BATTAGLIA DI MIDWAY
VISTA DAGLI OCCIDENTALI
(U.S. NAVY 4 - MARINA IMPERIALE 1)
LA BATTAGLIA
(Tratto da "I gladiatori del mare" di Angelo Solmi, Rizzoli 1980)
Il prodromo dell'operazione fu l'avanzata dei 15 sommergibili giapponesi: un inizio davvero poco promettente. Nessuno dei sommergibili si piazzò infatti al punto giusto, nessuno diede a Yamamoto notizie utili sulle portaerei americane, anzi ne diede di sbagliate o addirittura di in- ventate, che trassero in inganno il comandante supremo nipponico.
Intanto erano partite dal Giappone le prime squadre per l'"immane operazione: l'ammiraglio Kakuta verso le Aleutine con le portaerei Ryujo e Junyo; l'ammiraglio Hosogaya con l'obiettivo di invadere Attu e Kiska, sempre nelle Aleutine; e, il 27 maggio, l'ammiraglio Nagumo con l'Akagi "Castello rosso") e con le altre tre portaerei dai nomi pittoreschi di " Gioia che sale " (Kaga ), "Drago volante" (Hiryu), "Drago verde" (Soryu). Comandante in seconda delle portaerei era il contrammiraglio Yamaguchi.
Lasciarono quindi gli ormeggi di Saipan le truppe di occupazione di Midway (contrammiraglio Tanaka), il " gruppo d'appoggio " di Kurita, le navi da battaglia dell'ammiraglio Kondo, e infine la "forza principale" di Yamamoto. Mai, nella storia, una cosi enorme flotta si era mossa per un obiettivo in apparenza così meschìno, protetto da mezzi così deboli, ma in compenso difeso da uomini decisi a non farsi sopraffare. Mai una flotta così potente era stata destinata a subire la sorte di Golia di fronte a Davide. Vorremmo risparmiare ai lettori molti particolari della operazione, ma ce ne sono alcuni che vanno riferiti perchè hanno, in vario modo, un peso notevole nella battaglia.
Dunque, il primo giugno l'ammiraglio Spruance, con la "Task Force l6", era già nel punto previsto, 350 miglia a nord-est di Midway: sull'Enterprise, come s'è detto, stava lo stesso Spruance, mentre la Hornet era comandata da Marc Mitscher.
In complesso le due portaerei potevano contare su 54 caccia, 74 bombardieri e 29 aerosiluranti, ma presto arrivò anche la Yorktown di Fletcher, con 25 caccia, 37 bombardieri e 29 aerosiluranti: circa 250 aerei in tutto. Le portaerei di Spruance avevano l'appoggio di cinque incrociatori pesanti del contrammiraglio Thomas Kinkaid (New Orleans, Minneapolis, Vincennes, Northampton e Pensacola), oltre all'incrociatore Atlanta.
La " Task Force 17 " di Fletcher, giunta il 2 giugno, era scortata dall'incrociatore pesante Portland e dall'incrociatore leggero Astoria. Fu diramato agli equipaggi un asciutto comunicato che concludeva: " L 'operazione che ora ha inizio è di vitale importanza per il nostro paese ".
Intanto, mentre una parte della flotta giapponese era ormai in vista delle Aleutine, che occupò quasi senza colpo ferire, il 3 giugno l'ammiraglio Kondo e la forza d'invasione di Midway (ammiragli Kurita e Tanaka) procedevano verso l'atollo: anche le quattro portaerei di Nagumo navigavano in quella direzione, mentre trecento miglia più in- dietro si trovava sempre Yamamoto. Alle 9 un aereo da le truppe di occupazione di Midway (contrammiraglio Tanaka), il " gruppo d'appoggio " di Kurita, le navi da battaglia dell'ammiraglio Kondo, e infine la "forza principale" di Yamamoto.
Mai, nella storia, una cosi enorme flotta si era mossa per un obiettivo in apparenza così meschino, protetto da mezzi così deboli, ma in compenso difeso da uomini decisi a non farsi sopraffare.
