vescovo-conte
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Il Vescovo, capo di una diocesi, nei periodi altomedievali, per la carenza del potere centrale e per supplire a quella deficienza di autorità, riveste autorità politica per cui diventa Vescovo e Conte.
Nel territorio che qua interessa, é un diploma di Berengario dell'anno 900 a dare i fondamenti giuridici alla signoria vescovile lunense.  Questa concessione sembra confermare
precedenti concessioni tardo-carolingie, accordando immunità e piena capacità fiscale dei presuli sulle terre ecclesiastiche.
 

A seguito del primo processo di incastellamento e della nascita di mercati, i vescovi ebbero in età ottoniana (anni 963, 981) altri poteri pubblici che si rivelarono «... indispensabili per ottenere l’adempimento degli obblighi castrensi da parte degli abitanti del territorio… e per regolare l’attività di mercato».


 


Per questa via il Vescovo-Conte entra in parte in concorrenza con la giurisdizione dei pubblici ufficiali del Comitato, i marchesi- conti della dinastia obertenga.
Tali poteri non riguardavano, però, tutto il territorio diocesano, ma i possessi vescovili, concentrati nella bassa Val di Vara, nella bassa Val di  Magra e sul confine meridionale del Comitato lunense, possessi che vennero comunque ampliandosi nel secolo seguente nella valle dell'Aulella.
Nel XII secolo la signoria vescovile aveva assunto tutti i caratteri di uno stato feudale. Il 30 giugno 1183 l’imperatore Federico I, assai attento ai rapporti con le potenze locali che controllavano il tratto, o più appropriatamente, i fasci di percorsi della via Francigena dal Monte Bordone (oggi Passo della Cisa, sopra Pontremoli) alla costa, concesse ai vescovi i poteri comitali, nel quadro di una riorganizzazione della regione, la Lunigiana.