IL PAZIENTE CON SCOMPENSO CARDIACO (2)
NORME DI VITA
CONSIGLI DIETETICI
·
Il sodio provoca ritenzione
di liquidi nell’organismo, ciò non costituisce un problema in un soggetto sano
mentre può essere determinante per un paziente con scompenso cardiaco. Il sodio
è contenuto nel sale da cucina (cloruro di sodio) e quindi in tutti i cibi che
contengono del sale. Per il motivo descritto sopra è necessario che i pazienti
seguano una DIETA IPOSODICA , cioè povera di sale, da distinguersi, come
talvolta erroneamente viene ritenuto, da una dieta assolutamente priva di sale.
In questa valutazione è anche necessario tenere conto del sale
"nascosto", cioè di quei cibi che contengono sale a causa della loro
preparazione (per esempio formaggi ed insaccati). Normalmente la quantità
massima consentita di sodio deve esser inferiore a 2 grammi.
·
Un altro dato importante è
il controllo della quantità di acqua che viene ingerita ogni giorno, sia quella
bevuta come tale, sia quella contenuta in bevande, minestre, cibi e frutta. In
genere è consigliabile che il paziente non beva più di 2 litri di acqua al
giorno.
·
E’ necessario non abusare di
superalcoolici e se possibile è consigliabile evitarli del tutto, inoltre è
bene ridurre anche la quantità di vino giornaliera. Tra l’altro in alcuni
soggetti l’alcool può manifestare effetti di tossicità cardiaca ed essere il
responsabile principale di alcuni casi di cardiomiopatia dilatativa. A parte
questi casi in cui è necessaria l’astensione totale dall’alcool, la quantità
giornaliera consentita è di circa 30 grammi complessivi di alcool al giorno.
Il fumo deve essere totalmente eliminato.
I farmaci sono estremamente importanti per il
paziente con SCOMPENSO CARDIACO, dimenticarsi di assumere uno dei farmaci
prescritti o assumerne in quantità sbagliata può determinare problemi anche
seri (peggioramento di sintomi o effetti tossici). D’altra parte questi
pazienti talvolta devono assumere numerosi farmaci diversi, più volte al
giorno. Per evitare problemi è consigliabile preparare o farsi preparare un
Tabella scritta a caratteri grandi e comprensibili con gli orari di assunzione,
il nome del farmaco e la dose da assumere. Inoltre è consigliabile farsi
spiegare dal proprio medico quali potrebbero essere gli effetti collaterali
da rilevare e da segnalare in occasione dei controlli o telefonicamente.
Il peso corporeo è un dato molto importante in
quanto permette al paziente ed al medico che lo segue di valutare:
·
se è mantenuto un corretto
bilancio tra apporto idrico e diuresi per correggere abitudini dietetiche
inappropriate (il paziente assume troppi liquidi);
·
se il paziente è in uno
stato di buon compenso emodinamico (la terapia è efficace);
·
se eventuali aggiustamenti
della terapia diuretica per ripristinare uno stato di compenso emodinamico
stanno avendo effetto (il paziente era peggiorato, presentava edemi o maggiore
dispnea ed è stata aumentata la quantità di diuretico).
Per questi motivi è importante che il paziente si
pesi tutti i giorni (se possibile nelle stesse condizioni e con la stessa
bilancia) e registri il peso.
Uno dei problemi principali dei pazienti affetti
da scompenso cardiaco è la riduzione della capacità di effettuare attività
fisiche, a causa di questo il paziente tende, automaticamente e
progressivamente, a ridurre le proprie attività. Tempo addietro questa era
considerata una condizione auspicabile, cioè la riduzione delle attività
fisiche significava "affaticare" di meno il cuore e quindi ridurre la
possibilità che le condizioni del paziente peggiorassero. Studi relativamente
recenti hanno dimostrato il contrario, nel senso che la riduzione dell’attività
fisica comporta anche una riduzione della capacità di tolleranza allo sforzo
sia del cuore sia dei muscoli in generale (muscoli periferici e respiratori). A
causa di ciò ogni attività fisica, anche minima, comporta una maggiore spesa
metabolica, una maggiore sensazione di affaticamento e di affanno ed un
peggioramento del carico lavorativo svolto dal cuore. Pertanto, se da un lato
attività fisiche eccessive sono sconsigliabili, dall’altro un’attività motoria
costante e regolare è auspicabile e migliorerà la capacità di resistenza del
paziente oltre al suo senso di benessere.
