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Punto di vista

Qualche cosa di nuovo

Nel travaglio recente della storia scacchistica sembra, oramai, che siano intervenute delle novità che permetteranno di arrestare quella lenta e lagnosa decadenza alla quale sembrava ineluttabilmente destinato il mondo degli scacchi. Elementi di carattere comunque “storico”, nel bene o nel male che sarà, ed ai posteri l’ardua sentenza, sono nati nello scorso maggio, e che comunque influenzeranno il futuro prossimo degli scacchi. Se fossimo inclini al pressappochismo, o peggio al qualunquismo, verrebbe spontaneo rivolgersi a frasi fatte del tipo: “Se sono rose fioriranno….”. Ma in realtà dopo il primo momento di logico e sospirato entusiasmo per ciò che riguarda le cose scacchistiche, che già era fin troppo che ne mancava, mi è venuta in mente una ricorrente domanda, alla quale forse non si può dare completamente risposta ora, e che certamente non sono in grado di dare esaurientemente io stesso, ma sulla quale oggi voglio ragionare assieme a chi mi legge: è veramente scoccata l’ora del buon senso?
E che di buon senso si avesse bisogno per sanare tutto ciò che puntualmente si guastava nel nostro sport in questi ultimi anni, era quello che più di logico e naturale necessitava. Più volte lo abbiamo invocato e sperato, ma ora che ci si presenta in forme ancora non bene definite, ancora non riusciamo a scrollarci di dosso il timore che forze contrarie ancora forti, come i padroni di un pezzo di mondo scacchistico che nel recente passato erano in grado di affermare tutto per difendere subito dopo il contrario di tutto, riescano a ritrasformare ogni cosa in una bolla di sapone, e sarebbe l’ennesima, che vanifichi ogni sforzo così coraggiosamente compiuto. Ma andiamo per gradi e cominciamo il nostro ragionare.
In interventi passati più volte ho parlato dei difetti, secondo il mio parere, gravi che affliggono da tempo la FIDE, ma anche dell’inadeguatezza, e spesso pochezza, di chi vorrebbe prenderne il posto e le funzioni dichiarandone il De Profundis. E tutta questa serie di concause hanno contribuito non poco a creare la situazione di crisi generale e grave che abbiamo conosciuto nel passato recente. Tirate le somme tutto quanto successo ha dato tre importanti segnali: 1) la FIDE è un’istituzione non più adeguata ai tempi attuali e va assolutamente riformata; 2) viviamo in un periodo storico che non ha similitudini con il passato, ma bensì è nuovo ed in maniera nuova va gestito; 3) stante questa novità storica anche chi gioca a scacchi deve adeguarsi al nuovo e cambiare attitudini e comportamenti rispetto al passato.
Può forse sembrare una affermazione alquanto dura, quella citata poc’anzi del bisogno di riforme in seno alla FIDE, ma a mio giudizio in tutto questo frangente confuso, questa è una delle poche cose assolutamente chiare emerse. Al suo nascere negli anni ’20 la FIDE fu istituita a seguito di un bisogno fondamentale di mettere ordine nell’anarchia volubile e diffusa di quegli anni, in special modo per quanto riguardava la questione del titolo di Campione del Mondo. In realtà tutto questo riuscì appieno solo nell’immediato dopo-guerra, alla morte di Alekhine detentore del titolo, ma da quel momento in poi la FIDE divenne l’unica organizzazione universalmente riconosciuta che gestisse l’assegnazione del titolo mondiale, ma non solo quello. Alla FIDE furono demandate le gestioni dei titoli di categoria internazionale, la gestione del titolo olimpico a squadre ed in seguito la cura della graduatoria internazionale Elo. La FIDE fu riconosciuta in questo ruolo, indiscussa, sino al 1993, quando ci fu l’inizio della grande crisi di scissione la cui onda lunga dura tutt’oggi, e che non è mia intenzione rivangare per l’ennesima volta anche in questa sede poiché ritengo che siano oramai, essendo i fatti relativamente recenti, cose ben note a tutti. Le darò per scontate quindi. Ciò sul quale mi preme ragionare di più in realtà è una serie di considerazioni un poco differenti. La FIDE attese oltre venti anni dalla sua fondazione prima di potere esercitare le funzioni ed i compiti per i quali era stata creata. Le promesse di massima, le parole e le discussioni non contavano nulla di fronte alla vera opposizione dell’epoca, ovvero il detentore del titolo che non intendeva riconoscerle alcuna autorità nella gestione del campionato mondiale. E questo nonostante lo stesso Campione del Mondo partecipasse alle manifestazioni indette proprio dalla FIDE (Alekhine prese parte alla sua ultima olimpiade scacchistica a Buenos Aires nel 1939 poco prima dello