrate (imposte + signoraggio + decremento monetario) si compensino, in positivo ma costantemente il più vicino a zero. Questo si attua indirettamente in quanto l’adattamento dello schema di decremento dovrà essere impostato sul tasso di cambio comunque affidato al mercato e quindi sarà costantemente fissato spontaneamente dal PIL e dalle derivanti variazioni di domanda di moneta. Si tenga presente che generalmente (ma non esattamente, secondo Keynes) la velocità di circolazione della moneta aumenta al diminuire della quantità, perché ogni esemplare deve coprire più transazioni ciascuno. Anche questo influisce sulla domanda/offerta, e quindi la fiscalità monetaria potrà influire sull’“equazione dello scambio” portando i due parametri sulle sue necessità. Le variazioni marginali intuite da Keynes comunque normalmente si compenserebbero tra loro. Significa che una volta stabilita l’entità ideale del decremento, esso rimarrà fisso, e le variazioni di necessità di entrate statali non saranno attuate variando il tasso di decremento (come si potrebbe ingenuamente credere), ma le variazioni di spesa pubblica stesse determineranno automaticamente la quantità di moneta domandata, e con essa la quantità di decremento aggregato. Ma questo solo come conseguenza indiretta dell’adeguamento effettivo del tasso di decremento sul livello generale dei prezzi, non sul disavanzo pubblico in sé. Analizzando la teoria della “neutralità della moneta”, qualunque tasso di decremento si porrà, la differenza si scaricherà sui prezzi, ed essi si adegueranno al tasso di decremento influenzando la richiesta di moneta, che di conseguenza rimarrà costantemente al volume circolante ideale; quindi i prezzi stessi si adegueranno all’assenza delle attuali imposte che vi pesano, assestandoli sullo stesso livello generale dei prezzi ma suddiviso per il valore aggiunto esatto per ogni bene. E’ quindi questo auto-adeguamento dei prezzi, che si scarica sulla variazione di quantità di moneta domandata, che porterà questa quantità a dare alla fine la cifra decrementata complessivamente corrispondente in maniera esatta alle spese dello Stato (o meglio, colmando il disavanzo esatto del suo bilancio lasciato dalle imposte suppletive). In pratica il parametro sul quale si dovrà calcolare il tasso di decremento non è la somma richiesta dalle spese dello Stato (che saranno esse ad essere determinate dalle somme disponibili, e non viceversa), ma la determinazione della velocità di decremento che risulti mantenere i prezzi ad un livello costante, grossomodo quello attuale; ovvero che la domanda di moneta rimanga costante, in assenza di variazioni del PIL. Perché se il volume circolante diminuisce a causa del decremento anche i prezzi diminuirebbero di pari misura, ma contemporaneamente verrebbe creata (perché domandata dal mercato) la quantità di moneta “scomparsa”, ed i prezzi tornano (o meglio, restano) uguali. Però lo Stato incamera (signoraggio) la cifra “creata” col decremento, e spendendola la rimette in circolo aumentando di pari misura il volume circolante, ed i prezzi aumentano di pari misura. Il PIL nominale aumenta anch’esso di pari misura; ma mancando la cifra oggi sottratta con le tasse (sostituite proprio dal decremento) esso è già inferiore di tale cifra, ed entrambe si compensano riportando il PIL ed i prezzi ai livelli odierni, ceteris paribus (considerando il moltiplicatore). Per fare un calzante paragone generico, così come quando il prezzo del petrolio aumenta non diminuisce la sua domanda, ma ricade sugli altri beni come maggiori spese di trasporto e produzione; lo stesso ---- con questo meccanismo ----. Assieme alle imposte suppletive si adeguerà alla media delle spese statali, in modo che agli aumenti di queste nel breve periodo corrisponda solo una diminuzione della distribuzione alle regioni, e viceversa; solo questo stabilizzerà le variazioni (spese eccezionali o diminuzione del PIL) che superino quelle spontanee di lungo periodo date dal mercato. In questo modo sarà il mercato monetario ad assestare costantemente la cifra perfetta disponibile alle normali spese pubbliche qualunque sia il tasso di decremento, e non le spese pubbliche a determinare la quantità di entrate da esigere, ma compensandosi con le quote personali di iscrizione alle corporazioni (come tassa supplettiva). Il saldo di bilancio sarà quindi quello corretto a seconda del ciclo economico, e le spese impreviste si ripercuoteranno solo sulla redistribuzione verso il basso (che alla base ricadrà sulla quantificazione dell’imposta personale, attenuabile eventualmente mediante l’aumento delle entrate indirette dei difensori civici). In nessun caso quindi lo Stato avrà bisogno di far ricorso ad esempio a crediti; il concetto stesso di “debito pubblico” scomparirà, ma non monetizzandolo. fare link a dove spiega