Mai una flotta così potente era stata destinata a subire la sorte di Golia di fronte a Davide. Vorremmo risparmiare ai lettori molti particolari della operazione, ma ce ne sono alcuni che vanno riferiti perche hanno, in vario modo, un peso notevole nella battaglia. Dunque, il lodi giugno l'ammiraglio Spruance, con la "Task Force l6", era già nel punto previsto, 350 miglia a nord-est di Midway: sull'Enterprise, come s'è detto, stava lo stesso Spruance, mentre la Hornet era comandata da Marc Mitscher.
I Giapponesi, ad ogni modo, preferiscono attribuire la responsabilità di Midway al povero Nagumo, più disgraziato che colpevole: oltre tutto gli morì di appendìcite, proprio all'inizio dell'azione, Mitsuo Fuchida, comandante gli aerei dell'Akagi, il quale aveva guidato sei mesi prima l'attacco a Pearl Harbor.
Alle 4.30 del 4 giugno, 108 aereì delle portaerei di Nagumo al comando del tenente Tomonaga, sostituto di Fuchìda, decollarono verso Midway: , un'ora dopo un ricognitore americano partito da Midway , (tenenti Hady e Chase) scorse le portaerei giapponesi e immediatamente trasmise: " Eccoli. Portaerei.
" Mai me saggio era stato così rapido e sintetico. Subito dopo I'ammiraglio Fletcher ordìnò alla "Task Force 16" dì Spruance di lanciare l'attacco. Trentasette bombardieri, una squadriglia di 14 aerosiluranti e 10 caccia si levarono dalponte dell'Enterprise, mentre dalla Hornet decollarono 33 bombardieri, 15 aerosiluranti e 10 caccia. Erano le 7 precise del 4 giugno. "'-Che cosa stavano facendo, intanto, i Giapponesi? Nagumo, dopo aver fatto le più contradditorie dichiarazioni , a ai suoi uomini "Sebbene il nemico manchi dì spirito combattivo, probabilmente potrebbe anche muovere qualche tipo di attacco " , li informò che " il nemico ignora la nostra presenza e continuerà a ignorarla fino a quando non avremo iniziato il nostro attacco alle Midway ", e inoltre si preoccupò di rassicurare tutti: " Si suppone ", disse con disinvoltura," che nelle acque nelle vicinanze delle Midway non vi siano portaerei". Hisfretus, vale adire su queste belle convinzioni, Nagumo si preparò a far strage dei nemici. Non le sapeva, invece, che, su di lui e sul Giappone, stava per piombare una delle più terribili mazzate della guerra, quella che avrebbe segnato una tale svolta da far preveder sconfitta finale del Sol Levante.
Dunque, alle 6.15, una potente formazione di 72 bombardieri nipponici, al comando di Tomonaga, scortati da 36 caccia tipo " Zero ", volava verso Midway.
Gli Americani fecero partire dall'atollo le " Fortezze volanti " colonnello Sweeney per attaccare le navi da trasporto avversarie e poi, con ogni aereo in grado di volare, cercarono di intercettare gli apparecchi di Tomonoga.
Sempre da Midway, quasi insieme con quelli delle portaeri Spruance, erano decollati infatti 26 vecchi caccia dei " marines " al comando del maggiore Parks e 27 bombaf4 dei " marines " che andavano all'attacco con spericolato coraggio, su vecchi aerei senza copertura della caccia erano ancora in volo sei aerosiluranti e quattro B26 dell'esercito, anch'essi senza caccia.
Tutti questi piloti sapevano che probabilmente, in tali condizioni, non sarebbero più ritornati indietro, ma volavano impassibili verso il nemico, con calcolata freddezza, decisi a infliggere il maggior danno possibile ai Giapponesi. Furono i 26 caccia di Parks ad affrontare per primi la formazione di Tomonaga e ne uscirono in gran parte distrutti: 10 stesso maggiore Parks ci lasciò la vita, insieme agli equipaggi di 22 dei suoi 26 caccia.
Così, come una valanga che sembrava inarrestabile, gli aerei di Tomonaga piombarono su Midway, dove furono attaccati dalla contraerea. In dieci minuti Midway fu devastata e, alle 7 Tomonaga pote comunicare a Nagumo: "Missione compiuta. Torniamo ".
