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  Ultimo aggiornamento: 20-05-04

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L'ansia di pace alle radici dell'Europa


12-05-2004

In questo mese di maggio qualcosa di straordinario è avvenuto. L'Europa si unifica attraverso un grande processo, che certo ha i suoi tempi e le sue burocrazie, ma è generato da una vocazione alla pace. La pace è alla radice di questo disegno. L'Europa non inizia oggi, ma gli interessi degli stati nazionali, che l'hanno composta, l'hanno attraversata con guerre di tutti i tipi, fino alla tragedia della seconda guerra mondiale e fino alla shoa. I totalitarismi l'hanno sfigurata, dai lager ai gulag. Gli idoli del nazionalismo e della lotta di classe hanno inferto ferite profonde. Secondo Hippolyte Simon, vescovo di Clermont Ferrand, il trattato sul carbone e l'acciaio del 1951 è stato anche ´un gesto spirituale', il cui significato era mai più guerra. È un'interpretazione molto coraggiosa, ma convincente, perché così è stato. Certo siamo passati dal trattato del 1951 alla realizzazione dell'euro nel 1998, attraverso un percorso complesso e difficile. Si è molto ironizzato sull'Europa delle monete, dei banchieri e dei burocrati. In realtà l'euro non sarebbe stato possibile se non dentro una grande politica, che ha unificato l'Europa e oggi fa dell'Europa un soggetto forte, ma anche un soggetto di pace nel mondo. L'euro è uno degli strumenti di questa politica, che permette a questa politica di operare con forza per realizzare rapporti di equilibrio e non di dominio dentro l'economia mondiale. Anche l'euro è uno strumento per la creazione di un mondo multipolare. L'altro passo sarà la Costituzione europea, senza la quale l'Europa corre gravi rischi di scomparire dalla scena mondiale. Senza la Costituzione manca la pietra angolare su cui costruire l'edificio europeo, mancano gli strumenti efficaci per una politica economica, di difesa ed estera, che non siano declamazioni, ma gesti efficaci. L'attuale bozza di Costituzione, pur sempre perfettibile, rappresenta una risposta importante al bisogno di organizzare la prima democrazia sopranazionale della nostra storia. Essa è un modello originale per comporre in un delicatissimo equilibrio popoli e stati, in modo da realizzare davvero quella ´unione di minoranze' su cui costruire la nuova potenza civile europea. L'Europa non è la culla originale del cristianesimo. Conviene sempre ricordare che il cristianesimo è una fede orientale, o almeno mediorientale. Il cristianesimo si diffuse assai velocemente nel Nordafrica, In Egitto, in Libia, nelle odierne Algeria e Tunisia, e altrettanto avvenne là dove oggi vi sono Turchia, Afghanistan, Iran e Iraq. Nel 245, quando ancora la maggior parte degli europei professava riti pagani, vi erano già 24 episcopati cristiani nella valle del Tigri e dell'Eufrate. L'Ungheria viene cristianizzata dopo il Mille. Detto questo, non è tuttavia legittimo dubitare che il cristianesimo abbia enormemente contribuito alla composizione di valori, di ideali e di speranze che oggi fanno parte della cittadinanza europea. La storia dell'Europa non ha senso senza la storia del cristianesimo, nelle sue forze e nelle sue debolezze. Vale qui la pena di ricordare che i grandi padri dell'Europa sono stati cristiani convinti e hanno attinto alla loro fede per costruire l'Europa. Questo è necessario dirlo con forza ai giovani cristiani europei. Per essere cittadini europei non bisogna mettere tra parentesi la fede, al contrario si può e si deve attingere dal proprio credo i fondamenti della coerenza etica, della perseveranza, della sapienza, della mitezza, della condivisione, della magnanimità ma anche del pensare in grande, in modo da costruire un futuro che sappia misurarsi sulle sfide della pace e della giustizia. Senza arroganza, senza esibizionismi, senza la pretesa di imporre qualcosa a nessuno, con i giovani musulmani ed ebrei d'Europa i giovani cristiani devono essere il lievito e il seme di questa nuova storia. Con uno spirito ecumenico, con uno spirito di tolleranza e rispetto per la diversità e per l'altro, il fermento religioso può dare all'Europa quell'anima di cui il nostro continente non può fare a meno. Con l'Europa unita sta nascendo qualcosa di nuovo nel mondo. Non è un caso che essa stia diventando punto di riferimento per l'Africa e modello per la difficile e complicata progettazione dell'Unione africana. La Cina e la grande Asia seguono con grandissima attenzione la costruzione dell'edificio europeo. La stessa società americana sta sempre più comprendendo che l'Europa potrà essere un elemento di stabilità nel mondo. Per come è nata e per il modo in cui è costruita, essa non ha infatti vocazioni imperiali, non vuole dominare ma sedere con autorevolezza al banchetto di tutti i popoli. Si colloca qui il grande tema del multilateralismo. Non è una questione di scuola, ma di vita. Se il mondo sarà retto da una logica unilaterale, le guerre non faranno che crescere, con tutti i loro effetti devastanti. Se saremo capaci di imboccare con coraggio la via del multilateralismo efficace attraverso le grandi organizzazioni internazionali e attraverso l'Onu, sia pure riformato, la pace e il diritto saranno sempre più possibili. La vicenda dell'Iraq e la tragedia israeliano-palestinese sono una puntuale conferma di questo. C'è poi un grande muro di povertà che divide il Sud dal Nord del mondo. Questa è una delle sfide decisive della quale l'Europa è necessariamente impegnata. Anzi, su cui l'Europa deve essere nel futuro molto più impegnata di quanto non avvenga oggi. È necessario vincere la battaglia contro la fame e la sete che toccano parti grandissime di interi continenti, contro le grandi pandemie (aids, malaria, tubercolosi ecc.), contro il mercato delle armi, che alimenta tutte le guerre, in particolare quelle del Centro Africa, che producono un numero sterminato di morti. È necessario investire più in questa lotta alle ingiustizie di quanto investiamo nei bilanci militari. Ancora alcune parole sulla politica. I grandi padri dell'Europa, che hanno dato origine a questo singolare disegno, non hanno avuto piccole ambizioni, ma grandi ambizioni. Non hanno messo al primo posto il loro interesse e il loro successo personale, hanno fatto molto di più: hanno pensato e cominciato a fare l'Europa della pace, con grande pazienza, ma anche con grande perseveranza, senza mai perdere la vera rotta. Essi hanno, con il loro pensiero e con la loro azione, posto tutti noi di fronte al problema del metodo nell'azione politica. Questo significa porre al centro della nostra azione l'orizzonte del mondo e non il nostro angusto territorio. Significa ritenere che chi usa la menzogna, il cinismo, l'ipocrisia (anche se apparentemente ottiene qualche risultato) è destinato inevitabilmente alla sconfitta. Significa ritenere che chi persegue la giustizia, la pace e la verità, anche se pagherà prezzi alti, alla fine vincerà. (riproduzione riservata)

Romano Prodi