·
Evitare di svolgere attività
fisica in condizioni di caldo o freddo eccessivo;
·
Concordare con il proprio
medico la durata ed il tipo di attività da effettuare, oltre al numero di volte
a settimana in cui svolgere l’attività;
·
Concordare con il proprio
medico eventuali aumenti della durata o del tipo di esercizio fisico;
·
Nel corso della seduta se
compare affanno ridurre l’intensità dell’esercizio e se si avverte stanchezza
eccessiva fermarsi temporaneamente riprendendo dopo il riposo ad un carico
lavorativo minore;
·
Nel caso di affaticamento
eccessivo, disturbi particolarmente fastidiosi o di persistenza a lungo di
stanchezza dopo il termine della seduta, riferire al proprio medico e
concordare una nuova scaletta di allenamento più adatta.
In questa parte verranno descritti in modo
sintetico i farmaci utilizzati nello scompenso cardiaco con particolare
riferimento ad eventuali precauzioni da seguire o ad effetti collaterali
importanti.
Sono i farmaci che hanno determinato una specie
di rivoluzione del trattamento dello scompenso cardiaco, utilizzati
inizialmente per la terapia dell'ipertensione, successivamente numerosi ed
importanti studi hanno dimostrato che il loro uso migliora la prognosi del
paziente. La loro somministrazione riduce la mortalità, rallenta il
peggioramento del quadro clinico e riduce il numero di ricoveri per episodi di
scompenso acuto. Il miglioramento della prognosi del paziente, non è
necessariamente associato ad un marcato miglioramento della sintomatologia,
però a fronte dei vantaggi che determinano tutti i pazienti con scompenso
cardiaco, specie se sistolico, dovrebbero essere trattati con questi
farmaci. Inoltre maggiore è la dose di ACE-inibitori che si riesce a
raggiungere senza effetti collaterali, maggiori sono i vantaggi che se ne
ottengono.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali ne
possiamo distinguere di due tipi: uno dovuto ad una reattività specifica del
paziente e l'altro dovuto all'azione ed al dosaggio del farmaco. Nel primo caso
parliamo di una reazione allergica a carico della glottide con problemi di
respirazione anche gravi che costituisce una controindicazione assoluta e di
una reazione biochmica particolare che determina la comparsa di una tosse
secca, stizzosa e persistente che scompare con la sospensione del farmaco. In
particolare per la tosse è bene avvertire della sua comparsa il medico perché
potrebbe anche essere un primo segno di peggioramento dello scompenso e va
valutata per ogni singolo caso. Nel secondo caso essendo questi farmaci degli
ipotensivi possono determinare astenia e talvolta vertigini specie se associati
all'assunzione di diuretici in quantità elevate. In questa eventualità è bene
distanziare l'orario di assunzione degli ACE-inibitori da quello dei diuretici
di almeno due ore, modificare se possibile la dose dei diuretici e nel caso
aumentare im maniera progressiva (settimanale) la dose degli ACE-Inibitori in
modo da raggiungere la massima dose possibile accompagnata da (per così dire)
un adattamento del corpo all'azione del farmaco.
Sono farmaci usati da moltissimi anni, spesso
fondamentali per il trattamento del paziente con scompenso cardiaco, infatti
nonostante una attenta gestione dell'apporto idrico e del consumo di sale la
ritensione di liquidi può manifestarsi lo stesso e solo l'uso dei diuretici
aiuta a mantenere un adeguato compenso emodinamico. Talvolta è necessario usare
dosaggi elevati e questo può favorire la comparsa di problemi come astenia ed
ipotensione (vedi ACE-inibitori) o più specificamente può determinare delle modificazioni
del quadro elettrolitico ematico. Gli elettroliti ematici (in particolare Sodio
e Potassio) sono sostanze importanti er molti processi biochimici e l'uso di
diuretici, specie se ad alte dosi, può causare riduzione della concentrazione
di potassio al di sotto della soglia di normalità, in tal caso oltre a
controllare periodicamente con un prelievo ematico la loro quantità è possibile
associare dei cosiddetti Diuretici
Risparmiatori di Potassio o somministrare sali
di Potassio. I diuretici possono determinare inoltre delle modificazioni degli
indici di funzionalità renale (Azotemia, Creatininemia), sarà il medico a
gestire eventuali aggiustamenti della dose in rapporto all'entità delle
modificazioni.