Le sue perdite erano superiori al previsto, ma pur sempre limitate: tuttavia Tomonaga a' avuto l'impressione di non aver affatto " spianato " le difese di Midway, e perciò trasmise alle 7 a Nagumo: " occorre un secondo attacco ".
Mentre l'ammiraglio stava perplesso a meditare su questo preoccupante messaggio ecco che sulle sue portaerei comparvero i traballanti voli americani provenienti da Midway: i B26 e gli aerosiluranti.
Nessuno, salvo due, si salvò, ma Nagumo rimase sempre più impressionato e prese la fatale decisione di inviare su Midway la " seconda ondata ", sostituendo le bombe ai siluri di cui gli aerei erano muniti in vista di un attacco alle navi della flotta avversaria.
Ne derivò un caos indescrivibile. I ponti delle quattro portaerei erano ingombri, e da un momento all'altro poteva rientrare la formazione di Tomonaga, che avrebbe avuto la necessità di atterrare. Mentre, a partire dalle 7.15, i preziosi aerosiluranti di Nagumo stavano freneticamente per essere trasformati in inutili bombardieri (e ci voleva al- meno un'ora per l'operazione), i 70 bombardieri, i 29 aero- siluranti e i 20 caccia partiti dalle portaerei di Spruance - 119 aerei in tutto, in piena efficienza rombavano maestosamente verso Nagumo, senza che quest'ultimo, soddisfatto del successo ottenuto cosi a buon mercato contro i " ferrivecchi " di Midway, ne sospettasse la presenza.
Alle 7.30, tuttavia, un aereo da ricognizione dell'incrociatore Tane aveva segnalato all'ammiraglio nipponico di aver scoperto una formazione nemica con dieci navi.
La notizia mise Nagumo di malumore e 10 rese esitante: in preda all'inquietudine fece allora la peggior cosa che potesse fare.
Alle 7.45 ordinò di prepararsi ad attaccare " unità della flotta nemica " (non aveva idea di che cosa si trattasse) e comandò di lasciare sugli aerei i siluri non ancora sostituiti con bombe.
Il caos sui ponti delle portaerei, se possibile, aumentò: adesso, almeno in teoria, Nagumo aveva metà aerei bombardieri e metà aerosiluranti, vale adire non ave- va nulla di omogeneo e di efficace. Per di più tutti stavano scambiandosi affannosamente bombe e siluri. L 'ammiraglio, a questo punto, cercò disperatamente di sapere dall'aereo ricognitore del Tane con che tipi di navi avrebbe avuto a che fare, e il ricognitore, alle 8, trasmise , che si trattava di cinque incrociatori e cinque caccia: la notizia era completamente sbagliata, ma per Nagumo fu un campanello di allarme.
In quel momento si presentarono gli aerei dl Tomonaga di ritorno da Midway. Che fare? Bisognava pure farli atterrare.
Nagumo ordinò di riportare negli hangar sotterranei i bombardieri e gli aerosiluranti pronti sui ponti di volo. Il caos toccò i limiti del comico, tanto più che, di sotto, tutti erano affaccendati a sostituire le bombe coi siluri ma, per il nervosismo, non ci riuscivano. Ormai nessuno capiva più nulla e i sottoposti di Nagumo cominciavano a contraddire il comandante.
Il contrammiraglio Yamaguchi dalla Hiryu trasmise a Nagumo: "Consiglierei attacco immediato .
All'aereo del Tone, cui Nagumo aveva ordinato di rientrare, il contrammiraglio Abe, imbarcato appunto sul Tone, trasmise: " Non rientrare affatto.
Mantenere il contatto col nemico e continuare a trasmettere posizione.
Erano ormai le 9 e finalmente, con l'acqua alla gola, Nagumo decise di attaccare, con un messaggio dal solito stile enfatico che diceva: " Distruggeremo il nemico fino all'ultima nave e all'ultimo uomo".
Poi inviò un dispaccio a Yamamoto dicendo che era stata avvistata alle 5.30 una squadra nemica composta di una portaerei, cinque incrociatori e cinque cacciatorpediniere, e che egli si disponeva ad attaccarla. Come sappiamo, invece, l'avvistamento era in realtà avvenuto ed era dubbio e confuso.
