QUANDO RICORDARE IL PASSATO FA BENE

L'ITALIA DA PAESE DI EMIGRANTI A PAESE DI IMMIGRATI

Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, milioni di persone lasciarono i loro luoghi d’origine per raggiungere paesi lontani dove trovare speranze di una vita migliore che la patria aveva loro negato. Fuggivano dalla miseria delle campagne, dai bassi salari dell’industria, da cause occasionali, come le crisi economiche o le carestie e, non di rado, dalle persecuzioni politiche.Questa ondata migratoria senza precedenti interessò soprattutto i paesi slavi (Russia ed Europa orientale) e latini (Italia e Spagna) e portò gli emigranti negli Stati Uniti, in Brasile, in Argentina, in Canada, in Australia o in Francia.

L’Italia fu uno dei paesi più colpiti dall’emigrazione. Dal 1876 fino al 1918, più di 14 milioni di persone lasciarono il nostro paese. Di esse i 2/3 circa tornarono, gli altri rimasero nei paesi d’arrivo. L’emigrazione non era sempre spontanea. Gli operai delle città erano più consapevoli della situazione, e spesso partivano avendo già un’idea abbastanza precisa delle possibilità offerte dai paesi dove si recavano.Le campagne, invece, popolate da contadini semianalfabeti, erano percorse da “agenti” che facevano balenare un paradiso in terra e favolose possibilità di guadagno. Ma la differenza tra promesse e realtà era chiara sin dal momento dell’imbarco.Sui moli stessi, intorno a questi contadini ingenui che non avevano mai visto una città, si muoveva un vero e proprio giro d’affari, manovrato da tavernieri, venditori di alcolici, faccendieri, imbroglioni.Sulle navi si dormiva ammassati nelle stive o nei ponti inferiori, privi di servizi igienici e di assistenza medica. I documenti di bordo attestano negli anni migliaia di morti per asfissia, fame, epidemie.Arrivati a destinazione, la maggior parte non sapeva a chi rivolgersi, non parlava la lingua del posto, non sapeva dove dormire. Ma in qualche modo riuscirono ad inserirsi nei luoghi di destinazione, a trovare quasi sempre lavori faticosi e mal retribuiti, in pratica a sopravvivere. Quelli che non sono più tornati in patria sono diventati a tutti gli effetti cittadini dei nuovi stati e col tempo, hanno occupato anche posti rilevanti nella nuova società, come per un esempio l’ex sindaco di New York Giuliani. Ancora oggi gli italiani che vivono oltre confine sono circa 275509 , secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni nel 2001.

Ma il boom economico degli anni 60, l’industrializzazione di aree più vaste della nostra penisola, lo sviluppo del Terziario hanno migliorato la situazione economica dell’Italia e hanno consentito a molti italiani di trovare sistemazione nel proprio paese.

Non solo, ma la situazione è andata via via ribaltandosi per cui il nostro Paese è diventato, oggi , “ l’ AMERICA” per altri popoli. È diventato un Paese di immigrazione.

L’ immigrazione è regolata da apposite leggi:solo un numero limitato di stranieri può entrare e ottenere un permesso di soggiorno,e solo coloro che risiedono legalmente in Italia hanno diritto a godere dei servizi e dell’ assistenza che offre il Paese, come la scuola o le cure mediche.

Accanto a quella ufficiale esiste però l’ immigrazione clandestina: sono molto numerosi gli stranieri extracomunitari che riescono a entrare in Italia in modo illegale e poi vivono senza permessi e senza assistenza, spesso anche senza lavoro e quindi ai margini della società. I Paesi dai quali giungono immigrati in maggior numero sono: per l’Europa l’Albania, la Polonia e i Paesi dalla ex-Jugoslavia; per l’Africa il Marocco e la Tunisia, il Senegal, il Ghana, la Nigeria e la Somalia; per l’Asia la Cina, lo Srì Lanka e le isole Filippine; per l’America Meridionale il Perù e il Brasile.

Molti immigrati clandestini vengono assunti per svolgere del lavoro nero.

In agricoltura trovano lavoro per brevi periodi, ad esempio durante la raccolta dei pomodori nell’ Italia Meridionale; altri lavorano nei ristoranti come lavapiatti, scaricano le cassette al mercato o vendono piccoli oggetti per le strade. La maggior parte di noi Italiani non ha un atteggiamento positivo nei confronti degli immigrati. Infatti sono molti quelli che pensano che ci tolgono il lavoro, portano scompiglio, ci infastidiscono ai semafori e per finire che sono tutti ladri e assassini. Noi crediamo che dobbiamo avere un atteggiamento più tollerante e accogliere gli immigrati con animo fraterno. Giudicarli individualmente in base al loro operato, cosa che, del resto, di fatto, già facciamo per noi italiani.

Sara Martone e Danilo Peluso (Scuola Media)

In questo numero

Tutti insieme... verticalmente

Cronaca di una mattinata annunciata

Se gli adulti parlano di noi

S.O.S. dagli animali

L'Italia da paese di emigranti a paese di immigrati

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