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Punto di vista

L'ombra del denaro sugli scacchi

Circola un aneddoto famoso sulla vita del primo campione del mondo: Wilelm Steinitz. E’ noto, infatti, che egli giocò sino all’ultimo e, oramai sessantatreenne e sconfitto due volte da Lasker nei match per il titolo mondiale, si dice che un giornalista suo ammiratore gli avesse domandato come mai ancora giocasse e non si ritirasse, invece, essendosi oramai ricoperto di tanta gloria scacchistica da bastare ad essere ricordato in eterno. La risposta fu gelida nella sua sconcertante ed umanissima semplicità: “Posso fare a meno della gloria, ma ho bisogno del denaro dei premi che vinco!” Non so quanto questo aneddoto abbia basi reali e quanto fantasiose ma quello che è certo dipinge in maniera più che efficace la situazione degli scacchisti professionisti dell’epoca.
Personaggi di massima grandezza, che sono passati alla storia e che tanto hanno dato al mondo degli scacchi, non hanno avuto in realtà né vita agiata né facile nella maggior parte dei casi. La cronaca della loro fine è molte volte desolante e deprimente per chi ha imparato ad ammirare questi uomini. Steinitz muore nel 1900 in una clinica psichiatrica praticamente senza alcun mezzo di sostentamento, Schlechter muore il giorno di Natale del 1918 letteralmente di fame. Lasker morì nel 1941 in dimessa povertà. Tragica, poi, è la fine di Alekhine che muore in Portogallo in una stanza d’albergo strozzato da un boccone di cibo andato di traverso, solo, abbandonato e vivo sino a quel momento solo grazie al buon cuore del circolo di scacchi di Lisbona che pagava le spese del suo povero sostentamento. Più volte mi sono avvilito leggendo queste cronache del passato e più volte mi sono convinto che la sorte sia stata, spesso e volentieri, un poco avversa con chi in quei tempi si dedicava al nostro sport.
E’ chiaro che coloro che si dedicano ad uno sport tanto esigente e che giungo ai suoi massimi livelli non trovano molto tempo per dedicarsi ad altro. Gli allenamenti, lo studio e la frequenza ai tornei ed alle manifestazioni scacchistiche impegnano in maniera completa la mente ed il fisico e la scelta del professionismo diviene quasi obbligata. Mi è sempre sembrato, quindi, un poco ingiusto che coloro che contribuivano in tale maniera al gioco abbiano, spesso e volentieri, affrontato difficoltà economiche tali da compromettere il proprio sostentamento ed essere costretti a vivere quindi, di fatto, in maniera stentata, gli esempi sono veramente tanti e forse troppi, oppure essere costretti ad abbandonare il gioco, cosa anche questa accaduta anche se in maniera minore. “Non si può vivere di soli scacchi” si diceva un tempo; sebbene non sia mai stato realmente convinto di questa massima ho comunque sempre pensato che “di scacchi si viveva in maniera difficile”. In precedenza gli scacchi erano, quindi, affidati al totale mecenatismo degli appassionati e degli organizzatori dei pochi tornei internazionali disponibili. Nell’immediato dopo guerra vi fu una certa evoluzione in questo stato di fatto ed il problema “vitale”, se in tal maniera lo volgiamo definire, dei giocatori divenne meno pressante. Buona parte degli scacchisti di punta, oltre ad un buon 98% dei campioni mondiali, appartenevano all’URSS ove vigeva lo “scacchismo di stato”. I giocatori più in alto nelle graduatorie erano stipendiati dalla stato direttamente come istruttori, giornalisti, autori di testi, allenatori e, naturalmente, giocatori. Il sistema di insegnamento era profondamente organizzato e radicato ed il prodotto scacchistico fu notevolissimo e spesso di alta qualità. I difetti, d’altro canto, erano l’eccessiva politicizzazione degli scacchi, utilizzati come mezzo di contrasto contro l’occidente, nonché le evidenti disparità nei confronti dei giocatori stessi che venivano, scelti, seguiti, allenati ed autorizzati a giocare anche all’estero secondo le volontà dall’alto. Se all’est quindi vigeva lo scacchismo di stato con tutti i suoi stridenti difetti ma che dava la possibilità a chi veniva scelto per giocare di dedicarsi totalmente al gioco senza avere particolari problemi di sopravvivenza, tale sistema, a parte qualche piccolo neo che nella realtà significava mancanza di libera scelta e di libera iniziativa e, quindi, dei muri altissimi ed all’apparenza invalicabili, si può indubitabilmente affermare che “funzionava” e che aveva dei notevoli prodotti dal punto di vista degli scacchi. Ancora oggi la Russia e tutte le repubbliche derivate dal disfacimento dell’URSS godono dei vantaggi di tutto quello che è stato e possono tutte vantare una classe di giocatori di alta categoria. Per parte loro i giocatori occidentali del periodo continuavano a vivere seguendo i “metodi” tradizionali dei loro predecessori d’ante guerra dividendo la poca risorsa disponibile cercando di mantenere altro il livello di “gloria” che gli permettesse di potersi assicurare i guadagni necessari ma che non erano mai particolarmente elevati dato lo strapotere dei giocatori dell’est rispetto a quelli dell’occidente.
