Telekom Serbia e se fosse un giallo?
10-9-03
Giovanni Merenda, scrittore di libri
gialli, prova a dare il suo contributo sul caso Telekom Serbia. Ci pare un
contributo interessante, che si stacca dai soliti fiumi di parole che si
sono scritti, ma che ci aiuta comunque a capire alcune cose. Abbiamo
deciso di riportarlo per i nostri lettori.
A Cura del Gruppo di Coordinamento.
Giovanni Merenda
Sul caso
Telecom-Serbia molto si è detto, molto si è scritto e moltissimo si è
urlato.
Le nostre speranze di sapere la verità sul caso sono riposte tutte nella
magistratura, ma i tempi saranno necessariamente lunghi.
La commissione parlamentare d’inchiesta non da nessun affidamento ed è
chiaro, visti alcuni dei suoi membri rappresentanti della maggioranza, che
è stata creata solo per regolare certi conti nei confronti
dell’opposizione.
Lo stesso suo presidente lodato come imparziale al momento della nomina da
certe anime candide, rilascia interviste chiaramente di parte.
In attesa di una lontana e sperata verità, di questa storia e di alcuni
suoi personaggi ho deciso di controllare la plausibilità e di avanzare
delle ipotesi.
Cioè ho deciso di affrontarla come se fosse un libro giallo da leggere o
da scrivere, un libro giallo non ancora finito..
Per fare questo ho deciso di avvalermi della mia esperienza sia di
scrittore, ho pubblicato due gialli con la Sellerio (uno nel 1999 “Il
segnale”, l’altro nel 2001 “L’esilio”, queste sono le mie referenze nel
caso interessasse a qualcuno), sia di lettore appassionato del genere.
Cominciamo dai fatti accertati.
Uno stato europeo, l’Italia, decide come altri stati europei di investire
in una nazione che è appena uscita da una guerra, la Serbia.
Non è che da questi investimenti gli stati che hanno deciso di impiegare
delle loro risorse si aspettino grandi guadagni.
La decisione è soprattutto politica.
Si vuole aiutare la Serbia dopo il conflitto sperando di renderla così una
nazione più rispettabile attraverso i legami economici, nonostante sia
comandata da un poco rispettabile dittatore.
L’affare si concretizza sotto un governo di centro sinistra.
L’azienda telefonica di stato, la Telecom Italia, compra per oltre 800
miliardi una partecipazione minoritaria nella Telecom-Serbia.
La quota verrà rivenduta pochi anni dopo per poco più di 300 miliardi.
Fin qui i fatti sicuri.
Naturalmente quello che colpisce subito è la differenza tra la cifra
pagata per comprare e la cifra successivamente incassata rivendendo.
Ma c’è qualcosa che in parte giustifica la differenza.
Sono mutate le condizioni politiche, tra le due date ci sono in mezzo gli
avvenimenti del Kossovo.
La Serbia è tornata ad essere nell’occhio del ciclone, si sono vanificate
le speranze di uno sviluppo rapido della telefonia nel paese.
Ma nonostante questo, a molti appare troppa la differenza tra le due
cifre.
Viene naturale di pensare che o abbiamo svenduto oppure abbiamo comprato
ad una cifra troppo alta.
Altre nazioni hanno acquisito partecipazioni nel nostro stesso momento, ma
nessuna è rimasta bruciata come noi.
Prima ipotesi: ci hanno fregato, ci hanno chiesto una cifra superiore al
valore di quello che stavamo comprando e noi, o per meglio dire i vertici
della Telecom Italia di quel tempo abbiamo comprato alla cifra richiesta,
facendo un cattivo uso, sia pure in buona fede, del denaro pubblico.
Non è la prima volta, le aziende a partecipazione statale hanno fatto
spesso dei cattivi affari.
Gli ultimi colpi di genio in questo ambito risalgono ad Enrico Mattei, che
le fregature le dava agli altri.
Seconda ipotesi: la cifra che abbiamo pagato era una cifra accettabile, ma
siamo stati sfortunati.
L’affare poteva anche andare bene invece è andato male per la mutata
situazione internazionale.
Terza ipotesi: abbiamo pagato un prezzo esagerato, ed in cambio di questo
qualcuno ha ricavato delle tangenti.
Dirò poi qual è, secondo me, l’ipotesi più probabile.
Ma il governo non
doveva esercitare un controllo sulla Telecom Italia?
Oggi tutti quelli chiamati in causa dicono che questo controllo non era di
loro pertinenza.
Anche su questo torneremo.
La quota minoritaria della Telecom Serbia è stata comprata, la quota
minoritaria della Telecom Serbia è stata rivenduta.
Tutto sembra finito, non se parla più.
Fino a quando questa storia non viene tirata fuori da un importante
giornale molto vicino al centrosinistra.
Perché se è una storia scomoda per il centrosinistra?
Perché questo è il vero giornalismo, cercare la verità senza curarsi di
chi favorisce e di chi danneggia. Anche se in Italia, purtroppo non è
quasi mai così.