scoppio della guerra, capitanando la formazione francese). Solo la morte del campione, invitto, e la conseguente vacanza del titolo diedero alla FIDE la possibilità assumere il ruolo predestinato. Ciò che poi a permesso alla FIDE di continuare ad esercitare i compiti prescritti per più di cinquanta anni in maniera ininterrotta e stato, a mio avviso, un unico fattore: chiunque le riconosceva il ruolo di “garante imparziale” nella gestione di questi affari. Certamente vi è anche da dire che la situazione geopolitica del mondo di allora. Con i “blocchi” contrapposti, la guerra fredda ecc. ecc., hanno influito non poco in questo bisogno di garanzia che la FIDE ha esercitato in questo periodo storico. Anzi oserei quasi dire che negli scacchi, ove la presenza sovietica era talmente importante e significativa, la FIDE dovette esercitare compiti di garanzia ed equilibrio superiori ad altre federazioni mondiali di altre discipline sportive. Puntualmente, e non stranamente, la crisi della FIDE ha inizio proprio con la crisi geopolitica mondiale, nei primi anni ’90. Certo non si può ridurre solo a questo la cronaca di un tale tumultuoso contrasto nel seno del mondo degli scacchi, ma di questo fattore è mio parere che si debba comunque tenere conto. I vertici della FIDE si sono improvvisamente sentiti in un ambiente nuovo, quasi “liberi” dal dovere di mantenere equilibri forzati, e gli stessi giocatori di punta non si sentivano più vincolati a soddisfare esigenze “esterne” e rivendicavano dei ruoli più “professionistici”, in special modo per quello che riguardava la forte e rappresentativa maggioranza dei giocatori “dell’est”. Questo, fondamentalmente è il clima nel quale è maturato lo strappo di Kasparov e Short ed i contrasti con la FIDE del ’93. Già in precedenza, per la verità, un detentore mondiale come Kasparov aveva dato diversi segnali di gradire poco la natura sportiva “sovietica” del gioco degli scacchi che imperava nella Russia di allora, natura invece perfettamente impersonata dal suo grande rivale Karpov, e già dava segni di rivolta, se in tale maniera la si può definire. Un aneddoto forse dimenticato ma assai significativo di questo, fu l’assoluta e ferma volontà di Kasparov di giocare la sfida mondiale contro Karpov del 1990 non sotto la bandiera della falce e martello, simbolo di un’Unione Sovietica moribonda ma ancora formalmente in essere, ma sotto quella della Federazione Russa, al tempo solo una delle Repubbliche componenti l’Unione Sovietica e, quindi, non ancora indipendente. Tutto questo vuole significare che ancora una volta nel nostro sport si era chiuso un ciclo. Se nel 1886 si era chiuso il ciclo dei “proto campioni mondiali”, e nel 1948 quello dei “campioni anarchici e personalistici”, nei primi anni ’90 si era chiuso quello dei “campioni garantiti”. Ma ancora nessuno se ne era reso conto realmente. I momenti storici che si concludono non lasciano mai cesure nette e confini definiti al loro termine, questo è un lavoro per i posteri, e solo il tempo fa capire queste cose. Ma oggi, a quasi dieci anni di distanza, già si può intravedere qualche cosa di più chiaro. Questo momento di rivoluzione delle cose colse impreparata la FIDE, costellata di dirigenti che spesso imparavano i peggiori vizi dell’interpretazione “politica” che davano al loro ruolo, la cialtroneria per esempio della quale un dirigente come Campomanes ha dato troppe dimostrazioni durante la sua gestione, ed era priva di persona all’altezza che riconoscessero il nuovo frangente storico intercorso, e fossero preparate ad affrontarlo in modo adeguato. Quello che venne fuori fu semplicemente il kaos, con tutti i suoi figli. Discordie continuate; due campioni mondiali; la FIDE che rinuncia, attraverso l’elezione di dirigenti come Iljumzhinov più tendenti allo sviluppo del culto della propria personalità e fama e tendenti a governare la federazione in maniera autoritaria, al proprio ruolo istituzionale di garanzia per divenire semplicemente “una delle parti in causa”. Ecco, quindi le motivazioni per le quali intendo necessaria una riforma della FIDE. Quella che conoscevamo sino alla fine degli anni ’80 era uno strumento di garanzia per una fase storica che non esiste più mentre quella successiva è diventata semplicemente una delle parti in discussione. Ha quindi letteralmente rinunciato al ruolo di garante super partes, e non è per nulla utile a risolvere i problemi del momento attuale. Riforme, quindi, ma quali si auspicherebbero in sintesi? Mi prendo ancora un poco di spazio perché e necessario premettere ancora alcuni fatti e mi si scuserà per questo.
