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Lettera di Prodi al Corriere sul Patto di stabilità.
Corriere della Sera
Replica del Presidente della Commissione all'intervista a Tremonti
«L'Italia non dia altri colpi all'Europa»
La ricostruzione dello strappo sul Patto di stabilità: «Non è stato fatto
niente per evitarlo»
28-11-2003
Caro Direttore, ho letto l'intervista al Corriere della Seranella quale il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti racconta le vicende che hanno portato
i ministri delle Finanze dell'Unione a respingere le proposte della
Commissione Europea sulla gestione del Patto di Stabilità nei confronti di
Francia e Germania. L'ho letta e sono rimasto sorpreso e preoccupato.
Sorpreso per la ricostruzione dei fatti e la visione delle responsabilità
specifiche delle diverse istituzioni europee che da quella ricostruzione
derivano. Preoccupato, molto preoccupato, per le prossime iniziative
annunciate dal ministro. Ma andiamo per ordine. Il ministro Tremonti
riferisce di un colloquio tra di noi alla vigilia dell'incontro del
Consiglio dei ministri finanziari dell'Unione, il cosiddetto Ecofin. E'
esatto. Domenica scorsa - ero a casa mia, a Bologna - ho ricevuto una
telefonata di Giulio Tremonti che mi chiedeva consiglio per gestire al
meglio quella che si preannunciava come una riunione non facile. Era,
infatti, previsto chesi dovesse discutere e decidere sulle raccomandazioni
della Commissione a Francia e Germania per riportare i loro conti pubblici
all'interno dei paletti fissati dalle regole dell'Unione e si sapeva che i
due governi, ma soprattutto quello tedesco, si preparavano ad una decisa
resistenza. Data questa situazione, come correttamente ricorda il ministro
Tremonti, gli suggerii di affrontare per prima la questione della sostanza
delle misure raccomandate dalla Commissione e di passare solo in un secondo
momento al tema delle procedure attraverso le quali regolare e controllare
l'applicazione dei provvedimenti richiesti. L'esame attento della situazione
di Francia e Germania che avevo condotto con il commissario Solbes e con i
servizi della Commissione mi faceva, infatti, pensare che, per quanto
riguardava le misure concrete da raccomandare a francesi e tedeschi, si
sarebbe potuto trovare una accettabile soluzione di compromesso. Assai più
ostico, invece, era il problema delle procedure che potevano essere
applicate sfruttando sino in fondo i margini di flessibilità da esse
consentiti, ma che dovevano in ogni caso essere applicate. Questa fu la
telefonata di domenica e fu su queste basi che iniziò lunedì sera la cena di
lavoro dei ministri delle Finanze dei soli Paesi dell'euro, il cosiddetto
Eurogruppo. Come previsto e sperato, la discussione permise di verificare
che sulle misure di risanamento necessarie per riportare progressivamente i
disavanzi francese e tedesco sotto la soglia del 3 per cento dei rispettivi
prodotti interni lordi era possibile trovare un terreno d'intesa. Ottenuto
questo primo ma ancora non decisivo risultato, il ministro Tremonti, quale
presidente di turno, decise una sospensione dei lavori così da permettere
una riflessione sul secondo e più difficile passaggio, quello delle
procedure. Ed è qui che la ricostruzione di Giulio Tremonti inizia a farsi
sorprendente. «Appena terminati i lavori - così racconta il ministro
Tremonti e mi perdoneranno i lettori per questa non brevissima citazione -
il presidente Prodi si apparta proprio nella stanza della presidenza
italiana con i ministri tedesco e francese, Eichel e Mer. Quanto entro, lo
vedo discutere con un testo giuridico in mano. Confesso una certa sorpresa.
Ma poi penso che dal testo scaturisca una formula di compromesso». Si è
sorpreso, il ministro, che il presidente della Commissione lavorasse con i
ministri dei due Paesi direttamente interessati per trovare un'intesa capace
di favorire una decisione positiva del Consiglio? Non posso credere che
questa sia la sua visione delle responsabilità che fanno capo alle diverse
istituzioni dell’Unione. Si è sorpreso del fatto che avessi in mano un
«testo giuridico»? Anche in questo caso non posso credere che si sia stupito
nel vedermi lavorare tenendo come riferimento la pubblicazione ufficiale del
1999, un volumetto di colore blu, che raccoglie la legislazione comunitaria
relativa all’Unione economica e monetaria. Si è stupito di vedermi «nella
stanza della presidenza italiana» (in realtà davanti a quella stanza) quasi
che mi avesse sorpreso in una riunione dalla quale lui fosse stato escluso?