Il primo giocatore che cercò di alterare questo status di cose in occidente avendo in mano il potere “contrattuale” di farlo realmente, il che significava potere competere con i giocatori d’oltre cortina a pari livello per qualsiasi obiettivo, fu Robert James Fischer. Egli cercò realmente di instaurare, seppure con un modo di fare un poco bizzarro e discutibile, un clima che permettesse ai giocatori professionisti di ottenere non solo il minimo sostentamento dagli scacchi ma bensì lauti guadagni che portassero a non avere alcun tipo di problema, che in occidente è corrispondente al fatto di possedere ricchezza. Egli poteva permettersi di imporre questo poiché, unico sino a quel momento, era il giocatore non sovietico che si potesse permettere di vincere tornei davanti ai “russi”, prendendoli a calci spesso e volentieri e che sia arrivato a conquistare il titolo mondiale con praticamente le sue sole forze e la sua buona dote tecnica. Il tutto senza avere alle spalle nessuna scuola né struttura di stato che garantisse di lavorare per il suo successo come avveniva oltre cortina. Tutto ciò originò il “match del secolo” (scorso) e la più alta borsa in dollari messa a disposizione sino a quel momento per un singolo match per il titolo mondiale: 250.000$; una cifra colossale per quei tempi. Ma Fischer venne troppo presto, essendo allora il sistema sovietico e ben lontano dal morire, e se ne andò anche troppo presto isolandosi nel suo aureo esilio il cui senso è ancora assai oscuro per il mondo degli scacchi.
La terza fase di questa contorta storia denaro-scacchi venne proprio con il crollo dell’Unione Sovietica. Il disfacimento del paese del Comunismo reale creò, altre ad una quindicina di nuove nazioni, un livello di kaos ed anarchia che si riverberarono anche sugli scacchi, ma principalmente causo la caduta di barriere e lo scioglimento di lacci e lacciuoli che un tempo parevano inestricabili. Gli scacchisti sovietici, oramai divenuti “ex sovietici”, si sparsero per il mondo e molti espatriarono per potere ottenere la cittadinanza di paese occidentali. I giocatori di punta, compresi i detentori del titolo mondiale, cominciarono a frequentare i tornei internazionali fuori dai confini in maniera assidua ed i grandi tornei vennero organizzati praticamente solo in occidente con grande seguito di pubblico e sponsor disposti a garantire notevoli budget per le manifestazioni. Questo abbondare di giocatori di notevole forza che davano vita a tornei di elevata categoria creò un club di giocatori a parte che cominciavano a rendersi conto del loro potere “contrattuale”, come fece Fischer vent’anni prima. Araldo di questo movimento di grandi maestri di alto livello era il campione del mondo Kasparov che lottò a lungo per imporre il livello professionistico elevato negli scacchi sino ad arrivare in polemica diretta con la FIDE stessa ed a causare il famoso scisma dei primi anni ’90. Quello che è certo è che in questa fase il vero vincitore fu proprio Kasparov assieme al limitato club di elite, coloro che passavano il livello dei 2700 punti Elo solitamente o giù di lì, che trovarono più che adeguati guadagni in tornei ad inviti di alta categoria e che prevedevano la partecipazione più o meno degli stessi