Gli scacchi attuali hanno anche un’altra realtà: la tecnologia diffusa. Internet ed i potenti elaboratori elettronici hanno dato uno shock anche agli scacchi. E’ possibile oggi seguire le partite a livello internazionale anche in diretta, comodamente seduti in casa attraverso lo strumento internet; è possibile fare informazione scacchistica diffusa con lo stesso strumento, proprio come fa la testata per la quale scriviamo in questo momento, i computers ed i programmi scacchistici diventano addirittura un problema di “doping” scacchistico (il caso Scarenzio ad esempio). Il moderno ed evoluto, il “tecnologico” è entrato anche negli scacchi. E per buona parte, se approcciato nel modo corretto tutto questo non può che essere un bene per tutti noi. Ma uno dei difetti principali che porta il progresso tecnologico si chiama “denaro”, o meglio la possibilità di farne; e tanto! Di per sé il denaro è fondamentale per la continuazione degli scacchi e per l’organizzazione delle manifestazioni; e fin qui nulla da eccepire. Ma se per caso queste possibilità volessero essere monopolizzate da chi volesse lucrarci sopra, magari combattendo “guerre commerciali” (vi ricordate il motto di Tarasov?), ebbene i pregi fanno presto a lasciare il campo ai difetti! Si è visto anche questo nell’epoca del “kaos scacchistico”. Le molteplici falle lasciate dalla fine della “FIDE garantista” sono state occupate da figure e società private di tutti i tipi, che si sono presentate per risolvere i problemi e migliorare la situazione, a parole, ma che in realtà non hanno arginato ne affievolito il kaos dominante nemmeno per un momento. Poco importa che si chiamino FIDE COMMERCE PLC con il suo timoniere-squalo Tarasov, molto illuso nel valutare il “poderoso mercato degli scacchi” e per nostra fortuna molto ridimensionato dai fatti; oppure che rispondano al nome di BRAIN GAMES NETWORK Corporation, società assai artificiale che si illudeva di potere divenire una quasi federazione mondiale parallela ed alternativa con l’opzione dell’alto lucro per i suoi soci, ma che è franata disastrosamente vittima di infinite polemiche ed accuse anche disdicevoli coinvolgendo il suo manovratore e la sua credibilità, quel GM Raymond Keene che tutti conoscevano come giornalista ed autore di libri, oltre che giocatore di scacchi ormai ritirato da molto tempo, ma che si è invece guadagnato la fama di fallimentare imprenditore visionario e, a detta di un suo ex socio (ma onestamente spero che almeno questo non corrisponda a verità), anche di ladro. Che dire infine della EINSTEIN TV, la quale acquista i “diritti del campionato mondiale” della BGN, ma in sostanza acquista il contratto che vincolava Kramnik a quest’ultima, per buttarsi nel mondo degli scacchi? lo fa forse, una società che si occupa di comunicazione televisiva e multimedialità, per puro spirito di mecenatismo o per fine di lucro? Seppure quest’ultima si sia dimostrata alla luce dei fatti recenti la più positiva e malleabile tra le altre, il suo contributo si può sostanzialmente ascrivere alla rinuncia a diritti e pretese che avrebbero avuto poco senso in un contesto normale. Nell’epoca del kaos sono nati, purtroppo, anche fenomeni come questi fatti di figli e figliastri, piccoli re e “signori della guerra commerciale”, ed è inutile continuare a ribadire in altre parole quale grande contributo abbiano dato alla confusione e quanto poco, di contro, abbiano dato agli scacchi veri e propri.