In parole povere, sia che si metta un decremento annuo (ovvero 0,0114 euro di media all’ora per una moneta di partenza di 100 euro, corrispondente ad un inflazione teorica del 100%), sia che si metta un decremento semestrale (ovvero 0,0228 euro di media all’ora per una moneta di partenza di 100 euro, corrispondente ad un inflazione annua teorica del 200%), in conseguenza dell’“effetto reddito” sarebbero i prezzi a reagire variando (più bassi col decremento annuo, più alti col decremento semestrale), restando immutata in tutti i casi l’entrata statale reale sulla quantità esatta di spesa pubblica (ovvero di moneta immessa in circolo dallo Stato come sua spesa). Le percentuali di inflazione equivalente esposte sono meramente teoriche, in quanto la moneta non circola solo in un ambiente ristretto e l’incremento equivalente potrebbe incidere sui prezzi solo di un livello del 5/10%, dato che M1 in Italia è oggi poco più di 100 miliardi di euro, un raddoppio cambierebbe poco (quello che incide è M3, la moneta elettronica e la riserva frazionaria, che decuplica il circolante, oltre 1400 miliardi); si tenga però presente che a seguito delle modifiche fin qui esposte sul sistema finanziario, la M3 sarebbe ridimensionata a favore di M1, quindi l’incidenza esposta potrebbe arrivare al 20-25% (oggi l’incisione fiscale arriva grossomodo al 50%). Da tutto questo se ne ricava che l’unico parametro su cui si debba calcolare il tasso di decremento è quello che risulti mantenere i prezzi nominali grossomodo sul livello attuale, ma solamente per una questione logistica, non valoriale (“neutralità della moneta”), dato che in ogni caso i prezzi manterrebbero un identico valore reale. Di conseguenza è realistico ipotizzare che anche un decremento che copra totalmente le spese dello Stato inciderebbe relativamente poco sui prezzi effettivi. Questo calcolo è troppo complesso per poterlo fare qui, in quanto si dovrebbe basarlo sull’attuale spesa pubblica e sul suo rapporto nel PIL. Ma dato che con la socializzazione la spesa pubblica sarà notevolmente ridotta (ma non è possibile prevedere a tavolino di quanto), qualunque calcolo fatto su dati presunti sarebbe alla luce dei fatti sballato rispetto alla realtà. Senza contare l’esistenza di altri tipi di entrate statali, dei quali si dovrebbe tener conto senza poterne valutare oggi il peso esatto in percentuale sul PIL. Il tasso di decremento dovrà necessariamente essere testato in modo empirico diverse volte durante i primi mesi della socializzazione, partendo da un tasso medio. Fatto ciò non esisterà più un margine di politica monetaria discrezionale, essendo questa congelata sui valori stabiliti da questa regola di politica monetaria. Come unica politica monetaria contingente, per controllare l’inflazione marginale dovuta alle fluttuazioni del tasso di crescita, lo Stato semplicemente cancellerà moneta dai propri conti, e diminuirà di conseguenza la propria spesa; l’opposto in caso di deflazione. In un contesto statico ciò avverrebbe costantemente ma marginalmente, e quindi microeconomicamente trascurabile; solo in caso di forti oscillazioni del PIL ciò potrebbe essere percepito dal sistema ed influirvi, provocando (nel caso che tale spinta sia recessiva) ulteriore diminuzione della produzione (e quindi sottoccupazione interaziendale e fallimenti), ma ne sarebbe un effetto, non la causa. Tentativi artificiali di stabilizzazione portano solo a drogare l’economia, facendo aumentare i tassi di interesse e spiazzando la spesa per investimenti che sia sensibile ad essi. Ma le recessioni sarebbero provocate dalle sempre possibili contingenze economiche (anche internazionali), non dalle azioni umane note come “decisioni politiche” (“dirigismo”). Ovviamente si ripercuoterebbe anche sulla richiesta di entrate dalla base contributiva (difensori civici), in fase recessiva sicuramente maggiore a causa della minor distribuzione dalle istituzioni superiori. Ma, come già detto, ne sarebbe un effetto, non la causa, ed impedirebbe lo spiazzamento della spesa per investimento, a tutto vantaggio di un evoluzione spontanea (anziché dirigista) del ciclo economico. Ne deriva che si attenuerebbero i cicli economici recessivi ed espansivi, e quindi le crisi economiche. Se non altro perché non ci sarebbero più i classici sintomi (inflazione e disoccupazione) come parametro su cui misurarli. La scomparsa delle speculazioni impedisce che eventi al margine imputabili all’emotività umana (come le bolle e le “corse agli sportelli”) possano avviare una crisi finanziaria. Idem per il ridimensionamento delle politiche fiscali e monetarie discrezionali, sostituite da regole; con la scomparsa delle scadenze elettorali scompariranno anche i cicli economici di natura politica, e con l’abolizione del parlamento si ridurranno i nocivi “ritardi di intervento”. Gli stessi sistemi fiscale, assicurativo, e finanziario descritti in questo sito come complementi della socializzazione sono finalizzati a provocare la distribuzione dei fallimenti aziendali sul lungo periodo anziché in picchi acuti. L’unico motivo a poter determinare cicli economici sarebbe la fluttuazione del tasso di crescita della produttività totale dei fattori (“teoria del ciclo economico reale”), delle propensioni marginali al risparmio ed al consumo (e quindi gli investimenti lordi), ed il collegamento con le economie internazionali dovuto ai commerci import-export. Si tenga però presente che le oscillazioni delle propensioni al risparmio ed al consumo sarebbero già notevolmente attenuate dall’applicazione della fiscalità monetaria.