Si tratta di un farmaco conosciuto da più di 100
anni che stimola la contrattilità del cuore, è stato usato a lungo in tante
patologie ed in particolare nello scompenso. Un recente studio (studio DIG) ha
confermato la sua utilità ma con indicazioni più limitate di quelle usate in
precedenza specie circa la riduzione della mortalità nel tempo. Resta comunque
un farmaco importante per lo scompenso cardiaco sistolico specie se associato
ad un'aritmia chiamata FIBRILLAZIONE ATRIALE, per la sua azione di
rallentamento della frequenza cardiaca. I suoi problemi concernono la tossicità
con manifestazioni talora pericolose (disturbi visivi, nausea, vomito, aritmie)
per questo è bene assumerne solo il dosaggio prescritto e contattare il proprio
medico in occasione di disturbi.
Sono farmaci nati come antiipertensivi,
bradicardizzanti e riduttori della quantità di ossigeno consumata dal cuore per
la sua attività. Quest'ultima azione è ottenuta riducendo la forza contrattile
del cuore, un'azione che sembrerebbe un controsenso nel caso di un soggetto con
scompenso cardiaco e quindi contrattilità cardiaca già ridotta di base, però ci
sono altre azioni a livello del sistema nervoso simpatico (il sistema nervoso
che agisce attraverso adrenalina e noradrenalina) che determinano degli effetti
vantaggiosi notevoli. In pratica nel caso di scompenso cardiaco il corpo
autoproduce sostanze stimolanti tese ad aumentare la contrattilità del cuore
che però, nel tempo, lo affaticano ulteriormente e peggiorano la situazione.
Per fare un esempio è come se una macchina con un motore vecchio venisse
costantemente lanciata a velocità elevate ed anche ferma l'acceleratore venisse
premuto al massimo, consumando quindi carburante in eccesso e danneggiando un
motore già stanco. I betabloccanti riducono sì la contrattilità ma grazie al
rallentamento della frequenza cardiaca e ad un'azione antagonista verso gli
ormoni stimolanti ridistribuiscono meglio le energie del cuore scompensato
ottenendo, paradossalmente, un miglioramento della situazione clinica e, come
nel caso degli ACE-inibitori, della prognosi. Per questi motivi il loro uso è
fondamentale ma la terapia va iniziata con bassi dosaggi che devono essere
incrementati in maniera lenta (settimane) per evitare che aumenti eccessivi e
troppo rapidi peggiorino ulteriormente il quadro di compenso. Tra gli effetti
collaterali da segnalare al proprio medico ci sono: rallentamento eccessivo
della frequenza cardiaca (< 50 battiti al minuto); astenia, pressione
arteriosa eccessivamente bassa (P.A sistolica < 90 mmHg); aumento
dell'affanno in concomitanza di sforzi prima meglio tollerati. Si tratta di
effetti che possono essere controllati riducendo il dosaggio del farmaco e
proseguendo l'incremento della dose con tempi più lenti, comunque esiste sempre
la possibilità di una intolleranza al farmaco, specie nei casi più gravi che
quindi ne impedisce l'uso.
Questi farmaci sono comunemente usati nella
Cardiopatia Ischemica (Coronaropatia), vengono usati anche nello scompenso ma
se sono molto importanti nei soggetti in cui la malattia è appunto di origine
coronarica negli altri casi il loro uso non è così assoluto. Il loro effetto
collaterale principale e più fastidioso è la cefalea. Tale effetto è legato
proprio alla loro azione di vasodilatatori, in alcuni casi è possibile che
scompaia dopo alcuni giorni di somministrazione o modificandone la dose o i
tempi di somministrazione, ma in altri soggetti è talmente forte e persistente
da richiedere la sospensione del farmaco.
ANTAGONISTI RECETTORI ANGIOTENSINA
Sono farmaci recenti anch'essi nati come
antiipertensivi, agiscono sempre sul Sistema Renina Angiotensina ma in modo
differente dagli ACE-inibitori, uno dei loro vantaggi è quello di non causare tosse o
provocarla solo in una percentuale molto inferiore a quella degli
ACE-inibitori. Al momento ci sono molti studi in corso nel caso di scompenso
cardiaco i cui dati definitivi circa reali vantaggi rispetto agli ACE-inibitori
non sono ancora noti. Comunque fino ad oggi i loro effetti positivi
sembrerebbero quanto meno sovrapponibili a quelli degli ACE-inibitori.