giocatori in quanto gli organizzatori e gli sponsor erano disposti a spendere per grossi nomi. L’ambiente scacchistico internazionale divenne a due velocità quindi; da un lato giocatori che frequentavano assiduamente i 3 o 4 super tornei che ogni anno l’occidente riusciva a garantire e gli altri che frequentavano i rimanenti tornei i quali, sebbene non avessero la medaglia di “super”, divennero, ad onore del vero va detto, decisamente molto più numerosi del passato. Di nuovo gli scacchi divisero i giocatori in due gruppi con la differenza che il club ristretto dei più forti si divideva la risorsa economica maggiore ed assai lauta, a differenza dei loro analoghi d’ante guerra che si dividevano risorse assai scarse, ed i restanti si dividevano le restanti risorse che non si potevano più definire scarsissime poiché per quanti giocatori facessero parte del “secondo gruppo” c’erano altrettanti tornei disposti ad accoglierli. In mezzo a tutto questo, poi, stavano le attività istituzionali della FIDE e quelle embrionali delle abbozzate Federazioni “scismatiche” che comunque, queste ultime, non decollarono mai realmente. L’attività scacchistica internazionale divenne da allora e sino a tutt’oggi, con buona pace dei critici, fervida e continua ed ha generato notevoli talenti che sono emersi proprio in questo frangente.
Oggi però si è arrivati ad una quarta fase di questo particolare rapporto soldi/scacchi che comunque ha sempre avuto un qualche cosa di travagliato e stonato. Oggi il denaro si erge come una vera ombra che intende opprimere il nostro gioco. Non si parla più in questo caso di risorse per lo svolgimento delle manifestazioni ma si è entrati nella spirale ben più tetra che si chiama “guadagno”, e si intende proprio quello grosso! Nella questione denaro oggi tentano di introdursi i grandi manager dello sport, quelli che trasformano lo sport in denaro, e così facendo non si curano se lo sport ne esca o meno imbrattato. Ma andiamo per gradi e rivisitiamo dei fatti accaduti nell’arco di non più di sei mesi.
Tra il novembre ed il dicembre del 2000 si svolgono le riunioni preliminari dei comitati ed infine l’assemblea generale della FIDE. In questa occasione, come già citato in precedenti articoli, l’assemblea decide di cedere i diritti dell’organizzazione dei mondiali e delle olimpiadi di scacchi ad una società privata che risponde al nome di FIDE Commerce. Tale società è fondata sul fine di lucro e gli azionisti sono Artiom Tarasov, uomo d’affari russo che ne assume la presidenza e socio al 30% della società, ed altro socio al 70% (ripeto settanta per cento) risulta essere Kirsan Iljunzinov, da sei anni presidente della FIDE nonché chiacchieratissimo uomo politico e d’affari russo, presidente di una repubblica autonoma della Federazione Russa. Degli atti e dei comportamenti passati di questo signore in qualità di presidente FIDE abbiamo parlato in precedenza. Tacciamo anche di sue supposte collusioni con la mafia e di poca generale chiarezza dei suoi affari che fanno parte delle chiacchiere a lui rivolte. La fondazione di questa società privata sembra, a tutti gli effetti, fatta proprio allo scopo di ottenere i diritti di cui si parlava; la domanda quindi sorge spontanea: perché? I delegati