Allo scopo di redistribuire meglio il peso complessivo i commercianti saranno dotati di uno slot tarato nel quale le tessere introdotte potranno essere sottratte della cifra del conto da pagare che sarà memorizzata e cumulata in una tessera personale che portata in banca sarà versata nel conto corrente dell’attività commerciale; sarà sottratta e versata allo Stato una percentuale che comporti che mediamente solo le tessere con cifre maggiori di 6,25 euro siano convenientemente scaricabili, mentre quelle inferiori vengano tendenzialmente mantenute come resti; valutare la quantità di moneta liquida da detenere per i resti starà al commerciante sulla base di questa sottrazione. Questo meccanismo sarà compensato dall’equivalente quantità maggiore della domanda di moneta alle banche rispetto che in assenza di questo, contribuendo all’assestamento del valore e della domanda di questa moneta. La tessera personale potrà accumulare qualunque cifra. In questo modo si eliminerà anche il pericolo di rapine e la necessità di furgoni blindati per il trasporto valori. Inoltre la contabilità interna verrebbe così semplificata ed automatizzata, soprattutto ad utilità dei supermercati e della distribuzione automatica. Nel valutare come bassi i tassi di decremento a confronto dei contanti detenuti generalmente da una persona, si tenga presente che invece i negozianti accumulano nella giornata una grande quantità di contanti, e quindi anche se la maggior parte venisse scaricata nella tessera cumulabile su essi il peso non sarà totalmente ininfluente. Ma verrà a sostituire l’attuale tassazione sul reddito. Non sarà quindi una spesa in più per il negoziante, ma un controbilanciamento basato sull’equità e l’eliminazione dell’evasione fiscale.