Sono quei diuretici risparmiatori di potassio di
cui si era parlato nel paragrafo dei DIURETICI. Oltre a questa loro azione un recente studio (studio RALES) ha
dimostrato che, a basse dosi, lo spironolattone può ridurre il rischio di
mortalità. Comunque, vista la particolare casistica trattata in questo studio
(tutti pazienti trattati con ACE-inibitori ma pochi trattati con Betabloccanti)
sono necessarie ulteriori conferme per un suo utilizzo in tutti i casi. Da
rilevare che un loro uso contemporaneo con ACE-inibitori (che determinano
anch'essi indirettamente un risparmio di potassio) può aumentare la possibilità
di iperpotassiemia e quindi richiede una particolare attenzione ed il controlo
periodico del livello di potassiemia.
Le aritmie, sia sopraventricolari sia
ventricolari, costituiscono un problema molto grave nei pazienti con scompenso
cardiaco e a tutt'oggi questo è il solo farmaco antiaritmico che può essere
utilizzato in modo relativamente tranquillo nei soggetti son scompenso cardiaco
sistolico. Si tratta di un farmaco che raggiunge lentamente (anche settimane)
concentrazioni ematiche efficaci in rapporto alla dose ed alla via di
somministrazione usata e che al momento della sospensione può richiedere molto
tempo per essere eliminato del tutto. Il problema principale di questo farmaco
è legato ai suoi effetti collaterali: depositi corneali, alterazioni della
funzionalità tiroidea, alterazioni polmonari anche gravi. Si tratta di effetti
che nel caso della cornea e della tiroide scompaiono con la sospensione del
farmaco, ma ciò ne controindica una successva nuova somministrazione.
I pazienti con scompenso cardiaco, specie se
sistolico e grave, presentano un maggiore rischio di trombo-embolie che si
accentua nel caso sia presente una Fibrillazione Atriale (in questo caso il
problema coinvolge anche i pazienti con scompenso cardiaco diastolico)
un'aritmia che già di per se stessa può favorire eventi embolici. Per tale
motivo in questi pazienti, specie se con Fibrillazione Atriale e se già colpit
da un evento embolico, vengono prescritti farmaci anticoagulanti. Questi
farmaci agiscono riducendo la capacità del sangue di coagulare e quindi
riducono la possibilità di formazione di trombi all'interno del cuore che si
possano frantumare e dare origine ad embolie periferiche (cervello, arti, reni,
intestino ecc.). Purtroppo la loro dose e quindi il loro effetto non è stabile
e va controllato periodicamente, talvolta molto spesso specie all'inizio della
somministrazione, effettuando un prelievo ematico per la valutazione dell'
I.N.R del TEMPO DI PROTROMBINA. A meno che non si tratti di casi particolari
(soggetti con valvole cardiache artificiali o altro) è necessario che il
cosiddetto I.N.R. deve mantenersi tra 2 e 3. L'azione di questi farmaci subisce
le interferenze di molti alimenti e farmaci che possono potenziarne o ridurne
gli effetti e quindi il loro dosaggio va di conseguenza ridotto o aumentato in
rapporto all' I.N.R.
In generale le verdure, specie a foglia larga,
riducono gli effetti degli anticoagulanti, quindi la loro dose va aumentata;
comunque è consigliabile che la quantità settimanale di verdure sia, se
possibile, sempre più o meno la stessa per evitare continui aggiustamenti del
dosaggio. Molti farmaci (antibiotici, antinfiammatori ecc.) possono
interferire, pertanto è bene consultare il proprio medico prima di assumere
farmaci nuovi.
TERAPIA NON FARMACOLOGICA
Si tratta di un argomento estremamente specialistico,
in continua evoluzione, difficile da trattare in modo chiaro e divulgativo,
anche perché spesso si tratta di pazienti che per loro condizioni presentano
già un elevato rischio di problemi intra-operatori e post-operatori, pertanto
ogni caso va valutato singolarmente tenendo conto di tutte le variabili.
RIVASCOLARIZZAZIONE
MIOCARDICA
Questa possibilità coinvolge solo i pazienti in
cui lo scompenso è stato determinato da una coronaropatia. Se il deficit della
funzione contrattile è molto marcato questi pazienti presentano un rischio
elevato che però, in particolari condizioni (presenza di manifestazioni
ischemiche o angina, operabilità dei vasi cardiaci, possibile recupero
funzionale di zone di miocardio solo parazialente danneggiate) si contrappone a
notevoli vantaggi specie in termini di sopravvivenza a lungo termine e di
miglioramento del quadro clinico e soggettivo.
SOSTITUZIONE
VALVOLARE
La sostituzione o la ricostruzione di un valvola
danneggiata se fatta in tempi ottimali permette di cambiare in modo importante
o addirittura di normalizzare la storia clinica dei pazienti in cui lo
scompenso cardiaco è dovuto ad una valvulopatia. Ultimamente sono stati
pubblicati dati in cui anche pazienti con scompenso di altra origine
(Cardiomiopatia primitiva o ischemica) possono avvantaggiarsi di un intervento
a carico della valvola mitrale nel caso in cui sia presente un'insufficienza
mitralica importante, vale comunque quanto detto nella premessa.