Anche in questa ultima circostanza, faccio fatica a comprendere le ragioni
di un tale stupore dato che avevamo concordato di riunirci tutti insieme per
studiare la faccenda. Ma andiamo avanti. Il ministro Tremonti dice che la
soluzione da me proposta sul piano della procedura corrispondeva a «una
formula istantanea: si comminano sanzioni a Francia e Germania, ma un attimo
dopo se ne annuncia la sospensione. Una formula consustanziale di procedura
e non procedura, abbastanza virtuale, che tuttavia per la Commissione
sembrava sufficiente per salvare la "procedura"». Mi spiace, ma non ci
siamo. Non ci siamo perché, e qui si ritorna alla sostanza, la Commissione
non stava affatto «comminando sanzioni» ma soltanto raccomandando misure di
progressivo controllo dei deficit pubblici. Unicamente nel caso di mancato
rispetto da parte di Francia e Germania degli impegni presi e al termine di
una ancor lunga serie di passaggi formali e di ulteriori decisioni del
Consiglio sarebbe stato possibile arrivare ad imporre delle sanzioni. E non
si trattava affatto di una procedura-non procedura, di una soluzione
«abbastanza virtuale», quasi che si trattasse di una magia escogitata dalla
Commissione. Si trattava, niente di più e niente di meno, che della
applicazione della legge. La legge uguale per tutti. In questo caso, il
riferimento era al «Regolamento n. 1467/97 del Consiglio del 7 luglio 1997
per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della
procedura per i disavanzi eccessivi». Un regolamento che, all'articolo 9,
comma 1, stabilisce che «la procedura per i disavanzi eccessivi è sospesa
qualora lo Stato membro partecipante interessato ottemperi all'intimazione
di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9». «Francia e Germania - ricorda il
ministro Tremonti - respingono subito e senza appello questa ipotesi». In
realtà fu il ministro tedesco a dire no e, di fronte alla sua opposizione,
Giulio Tremonti, a cui chiesi quale fosse la sua risposta, si limitò a
sorridere, aprendo le braccia, senza dire una sola parola per cercare, come
rappresentante del governo che ricopriva la presidenza di turno dell'Unione,
una soluzione di compromesso. Una soluzione che evitasse una rottura
istituzionale e la divisione tra i Paesi membri. Sì, perché, in fondo, la
decisione del Consiglio non si pone soltanto in violazione del Patto. Essa è
semplicemente al di fuori dei Trattati. E' una ferita al Patto e, con esso,
all’Unione Europea che è un'unione di Stati e di popoli fondata sul diritto.
Ma è una ferita anche e soprattutto al Consiglio che ha rinunciato a
governare le economie europee con le regole del Patto e, dunque, con i
poteri che quelle regole gli conferivano. E dico questo non nascondendo che,
nella sostanza, la decisione del Consiglio può persino essere apprezzata in
quanto le misure che raccomanda a Francia e Germania sono sostanzialmente le
stesse che aveva proposto la Commissione. Non posso, per concludere, non
rilevare con estrema preoccupazione l'accenno fatto dal ministro Tremonti ai
lavori della Conferenza intergovernativa impegnata per portare a compimento
l'opera di approvazione della nuova Costituzione europea. Ebbene, il
ministro Tremonti anticipa che l'Italia, in quanto presidente di turno
dell’Unione Europea, proporrà di modificare il testo approvato dalla
Convenzione Europea presieduta da Valéry Giscard d'Estaing per eliminare
quelle poche ma importanti regole di governo dell'economia di cui abbiamo
bisogno per tutelare la nostra moneta e il nostro sviluppo. Alla vigilia
degli incontri decisivi per quello che potrebbe essere il nuovo Trattato di
Roma, mi auguro che non sia questa la posizione autentica del governo
italiano. Mi auguro che non sia questa la posizione della presidenza
dell'Unione Europea.
Romano Prodi Presidente della Commissione europea
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