Per le spese quotidiane le persone utilizzerebbero soprattutto la moneta decrementante, più diffusa, e per quanto riguarda il sistema bancario se questo lo appesantisce colma l’alleggerimento derivato da tutto il resto parificando le complessità. Inoltre la pesantezza è per gli addetti ai lavori. Anche oggi il sistema è complesso, ma il comune cittadino mica se ne accorge.

Implicita sarà l’abolizione della necessità dei resoconti di bilancio (e quindi anche degli scontrini fiscali e delle bolle di accompagnamento), i quali potranno sussistere solo a scopo interno all’azienda. Ridimensionamento quindi di tutto il sistema fiscale statale (agenzia delle entrate, corte dei conti, uffici delle entrate, guardia di finanza, ecc) e della corruzione legata ad esso. I registratori di cassa avranno mera funzione di calcolatori, eventualmente registrando gli incassi per scopi interni, potendo emettere scontrini non fiscali su richiesta del cliente (nel caso debba ottenere rimborsi da terzi). Saranno anche demandati a terminali di pagamento bancomat e carte di credito, e ad accumulatori di tessere decrementate. Per questo motivo saranno comunque sottoposti alle attuali regole sulla sigillatura dei registratori di cassa. Comunque non sarà obbligatorio averlo, a patto di sostituirlo con un blocco intestato col quale emettere le ricevute per rimborsi da terzi.

 

 

Implicazioni indirette sul sistema bancario ----Mettere anche su credito o imposte????---

 

La fiscalità monetaria comporterà la tendenza a non detenere moneta liquida, rendendo maggiormente disponibili fondi alle banche. Visti i ridotti i margini di azione finanziari (a causa della scomparsa della possibilità di investimenti speculativi), le banche si troveranno detentrici di più grandi eccedenze di depositi rispetto ad oggi, e questo si tradurrebbe teoricamente in un ulteriore ribasso dei tassi di interesse, ma riequilibrato e ridistribuito dalle richieste del mercato secondo la legge domanda/offerta, determinando con ciò la propensione al credito sociale. Conseguentemente questo porrà le basi per l’eliminazione della pratica dell’usura. Per una banca l’unica forma di accumulazione appetibile rimarrebbe quella cartacea, ovvero il denaro corrente il cui valore è basato sulla fiducia nella convertibilità assicurata dal “carisma” dello Stato. Essendo che una banca per avere una somma in denaro fisico dovrà cedere al conto corrente dello Stato quella somma (signoraggio), le eventuali eccedenze bancarie verrebbero quindi indirettamente incamerate dallo Stato alla pari di un titolo di Stato ma senza gli interessi (cioè senza creare debito pubblico). Logica vuole che questa valuta accumulata sia un valore permanente, non decrementabile. Anche per questo motivo le banche tenderebbero a conservare la valuta stabile ed a cedere ai clienti quella decrementante, e quindi a differenziare secondo listino il valore tra i due tipi di monete, ancorando le cifre dei conti correnti alla moneta decrementante e non a quella stabile; senza decrementare i conti stessi ovviamente, e per quanto possa sembrare superfluo, riteniamo opportuno specificarlo in quanto la maggior critica che viene fatta alla fiscalità monetaria dai detrattori è imperniata sull’errato pregiudizio che essa si esplichi nel tassare i conti bancari.  ----- qualche frase sulla stupidità umana -------- agli uomini piace credere ciò che desiderano sia vero ----? ----

