BATTAGLIA NAVALE DI MIDWAY

VISTA DAI GIAPPONESI

(U.S. NAVY 4 - MARINA IMPERIALE 1)

La portaerei Akagi


LA TRAGEDIA DELLA SQUADRA DI NAGUMO

 Tratto dal libro
MIDWAY: The Battle That Doomed Japan di Mitsuo Fuchida Masatake Okumiya.
pubblicato da U.S. Naval Institute. Annapolis. Maryland. U.S.A.


Tra le 7,02 e le 9,02, gli Americani scatenarono 131 apparecchi, tra bombardieri da picchiata e aerosiluranti.


Gli aggressori arrivarono da due parti, volando a fior d'acqua, in fila. 

Quando si trovarono ameno di 5 mg, parvero dirigersi verso l' Akagi. Ebbi l'impressione che non saremmo riusciti a sfuggire ai siluri. Ma i nostri caccia stavano già mitragliando gli apparecchi nemici, approfittando del fatto che anche gli Americani erano senza scorta. Seguimmo con interesse i drammatici combattimenti, e gridammo di gioia ad ogni aerosiliurante abbattuto.

All'improvviso arrivarono i bombardieri americani e piombarono come falchi sulle portaerei indifese senza incontrare resistenza perché i nostri caccia, impegnati fino a qualche minuto prima a respingere l'attacco degli aerosiluranti, non avevano avuto il tempo di riprendere quota. 

Si può dunque dire che i bombardieri americani dovettero il loro successo il sacrificio dei loro camerati degli aerosiluranti. Eravamo stati sorpresi nelle peggiori condizioni possibili: col ponte coperto di apparecchi carichi di bombe e di siluri, e coi serbatoi pieni di carburante.


Gettai un'occhiata da quella parte e rimasi sconvolto alla vista delle distruzioni causatesi in fretta. 

Sul ponte di lancio, subito oltre l'elevatore centrale, era aperta una grande buca.
  -Al riparo! -gridò Masuda. -Tutti quelli che non hanno niente di preciso da fare, si mettano al riparo!


Non potendo essere di nessuna utilità, scesi la scala, barcollando, e sbucai nella sala comandi, che trovai affollata di uomini ustionati. 

Risalii sul ponte e vidi grandi colonne di fumo nero alzarsi dalla Kaga e dalla Soryu, ugualmente colpite. 

Era uno spettacolo orribile.


L' Akagi era fuori combattimento e aveva perso ogni mezzo per comunicare con le altre navi. Di conseguenza, l'ammiraglio Kusala, capo di Stato maggiore, dichiarò che bisognava trasferire, senza por tempo in mezzo, la bandiera di comando sull'incrociatore leggiero Nagara.


A questo punto, arrivò il capitano di corvetta Nishibayashi, aiutante di bandiera dell'ammiraglio.
  -Qui sotto, stanno bruciando tutti i corridoi -disse a Kusala. -Per abbandonare la nave, ci resta un solo mezzo: calarsi lungo un cavo sul davanti della plancia e raggiungere di nuovo l'isola lungo il passavanti. 

L 'imbarcazione della Nagara accosterà al fianco sinistro. Potrete raggiungerla per mezzo di una scaletta di corda.
  -Fuchida -mi disse il comandante dell'avIazione, -non può restare qui. 

Farebbe meglio ascendere, finche è ancora in tempo.


Ma, nelle mie condizioni, non era facile. Aiutato da qualche marinaio, uscii dall'oblò della lancia e mi lasciai scivolare sul castello delle mitragliatrici lungo un cavo, che cominciava a
fumare. 

Mi trovavo ancora tre metri al disopra del ponte di lancio. La scaletta che vi conduceva era incandescente, come la lamiera sulla quale mi trovavo. Non c'era altro da fare che saltare. Saltai. 

Nello stesso istante, lo spostamento d'aria di un'altra esplosione nell'aviorimessa mi scaraventò sul ponte, per fortuna in un punto non ancora raggiunto dalle fiamme. Sotto la violenza del colpo, persi i sensi per un certo tempo. Quando tornai in me, cercai invano di alzarmi: avevo le caviglie fratturate.


Alle Il,30, il trasbordo dello Stato maggiore e dei feriti era terminato. 

Il Nagara si rimise in rotta, con la bandiera dell'ammiraglio Nagumo che sventolava sul suo albero.


Il 4 giugno, alle 15,50, Yamamoto imparti l'ordine di silurare il relitto dell' Akagi.


Sulla Soryu, terza vittima dei bombardieri in picchiata, le devastazioni furono gravi. Al momento dell'attacco, le squadre di coperta stavano approntandosi al decollo degli aerei.


In tre minuti, tre bombe centrarono il ponte: la prima lo sfondò davanti all'elevatore di prua; le altre due colpirono quello centrale, devastando il ponte e appiccando il fuoco ad alcuni serbatoi di carburante e ad alcuni parchi munizioni. 

Alle 10,30, la nave era diventata un inferno di fiamme e di fumo, in cui le esplosioni si susseguivano senza sosta.


Nel frattempo, si scopri che il comandante Yanagimoto era rimasto sul ponte. 

Nessun comandante, in tutta la flotta, era tanto amato dai suoi uomini. La popolarità di Yanagimoto era tale che, quando doveva parlare all'equipaggio, i marinai si ponevano in attesa con un'ora di anticipo, per assicurarsi un posto in prima fila. 

Cosi, quel giorno, decisero di salvarlo a qualsiasi costo.


Il primo capo Abe, campione di lotta giapponese della Marina, fu incaricato di andarlo a prendere e di portarlo via con la forza, se necessario. Quando arrivò sul ponte di comando della Soryu, Abe vide il comandante Yanagi moto, immobile, la sciabola sguainata, lo sguardo fisso avanti a se. 

Avanzò verso di lui.
  -Comandante -disse, -vengo da parte
dei suoi uomini, per portarla al sicuro. 

L 'aspettano. La prego, venga con me sul cacciatorpediniere.


Non ottenendo risposta, Abe avanzò di nuovo, con l'intenzione di prendere il comandante con la forza e di portarlo via. 

Ma, a questo punto, Yanagimoto si voltò a guardarlo. Il suo viso esprimeva una tale decisione, che il sottufficiale si arrestò; poi, con gli occhi pieni di lacrime, tornò sui suoi passi. 

Mentre lasciava il ponte, senti il comandante cantare il Kimigayo, l'inno nazionale. ,


Alle 19,13, a 30038' di latitudine nord e 179°13' di longitudine ovest, la Soryu affondò nella sua tomba liquida, trascinando con se 728 uomini, tra i quali il comandante.


Nessuno dei testimoni che assistettero a quella scomparsa notò il minimo segno della presenza di un sommergibile, ne alcuna scia di siluro.

Prima che la Soryu affondasse, si erano prodotte alcune esplosioni, ma provenivano indiscutibilmente dalle munizioni che erano a bordo. 

I resoconti americani attribuirono al sommergibile Nautilus l'onore di aver dato il colpo di grazia alla Soryu. Errore manifesto, perché tutti noi presenti possiamo testimoniare che i siluri non contribuirono in alcun modo all'affondamento della nave.


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