Lo spirito dell’incontro di Praga del maggio scorso, che tanto faticosamente e tenacemente, ed alla fine con successo, ha reso concreto l’opera di Yasser Seirawan, un uomo che appartiene alla categoria degli scacchisti di buon senso pieni di entusiasmo, va utilizzato per vincere la battaglia del rinnovamento e delle riforme in questo nuovo periodo degli scacchi. La FIDE ha bisogno di riforme e quindi abbandoni la sua tendenza a ritenersi parte in causa e “titolare dei diritti del mondiale di scacchi”, che un affermazione come questa non rappresenta altro che una delle cose più false che si possano dire. Non accetto il fatto che la FIDE si definisca “padrona” di un qualche cosa che appartiene a tutti gli scacchisti, e non intendo solo i professionisti che non sono loro gli unici scacchisti in questo mondo, ma proprio a tutti ed in ultima analisi al mondo intero, come ad esso appartengono tutti gli sport e giammai alle federazioni che gli rappresentano. Ridiventi la FIDE un garante dei diritti sportivi di altri quindi, un’egida sotto la quale è logico e consequenziale giocare. Va da sé che l’unico sistema per portare avanti questo discorso è l’accettare l’ufficio di commissione scacchistico proposto da Seirawan in “A Fresh Start”, strumento super partes quanto mai moderno e necessario agli scacchi; accetti che i giocatori più rappresentativi abbiano parte a discutere del mondiale e dei propri interessi professionali e che possano unirsi in leghe rappresentative, di modo che si elimini quella anarchia dominante che spinge a pensare ognuno per sé; ricambi pesantemente la classe dirigente attuale, che seppure in parte redenta nel recente passato per la volontà dimostrata di accordo a Praga, ha troppe macchie del passato e non è adeguata a gestire il nuovo momento; mandi nell’oblio obbrobri come la FIDE COMMERCE, figlia ed emanazione di false illusioni e falsi “credo”. Una nuova FIDE in tal modo strutturata può dirsi pronta a vivere il nuovo ed ad evolversi come dovuto, senza imporre diktat o clichè di “novità dirompenti negli scacchi” come è stata la rivoluzione dei tempi di gioco, imposta in modo insensato e poco lungimirante, riprendendo in modo adeguato il suo nobile ruolo di garanzia con nuove strutture e nuove idee. Solo questa è la via vincente che renderà obsoleti i cloni para-federali, ridarà senso compiuto al mondiale, unico e solo, e darà in generale nuova credibilità al mondo degli scacchi. Certo non sarà facile. Anche adesso si ascoltano i distinguo e le lamentele di giocatori, anche ad alto livello, che forse farebbero meglio a tacere. Anche adesso c’è chi paventa cataclismi e prevede sfaceli ed apocalissi. Tutto ad insidiare il delicato cammino della riunificazione dei mondiali ed a creare un clima di fuoco nel prossimo congresso FIDE di novembre che è anche congresso elettorale. Che potrebbe essere veramente il luogo da dove parte la rifondazione della FIDE.
E’ scoccata, infine, l’ora del buon senso? Io credo di sì, o meglio, lo spero profondamente. Ciò che mi da conforto è che molte persone di buon senso, quello vero, hanno preso in mano le redini e non sono più disposte a tollerare la confusione e l’anarchia. Adesso c’è volontà di combattere, c’è volontà di migliorare e di affrontare il futuro. Io no so come verrà battezzato questo nuovo frangente storico degli scacchi che comincia ora, ma spero sia positivo per il mondo degli scacchi in generale. La storia, poi, ci conforta, poiché ci insegna che i periodi di confusione e disordine, seppure tristi e grigi, hanno un “viver breve”. E così sia per il kaos degli scacchi! Noi tutti speriamo in questo frangente, che sia quello giusto, sia quello dell’ora del buon senso e del rinascimento degli scacchi. Noi speriamo che le cose siano destinate al meglio. E se la sorte, finalmente benigna, vorrà veramente che questa via sia quella giusta e vincente, ebbene possa andare alla malora quello che è stato il kaos nel mondo degli scacchi.

Carlo Petricci

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