Alle 9.20 precise sulle portaerei di Nagumo apparvero i primi aerei partiti dalle portaerei di Spruance: gli aerosiluranti della Hornet, agli ordini del comandante John C. Waldron (un discendente dei capi pellirosse del Dakota, famoso per sue pittoresche uniformi, per il suo colorito linguaggio e per il suo impetuoso coraggio); gli aerosiluranti dell'Enterprise, al comando di Eugene E. Lindsey; i caccia dell'Enterprise del tenente Gray, e i bombardieri del comandante Clarence W. Mc Clusky.
Come si è detto, erano decollati alle 7, ma le operazioni di lancio si erano prolungate fin quasi alle 9 e non tutti poterono trovare Nagumo, che nel frattempo aveva virato verso nord. Stanhope C. Ring, per esempio, dovette tornare coi suoi bombardieri sulla Hornet, e in un primo tempo anche M c Clusky rischiò di non giungere sull'obiettivo.
Ma Waldron, Lindsey e Gray vi arrivarono puntualmente. Waldron attaccò per primo con temeraria decisione: mori egli stesso, colpito dai caccia giapponesi, e caddero tutti i piloti della sua squadriglia senza riuscire a colpire le portaerei. Dopo Waldron (che per questa azione ebbe, alla memoria, la medaglia del Congresso, la più alta onorificenza americana: fu la volta degli aerosiluranti di Lindsey: anche Lindsey non tornò più indietro e i suoi aerei vennero quasi tutti distrutti.
Erano le dieci, e 25 su 29 aerosiluranti americani non esistevano più, mentre le quattro portaerei giapponesi erano ancora intatte, sebbene tutte scompigliate.
Nel frattempo, alle 8.30, l'ammiraglio Fletcher aveva fatto partire dalla Yorktown 12 aerosiluranti del capitano Massey, 17 bombardieri del tenente Max Leslie e 6 caccia del tenente Jimmy Thach: 35 aerei in tutto. Pochi minuti dopo le lo, non appena terminata la strage dei velivoli del la Hornet e dell'Enterprise, una nuova ondata si gettò sulle scompaginate navi di Nagumo.
Adesso i caccia giapponesi erano quasi a secco di carburante e senza munizioni, ma difendevano ancora accanitamente le preziose portaerei
Anche Massey, che attaccò per primo, perse la vita, e suoi aerei vennero decimati; ma ormai si avvicinava l; svolta decisiva. Il sacrificio di 35 aerosiluranti americani aveva sgombrato il campo all'azione dei bombardieri in picchiata, che stavano arrivando come falchi, guidati d: Leslie e da M c Clusky, il quale aveva finalmente trovato la strada giusta.
Alle 10.24 Leslie era sulle portaerei e si lanciò sulla più grossa, la Kaga, da 27.000 tonnellate.
Dietro, di lui, da 700 metri, il secondo dei suoi bombardieri colpì in pieno la Kaga con una bomba da 500 chili, che fece un strage: mori il comandante della nave, Okada, morirono sul colpo 248 uomini, il ponte di volo si squarciò e, Subito dopo, altre tre bombe fracassarono la grande portaerei, incendiandola, mutilandola, bruciando vivi molti piloti e gran parte dell'equipaggio.
Gli Americani non avevano mai visto una cosa simile: l'immensa nave era un rogo so- lo, mentre i depositi di bombe saltavano in aria e più nulla di vivente rimaneva sulla portaerei in agonia.
Quasi contemporaneamente Mc Clusky attaccava I'Akagi, ammiraglia di Nagumo, e la Soryu.
In 26 secondi I'Akagi venne letteralmente sbriciolata e il comandante Aoki corse da Nagumo gridandogli che bisognava abbandonare subito la nave.
Nagumo ebbe un attacco isterico, dovette essere afferrato con la forza, legato e trascinato via, mentre le fiamme salivano da tutte le parti. A gran fatica l'ammiraglio trasbordò sull'incrociatore Nagara e di lì vide l'Akagi, scossa da una serie di boati, andare alla deriva.
La sorte della Soryu non fu migliore: parte dell'equipaggio, investito dal fuoco, si gettò in acqua dove perì in gran numero; il comandante, invece, rimase carbonizzato.