all’assemblea non colgono minimamente, almeno sembra, questa sfumatura ed approvano l’atto di cessione ed il relativo contratto a larghissima maggioranza (solo i delegati Portoghese ed Olandese si oppongono) pensando, io suppongo, che sia solamente un’operazione fatta per snellire l’iter burocratico e rendere più facile l’organizzazione degli eventi FIDE. Nulla osta quindi. Ma la domanda precedente non ha vera risposta in realtà, o perlomeno non ancora. Non passa molto tempo che il Comitato Presidenziale della FIDE , e si noti bene: non l’Assemblea Generale, emana quello che ha tutti gli aspetti di un decreto dichiarando una drastica riduzione dei tempi di gioco e portandoli dai precedenti 100 minuti per 40 mosse più 50 minuti per 20 mosse ed ulteriori 10 minuti con incremento/Fischer di 30 secondi a mossa per concludere la partita, tempi più che dignitosi per una partita di scacchi, a 75 minuti per 40 mosse più 15 minuti per finire la partita ed un incremento/Fischer di 30 secondi sin dalla prima mossa. Tale decisione, secondo gli intendimenti del Comitato Presidenziale, ha valore sia per i tornei organizzati dalla FIDE (o sarebbe meglio dire dalla FIDE Commerce oramai?) che quelli che intendano essere omologati dalla stessa FIDE ma organizzati da altri. Tale provvedimento, in base agli statuti della FIDE, può essere preso esclusivamente dall’Assemblea Generale Ma il Comitato di Presidenza ha reiteratamente confermato la decisione presa con difese goffe ed argomentazioni capziose tra le quali una delle più accreditate è quella che in tale maniera si darebbe accesso alla diffusione televisiva e telematica delle manifestazioni con vantaggi di natura economica per tutti ed una conseguente promozione degli scacchi nel mondo. Ciò è semplicemente ridicolo perché le partite potrebbero comunque durare sino ad oltre 4 ore e la diffusione televisiva non risulterebbe comunque agevole. E poi c’è il sistema del gioco lampo o semi-lampo per ottenere partite di gioco rapido da presentare a livello promozionale televisivo senza bisogno di alterare i normali tempi di gioco. O no? Anche qui la domanda è spontanea e sempre la stessa: perché? Vedendo quello che accadeva in tale rapida maniera le Federazioni nazionali dell’Olanda e del Portogallo, che si ricordi avevano votato contro l’accordo con la FIDE Commerce, ma anche quelle di Francia, Italia, Germania, Svizzera ed Inghilterra dichiarano tale decisione presa “con mezzi illegali”, ne chiedono l’immediato ritiro e la ritengono comunque “priva di effetti” sino a quando l’Assemblea Generale della FIDE, che si terrà nel 2002, non la ratifichi dopo opportuno dibattito. Più voci si sono levate giustamente contro questa progettata riduzione dei tempi di gioco, tra le quali quelle di Karpov, Kasparov e Kramnik per mezzo di una clamorosa lettera aperta che denuncia i pericoli di “snaturamento” del gioco degli scacchi attraverso decisioni talmente dissennate. Gli organizzatori dei più grandi tornei, proprio quelli “super”, hanno letteralmente ignorato il provvedimento ed hanno dichiarato pubblicamente, di non intendere assolutamente di prenderle in considerazione. Ma a tutt’oggi la decisione resa pubblica e presa con mezzi talmente discutibili non è stata ritirata.
