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Sconfitta Europea

  Ultimo aggiornamento: 19-01-04

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Sconfitta Europea...

13-12-2004

Da kapò a kappao. Il semestre di presidenza italiana della Ue cominciato sotto il sole di luglio, in quel di Strasburgo, con la rissa con il deputato tedesco Martin Schulz è terminato ieri, sotto la pioggia di Bruxelles, con la ingloriosa mancata chiusura della Convenzione. L'Europa non ha una Costituzione. Fallimento totale. Tutto rinviato ad altra presidenza sperando, per il futuro dell'Unione, che abbia maggiori capacità di mediazioni di quelle dimostrate da Silvio Berlusconi che non è riuscito a mettere la sua firma sotto il Trattato europeo. Gli sarebbe piaciuto molto. "Io che sono già nonno, mi vedo molto bene nei panni del padre della Costituzione europea" aveva detto quando ancora qualche speranza sembrava ci fosse o, almeno, quando ancora lui andava dicendo di avere una serie di soluzioni in tasca. Due, tre, quattro. Chi più ne ha più ne metta.
In realtà nessuna, stando al risultato. Che una volta diventato evidente il premier si è affrettato a interpretare a suo uso e consumo parlando di un successo che ha visto soltanto lui e nessun altro, di «bottiglia mezza piena e non mezza vuota», della difficoltà di ottenere il consenso di tutti che, «quando si è in 28 è molto difficile» anche se, alla fine, ha dovuto confessare che in fondo lui era stato sempre consapevole che "fare la Costituzione sarebbe stato molto difficile. Ma dovevo fare l'ottimista perché altrimenti negavo il mio ruolo e la mia responsabilità. Ma dentro di me dicevo sempre: non sarà possibile". Insomma "se avessi vinto la lotteria sarei più contento che non avendola vinta. Però credo di aver fatto il mio lavoro e anche di più". Insomma, «io ce l'ho messa tutta ma abbiamo fallito».

Ha detto tutto e il contrario di tutto in questi giorni il presidente di turno che lascia l'incarico con sollievo. Troppo duro, un «vero peso». Refrain diversi a seconda dell'ora hanno segnato la due giorni di vertice stoppato all'improvviso, di colpo, poco dopo che lo stesso Berlusconi aveva confermato che si sarebbe andati vanti fino a questa mattina ed oltre. A costo di non poter vedere la partita del Milan. No ad «un accordo al ribasso» dunque e, poco dopo, «saggezza imporrebbe di arrivare comunque ad un sistema di voto, anche se non considerato il migliore».

Con questa posizione ondivaga portare avanti una trattativa è difficile. Impossibile. Specialmente quando gli interlocutori cominciano ad innervosirsi davanti al vuoto. Nella riunione di ieri mattina, è rimbalzato nei corrdoi del Justus Lipsius, ci sarebbe stato anche chi avrebbe mormorato: «Se la finisce di fare il clown cominciamo a parlare di cose serie». Seguito poco dopo dall'intimazione: «Non si può fare un negoziato solo con lo charme».

Per uno che punta tutto sulla politica delle "pacche sulle spalle" e che ai programmi preferisce le barzellette un richiamo è sembrato contare poco o niente, anche quando il risultato imporrebbe una riflessione cui con pacatezza Romano Prodi ha invitato tutti i partecipanti al vertice. I capi di stato e di governo, la presidenza uscente, quella irlandese che ormai è pronta a raccogliere il testimone ma la cui azione Berlusconi ha già liquidato affermando che nei prossimi sei mesi per la Cig non cambierà niente. «Ci sono le elezioni Spagna, poi quelle europee». Forse quando arriveranno gli olandesi «qualcosa accadrà». Per allora potrebbe essere finito nel dimenticatoio anche l'impegno a firmare comunque il Trattato a Roma. Ma parlarne è prematuro. I problemi sono altri con quella Carta che non è riuscita a vedere la luce.

Silvio Berlusconi ha cercato di aggirare il nocciolo della questione durante la conferenza stampa che sancisce la fine dei lavori quasi a negare a se stesso l'evidenza di una sconfitta. L'ha presa alla lontana. Rivendicando successi, anzi "trionfi". Economia, difesa, cooperazione alle frontiere, l'agenzia alimentare assegnata a Parma a conclusione di una trattativa cominciata con la presidenza di Giuliano Amato ma in un momento come questo viene rivendicata.Un lungo elenco per poi «venire alla Cig» che cerca di salvare ricordando che su «82 punti abbiamo raggiunto l'accordo» anche se poi è costretto a riconoscere che si tratta solo di un impegno politico e morale». Ergo, non vincolante. Tutto potrebbe dunque cambiare.

Inutile girarci attorno. Il vincente di sempre è costretto ad ammettere che sul sistema di voto «il disaccordo è stato totale». Che molti premier hanno chiesto di avere più tempo per potersi consultare con i loro Parlamenti. Per questo meglio finirla là. Senza perdere altro tempo. D'altra parte «fare una Costituzione richiede tempo». Piccoli e grandi Paesi su questo almeno sono stati d'accordo. E lui, che sul piano politico e professionale «dall'esperienza ha tratto grande arricchimento» ha dovuto vivere sulla sua pelle che in Europa non vale la politica dell'amicizia e del "volemose bene".

Lo ha constatato in diretta Berlusconi, un po' sorpreso. Lui si è speso per «sollevare il basso morale dell'equipe» raccontando storielle e parabole per alleggerire la tensione di certi momenti. Ed ha rivendicato con orgoglio lo stile uscito sconfitto, messo all'angolo. «Io faccio il mestiere di conduzione degli uomini, io faccio il leader di professione da moltissimi anni. Ho formato eserciti commerciali, eserciti sportivi ed eserciti politici che normalmente ho condotto alla vittoria usando il bastone e la carota, il sorriso e il rimprovero. Ed ho ottenuto grandi successi». Questa volta non è andata così.