Obbligo di riserva minima abolito anche per sicurezza restituzioni ------

Per giustificare ciò sarà abolito l’obbligo di riserva minima, resa inutile dalla creazione apposita ad uso esclusivamente bancario di valori nominali di taglio maggiore (fissati inizialmente a 5.000 e 10.000 euro, ma poi lasciati liberi di fluttuare) come bene accumulabile dalle banche alla pari di un titolo di Stato, ma senza interessi, come unica alternativa agli investimenti all’estero, tendenzialmente meno fruttiferi a causa della svalutazione delle monete estere in confronto a quella nazionale, ma riequilibrati proprio dalla concorrenza compensativa tra entrambe le opzioni. Quando in Italia il tasso di interesse è basso, l’investimento all’estero è più conveniente, ma più moneta esce e più i tassi interni si alzano (e la moneta aumenta di valore), mantenendo con ciò un equilibrio. Inoltre visto che questi tagli (in quanto esclusi dal mercato normale) non sarebbero rapportabili ai restanti tagli inferiori, essi non sarebbero sottoposti al tasso di cambio con la moneta decrementante e quindi la banca che ne richieda la stampa al poligrafico pagherà solo la cifra esatta di quel taglio più il costo di stampa (ovvero: meno la differenza di cambio tra moneta normale e moneta decrementante), e questa cifra potrà poi variare a seconda del valore riconosciutogli dal mercato dedicato in modo che anche l’acquisto dal poligrafico segua questa variazione come da listino. Verranno in pratica a costituire una terza unità monetaria. La flessibilità in questa quotazione sostituirà la necessità di riserva minima obbligatoria cosicché l’equivalente delle variazioni di questo requisito sarebbero automaticamente regolate dalla fluttuazione del valore di questi titoli, influendo sui tassi di interesse. Nella pratica il valore di questi titoli seguirebbe grossomodo l’andamento del PIL. Ovviamente ciascuna banca piuttosto che accumulare questi titoli preferirebbe inserire le eccedenze nei conti correnti delle aziende come prestito in cambio dell’interesse; per invogliare le aziende a chiedere più prestiti le banche dovrebbero abbassare i tassi al punto che le passività equivalgano alle attività, senza dover accumulare notevoli quantità di titoli cartacei, per cui anche il ricorso a questi sarà piuttosto limitato e quindi poco rilevante e comunque limitato al circuito bancario. Questo provoca un causa/effetto riducendo i tassi di interesse, venendo di conseguenza ad aumentare la differenza coi tassi di rendimento e quindi incentivando le aziende ad investire, con relativo aumento della produzione aggregata. L’eccessivo accumulo porterebbe ad una svalutazione di questi valori nominali (non della valuta normale, anzi proprio rispetto ad essa in quanto disancorata), per cui raggiunta una certa quotazione la differenza tra essi e l’investimento all'estero si bilancerà rendendolo conveniente (sulla logica del rapporto costante tra il PNL ed il PIL). Quindi maggiori saranno le eccedenze bancarie (ovvero questi titoli accumulati) e maggiore sarà il costo della moneta stabile, venendo però incontro a equilibrarne il valore effettivo congiuntamente alla legge domanda/offerta del mercato sia interno che estero. Da ciò se ne ricava che la quantità detenuta dalle banche sarà sempre presumibilmente tendenzialmente bassa. Ma grazie alle garanzie assicurate dallo Stato ciò non influenzerà più le propensioni psicologiche sulla solvibilità delle banche, quindi questa quantità sarà sempre quella ideale. Per quanto riguarda gli investimenti all’estero, è implicito che saranno più fruttiferi quelli verso i paesi con la svalutazione minore, ma tenendo conto che maggiori sono i flussi di denaro verso essi e maggiormente aumenterebbe la svalutazione della loro moneta (per compensazione sui poteri di acquisto internazionali della “legge di Gresham”), gli investimenti non andrebbero esclusivamente nel paese con la minore svalutazione, ma distribuiti proporzionalmente tra gli svariati paesi più affidabili, oppure in quelli dove gli utili siano particolarmente appetibili a prescindere dal rischio della svalutazione del capitale investito o dal rischio politico. Come nella normale odierna economia internazionale.<--    solo qui   

 

entrate da fiscalità monetaria