Ultimo tassello di questo rebus è un’altra decisione, resa pubblica dalla FIDE Commerce ed appoggiata dallo stesso Comitato di Presidenza, è l’istituzione di un circuito di tornei continentali, detto Grand Prix, che serviranno a designare i partecipanti al mondiale della FIDE eliminando definitivamente i tornei zonali ed esortando, nel contempo, gli organizzatori dei grandi tornei esistenti ad entrare a farne parte. Anche in questo caso gli organizzatori di grandi tornei come Wjik aan Zee, Dortmund, Francoforte e Linares hanno risposto con un netto rifiuto. Questo ennesimo bizzarro comportamento della FIDE e della società di lucro chiude il cerchio del progetto e da, a mio parere, chiara risposta a tutti i quesiti precedenti. Proviamo quindi a fare un esercizio ed a dare una risposta ai precedenti quesiti. Tarasov ed Iljunzinov, e chissà quale altro gruppo di interesse dietro, fondano la FIDE Commerce con l’intento di guadagnare dagli scacchi, e questo intento è chiaro ed incontestabile. Per poterlo fare manovrano, attraverso la carica presidenziale della FIDE (guarda un pò: anche qui un caso di conflitto di interesse) ed originano un contratto vantaggioso a loro favore che fanno digerire con l’appoggio di qualche consigliere compiacente e manovratore di voti all’assemblea generale in maniera più o meno indolore. Ora però, per potere concretizzare il fine principale che è il lucro, devono dare alla neonata FIDE Commerce un carisma ed un potere che attualmente non ha e da qui la decisione di riduzione dei tempi di gioco che è mia opinione che negli intenti dei nostri amici non sarà l’ultima ma bensì la prima di una serie che deve portare la graduale riduzione dei tempi ufficiali di gioco sino a ridurli ad un mero sistema semi-lampo e poco importa se ciò snatura il gioco degli scacchi perché questo non centra niente con il vero obiettivo che è il guadagno. Naturalmente questa manovra è necessaria perché i normali tempi di gioco semi-lampo non sono considerati scacchi a tutti gli effetti nell’ambiente mondiale e quindi bisogna fare in modo che lo diventino realmente se bisogna rendere gli scacchi un qualche cosa di facilmente vendibile. Terzo obiettivo assorbire i grandi tornei che portano realmente soldi agli scacchi in un circuito governato dalla FIDE Commerce per non avere alcun avversario pericoloso nell’affare e per conseguire ogni cosa risulta lecita. O gli organizzatori si associano ai loro patti o vengano eliminati con ogni mezzo. Alla malora la storia e la tradizione più che centenaria; millennio nuovo, scacchi nuovi basta che risultino essere secondo gli intenti della FIDE Commerce! Ecco quindi che viene fuori un accordo con la Octagon, società di consulenza manageriale che già gestisce l’immagine e la diffusione di altri sport nel mondo. Sembra tutto questo fantascienza o “fantascacchi”? Può darsi. Ma leggiamo qualche brano del Tarasov/pensiero e vediamo realmente se di fantasia si tratti.
In una intervista ad opera di Vitalij Kozlikin e pubblicata sul sito ufficiale della FIDE il 25 marzo 2001 alla domanda: “Qual è la strategia dietro la creazione di questi nuovi tornei del Grand Prix?” Trasov risponde: “Selezionare gli attuali prestigiosi tornei e crearne di nuovi al fine di farli divenire molto prestigiosi, permettendo ai giocatori di punta del mondo di competere su una base regolare. Questi tornei potrebbero prendere una cadenza mensile rendendo possibile quindi ai giocatori più forti di raggiungere il vertice, culminando con una finale del Grand Prix con la speranza di guadagnare i maggiori onori.” Di segutio alla domanda più velenosa: “Che cosa farete se i tornei esistenti rifiuteranno le vostre proposte di unirsi alla serie del Grand Prix?” la risposta di Tarasov e raggelante ma assai esplicativa della realtà delle cose intesa dal presidente della FIDE Commerce: “In alcuni casi, per il progresso ed il bene degli scacchi, organizzeremo dei nuovi tornei nelle capitali di alcuni di questi stati (ove hanno sede i tornei che rifiutano di entrare nel Grand Prix n.d.r.). Questa potrebbe risultare una situazione leggermente svantaggiosa per alcune manifestazioni se il Grand Prix si svolgesse proprio nello stesso momento di quelle manifestazioni che rifiutano le nostre proposte”. Però!Per il bene degli scacchi? A parrebbe un odioso ricatto