Per tutto il giorno e parte della notte le tre navi andarono alla deriva come pire immani: alle 19.13 affondò la Soryu, trascinando con se altri 700 uomini intrappolati a bordo; alle 19.25 la Kaga saltò in aria e scomparve; l'Akagi resistette di più e affondò con 1.000 uomini alle 3.25 del 5 giugno.
La battaglia delle Midway era stata risolta da Leslie e Mc Clusky in due minuti esatti, dalle 10.24 alle 10.26 del mattino: soltanto la Hiryu per il momento era loro sfuggita, e su di essa era il valoroso contrammiraglio Yamaguchi.
Fu proprio lui che, in quella disperata situazione, tentò una rivincita: alle 7 fece partire diciotto bombardieri e li diresse sulla Yorktown, giacche le portaerei di Spruance non erano state ancora scoperte. Poco dopo mezzogiorno gli aerei giapponesi attaccarono e, pur avendo subito perdite gravissime quasi totali, riuscirono a piazzare sulla Yorktown tre bombe, di cui una dentro il fumaiolo, sicchè le caldaie vennero danneggiate.
L'ammiraglio Fletcher sbarcò dalla Yorktown e salì sull'incrociatore Astoria, mentre il Portland prese a rimorchio la Yorktown.
Nel frattempo Spruance aveva inviato a i protezione della portaerei ferita gli incrociatori Pensacola e Vincennes.
Yamaguchi, infatti, aveva deciso di sferrare un secondo attacco con tutto ciò che ancora gli rimaneva sulla Hiryu: 10 aerosiluranti e 6 caccia malconci, al comando del solito, infaticabile tenente Tomonaga.
Già la Yorktown aveva cominciato a muoversi in modo autonomo e a buona velocità, quando, poco dopo le 14, fu avvistata dalla formazione di Tomonaga.
Questa venne semi distrutta, ma due siluri colpirono il fianco sinistro della Yorktown.
La grande portaerei sbandò di 30 gradi e imbarcò enormi quantità d'acqua: i feriti e parte dell'equipaggio abbandonarono la nave che, però, si rifiutava di affondare, pur andando alla deriva.
Nel frattempo Fletcher , dall'Astoria, aveva ordinato a Spruance che 24 bombardieri atterrati sull' Enterprise (molti dei quali apparteneva- no alla Yorktown) attaccassero la Hiryu.
La Hiryu in quel momento possedeva soltanto 12 dei 63 aerei in dotazione: con questi il tenace Yamaguchi decise di lanciare un ultimo attacco.
Avvertì perciò il sempre lontano e pareva indifferente Yamamoto, che egli si proponeva di far tutto il possibile per recar danno alle portaerei nemiche (finalmente era riuscito a sapere con certezza che erano tre), assalendole all'imbrunire.
Come Yamaguchi pensasse, con le sue misere forze aeree, di raggiungere l'obiettivo rimane un mistero.
Certo Yamaguchi era in buona fede, ma aveva indubbiamente sbagliato i suoi calcoli: era convinto, probabilmente, che il secondo attacco portato alla Yorktown avesse invece colpito un'altra portaerei, l'Enterprise, e basò quindi i suoi ragionamenti su questo dato errato.
Adesso tutte le varie squadre giapponesi accorrevano in fretta e furia ad aiutare Nagumo, ma dagli angoli più remoti: l'ammiraglio Kondo, che aveva con se una preziosa portaerei leggera, la Zuiho, era distante oltre 700 chilometri.
Quanto alle portaerei impegnate nelle Aleutine (Ryuj e Yunyo) erano addirittura a oltre 1300 chilometri. 17.01, mentre Yamaguchi stava preparandosi a lanciare il suo disperato attacco, sulla Hiryu comparvero gli aerei dell'Enterprise, cogliendo di sorpresa i Giapponesi.
Si ripetè quello che era accaduto alle altre tre portaerei: scoppi, incendi, morti dappertutto.
Nella notte la Hiryu, ridotta a un rottame galleggiante, cominciò a inclinarsi sempre più, con oltre 400 caduti a bordo, e alle 2.30 del 5 giugno Yamaguchi parlò per l'ultima volta ai superstiti, fece portare il ritratto dell'imperatore su un cacciatorpediniere, ordinò di mettere in salvo ciò che restava dell'equipaggio, e rimase sulla nave ormai vicina alla morte.