Ve lo immaginate un giornale vicino, e ce ne sono tanti, all’attuale
maggioranza governativa tirare fuori una storia come questa che veda
coinvolta il centro destra.
No, io non riesco proprio ad immaginarmeli i giornalisti del cavaliere
intenti a cercare la verità, anche se sfavorevole al loro padrone.
E allora non chiamiamoli giornalisti, chiamiamoli servitori.
Non è un’offesa, è semplicemente prendere atto delle cose così come sono.
Al governo attuale non sembra vero, viene costituita una commissione
parlamentare quella di cui abbiamo già parlato.
La commissione vivacchia senza grandi clamori fino a quando non viene
fuori un supertestimone che si dice al corrente di tangenti pagante ai
maggiori esponenti del governo di quel tempo e di qualcuno che come
Rutelli al governo non c’era proprio.
Fa anche il nome di Mastella, che a quei tempi stava con il centro destra.
I giornali vicini al governo ci fanno titoli in prima pagina un giorno sì
e l’altro pure dando nei titoli come verità accertate le dichiarazioni del
supertestimone.
Tanto i loro lettori leggono solo quel giornale e, spesso, più in là dei
titoli non vanno.
Questo va bene anche per quelli che i giornali non li comprano, ma
guardano i titoli passando vicino all’edicola.
Chi è questo
testimone?
Un tizio con tanti conti in sospeso con la giustizia, che ha fregato un
buon numero di persone.
Gente che gli ha affidato i suoi soldi convinti di riaverli indietro
moltiplicati, quindi gente in maggior parte ricattabile, perché noi poveri
cristi onesti sappiamo bene che non esistono metodi legali per
moltiplicare i nostri soldi, caso mai ne avessimo, in poco tempo.
Un uomo, questo testimone, che per convincere le sue vittime doveva certo
avere un certo fascino, una indubbia abilità, pur tenendo conto che le già
citate vittime, per avidità o stupidità, erano già abbastanza inclini a
farsi convincere.
E così succede con la commissione parlamentare, con la maggioranza della
commissione parlamentare.
Li convince perché è loro interesse farsi convincere.
Non importa che a volte le spari grosse, che a un certo momento dica che
le tangenti pagate sono più degli ottocento miliardi pagati per
l’acquisto, che parli di trasferimento all’estero di grossissime cifre in
contanti per il pagamento delle quote di Telecom Serbia, quando è
documentabile che il pagamento è stato effettuato naturalmente non per
contanti attraverso degli istituti bancari di Atene.
Non importa che dica una cosa incredibile come che Dini si sarebbe
accontentato di una tangente inferiore a quella di Fassino, circa
venticinque miliardi in meno.
Scherzi a parte, anche se dicesse che il denaro è stato portato all’estero
da asini volanti, l’onorevole Taormina ed i suoi colleghi gli
crederebbero.
Perché è loro interesse credergli oppure affermare di credergli.
A questo punto una delle vittime non ci sta e dichiara che dietro il
testimone c’è un burattinaio, il presidente del consiglio che, chiamato in
causa annuncia querele.
E allora questo
giallo come finirà?
Bene, la mia ipotesi è che questo giallo non merita di essere scritto o
letto perché troppo banale. Naturalmente secondo la mia ipotesi.
Il prezzo da pagare per la Telecom Serbia è stato in realtà un poco
gonfiato e qualche tangente c’è stata.
Il dittatore serbo fu udito dire a proposito: “Sempre mafiosi questi
italiani!”.
Ma secondo me non fu un grande ritocco, qualche decina di miliardi in più
del prezzo che si poteva pagare, ed in cambio qualche miliardo è tornato
in Italia.
Questi soldi non sono andati ai politici ma a qualcuno di quelli che si
sono interessati direttamente della vendita.
Ed il controllo che i politici avrebbero potuto esercitare?
Sì, forse qualcuno ha pensato che non fosse un suo compito, qualcuno non
ha veramente saputo, ma alcuni sapevano e non si sono opposti.
Lo hanno fatto perché la trattativa con la Serbia doveva andare in porto,
e non per motivi di vantaggio economico, ma per quelle ragioni di politica
estera a cui abbiamo accennato all’inizio.
E il supertestimone allora? Il supertestimone sta facendo quello che ha
sempre fatto finora nella sue vita: raccontare balle, sperando che questo
lo aiuti nei suoi guai.
E non essendo del tutto sprovveduto, racconta delle balle che suonano
piacevoli alle orecchie di chi comanda.
E il grande burattinaio? Il complotto? Mi dispiace, non c’è nessun
complotto.
Ci fosse stato, penso che il centro destra, pur con i suoi limiti, avrebbe
trovato una storia ed un testimone più credibili.
Anche loro lo sanno, esclusi quelli più cretini, che quelle che il
testimone racconta sono solo balle.
Ma anche le balle servono se c’è gente che legge solo i titoli dei
giornali. Niente da fare, un giallo come questo io non ho nessuna voglia
di leggerlo, ne tanto meno di scriverlo.
Troppo banale, troppo squallido.