bello e buono. Ma certamente non finisce qui: Tarasov esterna ancora in una lunga intervista rilasciata ad Evgenji Atarov e pubblicata sul sito Gmchess.com nel mese di aprile del 2001. In una domanda precedente su cosa gli piacesse degli scacchi Tarasov risponde, tra le altre cose, “[…] Il fatto che così tante persone siano oggi interessate agli scacchi può facilmente essere trasformato in denaro” [sic!] e di seguito un dialogo in crescendo: “Può condividere con noi questo segreto? Gli scacchi esistono da ere ma sinora nessuno ha mai manovrato per fare dei soldi” risposta: “Questo è un tema particolare. Abbiamo elaborato un piano d’affari che dovrebbe portare gli scacchi ad un profitto annuo netto di 27-30 milioni di dollari, questi progetti sono basati su un calcolo economico. saranno necessari due otre anni per rendere esecutivo il piano….” . Di seguito l’intervistatore domanda “Cosa avete fatto dunque in questi ultimi quattro mesi?” “Il 25 di gennaio abbiamo firmato un contratto con la società Octagon, che è un team di manager professionisti (il numero due nel mondo dello sport). I suoi manager hanno valutato il mercato degli scacchi nel mondo 50 milioni di dollari. Questa valutazione è abbastanza per difetto. Dovreste tenere conto che per farlo hanno calcolato il numero dei visitatori dei siti internet americani moltiplicati per 200$. Permettetemi un calcolo: circa mezzo bilione di persone giocano a scacchi, e se li moltiplichiamo per soli 10$ ….” “Ma è una cosa talmente aleatoria!” “Non credo questo. Il fatto è che noi stiamo cominciando a sfruttare questo mercato così potenzialmente enorme. C’e bisogno di quello che è chiamato COLLECTENEO, che è uno specifico obiettivo di audience. Una dura battaglia che ha per obiettivo la gente con vari interessi sta sorgendo nel mondo in questo momento, ancora di più poi nel momento in cui lo sviluppo delle moderne tecnologie Internet va avanti in maniera così rapida. Nessuno ha più bisogno di grandi portali, ma ha bisogno di associazioni: ciechi, pescatori ecc. ecc. Noi ora abbiamo monopolizzato l’associazione degli scacchi! Dovremo stare uniti per creare un mercato solido”. Un pericoloso delirio. Ma Tarasov mette la ciliegina finale nelle affermazioni che seguono a questa domanda nella stessa intervista: “Che cosa può dire riguardo alle dichiarazioni degli organizzatori dei tornei tradizionali di Linares, Wijk aan Zee e Dortmund che hanno rifiutato la vostra idea di includere i loro tornei nella serie del Grand Prix? Anche altri potrebbero rifiutare nella stessa maniera.” “Penso che possiamo sistemare questa situazione gradualmente. Sebbene il loro modo di pensare sia chiaro: tu hai un buon torneo, un buono sponsor e guadagni i tuoi soldi da questo, quindi perché unirsi a qualcun altro od a qualche altra cosa? Dunque se non vi unirete a noi, ci rimane solamente un’altra strada: indire i nostri tornei del Grand Prix nello stesso momento delle vostre manifestazioni: la guerra è guerra!” Tutto per il bene degli scacchi naturalmente! Che sfacciato ardire! E questo è il pensiero di solo il 30% della FIDE Commerci; che cosa ne penserà il restante 70%, che ancora oggi presiede la FIDE stessa? Hanno per questi signori ancora senso gli articoli costitutivi della FIDE? ha ancora senso per loro il motivo per il quale la FIDE stessa è stata fondata? Sembra ciò che paventavo più sopra ancora “fantascacchi”? Ahimè credo proprio che poca sia la fantasia e troppa la dura realtà. Un’ombra oscura, quella del denaro, incombe sul nostro sport, che ancora si fregia del titolo di “nobile” ma che alcuni, pochi e sconsiderati, vogliono trasformare in “veniale”. Solo un rimedio vedo a tutto questo: nel 2002 uomini di buon senso delle federazioni nazionali rimandino il presidente Calmucco a governare la su repubblica e mettano al suo posto un presidente serio, che già troppo è il tempo che costui manca alla FIDE, alla presidenza di una istituzione così importante. Anichiliscano il pericoloso “manager degli scacchi” e rendano la FIDE Commerci un brutto ricordo da dimenticare. Lo facciano se non vogliono che una frattura insanabile, già truce ed all’orizzonte, spacchi definitivamente il mondo degli scacchi. Lo facciano proprio per il bene stesso degli scacchi.

Carlo Petricci

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