PACEMAKER
E DEFIBRILLATORI
Come appare da quanto detto nella parte della
TERAPIA FARMACOLOGICA, questi pazienti spesso vengono trattati con farmaci che
rallentano la frequenza cardiaca (digitale, betabloccanti, amiodarone) e talvolta questi farmaci sono usati in associazione tra
loro aumentando quindi la possibilità di avere rallentamenti anche marcati
della frequenza. Nel caso non sia possibile ovviare a queste associazioni per
ragioni cliniche non rimane che l'impianto di un PACEMAKER la cui funzione è
prima di tutto quella di impedire al cuore di rallentare al di sotto di un
valore soglia predefinito. In alcuni casi i Pacemaker vengono utilizzati anche
per migliorare la funzione di pompa del cuore sia sincronizzando in modo
ottimale l'attività degli atri e dei ventricoli (PACEMAKER DDD) sia, più
recentemente, stimolando ambedue i ventricoli. Comunque, queste ultime due
indicazioni ancora non sono completamente definite riguardo il tipo di
paziente, il modo di stimolazione ed il reale vantaggio nel lungo periodo
quindi sono da considerare in rapporto al singolo caso specifico.
Come già detto uno dei problemi più importanti è
quello delle aritmie, in particolare quelle ventricolari che possono essere
responsabili della morte del paziente. Oggi sono disponibilidei Pacemaker
particolari chiamati DEFIBRILLATORI che rilevano la presenza dell'aritmia,
valutano la sua pericolosità e attuano una serie di provvedimenti fino ad una
vera e propria defibrillazione all'interno del cuore mediante i loro cateteri,
ripristinando il ritmo normale. Questa terapia si è dimostrata molto valida in
casi specifici ed il suo uso si sta sempre più ampliando a fronte comunque di
un costo elevato.
TRAPIANTO
CARDIACO
Potremmo definirla la terapia chirurgica per
eccellenza dello scompenso cardiaco. I problemi di questa scelta sono legati a
tre problemi: la presenza di strutture cardiochirurgiche adeguate; la scarsità
dei cuori disponibili per essere trapiantati; il reale vantaggio che ne avrebbe
chi riceve il trapianto.
In Italia ormai le strutture cardiochirurgiche
all'avanguardia che effettuano questo tipo di intervento con otiimi risultati e
che quindi hanno tutta l'organizzaznine per seguire la fase operatoria ed i
controli successivi, sono numerose. Ormai la fase pionieristica è ampiamente
superata e i mezzi tecnici e farmacologici assicurano una ottima sopravvivenza
a lunto termine dei pazienti sottoposti a trapianto.
Il problema principale è dato dal confronto tra
numero di cuori disponibili (ridotto) e numero di pazienti con scompenso
cardiaco in fase avanzata (elevato ed in continua crescita). Ciò ha fatto sì
che i criteri per essere indirizzati al Trapianto cardiaco sia molto
restrittivi e precisi, in modo da tenere conto di un reale vantaggio di
sopravvivenza del paziente nei confronti di altre terapie mediche o anche
chrurgiche di altro genere. In particolare negli ultimi anni i progressi nella
gestione farmacologica di questi pazienti hanno permesso di togliere molti
soggetti dalla lista di attesa per il trapianto ottenendo gli stessi risultati
di sopravvivenza. In parte è anche da questi risultati che è originata l'idea
di creare una rete di Ambulatori specialistici dedicati allo Scompenso
Cardiaco.
CUORE
ARTIFICIALE
Forse la soluzione di molti problemi, non si
tratta più di un evento da fantascienza ma di una realtà ormai sperimentata
anche se in casi speciali ed in Centri ultraspecialistici. Inizialmente usato
come "ponte" (bridge) per pazienti gravi in attesa di trapianto ma in
assenza di un cuore disponibile, successivamente è stato usato anche per lunghi
periodi di tempo (1-2 anni) in pazienti poi dimessi dal Centro senza avere
subito trapianto cardiaco. I problemi gestionali sono molti, come anche molte
possono essere le complicanze di questo intervento, però lo scopo (possibilità
di curare centinaia di persone anche senza ricorrere a trapianto) vale
sicuramente l'impegno, specie in quei soggetti in cui solo il Trapianto può
salvare la vita.