L 'ammiraglio si legò al ponte e rimase immobile a guardare il cielo: alle 8.21 la portaerei si capovolse e in pochi secondi scomparve.
La " prima forza operativa portaerei ", il più potente strumento bellico della marina giapponese, non esisteva più.
Che faceva intanto, di fronte a questo terribile disastro, l'ammiraglio Yamamoto?
Fra le 12.20 e le 13.10 de14 giugno si illuse ancora di poter raddrizzare le sorti della battaglia e cominciò a dare ordini a destra e a manca, alle sue squadre disseminate nel Pacifico perchè, abbandonati i rispettivi obiettivi, ritentassero l'attacco a Midway.
Contava soprattutto sulla squadra di Kondo, ma evidentemente aveva un'idea molto confusa della situazione, anche perche i suoi subordinati, non dicendogli la verità ma cercando di addolcirla (sistema usato in Giappone durante tutto il corso della guerra, con risultati catastrofici), finivano per ingannarlo del tutto.
Nagumo gli trasmetteva, per esempio, che le sue portaerei erano " temporaneamente fuori uso" quando erano sul punto di affondare, e così via. Soltanto in tal modo si può spiegare l'" Ordine operativo n. c 158 " inviato alle 19.15 da Yamamoto alla flotta e, per conoscenza, a Tokyo.
Vale la pena di riprodurlo come documento della debolezza umana: 1 La flotta nemica fugge verso est praticamente annientata; 2 Unità della Flotta Riunita si preparano a inseguire le navi nemiche superstiti e a occupare Midway.
Ma Yamamoto, che se ne stava tranquillo, lontano e ben protetto, aveva un bel farneticare: alle 21.30 Nagumo, ormai in preda al panico, gli segnalò: " Le forze del nemico sono composte da cinque (sic!) portaerei, sei incrociatori e 15 cacciatorpediniere, e si dirigono a ovest, verso di noi.
Anche la Hiryu è in fiamme ". Evidentemente la paura era stata più forte dei cerimoniosi eufemismi, ai quali però Nagumo ricorse ancora una volta più tardi, affermando: " Nessuna delle nostre portaerei è efficiente ", intendendo con ciò che erano tutte in fondo al mare.
Yamamoto si abbandonò a una terribile scena e destituì telegraficamente lo sciagurato Nagumo, sostituendolo con il viceammiraglio Kondo, imbarcato sull'incrociatore pesante Atago.
Ma ne Spruance ne Fletcher, che per il momento avevano il completo dominio dell'aria, intendevano impegnarsi in un combattimento notturno e si tennero alla larga.
Infine anche Yamamoto accettò la sconfitta e, alle 2.55 del 5 giugno, trasmise a tutta la flotta l'ordine: " L'operazione Midway è annullata ". Al suo stato maggiore disse: " Quando basta, basta ", frase che fu certo la più saggia pronunciata da lui durante l'intera azione. Allorchè tutte le navi giapponesi fecero rotta verso ovest per rientrare, Yamamoto si mise a letto evi stette per una settimana.
Ci fu anche una coda alla tragica avventura giapponese: le navi in ritirata vennero braccate dai sommergibili americani e uno di essi lanciò un siluro contro un incrociatore pesante del gruppo dell'ammiraglio Kurita.
Nel tentativo di evitarlo, il Mogami urtò contro il Mikuma e perse la prua: le due navi, gravemente danneggiate, rimasero indietro e furono martellate dai piloti della Hornet e dell'Enterprise.
Il 6 giugno l'incrociatore pesante Mikuma affondò e il Mogami andò ad arenarsi all'isola di Truk.
In quello stesso 6 giugno un sommergibile giapponese liquidò definitivamente la Yorktown (proprio mentre si era ormai sicuri di salvarla), insieme con il cacciatorpediniere Hammann, che la scortava. Fu l'unico risultato positivo dei Giapponesi, ma la Yorktown, che era veramente dura da morire, non affondò materialmente che alle 6 del mattino del 7 giugno.
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